ASL: il pagamento della quota sanitaria in caso di ricovero dell’assistito in una struttura accreditata (Corte di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza 2 maggio 2022, n. 13737).

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 

SEZIONE TERZA CIVILE 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere

Dott. SESTINI Danilo – Rel. Consigliere

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19458/2020 proposto da:

Cooperativa Sociale Domus Laetitiae – Onlus, in persona del legale rappresentante Claudio (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato Ludovico (OMISSIS) e dall’avvocato Stefania (OMISSIS) ed elettivamente domiciliata presso lo studio della seconda, in Roma, Via (OMISSIS) (OMISSIS) n. 63;

– ricorrente –

contro

Azienda Sanitaria Locale Salerno e Azienda Sanitaria Locale Napoli 1;

– intimate –

avverso la sentenza n. 433/2020 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 28/04/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/02/2022 dal cons. Dott. DANILO SESTINI.

Rilevato che:

premesso che dal 7.2.2012 aveva accolto nella propria struttura assistenziale tale Roberto (OMISSIS), portatore di deficit cognitivo- prestazionale, la Cooperativa Sociale Domus Laetitiae—Onlus agì in giudizio per sentire condannare la A.S.L. di Salerno, che aveva autorizzato il ricovero, al pagamento della quota sanitaria della retta per il periodo dal 7.2.2012 al 15.3.2012 e, in via alternativa con la A.S.L. Napoli 1 (che venne anch’essa convenuta in giudizio), per il periodo dal 16.3.2012 fino all’eventuale dimissione dell’assistito;

la A.S.L. di Salerno contestò la propria legittimazione passiva, rilevando che -dal 16.3.2012- il (OMISSIS), già residente ad (OMISSIS), aveva trasferito la propria residenza in (OMISSIS) (ove aveva sede la struttura assistenziale), con conseguente cessazione dell’obbligo della convenuta di provvedere agli oneri sanitari (da intendersi trasferiti alla A.S.L. di Biella) ed assumendo, sotto altro profilo, che, al termine del periodo di ricovero autorizzato (30.4.2012), non era stata richiesta la nuova e necessaria valutazione delle condizioni dell’assistito per l’eventuale prolungamento del trattamento;

la A.S.L. Napoli 1 rimase contumace;

il Tribunale di Biella affermò la legittimazione passiva della A.S.L. di Salerno, rilevando -anche con richiamo alla giurisprudenza amministrativa in materia- che per individuare la A.S.L. obbligata a sostenere le spese di assistenza sanitaria deve farsi riferimento alla residenza che l’assistito aveva al momento del ricovero, restando irrilevante che lo stesso l’abbia successivamente trasferita presso la sede della struttura;

in ordine al quantum, il Tribunale dichiarò dovuto l’importo di 43.891,54 euro per le prestazioni rese fino al 31.8.2013, mentre ritenne sfornite di prova le ulteriori richieste (relative al periodo successivo) formulate dall’attrice in sede di precisazione delle conclusioni;

condannò pertanto la A.S.L. di Salerno al pagamento dell’anzidetto importo (oltre interessi) e respinse la domanda nei confronti della A.S.L. Napoli 1;

provvedendo sul gravame principale della A.S.L. di Salerno e su quello incidentale della Cooperativa, la Corte di Appello di Torino ha riformato parzialmente la sentenza, condannando la A.S.L. al pagamento del minor importo di 6.828,93 euro, corrispondente alla quota sanitaria dovuta fino al 30.4.2012;

rilevato che la Azienda Sanitaria aveva autorizzato il ricovero presso la struttura della Cooperativa fino al 30.4.2012, esprimendo la necessità di una nuova valutazione dell’U.V.T. al termine del periodo autorizzato, ai fini del prolungamento del trattamento, la Corte ha affermato che non vi erano motivi per rifiutare il pagamento della retta fino al 30.4.2012, mentre l’obbligo doveva ritenersi cessato a decorrere da tale data, «in mancanza della valutazione dell’U.V.T., che non è stata richiesta»;

ha proposto ricorso per cassazione la Cooperativa sociale Domus Laetitiae – Onlus, affidandosi a quattro motivi;

le intimate non hanno svolto attività difensiva;

la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380-bis. c.p.c.;

la ricorrente ha depositato memoria.

Considerato che:

col primo motivo, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione «delle norme di diritto in tema di diritto alla salute, universalità e gratuità del servizio sanitario, libera scelta della struttura socio-sanitaria, doverosità dell’esercizio della funzione da parte dell’ASL (art. 32 Cost.; legge 23 dicembre 1978 n. 833, artt. 2, 19, 26; legge reg. Piemonte 8 gennaio 2004 n. 1)»;

la Cooperativa rileva che il disabile ha diritto a ricevere assistenza, nella duplice componente sanitaria e socio-assistenziale, presso la struttura da lui scelta; che il trattamento deve essere appropriato al bisogno e che, accertata la situazione sotto il profilo sanitario (cioè il bisogno) e considerato il diritto del disabile a liberamente scegliere la struttura, la c.d. autorizzazione al trasferimento è un atto dovuto;

che compete all’ASL valutare il bisogno, vigilare sulla appropriatezza del trattamento «e adottare i provvedimenti (trasferimenti, dimissioni) giustificati dagli accertamenti (rivalutazione del bisogno)», tenuto conto che «la rivalutazione è espressione del potere-dovere di vigilanza, il cui esercizio è doveroso per l’ASL, indipendentemente da richieste dell’interessato o di suoi rappresentanti o della RSA ospitante»;

tanto premesso, la ricorrente contesta l’assunto della sentenza impugnata, secondo cui grava sul disabile o sulla struttura ospitante l’onere di chiedere una nuova valutazione, con la conseguenza che, scaduto il termine indicato nell’autorizzazione all’inserimento, cesserebbe l’obbligo della ASL di pagare la quota sanitaria della retta;

evidenzia che tale assunto «è in contrasto con i principi che regolano il diritto alla salute e alla assistenza sanitaria» e richiama, al riguardo, una pronuncia del Consiglio di Stato (n. 3806/2015) che ha affermato «l’obbligo della ASL (UVM) di procedere alla verifica, in prossimità della scadenza del PAI e con anticipo adeguato a consentire che la eventuale dimissione del paziente avvenga in modo tempestivo e proficuo» e che, «in mancanza di tempestiva verifica, il tempo trascorso fino alla dimissione concordata dovrà ritenersi compreso in quello autorizzato e soggetto alla remunerazione»;

conclude pertanto che «la ASL ha l’obbligo di verificare le condizioni del paziente prima della scadenza del periodo autorizzato e in mancanza di verifica deve pagare la quota sanitaria della retta»;

il secondo motivo deduce la violazione e la falsa applicazione «delle norme di diritto in tema di rapporti tra ASL e struttura socio- sanitaria e inderogabilità delle disposizioni legali e convenzionali, che regolano tali rapporti (legge 23 dicembre 1978 n. 833, artt. 26, 44, comma 4; legge 28 dicembre 2016, art. 1, comma 577; legge reg. Piemonte 8 gennaio 2004 n. 1, art. 23)»;

la ricorrente censura l’assunto della Corte secondo cui, nell’ambito di un rapporto da ritenere di natura privatistica e non concessoria, la ASL poteva legittimamente subordinare il proprio obbligo di pagare ad una richiesta di rivalutazione da parte dell’assistito o di altri soggetti;

sostiene (richiamando giurisprudenza amministrativa e di questa Corte) che il rapporto intercorso fra la ASL e la Cooperativa è inquadrabile nell’ambito di una concessione di pubblico servizio e conclude che «viola la legge la sentenza, che attribuisce all’ASL il potere di esigere dalla RSA o dal disabile adempimenti estranei alla legge e alla convenzione»;

col terzo motivo -che denuncia «assenza di motivazione su fatto decisivo (il contenuto del provvedimento 14 dicembre 2011)» e «nullità della sentenza ex art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.»-, la ricorrente evidenzia che nel provvedimento della A.S.L. di Salerno del 14.12.2011 non vi era traccia di un obbligo dell’assistito di chiedere una nuova valutazione al termine del periodo di ricovero autorizzato, giacché tale provvedimento si limitava a recitare: “eventuali prolungamenti del trattamento sono autorizzati dall’UVI attraverso una nuova valutazione”;

il quarto motivo deduce «violazione e falsa applicazione di norme di diritto: ultrapetizione e violazione del giudicato (artt. 112 e 329 c.p.c.) – nullità della sentenza per assenza di motivazione»;

la ricorrente rileva che il Tribunale aveva dato atto che (con raccomandata del 2.4.2012, ricevuta il 5.4.2012) la Cooperativa aveva formulato alla A.S.L. una richiesta di adeguare “per il futuro” la contribuzione alla retta e che tale capo della sentenza -implicante che vi era stata una richiesta di nuova valutazione- non era stato censurato con specifico motivo di appello;

che, pertanto, laddove aveva affermato che non vi era stata richiesta di rivalutazione, la Corte di Appello aveva giudicato ultra petita e violando il giudicato;

né -aggiunge la ricorrente- la Corte aveva spiegato -con ciò incorrendo in carenza di motivazione- perché era errata l’affermazione del Tribunale circa il fatto che vi era stata richiesta di rivalutazione;

il ricorso – esaminati congiuntamente i quattro motivi – risulta fondato nei termini di seguito indicati;

superata ogni altra questione (compresa quella relativa alla rilevanza del mutamento di residenza del (OMISSIS), ritenuta implicitamente infondata anche dalla Corte di Appello laddove -senza subire censura dalla ASL- ha ritenuto dovute le quote fino al 30.4.2012, e quindi anche quelle maturate successivamente al mutamento della residenza del (OMISSIS)), le censure svolte in sede di legittimità vertono sulla spettanza o meno della quota sanitaria per il periodo successivo a quello originariamente autorizzato dalla ASL e sulla rilevanza (o meno) della nuova valutazione dell’assistito;

al riguardo, non pare fondato l’assunto secondo cui vi sarebbe, sul punto, un giudicato derivante dalla sentenza di primo grado, giacché il passaggio trascritto in ricorso attiene ad una richiesta di adeguamento della contribuzione alla retta per il futuro, ma non dà conto di una effettiva e specifica richiesta di rivalutazione;

ci si deve, allora, interrogare sulla portata del provvedimento del 14.12.2011 (trascritto a pag. 11 del ricorso) con cui la ASL autorizzò il trattamento del (OMISSIS) presso la struttura dell’odierna ricorrente dal 1.1.2012 al 30.4.2012, per complessivi 120 giorni, aggiungendo che “eventuali prolungamenti del trattamento sono autorizzati dall’UVI attraverso una nuova valutazione”;

si tratta -all’evidenza- di un provvedimento che, pur indicando la durata dell’autorizzazione concessa e pur prevedendo l’eventualità di ulteriori autorizzazioni, non individuava chi dovesse richiedere la nuova valutazione;

ciò comporta che, a prescindere dalla qualificazione del rapporto intercorrente fra la ASL e la struttura assistenziale in termini concessori o privatistici, non sussistono elementi che consentano di individuare nell’assistito o nella struttura assistenziale, piuttosto che nella ASL, il soggetto tenuto ad attivarsi per l’effettuazione della nuova valutazione;

ne consegue che, in difetto di specifica indicazione nel provvedimento autorizzativo, non v’è possibilità di far ricadere le conseguenze della mancata rivalutazione sul soggetto individuato come tenuto a richiederla;

deve allora valutarsi se il mero fatto che sia mancata la rivalutazione dell’assistito comporti che la ASL non possa essere chiamata a pagare la quota della retta oltre il periodo originariamente autorizzato, con la conseguenza che la Cooperativa non possa recuperare nei confronti della medesima i costi dell’assistenza che ha pacificamente continuato a prestare al Severino;

al riguardo, appare decisivo il rilievo che la quota sanitaria relativa all’assistenza dei soggetti non autosufficienti è posta a carico della ASL di (originaria) appartenenza, la quale deve pertanto provvedere alle esigenze sanitarie dell’assistito, sia direttamente che mediante convenzioni con strutture accreditate;

la collocazione in una di tali strutture non esonera la ASL dall’onere di continuare a farsi carico del costo sanitario dell’assistenza e della vigilanza sull’adeguatezza del trattamento praticato, comportante anche l’onere di adottare i provvedimenti necessari per la gestione dell’assistenza, ivi compresa la verifica della sussistenza o meno delle condizioni che possono giustificare la permanenza del disabile presso la struttura;

si vuol dire, in altri termini e con specifico riferimento al caso in esame, che la circostanza che l’autorizzazione al collocamento presso una struttura assistenziale abbia una durata predeterminata e il fatto che sia prevista una nuova valutazione del caso per eventuali prolungamenti non comportano che, alla scadenza del periodo autorizzato, venga meno l’onere di sostenere i costi sanitari della retta, che non possono che restare a carico della ASL, la quale ben può (e, anzi, deve) procedere di propria iniziativa ad effettuare tempestivamente una nuova valutazione dell’assistito e che ha possibilità di provvedervi anche successivamente, in ogni momento, ove abbia motivo di dubitare che il trattamento in corso non sia più adeguato;

è certo, invece, che -come osservato condivisibilmente dalla pronuncia del Consiglio di Stato richiamata dalla ricorrente- l’inerzia della ASL (che ha in carico il soggetto non autosufficiente) non può ricadere sulla struttura, che, ove non sia stata stabilita una diversa collocazione dell’assistito, non può ovviamente interrompere le proprie prestazioni senza esporre a grave pregiudizio per l’assistito;

deve affermarsi, in conclusione, che la ASL che abbia autorizzato temporaneamente la collocazione di un proprio assistito presso una struttura accreditata, prevedendo che l’eventuale prolungamento del trattamento venga autorizzato mediante una nuova valutazione dell’UVI, è tenuta a sostenere l’onere della quota sanitaria anche dopo che il termine originario sia scaduto senza che si sia provveduto ad autorizzare il prolungamento mediante la nuova valutazione, fintantoché non sia stata disposta una diversa collocazione dell’assistito che consenta alla struttura di interrompere le proprie prestazioni senza pregiudizio per il disabile;

il ricorso va pertanto accolto nei termini sopra indicati e la sentenza va cassata in relazione, con rinvio alla Corte territoriale che provvederà a nuovo esame della domanda relativa alle quote sanitarie delle rette maturate successivamente al 30.4.2012;

la Corte di rinvio provvederà anche sulle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di lite, alla Corte di Appello di Torino, in diversa composizione.

Roma, 16.2.2022.

Depositato in Cancelleria il 2 maggio 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.