Assicurazione fideiussoria: applicabile la disciplina della fideiussione.

(Corte di Cassazione civile, sezione II, sentenza 29.01.2016, n. 1724)

La c.d. assicurazione fideiussoria costituisce una figura contrattuale intermedia tra il versamento cauzionale e la fideiussione ed è contraddistinta dall’assunzione dell’impegno, da parte di una banca o di una compagnia di assicurazione, di pagare un determinato importo al beneficiario, onde garantirlo nel caso di inadempimento della prestazione a lui dovuta dal contraente; peraltro, essendo caratterizzata dalla stessa funzione di garanzia della fideiussione, ad essa è applicabile, ove non derogata dalle parti, la disciplina legale tipica di tale contratto.

…omissis…

6. – Il quarto motivo lamenta il vizio d’omessa o insufficiente motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c. , n. 5 relativamente alle seguenti circostanze di fatto:

a) il versamento effettivo del corrispettivo dell’appalto; tale circostanza è stata richiamata nella prima comparsa conclusionale del 19.12.2006 (precedente la sentenza non definitiva n. 40xxxxxxxxx e successivamente reiterata con puntuale riferimento alla dichiarazione resa da Bxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx nell’interrogatorio formale all’udienza del 20.12.2000;

b) la determinazione degli importi necessari per il completamento degli immobili di proprietà B., poichè le risultanze istruttorie portano a conclusioni opposte a quelle cui è pervenuta la Corte d’appello, e forniscono la prova che diversi erano gli importi necessari al completamento delle opere;

c) la liquidazione in Euro 447.482,00 del risarcimento dei danni da ritardo nell’ultimazione dei lavori, avendo la Corte territoriale preso in esame per il decorso del termine di consegna la prima concessione edilizia, n. 174 del 18.5.1995, ignorando la seconda concessione in variante di tutto il complesso, la n. 53 del 17.3.1997;

d) i danni per Euro 1.396.129, oltre rivalutazione, per ritardo ed opere ineseguite, poichè non è dato comprendere se nei confronti dell’Impresa Aldegheri sia stata emessa una singola condanna per l’importo anzi detto ovvero una duplice condanna per questo e per Euro 1.187.850,87, stante la contraddizione tra motivazione e dispositivo.

7. – Il primo, il secondo ed il terzo motivo del ricorso principale Aldegheri sono inammissibili (oltre che per difetto di autosufficienza sul contenuto della sentenza non definitiva, che ne costituisce l’imprescindibile tertium comparationis, anche e soprattutto) perchè introducono censure che avrebbero dovuto essere proposte contro la sentenza non definitiva n. 401/07, che invece non è stata invece impugnata (v. l’epigrafe del ricorso).

7.1. – L’esame di detti motivi richiama l’applicazione coordinata di due principi del tutto pacifici nella giurisprudenza di questa Corte.

Il primo afferma che nel caso di pronuncia di sentenza non definitiva, il giudice si spoglia della potestas iudicandi relativa alle questioni decise, delle quali gli resta precluso il riesame – sia in ordine alle questioni definite che in ordine a quelle da esse dipendenti – salvo che detta sentenza non venga riformata con pronuncia passata in giudicato, a seguito di impugnazione immediata;

ne consegue che tale giudice non può risolvere le medesime questioni in senso diverso con la sentenza definitiva e, ove lo faccia, il giudice del gravame, anche di legittimità, può rilevare d’ufficio la violazione del giudicato interno originante dalla sentenza non definitiva, a nulla rilevando che la violazione non abbia costituito oggetto di specifica impugnazione (Cass. nn. 18898/09, 10889/06, 18510/04, 12346/03, 5860/99 e 4821/99). Ciò in quanto la non definitività concerne soltanto la non integralità della decisione della controversia, ma non anche la mutabilità, da parte dello stesso giudice, di ciò che è stato deciso (così, Cass. n. 2332/01).

Il secondo principio espone che le questioni esaminabili d’ufficio che abbiano formato oggetto, nel corso del giudizio di primo grado, di una ben precisa domanda (od eccezione) non possono più esser riproposte nei gradi successivi del giudizio (sia pur sotto il profilo della sollecitazione dell’organo giudicante ad esercitare il proprio potere di rilevazione ex officio) qualora la decisione (o l’omessa decisione) di tali questioni da parte del primo giudice non abbia formato oggetto di specifica impugnazione, per essersi ormai verificata una preclusione processuale (derivante da giudicato cosiddetto “interno”) che il giudice dei gradi successivi deve indefettibilmente rilevare (cfr. Cass. n. 2388/98).

Ne deriva che l’error in iudicando o in procedendo in cui sia incorsa la sentenza non definitiva, non potendo essere eliminato dal medesimo giudice con la pronuncia definitiva, nè direttamente attraverso la revoca della statuizione viziata, nè indirettamente adottando sui capi dipendenti da quello già deciso una statuizione incompatibile con esso, richiede di necessità l’impugnazione (immediata o differita previa riserva) della sentenza non definitiva.

Tale principio, elaborato principalmente con riferimento ai capi dipendenti dal capo pregiudiziale deciso con la sentenza non definitiva, non soffre eccezione ove quest’ultima sia stata emessa non dal giudice di primo grado ma da quello d’appello, e sia affetta da un’omessa pronuncia su di un’eccezione o su di un punto interferente con la questione oggetto della sentenza non definitiva.

Il che si verifica allorchè la pronuncia omessa abbia ad oggetto un fatto storico o normativo, contrario alla pronuncia non definitiva resa, che non può essere affermato o negato se non a patto di rimettere in discussione un capo già deciso con quest’ultima sentenza, che il medesimo giudice non ha il potere di ritrattare in sede di decisione definitiva.

(Non diversamente è a dire nel caso di pronuncia non definitiva di rigetto implicito delle medesime eccezioni, poichè ugualmente l’unico rimedio esperibile resta l’impugnazione avverso detta sentenza e non contro quella definitiva, impugnabile a sua volta soltanto per vizi propri).

7.1.1. – Con la sentenza non definitiva n. 401/07 la Corte distrettuale nel respingere l’eccezione di nullità dei contratti del 10.6.1994 e del 19.11.1994 per difetto di concessione edilizia, non ha riservato in prosieguo l’esame degli ulteriori profili d’invalidità dedotti dalla soc. Aldegheri, ma al contrario: (1) ha riformato la sentenza di primo grado (provvedendo per “motivi di celerità” con sentenza non definitiva) attraverso l’espressa “conferma” della “validità” dei citati contratti; quindi, (2) ha altrettanto espressamente ritenuto che, non ricorrendo un’ipotesi di remissione della causa al primo giudice, occorreva provvedere sulle domande “consequenziali” il cui esame era rimasto assorbito in primo grado per effetto della dichiarazione di nullità; di seguito, (3) ha valutato indispensabile a tal fine nominare un c.t.u.; e, infine, (4) nel dispositivo ha così provveduto: “rigetta l’eccezione di nullità della convenzione 10.6.1994 e del contratto di appalto 19.11.1994 di cui dichiara la validità ed efficacia (corsivo nostro)”; per poi, coerentemente a quanto sopra, (5) rimettere la causa sul ruolo come da separata ordinanza (v. pagg. 22 e 23 sentenza n. 401/07).

Pertanto, nessun dubbio è lecito nutrire sul fatto che provvedendo in tal modo la Corte territoriale abbia esaurito la propria potestas iudicandi sul tema della validità dei due contratti, incorrendo in un’omessa pronuncia sugli ulteriori profili di nullità dedotti dalla soc. Aldegheri (ai sensi degli artt. 1418, 1346, 1470 e 1414 c.c. : v.

le conclusioni riportate nella citata sentenza n. 401/07). Di riflesso e in applicazione dei principi di diritto sopra richiamati, per tale error in procedendo l’odierna parte ricorrente avrebbe dovuto proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza non definitiva n. 401/07, e non contro la sentenza definitiva n. 1808/10.

8. – Il quarto motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.

8.1. – Inammissibile quanto alle censure sub a), b) e c), che involgono questioni di puro fatto, il cui esame è per sua stessa natura incompatibile con i limiti interni del sindacato di legittimità.

8.2. – Infondato relativamente alla censura sub d), poichè non è ravvisabile alcuna contraddizione tra motivazione e dispositivo della sentenza impugnata. Come in motivazione, così anche in dispositivo è chiaro che lxxxxxono stati condannati solo al pagamento della somma di Euro 1.396.129,00 (oltre rivalutazione ed interessi legali ), poichè l’importo di Euro 1.187.850,87 (oltre interessi) costituisce null’altro che la parte di detto debito posta a carico solidale della SIC s.p.a.. Il capo separato col quale tale società assicuratrice è stata condannata, quale “fideiussore e garante delle obbligazioni assunte dalla Aldegheri, in via solidale con i debitori principali, al pagamento in favore del B. della somma di L. 2.300.000.000 – pari a Euro 1.187.850,87, oltre interessi legali , al saldo” (così, in dispositivo), costituisce null’altro che una diversa e un pò contorta modalità espressiva di un’unica condanna in solido.

9. – I primi due motivi del ricorso incidentale della Atradius deducono, in relazione all’art. 360 c.p.c. , n. 4, la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c. , lamentando l’omessa pronuncia sull’eccezione di nullità del contratto preliminare del 10.6.1994 ai sensi dell’art. 1418 c.c. , comma 2, art. 1325 c.c. , n. 2 e art. 1346 c.c. , e sull’eccezione di simulazione assoluta ex art. 1414 c.c. , comma 1 del contratto d’appalto 19.11.1994.

Motivi che, per le medesime ragioni svolte supra nei paragrafi nn.xxxx a 7.1.1., sono inammissibili.

10. – Il terzo motivo del ricorso incidentale Atxxxuncia, ancora in relazione all’art. 360 c.p.c. , n. 4 la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c. , non essendosi la Corte territoriale pronunciata sull’ulteriore eccezione d’invalidità della polizza sollevata dalla SIC s.p.a. anche sotto l’aspetto della mancanza d’un contratto d’appalto da garantire. Con tale eccezione, sostiene parte ricorrente incidentale, la SIC aveva sostenuto che la polizza era stata prestata espressamente a garanzia del contratto d’appalto 19.11.1994 intercorso tra il B. e la soc. Aldegheri, mentre, se bene si analizzano i rapporti tra dette parti, si rileva che ciò che queste avevano inteso realizzare non era un contratto d’appalto ma una permuta di cosa presente con cosa futura.

11. – Il motivo è infondato.

L’inesistenza dell’obbligazione garantita non integra un’eccezione ma una difesa, perchè nega le condizioni originarie del diritto di garanzia. Per contro, l’eccezione per sua stessa natura implica un fatto sopravvenuto che sia allegato in funzione estintiva, impeditiva o modificativa del diritto azionato.

In quanto difesa, rispetto ad essa non si pone un problema d’omessa pronuncia, che presuppone la formulazione di una domanda o di un’eccezione, ma semmai l’alternativa tra reiezione implicita derivante dall’accoglimento della domanda avversa, non essendo il giudice di merito tenuto ad esaminare ogni singola difesa delle parti (cfr. Cass. nn. 856/74, 2534/73 e 1047/73), e l’omissione o l’insufficienza motivazionale.

Infatti, la differenza fra l’omessa pronuncia di cui all’art. 112 c.p.c. e l’omessa motivazione ex art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis, si coglie nel senso che, nella prima, l’omesso esame concerne direttamente una domanda od un’eccezione introdotta in causa, mentre nella seconda ipotesi l’attività di esame del giudice, che si assume omessa, concerne una circostanza di fatto che, ove valutata, avrebbe comportato una diversa decisione (cfr. Cass. nn. 25761/14, 25714/14 e 5444/O6).

12. – Le considerazioni appena esposte valgono ad escludere la fondatezza anche del quarto motivo, che lamenta l’omessa pronuncia sulla “invalidità” della polizza fideiussoria per il mutamento del soggetto garantito, “cioè la Aldegheri snc”, essendo stati effettuati i lavori dalla Investia s.p.a..

In disparte l’improprio richiamo al concetto di invalidità (posto che la polizza non diviene invalida ove per fatti sopravvenuti non ricorrano le condizioni della sua escussione) e l’inesatta indicazione del soggetto garantito (che è il creditore in favore del quale è emessa la polizza fideiussoria); ciò a parte, va osservato che anche in tal caso la critica è erroneamente veicolata sotto il profilo dell’omessa pronuncia, e dunque della nullità processuale, non configurabile ove la sentenza impugnata non abbia valutato espressamente una o più difese della parte.

13. – Il quinto ed il sesto motivo allegano, rispettivamente, la violazione o falsa applicazione degli artt. 1351 e 1470 c.c. e il vizio d’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c. , nn. 3 e 5. Nell’affermare che la vendita stipulata il 16.3.1995 avrebbe completato l’unico rapporto costituito dalle due fasi rappresentate dai due contratti del 10.6.1994 e del 19.11.1994, la sentenza impugnata avrebbe palesemente violato le norme che regolano gli effetti del contratto definitivo.

Il quale ultimo, affinchè possa considerarsi esecuzione e conferma di un precedente preliminare deve avere un contenuto sostanzialmente coincidente con questo. Viceversa, nel caso in esame sarebbe evidente la sostanziale differenza fra il contratto del 10.6.1994 (che integra una permuta di cosa presente con cosa futura) e il rogito del 16.3.1995 (che invece è una vera e propria vendita); e l’affermazione della sentenza impugnata, secondo cui il rogito del 16.3.1995 rappresenta l’adempimento delle obbligazioni contenute nella permuta del 10.6.1994 e nell’appalto del 19.11.1994, sarebbe del tutto priva di giustificazione.

14. – Detti motivi sono inammissibili perchè non colgono il senso della decisione, che nella parte denunciata non mira affatto a (ri)comporre un regolamento contrattuale reso incerto dal confronto tra preliminare e definitivo, ma a individuare gli effetti finali di un procedimento negoziale indiretto, le cui cadenze temporali sono ricostruite nella parte immediatamente seguente della motivazione.

Del resto non è casuale (e ciò costituisce un ulteriore profilo d’inammissibilità delle censure, per difetto di decisività) che la critica formulata nei motivi in esame non chiarisca quali conseguenze giuridiche si trarrebbero dall’asserita violazione di legge o dal preteso vizio motivazionale, visto che la garanzia prestata dalla SIC s.p.a. copre il segmento intermedio (id est, il contratto d’appalto del 19.11.1994) della sequenza negoziale indiretta ricostruita dalla Corte territoriale.

15. – Il settimo e l’ottavo motivo deducono la nullità del contratto del 10.6.1994 in relazione all’art. 1418 c.c. , comma 2, art. 1325 c.c. , nn. 2 e 3, artt. 1414, 1470 e 1552 c.c. , e sono, per le medesime ragioni svolte supra nei paragrafi nn. da 7. a 7.1.1., da intendersi integralmente richiamate, inammissibili.

16. – Il nono motivo allega la violazione o falsa applicazione dell’art. 1936 c.c. , in relazione all’art. 360 c.p.c. , n. 3.

Deduce parte ricorrente che la polizza fideiussoria fu rilasciata in favore del B. sino a concorrenza della somma di L. 2.300.000.000, per garantirne la restituzione in caso d’inadempimento della Aldegheri, sul falso presupposto che tale somma fosse stata corrisposta.

Sennonché l’attività istruttoria espletata ha consentito di appurare che le costruzioni furono eseguite non dalla Aldegheri ma dalla soc. Investia.

Pertanto, tale sostituzione unilaterale del “soggetto garantito”, ben nota al B., beneficiario della polizza, ma mai conosciuta e accettata dalla SIC, avrebbe comportato, conclude parte ricorrente, il venire meno della garanzia fideiussoria.

17. – Il motivo è infondato.

La cosiddetta assicurazione fideiussoria costituisce una figura contrattuale intermedia tra il versamento cauzionale e la fideiussione ed è contraddistinta dall’assunzione dell’impegno, da parte (di una banca o) di una compagnia di assicurazione, di pagare un determinato importo al beneficiario, onde garantirlo nel caso di inadempimento della prestazione a lui dovuta dal contraente. E’, poi, caratterizzata dalla stessa funzione di garanzia del contratto di fideiussione, per cui è ad essa applicabile la disciplina legale tipica di questo contratto, ove non derogata dalle parti (Cass. nn. 12871/09, 11261/05 e 6823/01).

Ne deriva che a) soggetto “garantito” dalla polizza fideiussoria non è il contraente, ma il beneficiario della garanzia stessa, cioè il creditore della prestazione oggetto dell’obbligazione che grava sul contraente; b) l’adempimento parziale di quest’ultima da parte di un soggetto terzo (fattispecie disciplinata dall’art. 1180 c.c. ) non interferisce minimamente sull’assicurazione fideiussoria, che resta valida ed efficace quali che siano le vicende del rapporto obbligatorio tra il creditore- beneficiario e il debitore-contraente.

18. – Il decimo motivo lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 1936 e 1957 c.c. , in relazione all’art. 360 c.p.c. , n. 3.

La fideiussione prestata dalla SIC decorreva dall’1.12.1995 e scadeva il 30.11.1997, e ai sensi dell’art. 1, comma 2 delle condizioni generali di polizza gli eventuali inadempimenti verificatisi entro il periodo di validità della polizza dovevano essere accertati e comunicati all’assicuratore non oltre tre mesi dalla scadenza.

Pertanto, per evitare il venir meno della fideiussione, il B. avrebbe dovuto proporre nel suddetto termine le sue istanze contro il debitore.

Sulla relativa eccezione di decadenza dalla garanzia, formulata dalla SIC sin dalla comparsa di risposta di primo grado, la Corte d’appello si è limitata ad osservare che il B. aveva tempestivamente denunciato il rallentamento delle opere e il loro definitivo abbandono, periodicamente reiterando nei confronti della SIC l’attivazione della garanzia.

Tale decisione, prosegue parte ricorrente, contiene un’applicazione erronea dell’art. 1957 c.c. , costantemente interpretato da questa Corte Suprema nel senso che per proposizione delle istanze contro il debitore si intende non una semplice diffida stragiudiziale, ma il promovimento di una vera e propria azione giudiziaria.

19. – Il motivo è fondato.

L’art. 1957 c.c. , nell’imporre al creditore di proporre la sua “istanza” contro il debitore entro sei mesi dalla scadenza per l’adempimento dell’obbligazione garantita dal fideiussore, a pena di decadenza dal suo diritto verso quest’ultimo, tende a far sì che il creditore stesso prenda sollecite e serie iniziative contro il debitore principale per recuperare il proprio credito, in modo che la posizione del garante non resti indefinitamente sospesa.

Il termine “istanza” si riferisce ai vari mezzi di tutela giurisdizionale del diritto di credito, in via di cognizione o di esecuzione, che possano ritenersi esperibili al fine di conseguire il pagamento, indipendentemente dal loro esito e dalla loro idoneità ad sortire il risultato sperato (nel caso di specie la Corte ha ritenuto non costituire “istanza” ai fini dell’art. 1957 un precetto non seguito da esecuzione) (Cass. nn. 6823/01, 203/97 e 6604/94).

La Corte territoriale si è discostata da tale univoco indirizzo, lì dove ha ritenuto sufficiente per evitare la decadenza del beneficiario dalla garanzia la sola denuncia d’inadempimento fatta alla SIC, non seguita da altro che dalla sua mera reiterazione.

20. – L’accoglimento del suddetto motivo, lasciando ancora sub indice la questione di decadenza ex art. 1957 c.c. dalla garanzia fideiussoria, e dunque l’an debeatur, determina l’assorbimento dell’undicesimo, del dodicesimo e del tredicesimo motivo, con i quali è dedotta, rispettivamente, l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione quanto al fatto controverso e decisivo dell’effettivo pagamento del corrispettivo di L. 2.300.000.000 da parte di B.D. alla soc. Aldegheri; l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa l’accertamento e l’entità dei lavori eseguiti in favore del B.; e la nullità della sentenza impugnata per vizio di ultrapetizione, avendo quest’ultima condannato la SIC al pagamento della somma di L. 2.300.000.000, invece che al solo differenziale tra detta somma e le opere eseguite, come chiesto dallo stesso B..

21. – Delle due impugnazioni incidentali proposte dagli eredi di B.D., l’una notificata il 22.2.2011 contro la ricorrente soc. Aldegheri Benito di Aldegheri e C. s.n.c. e A.S. e M.B. e N.M., l’altra notificata l’11.3.2011 in seguito alla notifica del ricorso (incidentale, per quanto premesso supra al par. 3) della Atradius Credit Insurance N.V., è ammissibile solo la prima.

Infatti, non è consentito, in base al principio di consumazione del diritto di impugnazione che sia stato validamente esercitato, che la stessa parte proponga un secondo ricorso avverso la medesima sentenza, nè per introdurre ulteriori e diversi motivi, nè per impugnare, in presenza di impugnazione incidentale della controparte, i capi della sentenza che esso ricorrente principale aveva esclusi dall’iniziale impugnazione.

A maggior ragione resta inammissibile un nuovo ricorso, sia pur occasionato dal ricorso della controparte, ma identico (e quindi del tutto inutile) a quello già proposto in via principale dalla stessa parte; ferma restando, beninteso, l’ammissibilità del controricorso contenuto nel medesimo atto (Cass. n. 2243/73).

Tale principio è perfettamente estensibile al caso di specie, caratterizzato dalla successiva notifica di due controricorsi ciascuno contenente un ricorso incidentale, rispettivamente proposti a seguito della notifica del ricorso principale Aldegheri e del ricorso incidentale Atradius; e dunque (ferma l’ammissibilità di ciascun controricorso) è ammissibile soltanto il primo ricorso incidentale degli eredi di B.D..

22. – Tale impugnazione si articola su cinque motivi, sviluppati su più punti e accomunati da un’unica intitolazione che censura, in relazione all’art. 360 c.p.c. , n. 5 la “omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in via derivata circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio avendo la sentenza fatto rinvio, quanto alla quantificazione di alcune voci di danno, alla relazione del c.t.u. nella quale tali omissioni, insufficienze e contraddittorietà sono palesate”.

Il primo motivo contesta la risposta del c.t.u. al quesito n. 1 (inerente all’individuazione della ditta che, dagli atti ufficiali, risulti aver realizzato le opere sul terreno di proprietà B.). Lamenta che questi non avrebbe considerato la L. n. 1086 del 1971, art. 4 (denuncia dei lavori nelle opere in conglomerato cementizio armato) e la concessione n. 174/95 e relativa denuncia d’inizio dei lavori, indicanti come impresa costruttrice la Aldegheri s.n.c. e la TI.BI.DI. s.r.l.; che non avrebbe considerato che successivamente alla convenzione per cui è causa la Aldegheri s.n.c. aveva trasferito alla Investia Costruzioni s.r.l. la proprietà del terreno, onde le lamentate dissonanze nella lettura da parte del c.t.u. dei provvedimenti autorizzativi; che avrebbe immotivatamente omesso di inserire tra la documentazione fiscale prodotta tutte le fatture di parte B. indicategli dall’arch.

G.L. nella seduta peritale del 12.3.2008, nonchè il contratto d’appalto (OMISSIS) e la relativa documentazione fiscale; e che la ricostruzione dei fatti operata dal c.t.u. è parziale perchè basata su di un documento che non è la copia della fideiussione originale SIC n. GE 0019458, ma su quello depositato agli atti della perizia del 18.7.2007 arch. F.P.. Infine, il motivo si conclude con la richiesta di “cassare i primi due capoversi del punto D di pag. 14 della Relazione sulla base ed in relazione alle censure qui svolte”.

Il secondo motivo contrasta la risposta data dal c.t.u. al quesito 2 (avente ad oggetto la data di interruzione dei lavori), giudicandola equivoca. Lamenta che l’ausiliario del giudice non abbia considerato che la diffida ad adempiere era stata notificata da B.D. a mezzo ufficiale giudiziario il 13.3.1998; diffida che, sostiene parte ricorrente incidentale, in assenza di risposta costituirebbe data certa dell’interruzione dei lavori opponibile all’impresa appaltatrice.

Deduce, riguardo alle osservazioni del c.t.u., che in presenza di varie fatture emesse da fornitori nei confronti della Investia Costruzioni s.r.l. 1998 ha ipotizzato un rallentamento dei lavori tra il 1.7.1995 e il 15.5.1998, che il c.t.u. avrebbe dovuto accertare quali di tali fatture e quali stati d’avanzamento lavori (SAL) si riferivano ai lavori eseguiti sul terreno del B..

Il terzo motivo, che esamina la risposta del c.t.u. al quesito n. 10 (circa la sottrazione o non alla proprietà B. di un’area fronte ovest, e all’eventuale danno sofferto), contesta l’affermazione del c.t.u. secondo cui nella planimetria generale allegata alla concessione edilizia n. 53/97 compare la strada privata con diritto di passaggio sul mapp. 45.

Ciò, sostiene parte ricorrente incidentale, non risponde al vero perchè si fonda su di un documento che, probabilmente per mero errore, il c.t.u. ha riferito essere la “tavola 1” allegata alla variante n. 53/97.

In realtà il c.t.u. ne avrebbe riportato solo una parte, sicchè detta affermazione si baserebbe invece sulla planimetria dello stato approvato di cui alla concessione n. 174/95. Lamenta, inoltre, che il c.t.u. non avrebbe considerato vari impegni, risultanti dalla convenzione e dal contratto d’appalto, che enumera, non onorati dalla soc. Aldegheri.

Il quarto motivo, concernente la risposta al quesito n. 11 (relativo alle modifiche apportate al progetto originario), lamenta il fatto che il c.t.u. avrebbe operato la propria quantificazione (lire 102.436.000) ignorando la convenzione e i suoi allegati, dove le parti avevano stabilito i criteri cui si sarebbe dovuto far riferimento. Elenca, quindi, le differenze tra le misurazioni effettuate dal c.t.u. e quanto verificato dal direttore dei lavori.

Il quinto motivo contesta la risposta data dal c.t.u. al quesito n. 12 (ammontare dei canoni di locazione ritraibili dal B. in base ai prezzi di mercato) con riferimento alle date entro cui avrebbero dovuto essere ultimati i lavori e consegnate le opere.

23. – Tutti i motivi di detta impugnazione incidentale sono inammissibili, in quanto manifestamente volti a provocare in parte qua un rinnovato esame di merito della controversia.

Con essi la parte ricorrente incidentale mostra di non considerare il noto e fermo indirizzo di questa Corte secondo cui il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione ex art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 5, si configura solamente quando dall’esame del ragionamento svolto dal giudice del merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia prospettati dalle parti o rilevabili di ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico giuridico posto a base della decisione, non consistendo nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove preteso dalla parte rispetto a quello operato dal giudice di merito.

La sua deduzione con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non già il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale bensì la mera facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, cui in via esclusiva spetta il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, di dare (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge) prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (così e per tutte, Cass. n. 828/07).

L’intento di sollecitare un sindacato sui profili di puro fatto della controversia è perseguito in maniera così evidente che detta parie ripropone, inalterate, le medesime deduzioni critiche all’elaborato tecnico del c.t.u. svolte in appello, incluse le richieste istruttorie affinchè il c.t.u. rivedesse il proprio operato; le intervalla con la riproduzione fotostatica di vasta documentazione prodotta in causa (verosimilmente per un malinteso ossequio al principio di autosufficienza del ricorso); ed arriva, infine, a chiedere che questa Corte Suprema “cassi” singole parti della relazione del c.t.u. (v. pag. 130 del ricorso).

Basati sull’idea che l’affermazione del vizio motivazionale, ai sensi dell’art. 360 c.p.c. , n. 5 (nel testo precedente al D.L. n. 83 del 2012 , convertito in L. n. 134 del 2012 , applicabile ratione temporis), consista nel dimostrare come vera o veridica una ricostruzione e una valutazione alternativa dei fatti, detti motivi si pongono in contrasto frontale con la funzione che l’ordinamento assegna a questa Corte Suprema, che giudica della legittimità e non già della giustezza della sentenza di merito.

24. – Per le considerazioni svolte la sentenza impugnata va cassata, in relazione al solo motivo accolto, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia, che nel decidere il merito si atterrà al seguente principio di diritto: “L’ art. 1957 c.c. , nell’imporre al creditore di proporre la sua “istanza” contro il debitore entro sei mesi dalla scadenza per l’adempimento dell’obbligazione garantita dal fideiussore, a pena di decadenza dal suo diritto verso quest’ultimo, tende a far sì che il creditore stesso prenda sollecite e serie iniziative contro il debitore principale per recuperare il proprio credito, in modo che la posizione del garante non resti indefinitamente sospesa.

Il termine “istanza” si riferisce ai vari mezzi di tutela giurisdizionale del diritto di credito, in via di cognizione o di esecuzione, che possano ritenersi esperibili al fine di conseguire il pagamento, indipendentemente dal loro esito e dalla loro idoneità ad sortire il risultato sperato”.

25. – Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese di cassazione limitatamente al rapporto processuale tra gli eredi B. e la Atradius Credit Insurance N.V..

26. – La soccombenza reciproca giustifica la compensazione delle spese del presente giudizio di cassazione tra gli eredxxxxxxxxxxxxxx

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale Aldegheri, accoglie il decimo motivo del ricorso incidentale Atradius, respinti i primi nove motivi ed assorbiti i restanti, rigetta il primo ricorso incidentale degli eredi xxxx., inammissibile il secondo ricorso incidentale degli stessi, cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia, che provvederà anche sulle spese di cassazione limitatamente al rapporto processuale tra gli eredi xxxxx e la soc.xxxx

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 4 novembre 2015.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2016