Barolo: bastano 300 metri dalla DOCG per far scattare la frode in commercio (Corte di Cassazione, Sezione III Penale, Sentenza 10 novembre 2022, n. 42609).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSI Elisabetta – Presidente –

Dott. ZUNICA Fabio – Consigliere –

Dott. GAI Emanuela – Consigliere –

Dott. MAGRO Maria Beatrice – Rel. Consigliere –

Dott. CORBO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI TORINO;

nel procedimento a carico di:

(OMISSIS) ORLANDO ATTILIO nato a DOGLIANI il 16/11/19xx;

(OMISSIS) ATTILIO nato a CUNEO il 16/12/19xx;

avverso la sentenza del 26/10/2021 della CORTE APPELLO di TORINO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott.ssa MARIA BEATRICE MAGRO;

letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa FRANCESCA COSTANTINI che ha concluso chiedendo che la sentenza venga annullata per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Torino.

Ricorso trattato ai sensi ex art.23, comma 8 D.L. n.137/20.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Torino ricorre per cassazione avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Torino il 26/10/2021 che, in riforma di quella di condanna del Tribunale, assolveva (OMISSIS) Orlando e (OMISSIS) Attilio in ordine ai reati di tentata frode in commercio (artt. 56, 110, 515 comma 1, 517 bis comma 1 cod. pen.) contestati per aver detenuto per la vendita e per aver compiuto atti idonei diretti a consegnare agli acquirenti un ingente numero di bottiglie di vino etichettate come Barolo DOCG, sigillate e munite di contrassegno, denominazione attribuita in violazione del disciplinare di produzione approvato con D.p.r. 01/07/1980, in quanto le operazioni di vinificazione delle uve e di invecchiamento erano state effettuate non soltanto presso la cantina di Monforte d’Alba, ma anche presso uno stabilimento sito in Dogliani, comune non compreso nella zona di produzione del vino Barolo, da lì distante appena 300 metri.

1.1. Il ricorrente deduce vizio e difetto assoluto di motivazione in ordine alle ragioni per cui la corte territoriale, in riforma della sentenza appellata, sulla base del medesimo compendio probatorio, riteneva non raggiunta la prova della colpevolezza e pertanto assolveva gli imputati.

Si duole della carenza di una motivazione puntuale e specifica, necessaria ogni qual volta vi sia un ribaltamento della decisione, anche nelle ipotesi in cui vi sia stata una modifica in mejus, come nel caso di specie, in cui il giudice d’appello riforma in senso assolutorio la sentenza di condanna di primo grado.

Inoltre, i fattori elencati dai giudici a supporto della decisione non confutano in modo specifico le argomentazioni poste alla base della decisione assunta in primo grado, posto che sono state trascurate prove decisive, acquisite in giudizio, quali testimonianze (dipendenti, ispettori dell’ente accertatore Valoritalia) e documenti di trasporto, incorrendo così nel vizio del travisamento per omissione.

Anche i consumi idrici relativi all’attività produttiva sono stati sottovalutati, in quanto non si è tenuto conto delle annualità di produzione 2007 e 2008, sebbene sia stata contestata anche la partita di produzione relativa a quelle annualità. Chiede pertanto l’annullamento della sentenza impugnata.

2. Il Procuratore Generale con requisitoria scritta ha chiesto l’accoglimento del ricorso con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Torino.

3. (OMISSIS) Orlando e (OMISSIS) Attilio con memoria di replica chiedono declaratoria di inammissibilità del ricorso, in quanto afferente a motivi inerenti al merito e alla valutazione delle risultanze probatorie.

Deducono inoltre la mancata allegazione delle trascrizioni delle deposizioni dei testi e consulenti tecnici che si assume travisate, in violazione del principio dell’autosufficienza del ricorso e in ogni caso l’infondatezza delle argomentazioni posto che nel corso del giudizio di appello sono indicati numerosi mezzi istruttori (quali ad esempio le certificazioni di Valoreitalia s.r.l. e il verbale di sequestro) che attestano che per gli anni 2007- 2012, la vinificazione avveniva interamente nella cantina di Monforte d’Alba. Anche i dati relativi ai consumi d’acqua sono compatibili con la lavorazione delle uve e la quantità di vino prodotto.

Neppure è ravvisabile alcun vizio logico nella motivazione che fa riferimento a parametri di plausibilità o verosimiglianza ( e non di certezza) per fondare il giudizio di assoluzione, sufficienti a fondare una decisione di assoluzione, e non di condanna.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Si è affermato, in giurisprudenza, che il giudice d’appello che riformi in senso assolutorio la sentenza di condanna di primo grado non ha l’obbligo di rinnovare l’istruzione dibattimentale mediante l’esame dei soggetti che hanno reso dichiarazioni ritenute decisive, ma deve offrire una motivazione puntuale e adeguata che fornisca una razionale giustificazione della difforme conclusione adottata, confutando in modo puntuale e specifico gli argomenti e la valutazione del compendio probatorio alla base della decisione di primo grado.

L’estensione dell’obbligo di motivazione, in caso di totale riforma in grado di appello, si atteggia diversamente a seconda che si verta nell’ipotesi di sovvertimento della sentenza assolutoria ovvero in quella della totale riforma di una sentenza di condanna.

Mentre nel primo caso, infatti, al giudice d’appello si impone l’obbligo di argomentare circa la plausibilità del diverso apprezzamento come l’unico ricostruibile al di là di ogni ragionevole dubbio, in ragione di evidenti vizi logici o inadeguatezze probatorie che abbiano inficiato la permanente sostenibilità del primo giudizio, per il ribaltamento della sentenza di condanna, al contrario, il giudice d’appello può limitarsi a giustificare la perdurante sostenibilità di ricostruzioni alternative del fatto, sulla base di un’operazione di tipo essenzialmente demolitivo.

Movendo da tali postulati va inoltre sottolineato come, all’assenza di un obbligo di rinnovazione della prova dichiarativa in caso di ribaltamento assolutorio, debba affiancarsi l’esigenza che il giudice d’appello strutturi la motivazione della decisione assolutoria in modo rigoroso, dando puntuale ragione delle difformi conclusioni assunte.

Ne discende che il giudice di appello, nel riformare la condanna pronunciata in primo grado con una sentenza di assoluzione, dovrà confrontarsi con le ragioni addotte a sostegno della decisione impugnata, giustificandone l’integrale riforma senza limitarsi ad inserire nella struttura argomentativa della riformata pronuncia delle generiche notazioni critiche di dissenso, ma riesaminando, sia pure in sintesi, il materiale probatorio vagliato dal primo giudice e quello eventualmente acquisito in seguito, per offrire una nuova e compiuta struttura motivazionale che dia adeguata ragione delle difformi conclusioni assunte (Sez. Un., n. 14800 del 21/12/2017, Troise, Rv. 272430; Sez. 4, n. 24439 del 16/06/2021, Rv. 281404 – 01).

2. Nel caso in disamina, il giudice di primo grado aveva ritenuto che la produzione e commercializzazione del vino Barolo per le annate dal 2005 al 2012 fosse avvenuta presso la cantina sita in Dogliani, ove veniva rinvenuta una ingente quantità di bottiglie confezionate con etichetta Barolo DOCG, in violazione del disciplinare che prevede che tutte le operazioni di vinificazione ed invecchiamento debbano svolgersi interamente all’interno di un’area consentita, non essendo sufficienti che le uve provengano da vigneti siti nell’area stessa.

Il giudice di primo grado aveva inoltre elencato i parametri di valutazione, quali i consumi d’acqua, lo smaltimento delle acque reflue, la pressatura dell’uva, lo smaltimento delle vinacce, acquisendo, per ciascuno dei suddetti parametri, elementi probatori, documentali e testimoniali.

Sulla base di tali risultanze era giunto al convincimento che le uve raccolte nei vigneti di Monforte d’Alba non venissero tutte vinificate e invecchiate nel rispetto del disciplinare, ma in parte trasportate nella cantina di Dogliani per l’espletamento delle operazioni di vinificazione, posto che gli operanti rinvenivano solo 12 barriques nella cantina di Monforte e 44 barriques nello stabilimento in Dogliani.

Nel sovvertire la decisione del primo giudice, la corte territoriale avrebbe dunque dovuto chiarire le ragioni per le quali abbia ritenuto di poter superare il dato oggettivo costituito dal fatto che parte della produzione del vino con marchio DOGC sia stata rinvenuta in uno stabilimento presso un Comune non ricompreso nella zona di produzione del vino Barolo DOCG, al di fuori della zona delimitata dall’art. 3 del disciplinare di produzione.

Invece, la Corte territoriale, nel ribaltare l’epilogo decisorio del primo giudice, non solo non ha confutato le argomentazioni della sentenza di primo grado, a sostegno della assoluzione, ma non le ha nemmeno analizzate, né articolato un iter argomentativo logico-giuridico che si sia confrontato neppure genericamente con il percorso esperito dal giudice di prime cure, non soffermandosi affatto sulle ragioni e sotto quale profilo il dato oggettivo afferente all’ubicazione dello stabilimento di produzione e di vinificazione possa fondare un giudizio di assoluzione, in tal modo articolando un iter argomentativo del tutto autonomo.

Anzi, si è limitata a elencare assai succintamente solo alcuni dei numerosi elementi probatori emersi nel corso del giudizio, senza tuttavia argomentare in nessun modo le ragioni per le quali tali elementi siano stati ritenuti decisivi e prevalenti, ritenendo di ribaltare l’esito del giudizio solo sulla base di una mera elencazione del materiale probatorio acquisito trascurando quello posto a fondamento della decisione del giudice di primo grado, senza articolare un ragionamento logico dal quale si evinca per quale ragione tali fattori siano decisivi e conducano ad un ribaltamento della decisione.

Tuttavia, l’apparato giustificativo del decisum non può però ridursi alla semplice riproduzione delle risultanze acquisite o alla loro elencazione descrittiva, dovendo il giudice trarre una sintesi logica dal materiale probatorio disponibile sia singolarmente che complessivamente considerato (Sez.6, 11/02/2008, n. 34042/07, Napolitano).

Non è quindi chiaro come gli elementi a carico, quali ad esempio l’assoluto difetto di consumi idrici negli anni 2007 e 2008, i quantitativi di vino prodotto, le quantità di vinacce smaltite, le dimensioni ridotte della cantina in Monforte d’Alba, potessero essere superati da altrettanto pregnanti elementi a discarico, quali i controlli di Valoritalia presso la cantina di Montalto d’Alba, ove le ispezioni dell’ente accertatore erano avvenute, l’emissione di fatture per l’acquisto delle uve, i documenti di trasporto per il ritiro delle vinacce.

L’apparato logico posto a base della sentenza di secondo grado non è dunque esente da vizi, non evincendosi con chiarezza sulla base di quali argomentazioni i giudici di merito siano pervenuti all’asserto relativo alla sussistenza di un sostrato probatorio idoneo a sovvertire l’epilogo decisorio, e risultando carente l’iter argomentativo che consenta di superare il dato oggettivo; anzi il giudice territoriale ha motivato la decisione assolutoria con lessico incerto e possibilistico, in quanto “erano stati acquisiti molteplici fattori che suggeriscono” che la cantina di Monforte d’Alba fosse stata effettivamente utilizzata per la produzione, e che tuttavia era “verosimile o comunque possibile” che almeno una parte del processo di vinificazione del Barolo in sequestro fosse avvenuto nella cantina di Dogliani e che le forniture siano state trasferite nella cantina di Monforte d’Alba solo in occasione dei controlli effettuati dagli accertatori di Valoritalia.

3. Si impone quindi l’annullamento del provvedimento in disamina, con rinvio, per nuovo esame, ad altra Sezione della Corte d’appello di Torino.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Torino.

Così deciso all’udienza del 23/09/2022.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.