Assolto il marito che non mantiene l’ex moglie se lei non cerca lavoro (Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, Sentenza 4 luglio 2022, n. 25562).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISCUOLO Anna – Presidente –

Dott. CALVANESE Ersilia – Rel. Consigliere –

Dott. GIORGI Maria Silvia – Consigliere –

Dott. ROSATI Martino – Consigliere –

Dott. TRIPICCIONE Debora – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

(OMISSIS) (OMISSIS) nato a (OMISSIS) il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza del 25/01/2019 della Corte di appello di Messina

visti gli atti, il provvedimento denunciato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott.ssa Ersilia Calvanese;

udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. Vincenzo Senatore, che ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata;

udito il difensore, avv. Mascia (OMISSIS), in sostituzione dell’avv. Carmelo (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Messina confermava la sentenza del Tribunale di Messina del 15 settembre 2016 che aveva condannato (OMISSIS) per il reato di cu all’art. 570, secondo comma 2 cod. pen., per aver fatto mancare alla moglie separata – disoccupata e non titolare di beni immobili – i mezzi di sussistenza, omettendo di versarle le somme poste a suo carico dal Tribunale nelle more del procedimento di divorzio.

2. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, denunciando, a mezzo di difensore, i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173 att. cod. proc. pen.

2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 192 e 546 cod. proc. pen.

La Corte di appello ha travisato il documento, acquisito ex art. 507 cod. proc. pen. in sede di appello, relativo alla sentenza prodotta dalla difesa con la quale era stata rigettata la domanda della persona offesa dell’assegno divorzile.

Contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, alla persona offesa non è stato riconosciuto alcun assegno perché la stessa era risultata in grado di procurarsi i mezzi adeguati per il proprio sostentamento, lavorando sin dal 2006 e rinunciando al mantenimento in sede di separazione (la sentenza dava atto che aveva svolto attività di badante e era stata disoccupata solo dal 2007 al 2011; aveva rinunciato al mantenimento in sede di separazione consensuale del 2006; aveva prodotto certificazioni ISEE per il solo periodo 2012..2014; la richiesta dell’assegno era stata avanzata solo nel luglio 2011).

2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 570 cod. pen.

La Corte di appello, travisando la suddetta sentenza, ha attribuito ad essa efficacia soltanto ex nunc, mentre la stessa travolgeva il provvedimento provvisorio di mantenimento.

La Corte di appello ha finito per considerare integrato il reato dal solo omesso versamento dell’assegno senza considerare lo stato di bisogno e l’entità dei mezzi di sussistenza.

             CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato per le ragioni che seguono.

2. Va rilevato che con l’appello la difesa aveva contestato l’accertamento dello stato di bisogno della persona offesa, basato sulle sole dichiarazioni della predetta e del figlio, producendo a tal fine quanto era emerso dall’accertamento svolto in sede di divorzio.

Tale tema è stato affrontato dalla Corte di appello in maniera carente e viziata.

In primo luogo, la Corte territoriale fa riferimento alla circostanza che l’assegno era stato disposto per il mantenimento oltre che della moglie anche del figlio “minore” (la sentenza di primo grado peraltro dà atto che la coppia aveva due figli nati nell’82 e nell’88, quindi all’epoca del provvedimento presidenziale, risalente al 2011, già maggiorenni).                                                                                                                                     

Quanto poi alla sentenza emessa in sede civile, va rilevato che la Corte di appello si è limitata a registrare la efficacia costitutiva della suddetta pronuncia quanto al nuovo status delle parti con riferimento alla mancata previsione dell’assegno divorzile (con riferimento ai provvedimenti temporanei, Sez. civ. 1, n. 3852 del 15/02/2021, Rv. 660723).

La giurisprudenza di legittimità è conforme nel ritenere irrepetibili le somme erogate in sede di separazione o divorzio in forza di provvedimenti non definitivi per soddisfare esigenze di carattere alimentare ovvero destinate ad assicurare il diritto al mantenimento del coniuge, che non disponga di adeguati redditi propri (Sez. 1, n. 6864 del 20/03/2009, Rv. 607543; Sez. 1, n. 13060 del 09/0 /2002, Rv. 557306).

Quindi la successiva esclusione del diritto all’assegno o una sua riduzione non veniva a rimuovere la sussistenza del reato, se le somme erano state stabilite in favore dell’avente diritto che versava in stato di bisogno.

A tal riguardo e in funzione quindi della prova dello stato di bisogno, la Corte di appello avrebbe dovuto valutare gli elementi di atto emergenti dalla sentenza prodotta dalla difesa che risultavano distonici rispetto all’accertamento compiuto in primo grado.

L’effettivo stato di bisogno della persona offesa, che costituisce il presupposto della fattispecie tipica del reato in esame non può essere meramente desunto dalla esistenza del provvedimento civile adottato in sede di separazione o divorzio (tra tante, Sez. 6, n. 3061 del 17/02/1984, Rv. 163476; Sez. 6, n. 11529 del 18/06/1980, Rv. 146501).

Il relativo accertamento in sede penale non può essere infatti meno rigoroso – quanto in particolare alla nozione cli indisponibilità in proprio dei mezzi di sussistenza – rispetto a quello relativo alla concreta capacità economica del soggetto obbligato a fornire tali mezzi (cfr. Sez. 6, n. 6769 del 05/12/1989, dep. 1990, Rv. 184257).

Si é infatti più volte affermato che l’impossibilità di far fronte agli adempimenti sanzionati dall’art. 570 cod. pen., deve integrare una situazione di persistente, oggettiva ed il colpevole indisponibilità di introiti che non può ritenersi dimostrata sulla base della mera documentazione dello stato formale di disoccupazione dell’obbligato (Sez. 6, n. 49979 del 09/10/2019, Rv. 277626).

Per converso, anche con riferimento allo stato di bisogne, dell’avente diritto non possono essere dirimenti la mancanza di un proprio reddito o una situazione di mera disoccupazione, essendo necessario invece accertare. l’impossibilità del suddetto soggetto a procurarsi i mezzi di sussistenza senza ricorrere all’aiuto di terzi soggetti.

Ove risulti accertata la sua capacità di lavorare, va dimostrato infatti che il soggetto  si sia  inutilmente attivato e proposto sul mercato per reperire un’occupazione retribuita confacente, e quindi l’impossibilità di procurarsi da solo, secondo il canone dell’ordinaria diligenza, i mezzi di sussistenza.

Nel caso in esame, la sentenza emessa in sede civile dava atto di plurime circostanze idonee ad incrinare il ritenuto stato di bisogno della persona offesa (la capacità della donna di produrre reddito; la rinuncia alla richiesta di aiuto economico al marito anche negli anni della disoccupazione), basato dal primo giudice soltanto dalla mancanza di un’occupazione della persona offesa e quindi di redditi propri.

3. Sì impone pertanto l’annullamento della sentenza impugnata affinché siano colmate le carenze sopra indicate quanto all’accertamento dello stato di bisogno della persona offesa.

E’ appena il caso di rammentare che, laddove difetti lo stato di bisogno, non è consentito riqualificare il fatto ai sensi dell’art. 12sexies della legge n. 898/70 (attualmente art. 570bis cod. pen.), in quanto detta norma prevede l’applicazione delle pene di cui all’art. 570 cod. pen. per il coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione dell’assegno dovuto a norma degli artt. 5 e 6 della stessa legge, con la conseguenza che la sanzione predetta non è applicabile all’inosservanza dell’ordinanza emessa, a norma dell’art. 4 della legge citata, dal Presidente del Tribunale in via temporanea e urgente nell’interesse- dei coniugi e della prole (Sez. 6, n. 2824 del 03/02/1999, Rv. 212887) (tale limite è stato superato soltanto dalla novella del 2018, che ha sanzionato la mancata corresponsione di “ogni tipologia di assegno” dovuto in caso di scioglimento del matrimonio).

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Messina.

In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52, d.lgs 195/03, in quanto imposto dalla legge.

Così deciso il 16/06/2022.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2022.

SENTENZA – é conforme -.