A gioco fermo colpisce con una testata un giocatore avversario. Condannato per lesione personale (Corte di Cassazione, Sezione V Penale, Sentenza 16 marzo 2023, n. 11225).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZAZA Carlo – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Eduardo – Consigliere –

Dott. MICCOLI Grazia Rosa Anna – Rel. Consigliere –

Dott. BELMONTE Maria Teresa – Consigliere –

Dott. MOROSINI Elisabetta Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS) nato a (OMISSIS) il 21/02/19xx;

avverso la sentenza del 14/02/2022 del GIUDICE DI PACE di MACERATA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere dott.ssa GRAZIA ROSA ANNA MICCOLI;

letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, dott.ssa FRANCESCA CERONI, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 14 febbraio 2020, il Giudice di Pace di Macerata ha condannato (OMISSIS) (OMISSIS) per il reato di lesione personale per aver colpito, con una violenta testata, il giocatore (OMISSIS) (OMISSIS) nel corso di un incontro calcistico.

Il  fatto è stato contestato all’imputato per aver violato volontariamente le regole del calcio e per essere venuto meno ai doveri di lealtà verso l’avversario.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l’imputato, con atto articolato in un unico motivo e sottoscritto dal difensore di fiducia.

Il ricorrente denunzia erronea applicazione della legge penale e correlati vizi di motivazione in riferimento al mancato riconoscimento della causa di giustificazione dell’esercizio dell’attività sportiva.

Si duole, in particolare, della ricostruzione del fatto effettuata dal giudice alla luce delle emergenze probatorie, che diversamente descrivono il fatto contestato: la querela e le dichiarazioni del teste (OMISSIS) (OMISSIS) evidenziano come la vicenda si sia svolta durante lo svolgimento della partita e non nella fase di “gioco fermo”, come erroneamente ritenuto dal giudice di pace, sicché non può trattarsi di antagonismo sportivo in quanto, come riferito dalla stessa persona offesa, non vi è stato alcuno scontro verbale o litigio con l’imputato nel corso del gioco.

Inoltre, è sottolineato che la condotta debba ritenersi penalmente irrilevante, in quanto non contraria alle regole sportive, stante anche la valutazione dell’arbitro che non ha comminato alcuna sanzione all’imputato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Le doglianze del ricorrente sono versate in fatto e finalizzate ad ottenere da questa Corte una rivalutazione delle prove.

Il giudice di pace ha chiarito, con motivazione congrua ed esente da vizi logici, che l’imputato ha colpito il suo avversario “durante una fase di gioco fermo stante il recupero del pallone fuoriuscito dal rettangolo di gioco”, tanto che “gli altri compagni di squadra della parte offesa invitavano l’arbitro a sanzionare l’accaduto, ma quest’ultimo non prendeva alcun provvedimento poiché non aveva visto direttamente l’aggressione”.

È stata ritenuta “la volontarietà delle lesioni in ragione della fase di gioco fermo”, con esclusione che il colpo sia stato “frutto del solo agonismo sportivo”.

Per la ricostruzione dei fatti in tali termini il giudice di pace ha utilizzato, previo consenso delle parti, il referto del pronto soccorso, la querela della persona offesa e le dichiarazioni rese da due soggetti in sede di sommarie informazioni testimoniali.

Dalla motivazione della sentenza non sono evincibili vizi di travisamento delle prove analizzate, peraltro non denunziati dal ricorrente.

3. La decisione del giudice di pace è conforme ai principi affermati da questa Corte in materia di lesioni personali cagionate durante una competizione sportiva.

Invero, non sussistono i presupposti di applicabilità della scriminante sportiva:

a) quando si constati assenza di collegamento funzionale tra l’evento lesivo e la competizione sportiva;

b) quando la violenza esercitata risulti sproporzionata in relazione alle concrete caratteristiche del gioco e alla natura e rilevanza dello stesso;

c) quando la finalità lesiva costituisce prevalente spinta all’azione, anche ove non consti, in tal caso, alcuna violazione delle regole dell’attività (Sez. 5, n. 21120 del 29/01/2018 – dep. 11/05/2018- Rv. 273203).

E, ancora, si è affermato che, in tema di competizioni sportive, non è applicabile la cosiddetta scriminante del rischio consentito, qualora nel corso di un incontro di calcio, l’imputato colpisca l’avversario con un pugno al di fuori di un’azione ordinaria di gioco, trattandosi di dolosa aggressione fisica per ragioni avulse dalla peculiare dinamica sportiva, considerato che nella disciplina calcistica l’azione di gioco è quella focalizzata dalla presenza del pallone ovvero da movimenti, anche senza palla, funzionali alle più efficaci strategie tattiche (blocco  degli  avversari,  marcamenti,  tagli  in  area  ecc.)  e  non  può  ricomprendere indiscriminatamente tutto ciò che avvenga in campo, sia pure nei tempi di durata regolamentare dell’incontro (Sez. 5, Sentenza n. 42114 del 04/07/2011 -dep. 16/11/2011- Rv. 251703).

4. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., si impone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, in quanto riconducibile alla sua volontà- al versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di euro 3.000,00, così equitativamente stabilita in ragione dei motivi

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso il 15 dicembre 2022.

Depositato in Cancelleria, Roma lì 16 marzo 2023.

SENTENZA – originale -.