Vice brigadiere dei Carabinieri, in servizio presso il N.a.s. e delegato CO.CE.R., imputato di aver con artifici e raggiri, consistiti nell’esporre nei fogli di viaggio relativi a missioni compiute, orari dichiarati di partenza e di rientro alla sede di servizio non rispondenti al vero ed ore di missione superiori a quelle effettuate, inducendo in errore l’Amministrazione militare ed ottenendo la liquidazione di somme non spettatigli.

(Corte di Cassazione penale, Sez. Feriale, sentenza 18 ottobre 2017, n. 47926)

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE FERIALE PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTEMBRE Antonio – Presidente –
Dott. BONI Moni – Rel. Consigliere –
Dott. SGADARI Giuseppe – Consigliere –
Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere –
Dott. MENGONI Enrico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

C.M., nato il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 04/04/2017 della CORTE MILITARE APPELLO di ROMA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa Boni Monica;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

udito il difensore Avv. Mandolesi Roberto del foro di Roma, il quale conclude riportandosi ai motivi di ricorso insistendo per l’annullamento della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 7 aprile 2016 il Tribunale militare di Roma dichiarava l’imputato C.M. colpevole dei reati ascrittigli di truffa militare continuata pluriaggravata e di falso continuato ed aggravato in foglio di licenza di via, contestatigli per avere, nella qualità di vice brigadiere dei Carabinieri, in servizio presso il N.a.s. di (OMISSIS) e di delegato CO.CE.R., realizzato artifici e raggiri, consistiti nell’esporre nei fogli di viaggio relativi a missioni compiute in (OMISSIS), indicati nell’imputazione di cui al capo A), orari dichiarati di partenza e di rientro alla sede di servizio non rispondenti al vero ed ore di missione superiori a quelle effettuate, inducendo in errore l’Amministrazione militare ed ottenendo la liquidazione dell’importo di Euro 1.820,12 non spettantigli, di cui Euro 666,06 per ore non lavorate, Euro 984,71 per giorni di missione non effettuati ed Euro 169,35 per ore di lavoro straordinario non svolto, con correlativo danno per l’Amministrazione stessa.

Per l’effetto il Tribunale, unificati i reati per continuazione, concesse le circostanze attenuanti generiche, dichiarate equivalenti alle contestate aggravanti, lo condannava alla pena di mesi dieci di reclusione militare con i doppi benefici di legge.

2. Avverso detta sentenza proponevano appello l’imputato e ricorso diretto per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale militare di Roma, quest’ultima impugnazione convertita in appello ai sensi dell’art. 580 c.p.p.: la Corte militare di appello dichiarava il difetto di giurisdizione dell’Autorità giudiziaria militare in ordine ai reati di falso, qualificati come falso ideologico, disponendo la trasmissione degli atti al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze per quanto di competenza; quindi, ritenute prevalenti le circostanze attenuanti generiche già concesse sulle contestate aggravanti, riduceva la pena inflitta all’imputato a mesi cinque e giorni sedici di reclusione militare e per la durata corrispondente quella accessoria della rimozione dal grado, confermando nel resto l’impugnata sentenza.

3. Ricorre per cassazione l’imputato a mezzo del difensore, il quale chiede l’annullamento della sentenza di appello per i seguenti motivi:

a) violazione, inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione al disposto dell’art. 220 c.p.m.p., artt. 479,480 e 483 c.p., e degli artt. 12 e 13 c.p.p. per l’erronea qualificazione giuridica della fattispecie di reato di cui al capo b) e per la connessa inosservanza di norme stabilite nei casi di connessione di procedimenti di competenza di giudici ordinari e speciali.

La Corte di appello ha ritenuto che il falso commesso in relazione ai fogli di viaggio non fosse rapportabile alla fattispecie di cui all’art. 476 c.p., poiché le circostanze e i fatti in tali esposti non sono stati certificati dall’imputato nell’esercizio delle sue funzioni istituzionali, ma in qualità di “fruitore” del foglio di viaggio con il quale è stato inviato in missione, avente valenza giuridica certificativa, equiparabile alle attestazioni compiute da un comune cittadino in sede di autocertificazione amministrativa, integranti le fattispecie p.p. dagli artt. 480 o 483 c.p., i quali, in considerazione dei più ridotti limiti di pena edittali, non attraggono alla competenza del Giudice ordinario anche il reato di cui al capo a) dell’imputazione.

Al contrario, pur ammettendosi che la condotta ritenuta astrattamente punibile è quella del c.d. falso ideologico, deve considerarsi che l’imputato l’ha utilizzato il foglio di viaggio relativo alla missione poichè: a) egli era in servizio e stava espletando delle funzioni istituzionali, b) il “foglio di viaggio” è un atto pubblico, c) è stato redatto da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni. Pertanto, la fattispecie andava ricondotta al reato di cui all’art. 479 c.p..

b) Violazione e falsa applicazione della legge penale, nonchè mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del reato di cui al capo a).

– In ordine all’elemento oggettivo del reato, la Corte d’Appello, richiamata la normativa disciplinante la redazione dei fogli di viaggio da parte del militare appartenente all’Arma dei Carabinieri e, in particolare, il quadro “C” contenente, tra l’altro, l’indicazione degli orari di inizio e fine missione, ha ritenuto provati, sia la contrazione dell’orario complessivo delle missioni per una partenza posticipata da (OMISSIS) dell’imputato e/o per un suo rientro anticipato da (OMISSIS), sia l’effettivo suo svolgimento sulla base delle risultanze, con riferimento al periodo (OMISSIS), dell’apparato telepass in uso a due dei tre veicoli di proprietà dell’imputato, e quanto al periodo (OMISSIS), delle celle telefoniche di “aggancio” del telefono cellulare in dotazione allo stesso.

Ha quindi affermato che la condotta complessivamente tenuta dall’imputato ha determinato la liquidazione del trattamento di missione, dell’indennità relativa alla mancata fruizione del pasto, della retribuzione per lavoro straordinario, con corrispondente danno patrimoniale per l’Amministrazione militare, quantificato in una somma pari “almeno” a Euro 1.820,12.

Manca però la prova del presunto danno patrimoniale, poichè nel giudizio di merito non sono stati mai esaminati i militari del servizio amministrativo, preposti al calcolo ed alla liquidazione degli emolumenti in favore dell’imputato, né è stato dimostrato che le contrazioni dell’orario di durata delle missioni abbiano determinato un maggior esborso di denaro da parte dell’Amministrazione militare, ben potendo la durata “effettivamente accertata” di tali missioni essere comunque compatibile con gli emolumenti calcolati e corrisposti.

– In merito alla determinazione della durata e dell’orario delle missioni la Corte di appello ha affermato che, qualora l’imputato avesse avuto la necessità di rientrare da (OMISSIS) prima degli orari indicati nei fogli di viaggio per esigenze legate allo svolgimento, nelle stesse giornate, delle proprie funzioni di delegato della Rappresentanza militare in reparti dell’Arma dislocati sul territorio della regione (OMISSIS), avrebbe dovuto concludere la “prima” missione, rientrando al Reparto di appartenenza, e chiedere poi l’autorizzazione ad espletare la successiva missione sul territorio regionale.

In tal modo è probabile che il costo complessivo delle missioni sarebbe stato superiore a quello percepito, mentre deve ritienersi legittimo che un delegato Co.Ce.R., autorizzato ad espletare le proprie funzioni, possa decidere, nell’arco temporale di durata della missione, di modificare luoghi, tempi e modi di espletamento delle stesse, se autorizzato dai superiori dei Comandi di provenienza e di svolgimento della missione.

Quanto sostenuto trova conferma nelle “Linee guida amministrative sul trattamento economico di missione nel territorio nazionale”, pubblicate dal Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri Direzione di Amministrazione – nell’aprile 2016, ove al punto 2.10 – “Autorizzazioni ed annotazioni al certificato di viaggio” si stabilisce che: “l’emissione di un certificato di viaggio da parte della competente autorità non preclude, in senso assoluto, che la missione stessa, rispetto a come è stata disposta possa subire variazioni, sia con riferimento al dato spaziale (luogo) che a quello temporale (durata).

Le missioni sono, dunque, oggettivamente suscettibili di improvvisi ed imprevedibili cambiamenti di itinerario e/o durata, pur sempre dettati da sopravvenute esigenze e motivate esigenze di servizio”.

Tanto si è verificato nel caso di specie, poichè il rientro anticipato da (OMISSIS) dell’imputato è stato giustificato con la necessità di espletare nel territorio della regione (OMISSIS) le proprie funzioni di delegato della rappresentanza militare, circostanza non rilevata, nè valutata dal Giudice di merito.

Nei precedenti gradi è emersa l’impossibilità di stabilire con assoluta certezza quale mezzo l’imputato utilizzasse per i trasferimenti legati alle missioni, mentre, in riferimento agli orari di ingresso ed uscita dal casello registrati dall’apparato telepass si era rappresentato che verosimilmente era stata la compagna del ricorrente ad avere utilizzato l’autovettura segnalata per recarsi alla propria sede di lavoro, mentre egli aveva fatto uso dell’altra autovettura o della motocicletta, mezzi non dotati di telepass.

Secondo l’ipotesi accusatoria, l’imputato avrebbe fatto rientro anzitempo da (OMISSIS) al fine di partecipare alle sedute di allenamento della squadra giovanile del (OMISSIS), tanto che gli orari del suo prematuro ritorno a (OMISSIS) sarebbero compatibili con gli orari di allenamento della formazione calcistica, e, in alcune occasioni, il telefono cellulare in uso all’imputato avrebbe agganciato la cella telefonica che serve la zona dello stadio di (OMISSIS), il che avrebbe smentito che egli avesse espletato il proprio mandato di delegato della rappresentanza militare, senza però considerare che a poca distanza dallo stadio vi è anche la stazione Carabinieri.

Altrettanto non considerato è che nella maggioranza dei giorni in cui vengono contestati gli orari indicati nei fogli di viaggio non si erano tenuti gli allenamenti della squadra e che nessuno dei testi escussi ha potuto riferire che l’imputato, nei giorni risultati “compatibili”, stesse in effetti allenando la squadra di calcio.

Nessuna motivazione è stata fornita quanto al fatto che la ritenuta mancata presenza dell’imputato a (OMISSIS) in almeno cinque circostanze, provata con i tracciati telefonici perchè per quattro volte il suo cellulare è stato sempre “tracciato” in (OMISSIS) ed una volta era in trasferimento verso (OMISSIS), sua città natale, può essere giustificata dall’avere egli dimenticato il telefonino di servizio, portando con sè l’altro privato, nell’auto con cui la propria compagna convivente lo ha accompagnato a (OMISSIS) in occasione della partenza per le quattro missioni, ovvero dal fatto che nell’occasione in cui lo ha accompagnato direttamente a (OMISSIS), ella ha proseguito poi il viaggio per (OMISSIS) alla guida dell’auto con all’interno l’apparecchio di servizio dimenticato dall’imputato.

E che tali circostanze corrispondono a verità, lo dimostra anche il fatto, incontrovertibile, che nei verbali delle riunioni del Comitato Centrale di Rappresentanza Carabinieri in (OMISSIS) in quei giorni è stata sempre attestata la sua presenza, e che i relativi fogli di viaggio sono tutti controfirmati dal superiore gerarchico con il formale visto “partire” e “rientrare” negli orari da lui indicati: per cui non è possibile che mentre tutti i suoi superiori gerarchici lo hanno visto arrivare, stare e ripartire per (OMISSIS), egli in realtà si trovasse altrove.

– Quanto all’elemento psicologico del reato, la Corte militare d’appello ritiene che l’imputato fosse pienamente consapevole che nel compilare i fogli di viaggio in contestazione stava attestando circostanze non veritiere quanto alla durata delle relative missioni, ma la motivazione addotta sul punto appare non solo contraddittoria, ma persino manifestamente illogica.

Non spiega la ragione per cui, pur essendo nei verbali della riunione del Comitato Centrale di Rappresentanza di (OMISSIS) sempre attestata la sua presenza ed i relativi fogli di viaggio tutti controfirmati dai superiori gerarchici con il formale visto “partire” e “rientrare” negli orari indicati dal ricorrente, egli debba sicuramente ritenersi responsabile di aver agito con dolo nella “ritenuta” falsa attestazione dei predetti orari e perchè non vi siano stati dei meri errori di trascrizione degli orari, non contestati come non veritieri nell’immediatezza dei fatti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

  1. Il ricorso è parzialmente fondato e va accolto nei limiti di quanto in seguito specificato.

1.1. Non ha pregio l’obiezione in rito, sollevata dal Procuratore Generale all’udienza di discussione per dedurre l’inammissibilità della questione attinente la carenza di giurisdizione dell’autorità giudiziaria militare, siccome tardivamente prospettata, cui va dedicata trattazione prioritaria perchè potenzialmente in grado di definire il giudizio sul tema.

1.1 In punto di diritto la dedotta inammissibilità dell’eccezione perchè non prospettata all’udienza preliminare, ma soltanto col ricorso per cassazione, confligge con la natura di questione rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo e di conseguenza altrettanto liberamente deducibile dalle parti senza doversi attenere al rispetto di determinate e rigide cadenze processuali. L’art. 20 c.p.p., infatti, impone al giudice la verifica della giurisdizione quale adempimento necessario e logicamente anticipato rispetto ad ogni altra indagine su questioni ad esso devolute, verifica da condursi in base ai fatti oggetto dell’imputazione e da rinnovarsi in ogni stato e grado del procedimento, anche d’ufficio, con la conseguente declaratoria di difetto di giurisdizione qualora i presupposti fattuali e normativi subiscano mutamenti rispetto all’accusa originaria col progredire del corso del processo (Sez. 1, n. 4060 del 08/11/2007, Sommer e altri, rv. 239185).

Nè alcuna norma del codice di rito impone alle parti l’onere di sollevare la relativa questione entro un determinato momento processuale a pena di inammissibilità di una deduzione successiva.

1.2 Deve dunque escludersi in linea generale ed astratta che la doglianza sul dedotto difetto di giurisdizione sia inammissibile perchè articolata soltanto col ricorso per cassazione; inoltre, sul piano della realtà del presente procedimento, il punto relativo alla giurisdizione risulta essere stato oggetto di trattazione e del dibattito processuale tra le parti sin dalla sentenza di primo grado, essere stato ripreso nel ricorso del Procuratore Generale presso la Corte militare d’appello ed ulteriormente affrontato nella sentenza di appello, sicchè resta escluso che la sua devoluzione comporti l’indagine su tematiche in fatto ed in diritto mai in precedenza affrontate e richiedenti l’acquisizione di dati fattuali preclusi a questa Corte di legittimità.

2. Tanto premesso, il primo motivo non merita accoglimento: questa Corte ha già riconosciuto in precedenti pronunce la corretta configurazione del reato di cui all’art. 220 c.p.m.p., nel caso di formazione ad opera di un appartenente ai corpi militari di un falso foglio di viaggio, documento equiparabile al foglio di via, che è espressamente elencato tra gli atti contemplati dalla suddetta norma (sez. 1, 29/10/1986, Castagna, in Rass. Giust. Mil. 1987, 90); ha altresì escluso che tale interpretazione, riguardante l’oggetto materiale della condotta, determini l’applicazione analogica della norma penale incriminatrice, stante la non tassatività della tipologia degli atti falsificabili, desumibile dalla stessa rubrica dell’art. 220 c.p.m.p., intitolata “falso in fogli di licenza, di via e simili” (sez. 1, n. 14524 del 08/02/2012, Di Castro, rv. 252228, in tema di alterazione da parte del militare dei fogli di marcia del veicolo da lui condotto al fine di appropriarsi di carburante; sez. 1, n. 19968 del 30/01/2013, Cilo, rv. 256156).

2.1 Dal chiaro disposto dell’art. 220 c.p.m.p., emerge però che l’azione dallo stesso incriminata riguarda la formazione di un atto falso, quindi non genuino, l’alterazione di un atto originale, oppure ancora l’utilizzo di un atto contraffatto, riferendosi esclusivamente alla falsificazione materiale del documento; non comprende la diversa fattispecie del falso ideologico, ossia dell’indicazione nell’atto di circostanze non rispondenti al vero, che va ricondotta nell’ambito oggettivo di applicazione delle disposizioni di legge che prevedono i reati comuni.

In tal senso le osservazioni esposte dai giudici di appello in merito al reato di cui al capo b) partono da corrette premesse giuridiche, approdano ad un esito condivisibile, ma seguendo un percorso argomentativo, che non si condivide e che richiede l’intervento correttivo di questa Corte ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 619 c.p.p..

In particolare, è stato evidenziato che oggetto di contestazione è l’avere esposto circostanze non veritiere relative alle missioni compiute, condotta che non consiste nella materiale falsificazione del documento, intesa quale formazione totale o parziale di un atto prima inesistente al di fuori delle condizioni che ne legittimano l’emissione, quanto la volontaria esposizione, nell’ambito di tale documento, di circostanze non reali sulla protrazione temporale delle missioni con conseguente non veridicità dei dati attestati, di conoscenza e competenza del redattore dell’atto.

E’ dunque giuridicamente corretta la considerazione, riportata in sentenza, della natura ideologica del falso configurato dall’accusa nel caso di specie e della sua mancata incriminazione da parte di una specifica disposizione dell’ordinamento penale militare, -non dall’art. 220 c.p.m.p., per quanto già esposto- condotta da rapportare piuttosto ad una delle norme del codice penale ordinario che puniscono tale tipologia di falsità.

Sul punto si condivide l’ulteriore affermazione per la quale il comportamento illecito ascritto all’imputato pare consistere nell’attestazione di circostanze di sua percezione e rientranti nella sua sfera di competenza, ma dalla funzione e dal valore giuridico proprio della certificazione, che ha però reso in quanto pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni istituzionali di militare e di rappresentante CO.CE.R. in funzione dell’emissione degli atti pubblici relativi alla liquidazione del trattamento economico di sua spettanza.

Pertanto, rettificando la motivazione della sentenza impugnata, deve ritenersi che la condotta sia più correttamente rapportabile alla norma di cui all’art. 480 c.p., e non all’art. 483 c.p., senza però che ne mutino le conseguenze: la cognizione, spettante al giudice ordinario, su tale fattispecie non comporta l’attrazione della giurisdizione anche sul diverso reato militare di truffa pluriaggravata continuata, che resta l’ipotesi criminosa di maggiore gravità ed impedisce l’operatività nel caso delle regole dettate dall’art. 13 c.p.p..

Per tali ragioni va confermata la decisione assunta sul punto dalla Corte di merito.

3. A differenti conclusioni deve pervenirsi quanto alle statuizioni assunte in ordine al reato di cui al capo a).

Nel confermare la decisione del Tribunale, la Corte di appello ha ravvisato elementi probatori sufficienti per ribadire il giudizio di responsabilità per truffa aggravata in relazione all’indicazione da parte dell’imputato di una maggiore durata temporale delle missioni compiute nel periodo dal (OMISSIS) rispetto al reale, effetto della voluta anticipazione dell’orario di partenza o della posticipazione della conclusione delle riunioni cui aveva preso parte, nonchè alla mancata effettuazione di alcuna missione nei giorni (OMISSIS), in modo tale che l’effettiva sua partecipazione all’attività di missione era risultata difforme da quanto riportato nei corrispondenti fogli di viaggio e, costituendo un rilevante artifizio e raggiro, aveva indotto l’Amministrazione in errore sulla protrazione temporale delle missioni, sulla loro effettuazione, sulla prestazione di lavoro straordinario e sulla mancata fruizione dei pasti per motivi di servizio e determinato la liquidazione del relativo trattamento economico in misura superiore al dovuto ed a quanto spettante.

La ricostruzione probatoria delle condotte antigiuridiche si è basata sulle informazioni ricavate dall’analisi del traffico sviluppato dall’utenza telefonica cellulare di servizio in uso all’imputato all’epoca dei fatti e dalle registrazioni elettroniche sul sistema telepass degli orari di transito della vettura di sua proprietà dai varchi d’ingresso ed uscita dal tracciato autostradale: i primi dati sono stati valorizzati siccome indicativi dell’aggancio da parte della predetta utenza di celle telefoniche a servizio di zone lontane da quella di espletamento del servizio di missione, cui l’apparecchio del C. si era collegato in occasione di comunicazioni verbali o scritte in coerenza con il percorso di trasferimento sul territorio verso e dalla sede della missione, ma in orari differenti da quelli esposti nei fogli di viaggio e tali da dimostrare una minore protrazione temporale dell’impegno richiestogli.

Le ulteriori informazioni fornite dall’apparato telepass sono state considerate rilevanti perchè inerenti agli spostamenti sulla rete autostradale dell’autovettura Audi A4 di sua proprietà.

La Corte di appello ha dunque evidenziato che i dati così ottenuti, deducibili dall’utilizzo da ritenersi personale dell’utenza telefonica di servizio e del veicolo di sua proprietà, si riscontrano a vicenda e sono coerenti con gli spostamenti effettuati dall’imputato dall’ordinaria sede di servizio al luogo di espletamento della missione, oltre che non contestati poichè la difesa si era orientata a fornire piuttosto una giustificazione dei movimenti divergenti rispetto a quanto riportato nei fogli di viaggio in quanto determinati sempre e soltanto da altre esigenze dell’ufficio di appartenenza o della rappresentanza militare.

Inoltre, il ragionamento valutativo esposto in sentenza ha incluso ulteriori risultanze, ossia la compatibilità del rientro anticipato del C. in (OMISSIS) da (OMISSIS), ove si erano tenute le riunioni del CO.CE.R., dedotto dai dati telefonici, con la sua presenza in (OMISSIS), campo sportivo, località ove egli aveva svolto all’epoca anche l’attività di allenatore di una squadra di calcio giovanile.

3.1 Ebbene, in primo luogo non trova rispondenza nel contenuto di critica dell’atto di appello il rilievo circa la mancata contestazione della affidabilità e concludenza dimostrativa dell’analisi del traffico telefonico e dei passaggi autostradali, registrati dal sistema telepass.

Al contrario, per quanto riportato in particolare alle pagg. 18-23 della stessa sentenza impugnata, la difesa aveva contestato l’acquisizione di una prova certa sull’utilizzo personale da parte dell’imputato dell’autovettura Audi A4, il cui transito dai caselli autostradali era stato memorizzato, anzichè dell’altra vettura o della motocicletta pur allo stesso intestate, avendo prospettato che il primo mezzo era nella disponibilità anche della propria compagna, solita spostarsi a sua volta per i propri impegni lavorativi; aveva dedotto che nessun dato probatorio indicava che nei giorni delle missioni contestate egli si fosse realmente recato al campo sportivo di (OMISSIS) a svolgere la propria attività di allenatore e nemmeno escludeva che, una volta rientrato in (OMISSIS) dopo la riunione del Co.Ce.R. e/o del Co.Bar.R., egli non avesse protratto la propria attività di delegato della rappresentanza militare per incontrare colleghi e superiori e relazionare su quanto svoltosi in (OMISSIS).

Inoltre, egli aveva richiamato l’importanza dimostrativa delle attestazioni, rese dai superiori con apposizione del “visto arrivare”, circa il momento di arrivo nel luogo della missione e di rientro presso la sede di servizio.

In altri termini, il resoconto sintetico dei motivi di gravame sconfessa il presupposto del ragionamento valutativo seguito dai giudici di appello, ossia che la linea difensiva dell’imputato si sia tradotta nell’ammissione che questi avesse riportato nei fogli di viaggio dati divergenti dall’effettiva durata delle missioni e nella giustificazione di tale comportamento con l’impegno svolto sempre nella qualità di delegato sindacale, avendo, al contrario, contestato l’acquisizione di un compendio indiziario univoco e significativo ricavabile dagli elementi probatori utilizzati dai giudici di primo grado.

3.2 Tanto assume rilievo, perchè l’adesione operata dalla Corte di appello all’accertamento fattuale contenuto nella sentenza del Tribunale risulta non compiutamente e logicamente motivato, laddove si è osservato che “verosimilmente” ed in via presuntiva l’autovettura Audi A4 era stata utilizzata dal C. perchè a lui intestata senza darsi alcuna pena di verificare la relativa circostanza ed offrire alcuna spiegazione dei motivi di esclusione dell’uso del veicolo da parte della sua compagna, magari perché priva della patente di guida, oppure non occupata, o perchè occupata in attività che non comportava alcun trasferimento e del possibile impiego in quelle occasioni di uno degli altri due mezzi a disposizione del C. in orari non potutisi conoscere perchè non rilevati dal sistema telepass.

La carenza di una risposta motivazionale effettiva e coerente con la contestazione mossa dalla difesa rende dunque meramente apparente l’apparato giustificativo sul punto.

Del pari, pur avendo già il Tribunale dato atto che non era stato accertato se nei giorni di martedì e giovedì dalle ore 17.00 alle ore 19.00 dei mesi di (OMISSIS) l’imputato fosse stato realmente presente sul campo di calcio di (OMISSIS) ed avesse allenato la locale squadra giovanile, la circostanza del suo impegno in tale attività risulta riportata anche nella sentenza impugnata quale dato che sostanzia il dolo e rende plausibile il compimento di una volontaria manovra fraudolenta, senza che in realtà sul punto sia stata acquisita alcuna certezza.

Inoltre, sebbene a pag. 12 della sentenza in esame si riferisca dell’avvenuta acquisizione dei “verbali del Co.Ce.R. ove il C. prestava la propria attività di delegato”, di tali documenti non si è fatto alcun uso probatorio nonostante la loro indubbia rilevanza, poichè si tratta degli atti ufficiali dello svolgimento delle missioni e dell’identità dei relativi partecipanti: la sottrazione alla loro considerazione vizia la sentenza impugnata per travisamento per omissione dei relativi dati probatori, che assumono un rilievo non eludibile, almeno in astratto, specie in riferimento alle condotte consistite nella mancata partecipazione alle riunioni in (OMISSIS) nelle cinque date indicate al capo a) tra (OMISSIS).

In altri termini, non è possibile sostenere razionalmente l’assenza del C. in tali frangenti senza al tempo stesso raffrontare gli altri dati conoscitivi acquisiti con i verbali predetti, dì cui peraltro nessuno, nemmeno l’accusa, ha mai sostenuto la falsità materiale o ideologica e riferito l’addebito di tali eventuali alterazioni allo stesso imputato.

Attesa la provenienza dall’ufficio militare e la funzione certificativa loro assegnata, tali indicazioni, almeno in astratto e salvo prova della loro compiacente alterazione, paiono presentare un significato oggettivo che avrebbero meritato considerazione perché potenzialmente in grado di superare le rilevazioni e le ricostruzioni a posteriori condotte con i tabulati telefonici e le celle di aggancio che coprono il territorio, quanto meno per smentirne il significato dimostrativo o per rinvenire ulteriori e più attendibili elementi di conferma alla tesi accusatoria, piuttosto che a quella difensiva.

Ulteriore osservazione critica si impone: nel ribadire la natura dolosa delle condotte, la sentenza impugnata non verifica se realmente il militare, una volta rientrato in (OMISSIS), avesse o meno protratto la propria attività di delegato della rappresentanza militare: che tanto non l’autorizzasse ad esporre dati non veritieri nel foglio di viaggio, dovendo egli riportare fedelmente la circostanza, assume un rilievo coerente con la configurazione dell’elemento materiale del falso ideologico, ma non consente di per sè di escludere una condotta colposa, nè di ricostruire in modo puntuale e logicamente ineccepibile l’elemento soggettivo del delitto di truffa.

Le riscontrate carenze nel percorso motivazionale per non avere la sentenza in esame offerto esauriente e logica risposta a tutte le censure mosse con l’appello e non avere considerato profili fattuali decisivi per la configurabilità del delitto di truffa militare, sia quanto all’accertamento della presenza e della localizzazione dell’imputato dopo o durante la missione, sia quanto all’elemento soggettivo, inducono ad accogliere l’impugnazione ed a disporre l’annullamento parziale della sentenza impugnata quanto alla statuizione di condanna per le residue fattispecie di cui al capo a) con rinvio per un nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte militare di Appello.

P.Q.M. 

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al capo a) con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte militare di appello;

rigetta nel resto il ricorso. 

Così deciso in Roma, il 24 agosto 2017.

Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2017.