Vice Commissario penitenziario chiede l’assegnazione temporanea a Trapani. L’amministrazione rigetta l’istanza.

(T.A.R. Venezia, (Veneto), sez. I, sentenza 4 agosto 2016, n. 941)

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1046 del 2015, proposto da:

Gi. Pe., rappresentata e difesa dagli avv. Fara Pipia, Gianna Chemello, Pietro Bisconti, con domicilio eletto presso Gianna Chemello in Venezia, San Marco, 3829;

contro

Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Venezia, San Marco, 63;

per l’annullamento

della nota del Ministero della Giustizia – Dipartimento Amministrazione penitenziaria – Direzione Generale del Personale e della Formazione – Ufficio III del 20 maggio 2015, prot. GDAP-0175714-2015 di rigetto della domanda di distacco ex art. 42 bis D.Lgs. n. 151/2001

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 aprile 2016 il dott. Alessio Falferi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

Fatto

Gi. Pe., vice Commissario Penitenziario in servizio presso la Casa Circondariale di Treviso, essendo in possesso dei requisiti richiesti dalla relativa disciplina, presentava domanda datata 13.4.2015 di assegnazione temporanea, ai sensi dell’art. 42 bis del D.Lgs. n. 151/2001, presso la Casa Circondariale di Trapani, sede di lavoro più vicina alla residenza familiare, ovvero presso altra sede tale da consentire di fare comunque ritorno quotidianamente nella casa familiare.

Con nota di data 20.5.2015, l’Amministrazione negava il distacco richiesto, evidenziando che, in base ai dati relativi agli organici acquisiti tramite il sistema informatico “SAP-SIGP”, presso la Casa Circondariale di Treviso erano presenti tre funzionari, con dotazione organica prevista di tre unità, con una presenza di n. 220 detenuti a fronte di una capienza di n. 143 previsti, con sovraffollamento del 53%, mentre presso la Casa Circondariale di Trapani erano presenti tre funzionari, con dotazione organica prevista di quattro unità, con una presenza di n. 424 detenuti, a fronte di una capienza di n. 358 previsti, con sovraffollamento del 18%.

Il detto diniego era impugnato dalla Pe., la quale si affidava ad un unico motivo di ricorso, denunciando “Violazione e falsa applicazione dell’art. 42 bis del D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 L. 241/90. Eccesso di potere per difetto di motivazione e difetto istruttorio.

Motivazione perplessa e contraddittoria. Violazione dei diritti fondamentali in materia di famiglia, diritti dei minori e diritto della lavoratrice all’adempimento del suo fondamentale ruolo di madre di cui ai principi costituzionali tutelati dagli artt. 29, 30, 31 e 37 della Costituzione”. In sintesi, la ricorrente lamentava la violazione dei valori costituzionalmente garantiti inerenti la famiglia e la cura dei figli in tenera età, valori tutelati dall’art. 42 bis del D.Lgs. n. 151/2001; evidenziava la mancata effettuazione di un effettivo bilanciamento degli interessi in gioco, con conseguente grave difetto motivazionale, non essendo indicati gli specifici ed obiettivi impedimenti alla assegnazione del richiedente e la mancanza di valutazioni sulle esigenze organizzative; rilevava che, per stessa indicazione dell’Amministrazione, nella sede ambita vi era carenza di organico, mente in quella di appartenenza l’organico era al completo, per cui sulla base di tale semplice dato la domanda avrebbe dovuto essere accolta.

La ricorrente formulava, altresì, istanza di sospensione cautelare del provvedimento impugnato.

Con ordinanza n. 296, assunta alla Camera di Consiglio del 5 agosto 2015, era respinta l’istanza di sospensione cautelare del provvedimento impugnato.

Con atto depositato in data 20.8.2015, si costituiva in giudizio il Ministero della Giustizia, con il patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, la quale chiedeva il rigetto del ricorso per infondatezza.

A seguito di gravame della ricorrente, con ordinanza n. 4951/2015, il Consiglio di Stato, in riforma dell’ordinanza di questo Tribunale, accoglieva l’istanza cautelare in primo grado.

In esecuzione di quest’ultima ordinanza, il Ministero distaccava la ricorrente presso la Casa Circondariale di Trapani, fino all’esito dell’udienza di merito.

In vista dell’udienza di discussione, la ricorrente depositata memoria difensiva con la quale ribadiva e ulteriormente precisava le proprie argomentazioni.

Alla Pubblica Udienza del 20 aprile 2016, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Ad un più approfondito esame della vicenda, il Collegio ritiene di discostarsi dalla pronuncia cautelare, dovendosi ritenere il ricorso fondato e meritevole di accoglimento.

Giova ricordare che il comma 1 dell’art. 42 bis del D.Lgs. n. 151/2001, nella formulazione applicabile al caso in esame ratione temporis, cioè prima della modifica di cui all’art. 14, comma 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, così dispone(va) “Il genitore con figli minori fino a tre anni di età dipendente di amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, può essere assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione. L’eventuale dissenso deve essere motivato. L’assenso o il dissenso devono essere comunicati all’interessato entro trenta giorni dalla domanda.”

Come noto, con la ricordata novella del 2015, sono state introdotte, alla fine del secondo periodo del primo comma, le seguenti parole: “e limitato a casi o esigenze eccezionali.”, modifica che, all’evidenza, ha ulteriormente rafforzato l’obbligo per l’Amministrazione di fornire adeguata motivazione nel caso in cui l’istanza sia rigettata.

La giurisprudenza ha, peraltro, da tempo messo in luce che il beneficio di cui alla norma in esame, che consiste nella possibilità per il pubblico dipendente con un figlio di età inferiore a tre anni di chiedere l’assegnazione ad una sede di servizio nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa, non costituisce un diritto incondizionato del dipendente, ma è rimesso ad una valutazione relativamente discrezionale dell’Amministrazione ed è soggetto ad una duplice condizione, e cioè che nella sede di destinazione vi sia un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva (questa condizione è tassativa nel senso che in caso contrario il beneficio non può essere concesso) e che vi sia l’assenso delle Amministrazioni di provenienza e di destinazione, con la conseguenza che, pur quando ricorra il requisito della vacanza e disponibilità del posto, il beneficio può essere negato in considerazione delle esigenze di servizio della struttura di provenienza e di quella di destinazione (ex multis Consiglio di Stato, sez. III, 3 agosto 2015, n. 3805; id., 5 dicembre 2014, n. 6031;T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 3 ottobre 2014, n. 10184).

Tuttavia, proprio in ragione della natura e della particolare delicatezza dell’interesse privato a presidio del quale la norma è stata dettata, l’eventuale diniego va necessariamente preceduto da una valutazione comparativa degli interessi contrapposti con l’obbligo, per l’Amministrazione, di verificare se sia prioritaria la tutela dell’integrità dei figli e della famiglia o la garanzia delle esigenze di servizio che il mantenimento del dipendente nell’ufficio di provenienza intende soddisfare; di tale bilanciamento tra contrapposti interessi va dato conto nella motivazione del provvedimento in maniera adeguata (in tal senso, TAR Marche, sez. I, 20 marzo 2015, n. 266).

Ebbene, nel caso in esame, dal provvedimento impugnato non emerge l’effettuazione di alcuna valutazione, da parte dell’Amministrazione resistente, in ordine al bilanciamento degli interessi coinvolti e contrapposti, che, invece, costituisce un elemento indispensabile in sede di applicazione della norma in oggetto.

Del resto, come precisato dal Consiglio di Stato in sede di accoglimento del gravame avverso l’ordinanza cautelare di questo Tribunale, gli stessi dati forniti dall’Amministrazione mettono in luce che il rapporto tra unità

organiche del profilo professionale che qui rileva ed il numero di detenuti presenti risulta sostanzialmente analogo (1 su 110 per la Casa Circondariale di Treviso e uno su 106 per la Casa Circondariale di Trapani), con la conseguenza che non risulta dimostrata alcuna insuperabile esigenza organizzativa tale da impedire la chiesta assegnazione. Anche il denunciato difetto di motivazione risulta, dunque, fondato.

Peraltro, il difetto di motivazione e il mancato bilanciamento degli interessi contrapposti emerge, altresì, dalla circostanza che l’Amministrazione nemmeno ha preso in considerazione la possibilità di assegnare la ricorrente ad altre sedi che consentissero comunque di fare ritorno quotidianamente alla casa familiare, come dalla ricorrente medesima richiesto, in via subordinata, nella propria istanza, ove non fosse stata possibile l’assegnazione alla Casa Circondariale di Trapani.

Sotto tali profili, pertanto, le censure formulate in ricorso sono fondate e, conseguentemente, il ricorso va accolto.

Le spese di causa seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Condanna il Ministero della Giustizia al pagamento delle spese di causa che liquida in complessivi euro 2.000,00 (duemila/00), oltre IVA, CPA ed accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 20 aprile 2016 con l’intervento dei magistrati:

Maurizio Nicolosi, Presidente

Alessio Falferi, Primo Referendario, Estensore

Nicola Fenicia, Primo Referendario

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 4 AGO. 2016.