Brig. Capo dei Carabinieri trovato positivo al test tossicologico, tipo cocaina. Rimosso dall’Arma e inquadrato nell’esercito (TAR – Lombardia, Sezione IV, Sentenza 29 gennaio 2020, n. 198).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Quarta)

con l’intervento dei magistrati:

Dott. Rosalia Maria Rita Messina, Presidente

Dott. Oscar Marongiu, Primo Referendario

Dott. Alessandra Tagliasacchi, Primo Referendario, Estensore

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex articolo 60 Cod. proc. amm.;

sul ricorso numero di registro generale 47 del 2020, proposto da

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. Valeria Catalano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio, in Milano, via Fatebenefratelli n. 15;

contro

Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dalla Avvocatura Distrettuale dello Stato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico ex lege presso gli uffici della medesima, in Milano, via Freguglia n. 1;

per l’annullamento, previa sospensione:

– del decreto del Ministero della Difesa – Direzione Generale per il Personale Militare, con cui è stata disposta la “perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari”, ai sensi degli articoli 861, comma prima, lettera d) e 867, comma sesto, del Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66, e per l’effetto il predetto militare cessa dal servizio permanente e viene iscritto d’ufficio nel ruolo dei militari di truppa dell’Esercito Italiano, senza alcun grado, ai sensi degli articoli 923, comma primo, lettera l) e 861, comma quarto, del citato Decreto legislativo n. 66/2010”;

– nonché di tutti gli atti e i provvedimenti (verbali e relazioni) ivi citati, ivi comprese le risultanze della Commissione di disciplina che nella seduta dell’11 luglio 2019 ha ritenuto il ricorrente “non meritevole di conservare il grado”;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti e i documenti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 gennaio 2020 la dott.ssa Alessandra Tagliasacchi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’articolo 60 Cod. proc. amm.;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Il signor -OMISSIS-, Brigadiere Capo Qualifica Speciale dell’Arma dei Carabinieri, ha impugnato l’atto in epigrafe indicato, con il quale è stata disposta nei suoi confronti la perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari, con conseguente cessazione dal servizio permanente e iscrizione d’ufficio nel ruolo dei militari di truppa dell’Esercito italiano senza alcun grado.

Il provvedimento disciplinare è stato adottato dall’Amministrazione perché il sottufficiale, all’esito di esame tossicologico, è risultato positivo all’uso di sostanza stupefacente di tipo “cocaina”.

Il ricorrente, assumendo che si sia trattato di un episodio assolutamente isolato come comproverebbe la documentazione prodotta in giudizio, ha chiesto l’annullamento, previa sospensione cautelare dell’efficacia, del provvedimento impugnato perché viziato da “Violazione e falsa applicazione dell’art. 1355 del D.lgs. 66/2010.

Violazione e falsa applicazione del principio di proporzionalità e del suo corollario del gradualismo sanzionatorio.

Carenza di istruttoria; difetto di motivazione; travisamento di fatto. Illogicità ed ingiustizia manifesta”.

Lamenta il deducente un difetto di proporzionalità fra la sanzione irrogata e il fatto commesso, e la mancata considerazione del proprio stato di servizio (caratterizzato da valutazione eccellente sin dal 2014 e da plurimi encomi e riconoscimenti), delle vicissitudini personali che hanno caratterizzato il momento in cui si colloca il fatto e della circostanza che l’assunzione dello stupefacente è avvenuto non mentre in era servizio ma quando egli era in congedo per malattia.

Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa a mezzo dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato, dapprima con atto di mera forma e successivamente con memoria difensiva, insistendo sulla gravità della condotta tenuta dal signor (OMISSIS), che giustificherebbe la sanzione irrogata, e concludendo per la reiezione del ricorso avversario.

Alla camera di consiglio del 22 gennaio 2022, fissata per la decisione della domanda cautelare, il Collegio, ritenuti sussistenti i presupposti di cui al combinato disposto degli articoli 60 e 74 Cod. proc. amm., come da avviso orale dato agli avvocati delle parti, ha introitato la causa per la decisione in forma semplificata.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Va premesso che l’Amministrazione nell’apprezzamento del fatto costituente illecito disciplinare e nella valutazione della sua gravità in relazione alla sanzione da applicare gode di ampia discrezionalità, sindacabile dal Giudice amministrativo solamente per eccesso di potere nelle sue varie figure sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l’evidente sproporzione e il travisamento del dato fattuale (cfr., T.A.R. Lazio – Roma, Sez. I^ quater, sentenza n. 11461/2019).

Ebbene, nessuna delle suvviste ipotesi ricorre nel caso di specie; in particolare non ricorre la lamentata sproporzione della sanzione irrogata rispetto al fatto commesso, e ciò anche a voler tenere in considerazione la episodicità dell’assunzione di stupefacente, il contesto in cui è maturato il fatto medesimo e la brillante carriera sino a quel momento del ricorrente.

Invero, come da giurisprudenza costante, non è né illogica, né irrazionale, né soprattutto sproporzionata la sanzione della destituzione applicata all’appartenente all’Arma dei Carabinieri che abbia fatto uso, anche solo occasionale, di stupefacenti, poiché «tale condotta – ponendosi in conflitto con le primarie finalità del Corpo di appartenenza e con i doveri istituzionali che incombono su ogni carabiniere – costituisce una grave violazione degli obblighi assunti con il giuramento» (così, T.A.R. Campania – Napoli, Sez. VI, sentenza n. 6457/2018).

Detta violazione dei doveri di lealtà e correttezza che incombono sui militari è poi ancora più grave se commessa dall’appartenente a un Corpo, quale per l’appunto l’Arma dei Carabinieri, istituzionalmente preposto al contrasto e alla repressione del traffico di stupefacenti (cfr., C.d.S., ha Sez. IV, sentenze n. 1086/2017 e n. 3736/2016).

Ulteriormente, assume rilievo il pregiudizio al prestigio dell’Arma e al rapporto fiduciario che deve intercorrere tra il militare e l’Amministrazione di appartenenza, arrecato dalla contiguità con ambienti della malavita che il consumo di stupefacenti inevitabilmente comporta (cfr., C.d.S., Sez. IV, sentenza n. 6540/2012).

In conclusione, il ricorso è infondato e per questo viene respinto.

Le spese di giudizio vengono, nondimeno compensate tra le parti, in ragione delle peculiarità della vicenda portata all’esame di questo Collegio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, D.Lgs. n. 196/2003, e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti e della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità del ricorrente e di ogni altro dato idoneo a identificarlo.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 22 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2020.

SENTENZA