Arresti domiciliari. I genitori avvisano il figlio dell’arrivo della P.G. per un controllo. Il ricorrente giustifica malori ed è andato al Pronto Soccorso. Beneficio revocato (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 14 giugno 2021, n. 23226).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TARDIO Angela – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. CENTOFANTI Francesco – Consigliere –

Dott. ALIFFI Francesco – Rel. Consigliere –

Dott. TALERICO Palma – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) FRANCESCO nato a (OMISSIS) (OMISSIS) il 08/07/19xx;

avverso l’ordinanza del 19/08/2020 del TRIB. SORVEGLIANZA di SALERNO;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. FRANCESCO ALIFFI;

lette le conclusioni del PG, Dott. DOMENICO SECCIA che ha chiesto l’annullamento con rinvio.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Salerno ha revocato la misura alternativa della detenzione domiciliare concessa a (OMISSIS) Francesco.

A ragione osservava che il condannato, denunziato per evasione a seguito di controllo presso la sua abitazione, aveva tenuto un comportamento tale da arrecare un grave vulnus al rapporto fiduciario con gli organi preposti al trattamento del concesso beneficio penitenziario.

Il (OMISSIS), infatti, contattato telefonicamente dai genitori, unici presenti nell’abitazione dove stava scontando la misura, su richiesta del personale di polizia giudiziaria, si era limitato ad informarli del suo immediato ritorno, salvo, mezz’ora dopo, presentarsi presso un presidio ospedaliero dove veniva dimesso senza nessuna prognosi.

2. Ricorre per cassazione il (OMISSIS), per il tramite dei difensori di fiducia, chiedendo l’annullamento dell’illustrata ordinanza sulla base di un unico motivo, per violazione di legge, in relazione all’art. 47 ter Ord. Pen., nonché per vizio di motivazione, sintetizzabile nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen. come segue.

Il Tribunale ha ignorato la circostanza decisiva che il (OMISSIS) aveva fatto ingresso presso i locali del Pronto soccorso, lamentando sintomi di malessere connessi a cefalea, in concomitanza con l’arrivo nella sua abitazione del personale addetto al controllo.

Infatti, il documentato orario di accesso (ore 2.00) è perfettamente compatibile con la distanza esistente tra il presidio sanitario ed il luogo di detenzione, anche tenuto conto del tempo di attesa prima della visita e di quello occorrente per la sua registrazione.

L’episodio valorizzato, oltre ad essere stato determinato da una causa di forza maggiore, correlata alle gravi condizioni di salute attestate dalla documentazione in atti e considerate dalla relazione del dott. De (OMISSIS) incompatibili con la detenzione carceraria, è in ogni caso isolato ed occasionale, quindi del tutto inidoneo, alla luce della richiamata giurisprudenza di legittimità, a giustificare la revoca del beneficio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile.

1. L’unico motivo propone una diversa ricostruzione dell’episodio posto a fondamento della revoca della misura alternativa rispetto a quella, del tutto plausibile, cui è pervenuto il giudice del merito, finendo, in tal modo, per sollecitare l’esercizio, non consentito, di nuovi apprezzamenti da parte del giudice di legittimità.

Il Tribunale, in particolare, ha ricostruito, sulla scorta delle evidenze acquisite, l’allontanamento del condannato dalla sua abitazione nient’affatto determinato dalla impellente necessità del condannato di ricorrere alle cure del presidio ospedaliero per ragioni di salute, bensì come palese violazione delle prescrizioni imposte dal regime di detenzione domiciliare, che il (OMISSIS) aveva goffamente tentato di giustificare, una volta appreso telefonicamente dei genitori dell’arrivo dei militari incaricati del controllo nell’abitazione dove avrebbe dovuto essere presente, simulando un improvviso malore e recandosi al Pronto soccorso.

In questa direzione, significativamente deponevano non solo la distanza temporale tra la telefonata e la visita dei sanitari, ma il contenuto della telefonata intercorsa coi genitori, nel corso della quale, secondo quanto riportato nell’annotazione di servizio, l’interessato nulla aveva detto sui suoi problemi di salute così seri da averlo indotto ad allontanarsi dal luogo degli arresti, ed il contenuto del referto rilasciato in esito alla visita, nel quale non erano indicati una precisa patologia né atre prescrizioni.

Altrettanto logicamente siffatta condotta è stata valutata incompatibile con la prosecuzione della misura alternativa, per la inaffidabilità dimostrata dal condannato (Sez. 1, n. 7243 del 19/12/1997, dep. 1998, Cesario Rv. 209725; Cesario; Sez. 1, n. 41540 del 10/11/2010, Rizzo, Rv. 248469).

2. All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e – per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione (C. Cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro tremila.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.

Così deciso, in Roma il 1° aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.