Autovelox ed etilometro: la “grande truffa”

Sono pronto a mettere a disposizione di avvocati e giuristi le mie carte, con la documentazione raccolta in questi anni, e fare insieme dei tavoli. Sono a disposizione di chi decide di mettersi in gioco, magari proponendo delle class action».

A parlare è Giorgio Marcon, creatore ed inventore di sistemi di sicurezza in prevenzione su strada e sul lavoro, membro del “Coordinamento nazionale per la sicurezza”, consulente tecnico dell’Unione Nazionale consumatori e di molti studi legali.

Per lui etilometri, autovelox, photored, telelaser non hanno segreti. Da anni l’esperto trevigiano si dedica allo studio dei limiti di queste macchine e apparecchiature, proponendo anche valide alternative al vaglio di una serie di aziende nel mondo.

Marcon, a cosa servono le sue invenzioni?

«Servono ad eliminare gli incidenti stradali (o ridurli drasticamente nds) ed a parlare finalmente di sicurezza in termini di prevenzione.

Per comprendere i risvolti pensi ai tanti modi in cui è possibile usare i computer. Altrettanto grandi potrebbero essere gli sviluppi ed i futuri utilizzi di queste invenzioni che riguardano, come dicevo, la sicurezza.

Ho avuto riconoscimenti per questo. Si tratta di progetti che si scontrano con un sistema a tratti lobbistico e, per questo, dai ministeri alle università, si arenano nei tavoli di chi, in realtà non ha voglia di cambiamento. Perché il cambiamento è possibile.

Gli studi ed il voler diffondere i risultati degli esperimenti e delle ricerche nascono dal fatto che, alcune apparecchiature, se usate a scopo di prevenzione possono andar bene. In quel caso si può anche passar sopra al fatto che non sono correttamente funzionanti.

Ma, come specifico nelle mie relazioni, quando vengono usate per scopi medico legali, per multare e sanzionare e lucrare ingiustamente, non mi va più bene».

Tra gli esempi più noti delle battaglie di Marcon c’è quella riguardo l’etilometro.

Quali limiti ha scoperto a tal proposito?

«Si pensi ai residui dell’alcol boccale: è una delle cause più comuni di un falso positivo. Molte cose possono causare il residuo di alcol boccale, tra cui la maggior parte dei collutori, spray respiro, sciroppi per la tosse.

Pensi che il dipartimento dei Trasporti statunitense e la National Highway Traffic Safety Administration spiegano che, dopo che una persona ha assunto un drink, un po’ di alcool rimane nei tessuti della bocca. Se la persona espira dopo aver bevuto, il campione di alito prenderà una parte di questo residuo di alcol boccale, anche attraverso la saliva. In questo caso, il campione di alito conterrà una quantità supplementare di alcol e il risultato del test sarà superiore al vero BAC (Blood alcohol calculator).

Alcol boccale può anche essere presente per motivi diversi dalla recente assunzione di bevanda alcolica. Gomme da masticare, apparecchi dentali possono conservare alcol. Alcuni inalatori per l’asma contengono alcol.

Inoltre, se una persona “getta in su” (rutto, inspirazione, ecc.) prima di eseguire test etilometrico, si possono avere livelli di alcol boccale elevati per i contenuti (chetonici) dello stomaco e vengono aspirati nell’etilometro.

E pensare che le soluzioni potrebbero essere semplici come, ad esempio, un semplice risciacquo boccale prima dell’esecuzione del test».

Le sue teorie hanno trovato riscontro presso i giudici?

«Sì, riscontri in tutta Italia. Dopo un processo, mi è capitato che venissero fuori dall’aula pm e giudici interessati. Anche in quel caso la vicenda giudiziaria e la perizia riguardavano un etilometro. E i giudici erano meravigliati, molti mi chiedono i contatti perché restano stupiti da ciò che viene sottaciuto.

Questo mi spinge ancora una volta a fare un appello agli interessati: io metto a disposizione la documentazione a chi, ordine degli avvocati, giuristi, voglia smuovere questo velo, voglia smascherare le cose nascoste e voglia vederci chiaro in questo sistema dove troppe cose non funzionano.

Perché in tanti hanno il timore di far emergere ciò che nasconde il sistema».

Marcon collabora anche con degli scienziati ed ha ricevuto il premio ONPS presso la Camera dei Deputati per la condivisione dei comuni obiettivi di legalità, sicurezza e sviluppo; il Premio StartToMach a Friburgo per l’innovazione alla sicurezza.

Ed i brevetti che ha realizzato?

«Io parlo di prototipi. Il problema non è la costruzione del prodotto piuttosto la distribuzione. Pensi che per due anni ho avuto contatti con un’azienda di cui non faccio il nome, alla fine l’interesse c’era, ma il loro obiettivo era cercare di prendere la mia idea e scoprire come funzionasse.

Parliamo di auto: intanto possono mettersi in campo meccanismi che ne inibiscono l’accensione se il conducente non è in condizione. Il volante dell’auto poi è fondamentale perché può rivelare, attraverso dei sensori, l’idoneità psicofisica del soggetto. Una idoneità che può essere costantemente monitorata durante la giornata.

Si pensi ai tanti incidenti che accadono per il cosiddetto “colpo di sonno”. Prima che arrivi il sonno però c’è la stanchezza, la perdita dei riflessi, tutti stati che si possono monitorare. Di solito la persona che si addormenta si appoggia sul volante e facendo pressione col piede aumenta la velocità dell’auto.

Se il volante viene monitorato e rileva questa anomalia un congegno può, invece che lasciarlo accelerare, rallentare la velocità dell’auto fino a farla fermare evitando l’incidente.

Inoltre il volante può segnalare stili di guida scorretti: se per esempio si usa una mano per parlare al cellulare.

E ancora sistemare sul volante alcune funzioni dell’auto che spesso distraggono (radio, condizionatore e così via) evita incidenti. Situazioni che portano a distrarre l’ottica dell’occhio. Invece avendo tutto sul volante si eliminano gli input negativi».

Per Marcon monitorare la sicurezza al volante potrebbe anche far sì che si creino delle banche dati che possono rivelarsi interessanti: come succede per la scatola nera degli aerei.