Banca. Gli interessi legali sulle somme “in restituzione” sono dovuti a prescindere da una specifica domanda (Corte di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza 12 novembre 2021, n. 34011).

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 

TERZA SEZIONE CIVILE 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere

Dott. RUBINO Lina – Rel. Consigliere

Dott. SCODITTI Enrico –  Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso 703-2018 proposto da:

(OMISSIS) MICHELE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA (OMISSIS), 39, presso lo studio dell’avvocato ALDO (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato NICOLA (OMISSIS) per procura speciale in atti;

– ricorrente –

contro

INTESA SANPAOLO SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA (OMISSIS) n. 3, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE (OMISSIS), che la rappresenta e difende per procura speciale in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5440/2016 del TRIBUNALE di TORINO, depositata il 15/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/06/2021 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO.

Viste le conclusioni scritte del Procuratore generale.

FATTI DI CAUSA

1. Michele (OMISSIS) proponeva opposizione a un decreto ingiuntivo ottenuto da Banca Intesa nei suoi confronti. Nelle more, pagava l’importo intimato.

2. Il Tribunale di Trani, con sentenza n. 2149 del 2014, accoglieva l’opposizione e revocava il decreto ingiuntivo ottenuto da Banca Intesa, ordinando la restituzione delle somme corrisposte dal (OMISSIS) alla banca, condannando inoltre la banca al pagamento delle spese legali e della CTU così come liquidate in corso di causa. Nessun riferimento agli interessi legali era contenuto in sentenza.

3. Il (OMISSIS) intimava precetto di pagamento per la restituzione di quanto pagato, comprensivo delle somme pagate in ottemperanza al decreto ingiuntivo ed anche degli interessi legali su dette somme dalla data del pagamento.

4. La banca proponeva opposizione al precetto notificatole dal (OMISSIS), ex art. 615 primo comma c.p.c., dinnanzi al Tribunale di Torino, assumendo che il precetto:

– fosse illegittimo, perché dei 99.030,63 euro intimati Intesa San Paolo aveva già dato disposizione di pagare 77.468,54 euro al (OMISSIS) il 24 aprile 2015, con accredito del 28 aprile 2015;

– fosse inoltre illegittimo perché le somme relative agli interessi, secondo la banca, non erano dovute, giacché la sentenza del Tribunale di Trani nulla aveva previsto in materia.

5. Il (OMISSIS) dava atto di aver ricevuto in restituzione, nell’aprile 2015, e quindi dopo la notifica dell’atto di precetto opposto, la sola sorte capitale.

6. Il Tribunale di Torino sospendeva l’efficacia esecutiva del titolo posto alla base della richiesta del (OMISSIS), invitando le parti a valutare possibilità conciliative; il (OMISSIS) proponeva reclamo contro il provvedimento di sospensione ex 669 terdecies cod.proc.civ., che veniva rigettato.

7. Infine, il Tribunale accoglieva l’opposizione al precetto, dichiarando inesistente il diritto del (OMISSIS) a procedere all’esecuzione forzata in danno alla Banca sulla base della sentenza del Tribunale di Trani perché tale sentenza non statuiva in merito agli interessi (non risultava neppure che una apposita domanda fosse stata formulata, né tanto meno risultava indicato il dies a quo), bensì si limitava a ordinare la restituzione delle somme a suo tempo corrisposte dal (OMISSIS) alla banca, né era possibile procedere alla integrazione del titolo come richiesto dall’opposto.

La sentenza di primo grado sottolinea che, a fronte di un titolo di formazione giudiziale, in caso di statuizione dubbia, il giudice dell’opposizione a precetto possa e debba interpretare il titolo, ma in nessun caso può integrare la pronuncia posta in esecuzione nelle parti in cui risulti lacunosa e segnala che la eventuale lacuna della sentenza che costituisce il titolo restitutorio avrebbe potuto e dovuto essere motivo di appello.

8. Il (OMISSIS) proponeva appello avverso questa statuizione, che veniva dichiarato inammissibile ex art. 348 ter cod.proc.civ. dalla Corte d’Appello di Torino, la quale non ravvisava probabilità di accoglimento dell’impugnazione, ed affermava che la domanda volta a far dichiarare in questa sede il diritto a procedere all’esecuzione forzata anche per il recupero degli interessi fosse comunque tardiva e inammissibile.

9. Michele (OMISSIS) ha proposto tempestivo ricorso per cassazione nei confronti di Intesa San Paolo SPA, articolato in due motivi, notificato il 18 dicembre 2017, per la cassazione della sentenza n. 5440\2016 resa dal Tribunale ordinario di Torino, pubblicata il 15 novembre 2016 e non notificata.

10. Intesa S. Paolo ha resistito con controricorso illustrato da memoria.

11. La causa è stata avviata dapprima alla trattazione in adunanza camerale non partecipata, quindi con ordinanza interlocutoria è stata rimessa alla pubblica udienza della Terza Sezione, attesa la complessità delle questioni trattate e la rilevanza nomofilattica delle stesse.

E’ stata discussa in udienza pubblica a trattazione scritta, ex art. 23, comma 8 bis, del d.l. n.137 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 176 del 2020.

12. La Procura generale ha depositato conclusioni scritte, in vista dell’udienza pubblica, con le quali chiede l’accoglimento del ricorso, osservando che il principio espresso dall’art. 1282 c.c. deve essere applicato anche quando la fonte del credito liquido ed esigibile è un titolo a formazione giudiziale, e che il silenzio del titolo, in relazione agli interessi, non può essere ostativo alla loro produzione ex lege.

Afferma che, anche di fronte al silenzio del titolo, non costituisce interpretazione né integrazione extratestuale quella operata col precetto che intima anche il pagamento degli interessi legali, atteso che la debenza degli interessi discende dalla legge e non dal titolo.

A fronte di una domanda di restituzione nella situazione precedente al pagamento effettuato in forza di un titolo provvisoriamente esecutivo poi venuto meno, il solvens deve essere rimesso nella stessa situazione patrimoniale quo ante, e quindi ha diritto agli interessi, dal pagamento, e non dalla domanda di restituzione, come effetto legale, ed a prescindere che li abbia chiesti o no con la domanda di restituzione.

RAGIONI DELLA DECISIONE

I motivi.

13. Con il primo motivo il (OMISSIS) lamenta la violazione degli artt. 820, comma 3, e 1282 c.c. in materia di frutti, interessi e naturale fecondità del denaro.

13.1. Segnala che la stessa sentenza del Tribunale di Trani, che costituisce il titolo sulla base del quale egli ha agito in executivis, afferma che nel caso di specie non si rientra nell’alveo della condictio indebiti di cui all’art. 2033 c.c. (solo in caso di ripetizione di indebito si sarebbe poi potuto discutere sulla decorrenza degli interessi, se dal pagamento, per l’accipiens in mala fede, o dalla domanda, se l’accipiens fosse stato in buona fede).

13.2. Al caso di specie, continua, andavano applicate le norme relative alla reintegrazione del patrimonio del solvens: si agisce esecutivamente per il recupero di un credito di valuta a cui devono applicarsi gli artt. 820 comma 2 c.c. e 1282 c.c., secondo cui i crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro producono interessi di pieno diritto.

Il ricorrente ricorda che, come affermato anche da questa Corte, la sentenza di condanna al pagamento di somme farebbe scaturire in automatico il credito per gli interessi riferiti, non occorrendo ulteriori titoli esecutivi (cita Cass. 8298/2011, che però fa riferimento alla produttività di interessi, anche a prescindere da una espressa previsione in tal senso, del credito portato da una condanna al pagamento di una somma di denaro).

13.3. Aggiunge il ricorrente che, ex art 1282 c.c., gli interessi legali devono essere riconosciuti dal giorno del pagamento e non dal giorno della domanda, perché il credito sorge dal momento della solutio così come l’obbligazione restitutoria.

14. Con il secondo motivo, il (OMISSIS) deduce la violazione dell’art. 474 c.p.c. in materia di titolo esecutivo.

Il Tribunale di Torino ha erroneamente affermato che il Giudice di Trani avrebbe potuto attribuire gli interessi sulle somme da restituire, ma non lo ha fatto, non potendo perciò il giudice dell’esecuzione sostituirsi in ciò al giudice della cognizione, giacché “il giudice dell’esecuzione non può compiere attività interpretativa del titolo esecutivo giudiziale” stabilendone la portata precettiva.

14.1. Afferma che, al contrario, è compito del giudice dell’esecuzione interpretare il titolo esecutivo di formazione giudiziale (richiama a tal proposito Cass., n. 11066 del 2012, sulla possibilità di interpretare, in sede esecutiva, il titolo esecutivo giudiziale a mezzo di elementi anche extratestuali purchè acquisiti al processo).

14.2. Sostiene poi che la portata precettiva della sentenza del Tribunale di Trani è in realtà molto chiara, non necessitando di nessuna integrazione i ma ricostruibile attraverso una piana attività interpretativa, perché ha affermato che la banca deve restituire le somme alla stessa corrisposte dal (OMISSIS), dichiarando espressamente come fosse necessaria una restaurazione della situazione patrimoniale del (OMISSIS) antecedente alla provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto dinnanzi al Tribunale di Trani.

L’obbligo dell’accipiens di restaurare la situazione patrimoniale precedente è oggetto di un obbligo di valuta, le obbligazioni di valuta comportano l’automatica maturazione degli interessi, quindi era dovuta al (OMISSIS), sulla base del titolo messo in esecuzione, anche la restituzione degli interessi sulle somme corrisposte sulla base del titolo caducato, senza necessità per il creditore di attivarsi con una impugnazione o con la formazione di un titolo autonomo in relazione ai predetti interessi in quanto non espressamente menzionati nel titolo restitutorio.

La posizione della controricorrente.

15. La banca, nel controricorso e poi nella memoria, sostiene che il ricorso è inammissibile, perché sostanzialmente riproduce le argomentazioni contenute nell’atto di appello, e perché pretende di introdurre per la prima volta nel corso del giudizio di legittimità una domanda tesa a recuperare anche gli interessi legali prodotti dalla somma che il (OMISSIS) aveva a suo tempo corrisposto all’istituto di credito, mai in precedenza richiesti.

Aggiunge che se il (OMISSIS) avesse in origine chiesto gli interessi e non gli fossero stati liquidati, avrebbe dovuto proporre appello avverso la sentenza di primo grado lamentando l’omessa pronuncia.

Afferma poi che gli stessi non gli potevano essere riconosciuti in sede di opposizione all’esecuzione, perché si sarebbe trattato di vera e propria integrazione del titolo esecutivo, non consentita, e non di semplice interpretazione e sostiene, argomentando sulla base di numerosi precedenti di legittimità, la necessità di una autonoma domanda relativa agli interessi ai fini di una piena restituzione e ricostruzione della posizione precedente (Cass. n. 15461/2008, Cass. n. 16152/2010, Cass. n. 10124/ 2009, Cass n. 12622/2010).

16. I due motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono fondati, sulla base delle considerazioni che seguono.

17. Il pagamento effettuato in ottemperanza ad un provvedimento di condanna provvisoriamente esecutivo, poi caducato, dà diritto al solvens di essere integralmente reintegrato nella situazione precedente.

Non dà luogo ad una condictio indebiti, e quindi non rileva in alcun modo lo status soggettivo dell’accipiens, ma si deve solo ricostruire il patrimonio di chi ha ingiustamente pagato.

Su questo primo punto la giurisprudenza di legittimità, sebbene non abbia avuto modo di pronunciarsi con frequenza, è costante: v. Cass. n. 9480 del 2010: “l’azione di restituzione che venga proposta, ai sensi dell’art. 389 cod. proc. civ., dalla parte vittoriosa nel giudizio di cassazione, in relazione alle prestazioni eseguite in base alla sentenza d’appello poi annullata, non va ricondotta allo schema della “condictio indebiti“, ma si ricollega ad una specifica ed autonoma esigenza di restaurazione della situazione patrimoniale anteriore alla decisione cassata, restando irrilevante la buona o mala fede dell’accipiens”, che, di conseguenza, non è tenuto a sopportare il rischio dell’attuazione della tutela giurisdizionale invocata con riguardo alla decorrenza degli interessi applicabili”.

18. La giurisprudenza di legittimità è costante anche, dovendosi ritenere superato un diverso, isolato precedente (Cass. n. 8829 del 2007), nell’affermare che per ottenere la restituzione di quanto pagato in virtù di un titolo caducato è necessario comunque formulare una domanda restitutoria (Cass. n. 8639 del 2016, Cass. n. 2662 del 2013).

L’art. 336 c.p.c., disponendo che la riforma o la cassazione estende i suoi effetti ai provvedimenti e agli atti dipendenti dalla sentenza riformata o cassata, comporta che, non appena sia pubblicata la sentenza di riforma, vengano meno immediatamente sia l’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado, sia l’efficacia degli atti o provvedimenti di esecuzione spontanea o coattiva della stessa, rimasti privi di qualsiasi giustificazione, con conseguente obbligo di restituzione delle somme pagate e di ripristino della situazione precedente.

E’ sufficiente l’accoglimento della impugnazione perché sorga l’obbligo restitutorio.

Tuttavia, l’esistenza di un credito certo, liquido ed esigibile non comporta, di per sé, una implicita condanna a pagare, quale contenuto non dichiarato della sentenza di riforma, ma esige una apposita pronuncia. Incorre quindi nella violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato il giudice che, accogliendo l’appello avverso sentenza provvisoriamente esecutiva, ometta di ordinare la restituzione di quanto corrisposto in forza della decisione riformata, pur essendo stata ritualmente introdotta con l’atto di impugnazione la relativa domanda restitutoria, non potendosi utilizzare la riforma della pronuncia di primo grado, agli effetti di quanto previsto dall’art. 474 c.p.c., nonché dall’art. 389 c.p.c. per le domande conseguenti alla cassazione, come condanna implicita. Ai fini di ottenere la restituzione di quanto pagato in ottemperanza ad una pronuncia di condanna poi caducata, è necessaria quindi la formazione di un titolo restitutorio.

19. Ciò detto, residuano una serie di questioni da esaminare ai fini della definizione del presente giudizio:

– la prima è se, allorché si agisce in via giudiziale per arrivare alla formazione di un titolo restitutorio (di una somma ingiustamente pagata) sia necessario formulare una domanda autonoma volta ad ottenere la corresponsione degli interessi sulle somme pagate, e se in caso di rigetto o omessa pronuncia sul punto è necessario proporre impugnazione, o se, al contrario, deve ritenersi che il titolo che contiene la condanna alla restituzione di una somma capitale contenga già, implicitamente, anche una condanna (non alla restituzione ma) alla corresponsione degli interessi prodotti dalla somma per il periodo in cui è rimasta in possesso di chi non ne aveva diritto.

20. Vi sono alcune pronunce di legittimità che affermano la superfluità della domanda volta alla corresponsione degli interessi perché sostengono che l’obbligazione dell’accipiens alla restituzione, ex art. 1282 c.c., sorge ex lege, conseguendo direttamente al venir meno del titolo giustificativo per l’incameramento delle somme: in questo senso Cass. n. 21699 del 2011, che affronta anche, e risolve nel modo più favorevole al solvens, anche il successivo passaggio, quello relativo alla decorrenza di tali interessi: “L’azione di restituzione e riduzione in pristino, che venga proposta, a norma dell’art. 389 cod. proc. civ., dalla parte vittoriosa nel giudizio di cassazione, in relazione alle prestazioni eseguite in base alla sentenza d’appello poi annullata, non è riconducibile allo schema della ripetizione d’indebito, perchè si collega ad un’esigenza di restaurazione della situazione patrimoniale anteriore a detta sentenza e prescinde dall’esistenza del rapporto sostanziale (ancora oggetto di contesa); né, in particolare, si presta a valutazioni sulla buona o mala fede dell’accipiens“, non potendo venire in rilievo stati soggettivi rispetto a prestazioni eseguite e ricevute nella comune consapevolezza della rescindibilità del titolo e della provvisorietà dei suoi effetti.

Ne consegue che chi ha eseguito un pagamento non dovuto, per effetto di una sentenza provvisoriamente esecutiva successivamente riformata, ha diritto ad essere indennizzato dell’intera diminuzione patrimoniale subita, ovvero alla restituzione della somma con gli interessi legali a partire dal giorno del pagamento”.

21. Conformemente all’indirizzo da ultimo richiamato, deve ritenersi non necessaria la formulazione di una autonoma domanda volta al riconoscimento del diritto agli interessi sulla somma della quale si chiede la restituzione, per la natura integralmente restitutoria dell’obbligo dettato dall’art. 1282 c.c., che opera ex lege: atteso che la sentenza che pone nel nulla il titolo e condanna alla restituzione chi ha percepito un importo non dovuto deve essere integralmente restitutoria nella posizione quo ante, essa può ritenersi anche implicitamente comprensiva dell’obbligo, in capo a chi ha ricevuto un importo che in base all’esito definitivo del giudizio non gli spettava, di restituire anche i frutti civili appresi e quindi degli interessi, e, a sua volta, la domanda restitutoria può ritenersi comprensiva della domanda volta alla corresponsione, sulla somma che si chiede indietro, degli interessi legali.

22. Può ritenersi quindi che l’accoglimento della domanda restitutoria che trae le mosse dalla caducazione del titolo in virtù del quale si è eseguito il pagamento togliendo causa, con effetto retroattivo, alle attribuzioni patrimoniali effettuate in esecuzione lo del titolo caducato, comporta, per effetto naturale del suo carattere restitutorio, che il solvens abbia diritto ad ottenere, anche se non li ha richiesti, gli interessi legali sulla somma che ha corrisposto.

23. Occorre poi chiedersi quali siano le conseguenze se nella domanda restitutoria non è esplicitato che chi agisce intende recuperare anche gli interessi legali sulla somma corrisposta e la sentenza che reca la condanna restitutoria nulla dice, come nel caso di specie, in relazione agli interessi, ovvero se si possa porre in esecuzione il predetto titolo anche per il recupero degli interessi o se sia necessario attivarsi per la formazione di un diverso titolo, in particolare impugnando la sentenza che non si pronuncia sugli interessi.

24. La conclusione da trarre, in linea con quanto si è affermato finora è: il titolo restitutorio, dovendo tendere ad una integrale restituzione del soggetto nella situazione quo ante, comprende ex lege, senza bisogno di una specifica domanda ed a prescindere anche da una espressa menzione di essi nel dispositivo, il diritto del solvens di recuperare anche gli interessi legali sulla somma della quale si è privato sulla base di un titolo caducato, dei quali non ha potuto godere.

Quindi, se anche nella sentenza che accerta il diritto del solvens alla restituzione di quanto pagato con una determinata decorrenza, non si dice nulla in ordine agli interessi legali, gli stessi sono dovuti implicitamente, perché il titolo discende direttamente dalla legge in favore di chi sia stato accertato come avente diritto alla restituzione (purchè la domanda volta ad ottenere la restituzione nella situazione precedente sia stata formulata), in quanto la domanda restitutoria implica l’integrale restituzione nella situazione precedente al pagamento.

25. Soltanto se il solvens avesse chiesto espressamente l’attribuzione degli interessi e la domanda relativa fosse stata rigettata per un qualche motivo, egli avrebbe l’onere di impugnare la decisione sfavorevole sul punto, per evitare la formazione del giudicato interno.

26. Un ultimo profilo da esaminare, per decidere nella loro completezza le questioni sottoposte all’attenzione della Corte, è quello relativo alla decorrenza degli interessi legali dovuti in caso di pronuncia restitutoria di quanto spontaneamente pagato in virtù di un titolo che sia poi stato caducato, ovvero se, in difetto di una messa in mora o anche semplicemente di una domanda espressa, si ha diritto alla restituzione della somma pagata con interessi dal momento del pagamento, dal momento della domanda volta alla restituzione, o dal momento della condanna alla restituzione del capitale. In quest’ultimo senso si è orientata, a proposito della ordinanza di assegnazione, la sentenza n. 9173 del 2018, che richiama a sua volta Cass. n. 8298 del 2011:

“Le somme oggetto di assegnazione in favore del creditore procedente all’esito del procedimento di espropriazione presso terzi (laddove riferibili a crediti già scaduti), tanto con riguardo all’importo assegnato a titolo di capitale, quanto con riguardo a quello assegnato per le spese di precetto ed esecuzione contestualmente liquidate dal giudice dell’ esecuzione, costituiscono crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro ai sensi dell’art. 1282 c.c., e come tali (in mancanza di diversa specificazione nel titolo) producono di regola interessi di pieno diritto dalla data dell’ordinanza di assegnazione, anche a prescindere da una espressa previsione in tal senso nel titolo, ed anche a prescindere dalla comunicazione o notificazione della stessa ordinanza al terzo e dalla sussistenza di una mora di quest’ultimo”.

E tuttavia, poiché il diritto alla restituzione degli interessi è un effetto legale dell’obbligo restitutorio, deve ritenersi che, ove la sentenza di condanna sulla base della quale sia stato effettuato il pagamento sia stata posta nel nulla, e ove sia stata chiesta la condanna dell’accipiens alla restituzione, sulla somma da restituire siano dovuti, anche in mancanza di specifica domanda relativa agli interessi, gli interessi legali dal giorno dell’avvenuto pagamento, ex art. 1282 c.c.

In accoglimento dei motivi di ricorso, la sentenza è cassata e la causa rinviata per la decisione del merito al Tribunale di Torino in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa e rinvia al Tribunale di Torino in diversa composizione anche per le spese.

Così deciso nella camera di consiglio della Corte di Cassazione, l’11 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria, addì 12 novembre 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.