Cane lupo spaventato dall’esplosione di petardi scappa e va in strada. Interviene pattuglia della polizia locale del comune: i due agenti trovano l’animale e lo riconsegnano al proprietario. Contestata multa e l’omessa custodia (Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 16 luglio – 2 ottobre 2015, n. 19694).

Fatto e diritto

Ritenuto che il consigliere designato ha depositato, in data 29 gennaio 2015, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ.: «Con ricorso ex art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689, depositato il 26 febbraio 2009, l’Avv. L. F. proponeva opposizione dinanzi al Giudice di pace di Mestre avverso l’ordinanza-ingiunzione emessa dal Prefetto di Venezia il 22 gennaio 2009, intimante il pagamento della somma di euro 100 a titolo di sanzione amministrativa per violazione dell’art. 672 cod. pen., per omessa custodia di animale pericoloso, avendo una pattuglia della Polizia locale del Comune di Spinea (VE) trovato il pastore tedesco di proprietà dell’ingiunto a pochi metri dalla abitazione del F., che vagava per via Gioberti.

Si costituiva l’Amministrazione, resistendo.

Il Giudice di pace di Mestre, con sentenza in data 15 marzo 2010, rigettava l’opposizione avverso l’ordinanza-ingiunzione.

Il Tribunale di Venezia, con sentenza in data 24 ottobre 2013, ha respinto l’appello.

Il Tribunale ha condiviso la valutazione di pericolosità dell’animale operata dal primo giudice, sia in considerazione delle dimensioni dell’animale (trattandosi di grosso cane lupo) sia in quanto lo stesso era scappato di casa perché in stato di agitazione e paura causato dal lancio di petardi.

“Non può revocarsi in dubbio” – ha affermato il Tribunale – “che un cane in siffatte condizioni di agitazione, pur mansueto in condizioni normali, possa mettere a repentaglio l’integrità fisica di eventuali passanti o compiere atti inconsulti che mettano in pericolo gli utenti della strada”.

Il giudice del gravame ha anche escluso l’assenza di colpa, rilevando che l’istruttoria espletata ha smentito l’asserita imprevedibilità del lancio di petardi ad opera di terzi, “posto che la teste Z. ha confermato che “a volte i ragazzi fanno scoppiare qualche petardo’ e che la stessa moglie dell’appellante, signora D.L., ha confermato che, quando i ragazzi del patronato sparano petardi, il cane impazzisce e scavalca il cancello e va su strada”.

Per la cassazione della sentenza del Tribunale il F. ha proposto ricorso, con atto notificato il 24 aprile 2014, sulla base di due motivi.

La Prefettura ha resistito con controricorso.

Il primo motivo – con cui si denuncia, sotto il profilo della violazione di legge, l’assenza dei presupposti di applicabilità dell’art. 672 cod. pen. – appare manifestamente infondato, posto che i cani da guardia, tra cui i pastori tedeschi, sono da considerare pericolosi e, quindi, rientranti nella disciplina di cui all’art. 672 cod. pen. (Cass. civ., sez. I, 8 marzo 1990, n. 1840; Cass. pen., sez. IV, 13 novembre 1984, n. 1744; Cass. pen., sez. VI, 17 marzo 1970, n. 684). E il Tribunale ha valutato in concreto, con una motivazione attenta e non implausibile, la sussistenza del pericolo per la pubblica incolumità.

Il secondo mezzo – con cui si lamenta omesso esame circa un fatto decisivo ai fini della decisione (il fatto del terzo suscettibile di escludere la punibilità dell’agente) – è, ad avviso del relatore, del pari manifestamente infondato, avendo il Tribunale preso in esame la deduzione difensiva ed escluso la sussistenza del caso fortuito o imprevedibile.

Il ricorso puà essere avviato alla trattazione in camera di consiglio, per esservi rigettato».

Letta la memoria di parte ricorrente.

Considerato che il Collegio condivide la proposta di definizione contenuta nella relazione di cui sopra;

che i rilievi critici contenuti nella memoria non offrono elementi in senso contrario;

che, infatti, la valutazione di pericolosità è stata effettuata dal giudice in concreto, tenuto conto sia delle dimensioni del cane lupo che della particolare situazione – di agitazione e paura – in cui l’animale si trovava;

che, d’altra parte, con motivazione congrua e priva di mende logiche e giuridiche il Tribunale ha anche ritenuto sussistente l’elemento soggettivo (sia richiamando il principio che, in tema di omessa custodia di animali, al fine di escludere la colpa, consistente nelle debite cautele della custodia, non è sufficiente tenere l’animale in luogo privato, ma è necessario che tale luogo sia idoneo a prevenirne la fuga; sia evidenziando

che il contravventore è venuto meno all’onere di adeguatamente provare in che modo l’animale sia riuscito ad uscire dal giardino dell’abitazione nonostante gli accorgimenti predisposti);

che del pari assistita da una motivazione adeguata, suffragata dagli esiti dell’istruttoria espletata, è la conclusione nel senso della non imprevedibilità del lancio di petardi in quel contesto spazio-temporale;

che, in definitiva, il ricorrente sollecita questa Corte ad effettuare una nuova valutazione di risultanze di fatto sì come emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, così mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito giudizio di merito, nel quale ridiscutere tanto il contenuto di fatti e vicende processuali, quanto l’attendibilità maggiore o minore di questa o di quella risultanza processuale, quanto ancora le opinioni espresse dal giudice di appello non condivise e per ciò solo censurate al fine di ottenerne la sostituzione con altre più consone ai propri desiderata, quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa potessero ancora legittimamente porsi dinanzi al giudice di cassazione;

che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato;

che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza;

che poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 — della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dalla Prefettura controricorrente, che liquida in euro 500 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.