Assegni vitalizi ai familiari della vittima del terrorismo anche se quest’ultima è deceduta prima dell’entrata in vigore della legge n. 147/2013 (Corte di Cassazione, Sezione Lavoro Civile, Sentenza 19 maggio 2022, n. 16218).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANCINO Rossana – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – Rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 27106/2019 R.G. proposto da

Ministero dell’Interno, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato ed elettivamente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12;

– ricorrente –

contro

Osvalda (OMISSIS) e Stefania (OMISSIS), rappresentate e difese dall’Avv. Vincenzo (OMISSIS) ed elettivamente domiciliate in Roma, via (OMISSIS) (OMISSIS) 166;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova n. 325/2019 del 15 luglio 2019.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’8 aprile 2022 dal Consigliere Dott. Dario Cavallari.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Osvalda (OMISSIS) e Stefania (OMISSIS) hanno adito il Tribunale di Genova chiedendo che fosse loro riconosciuto lo speciale assegno vitalizio di € 1.033,00 mensili e l’assegno vitalizio di € 500,00 mensili, entrambi soggetti a perequazione automatica, ai sensi dell’art. 5, commi 3 bis e 3 quater, della legge n. 206 del 2004 e successive modificazioni, con conseguente condanna del Ministero dell’Interno a pagare in loro favore tali prestazioni con i relativi arretrati con interessi e rivalutazione.

Esse hanno esposto di essere rispettivamente moglie e figlia di Alfredo (OMISSIS), deceduto il 21 marzo 2013 e riconosciuto vittima del terrorismo.

Il Tribunale di Genova, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 123/2019, ha respinto il ricorso, precisando che:

– Alfredo (OMISSIS) era stato vittima di un’azione terroristica perpetrata nel 1978, a seguito della quale era stato dichiarato, con decreto del Prefetto di Genova del 15 aprile 2008, vittima del terrorismo;

– era stata riconosciuta ad Alfredo (OMISSIS) una percentuale di invalidità del 77%;

– Alfredo (OMISSIS) era deceduto il 21 marzo 2013;

– le prestazioni richieste dalle ricorrenti spettavano solo qualora il decesso della vittima del terrorismo fosse avvenuto dopo l’entrata in vigore della legge n. 147 del 2013 (avvenuta il 10 gennaio 2014), circostanza che, nella specie, non ricorreva.

Osvalda (OMISSIS) e Stefania (OMISSIS) hanno proposto appello.

La Corte di appello di Genova, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 325/2019, ha accolto il gravame, affermando che la corresponsione dei benefici previsti dalla legge n. 147 del 2013 non presupponeva che la vittima del terrorismo fosse ancora in vita alla data di entrata in vigore di quest’ultima legge, ma esclusivamente che detta vittima fosse sopravvissuta all’attentato.

Il Ministero dell’Interno ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un motivo.

Osvalda (OMISSIS) e Stefania (OMISSIS) hanno resistito con controricorso.

Le controricorrenti hanno depositato memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Con un unico motivo il Ministero dell’Interno lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 5, commi 3 bis e 3 quater, della legge n. 206 del 2004, 2, comma 1, della legge n. 407 del 1998, ed 1, comma 494, della legge n. 147 del 2013.

L’Amministrazione ricorrente deduce che la corte territoriale avrebbe errato nel non subordinare la spettanza delle prestazioni richieste dalle controricorrenti alla circostanza che Alfredo (OMISSIS) fosse ancora in vita alla data del 10 gennaio 2014.

Infatti, il legislatore aveva inteso riconoscere dette prestazioni ai prossimi congiunti e non ai “superstiti” delle vittime del terrorismo.

La circostanza che il legislatore utilizzasse, al comma 3 dell’art. 5 della legge n. 206 del 2004, l’espressione “superstiti”, mentre al comma 3 bis, introdotto dalla legge n. 147 del 2013, faceva riferimento al coniuge ed ai figli delle vittime de quibus, dimostrava che, per godere dei benefici oggetto del contendere (ovvero le prestazioni alle quali si riferivano i commi 3 bis ss. dell’art. 5 della legge n. 206 del 2004) era necessario che il soggetto “portatore” dell’invalidità in esame fosse vivo al momento dell’entrata in vigore della legge n. 147 del 2013, avvenuta il 10 gennaio 2014.

Osvalda (OMISSIS) e Stefania (OMISSIS), in ragione della premorienza di Alfredo (OMISSIS) rispetto alla data del 10 gennaio 2014, dovevano essere considerate non più coniuge e figlia, ma “superstiti”, con la conseguenza che avevano diritto al trattamento economico di cui al comma 3, dell’art. 5 della legge n. 206 del 2004, ma non a quello previsto dai commi 3 bis ss. dello stesso art. 5.

Il motivo è infondato.

L’art. 5, comma 3, della legge n. 206 del 2004 prescrive che:

“3. A chiunque subisca o abbia subito, per effetto di ferite o di lesioni, causate da atti di terrorismo e dalle stragi di tale matrice, un’invalidità permanente non inferiore ad un quarto della capacità lavorativa, nonché ai superstiti delle vittime, compresi i figli maggiorenni, è concesso, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, oltre all’elargizione di cui al comma 1, uno speciale assegno vitalizio, non reversibile, di 1.033 euro mensili, soggetto alla perequazione automatica di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, e successive modificazioni.

Per le medesime finalità è autorizzata la spesa di 8.268.132 euro per l’anno 2004, di 8.474.834 euro per l’anno 2005 e di 8.686.694 euro a decorrere dall’anno 2006.

Ai figli maggiorenni superstiti, ancorché non conviventi con la vittima alla data dell’evento terroristico, è altresì attribuito, a decorrere dal 26 agosto 2004, l’assegno vitalizio non reversibile di cui all’articolo 2 della legge 23 novembre 1998, n. 407, e successive modificazioni”.

In seguito, la legge n. 147 del 2013 (legge di bilancio per il 2014) ha previsto all’art. 1, commi 494 e 495, che: “494. Dopo il comma 3 dell’articolo 5 della legge 3 agosto 2004, n. 206, e successive modificazioni, sono inseriti i seguenti:

«3-bis. A decorrere dal 10 gennaio 2014, al coniuge e ai figli dell’invalido portatore di una invalidità permanente non inferiore al 50 per cento a causa dell’atto terroristico subito, anche se il matrimonio sia stato contratto successivamente all’atto terroristico e i figli siano nati successivamente allo stesso, è riconosciuto il diritto a uno speciale assegno vitalizio, non reversibile, di 1.033 euro mensili, soggetto alla perequazione automatica di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, e successive modificazioni.

3-ter. Il diritto all’assegno vitalizio di cui al comma 3-bis non spetta qualora i benefici di cui alla presente legge siano stati riconosciuti al coniuge poi deceduto o all’ex coniuge divorziato o ai figli nati da precedente matrimonio e viventi al momento dell’evento.

L’assegno vitalizio non può avere decorrenza anteriore al 10 gennaio 2014.

3-quater. Le disposizioni di cui ai commi 3-bis e 3-ter del presente articolo si applicano anche con riferimento all’assegno vitalizio di cui all’articolo 2, comma 1, della legge 23 novembre 1998, n. 407, e successive modificazioni».

495. All’onere di cui al comma 494, valutato in 0,134 milioni di euro per l’anno 2014, in 0,274 milioni di euro per l’anno 2015, in 0,419 milioni di euro per l’anno 2016, in 0,570 milioni di euro per l’anno 2017, in 0,727 milioni di euro per l’anno 2018, in 0,890 milioni di euro per l’anno 2019, in 1,059 milioni di euro per l’anno 2020, in 1,234 milioni di euro per l’anno 2021, in 1,416 milioni di euro per l’anno 2022 e in 1,605 milioni di euro a decorrere dall’anno 2023, si provvede mediante corrispondente riduzione, per gli stessi anni, dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.

Ai sensi dell’articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, il Ministero dell’interno provvede al monitoraggio degli oneri di cui al comma 494 del presente articolo.

Nel caso si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di cui al presente comma, il Ministro dell’economia e delle finanze provvede, con propri decreti, mediante utilizzo di quota parte delle entrate di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a), della legge 23 febbraio 1999, n. 44, da riassegnare ai pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero dell’interno”.

L’intervento del legislatore del 2013 ha modificato, quindi, la legge n. 206 del 2004 (“Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice”).

Con riferimento alle prestazioni di cui all’art. 5 della legge n. 206 del 2004, oggetto della presente controversia, si osserva che il comma 3 di tale articolo appresta tutela, oltre che al soggetto rimasto vittima dell’attentato a cui comunque sopravvive, anche ai suoi familiari superstiti.

Infatti, tale disposizione prevede che:

A chiunque subisca o abbia subito, per effetto di ferite o di lesioni, causate da atti di terrorismo e dalle stragi di tale matrice, un’invalidità permanente non inferiore ad un quarto della capacità lavorativa, nonché ai superstiti delle vittime, compresi i figli maggiorenni, è concesso, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, oltre all’elargizione di cui al comma 1, uno speciale assegno vitalizio, non reversibile, di 1.033 euro mensili, soggetto alla perequazione automatica di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, e successive modificazioni.

Per le medesime finalità è autorizzata la spesa di 8.268.132 euro per l’anno 2004, di 8.474.834 euro per l’anno 2005 e di 8.686.694 euro a decorrere dall’anno 2006.

Ai figli maggiorenni superstiti, ancorché non conviventi con la vittima alla data dell’evento terroristico, è altresì attribuito, a decorrere dal 26 agosto 2004, l’assegno vitalizio non reversibile di cui all’articolo 2 della legge 23 novembre 1998, n. 407, e successive modificazioni”.

La novità introdotta dal legislatore del 2013 concerne, dunque l’ampliamento dei destinatari dello speciale assegno vitalizio, non reversibile, di € 1.033 e dell’assegno vitalizio di cui all’articolo 2, comma 1, della legge 23 novembre 1998, n. 407, e successive modificazioni, in quanto non viene più in rilievo solo la posizione della vittima o quella dei superstiti, ma si riconoscono le prestazioni in esame anche al coniuge ed ai figli dell’invalido portatore di una invalidità permanente non inferiore al 50% per cento a causa dell’atto terroristico subito.

Si tratta, quindi, come osservato dalla più recente giurisprudenza di legittimità, alla quale questo Collegio ritiene di conformarsi (Cass., Sez. L, n. 11180 del 6 aprile 2022; Cass., Sez. L, n. 11014 del 5 aprile 2022), di un nuovo diritto spettante iure proprio a tali soggetti, con l’esplicita esclusione del caso in cui il coniuge poi deceduto o l’ex coniuge divorziato o i figli nati da precedente matrimonio e viventi al momento dell’evento abbiano già percepito le prestazioni previste dalla legge n. 204 del 2006 (art. 5, comma 3 ter, della legge n. 204 del 2006).

Costoro vanno individuati nei superstiti della vittima dell’atto terroristico, già destinatari delle misure indicate dall’art. 5 comma 3 della citata legge n. 204 e che, per effetto delle nuove disposizioni, sarebbero risultati comunque compresi nella previsione introdotta nel 2013 che individua i beneficiari per via del solo rapporto familiare esistente con la vittima.

Al di fuori di tale limitazione, che tende chiaramente ad evitare la duplicazione dei benefici, il testo del comma 3 bis dell’art. 5 citato è chiaro nel riferirsi “(…) al coniuge e ai figli dell’invalido portatore di una invalidità permanente non inferiore al 50 per cento a causa dell’atto terroristico subito, anche se il matrimonio sia stato contratto successivamente all’atto terroristico e i figli siano nati successivamente allo stesso (…)”.

Il testo della legge sopravvenuta non esplicita, pertanto, la condizione che i beneficiari siano solo il coniuge ed i figli della vittima del terrorismo ancora in vita alla data dell’entrata in vigore della legge n. 147 del 2013, come sostiene, al contrario, il Ministero dell’Interno, e l’insieme delle disposizioni citate non autorizza l’interprete a ridurre l’ambito dei soggetti destinatari delle prestazioni de quibus.

2) Il ricorso è respinto.

Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico della parte soccombente nella misura liquidata in dispositivo in favore dei controricorrenti.

Stante la non debenza da parte delle amministrazioni pubbliche statali, come la parte ricorrente, del versamento del contributo unificato, non sussistono i presupposti di cui al primo periodo dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 30 maggio 2002, introdotto dal comma 17 dell’art. 1 della legge n. 228 del 24 dicembre 2012, ai fini del raddoppio del contributo per i casi di impugnazione respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile (Cass., Sez. 6-L, n. 1778 del 29 gennaio 2016).

P.Q.M.

La Corte,

– rigetta il ricorso;

– condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida nella misura di € 3.500,00 per compensi, oltre ad € 200 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%.

Così deciso nella camera di consiglio in data 8 aprile 2022.

Depositato in Cancelleria il 19 maggio 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.