Capitano dei Carabinieri accusato di avere intrattenuto rapporti di amicizia con persona pregiudicata (T.A.R. Puglia – Lecce, Sezione Seconda, Sentenza 22 febbraio 2022, n. 304).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce – Sezione Seconda

con l’intervento dei magistrati:

Dott. Antonella Mangia, Presidente

Dott. Roberto Michele Palmieri, Consigliere

Dott. Nino Dello Preite, Referendario, Estensore

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 961 del 2021, proposto da:

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato Vincenzo Parato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Difesa, Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, Comando Interregionale dell’Arma dei Carabinieri “Ogaden” – Napoli, Comando Legione Carabinieri Puglia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Lecce, domiciliataria ex lege in Lecce, via Rubichi n. 39;

per l’annullamento

del provvedimento -OMISSIS- prot. n. -OMISSIS- notificato in data 6.5.2021, del Comando Interregionale “Ogaden” dell’Arma dei Carabinieri, con cui è stato rigettato il ricorso gerarchico proposto dal ricorrente avverso la sanzione della “consegna”, irrogata dal Comandante Regionale della Puglia nella seduta dell’11.3.2021;

ove occorra, del provvedimento -OMISSIS-del Comandante Legione Carabinieri Puglia, con cui è stata inflitta al ricorrente la sanzione di tre giorni di “consegna”;

di tutti gli atti presupposti, collegati, conseguenziali e/o incompatibili con il ricorso proposto, ivi compresi, ove occorra, tutti gli atti endoprocedimentali e interlocutori di cui al procedimento disciplinare de quo.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa, del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, del Comando Interregionale dell’Arma dei Carabinieri “Ogaden” – Napoli e del Comando Legione Carabinieri Puglia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 gennaio 2022 il dott. Nino Dello Preite e uditi per le parti il difensore avv. V. Parato per la parte ricorrente;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il -OMISSIS-, ufficiale dell’Arma dei Carabinieri attualmente destinato a ricoprire l’incarico di Comandante della Compagnia di -OMISSIS-, ha chiesto l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, del provvedimento con cui il Comando Interregionale “Ogaden” dell’Arma dei Carabinieri ha respinto il ricorso gerarchico dallo stesso proposto avverso la sanzione disciplinare della ‘consegna’, irrogatagli dal Comando Legione Carabinieri Puglia, nonché di tutti gli atti connessi e presupposti, ivi compreso il provvedimento di irrogazione della sanzione.

La sanzione è stata inflitta con la seguente motivazione: “Ufficiale dellArma dei Carabinieri intratteneva nella pregressa sede di servizio rapporti di amicizia con persona pregiudicata, dal[la] quale accettava regalie varie. Tale comportamento, stigmatizzato dallA.G. competente e reiterato anche nellattuale reparto di appartenenza, è risultato gravemente lesivo del prestigio personale e dellistituzione. [Fatto commesso nel periodo novembre 2017 – ottobre 2018, in -OMISSIS-e -OMISSIS-, nel grado di Capitano e -OMISSIS-]”.

Il procedimento disciplinare è scaturito dagli esiti dell’attività investigativa svolta da personale del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di -OMISSIS- a carico di un sodalizio criminale contiguo alla “ndrangheta” ed operante in Lombardia, nel cui ambito venivano documentati dei “rapporti di amicizia” di alcuni militari – all’epoca effettivi alla Compagnia dei Carabinieri di -OMISSIS- – tra i quali il -OMISSIS-, Comandante di quel reparto, con tale -OMISSIS-, pregiudicato e capo del sodalizio criminale.

Con unico motivo di ricorso, la difesa di parte ricorrente, invocando i vizi della violazione di legge e dell’eccesso di potere, ha addotto nella sostanza:

a) l’errata interpretazione attribuita ai fatti dall’Amministrazione militare, avuto particolare riguardo al legame tra il pregiudicato ed il ricorrente, ritenuto confidenziale, laddove lo stesso sarebbe stato invece improntato alla dovuta distanza, nel rispetto del ruolo istituzionale ricoperto; a tal riguardo il -OMISSIS- deduce di essere stato all’oscuro del ruolo di esponente criminale dell’indagato e ritiene di essere stato vittima designata di congetture che tendono ad attribuirgli la figura di “anello di congiunzione” tra il pregiudicato e le istituzioni;

b) gli erronei e falsi presupposti su cui si basa il provvedimento, essendo venute alla luce soltanto alcune regalie, peraltro di modico valore, che avrebbero potuto portare al massimo ad una contestazione disciplinare per violazione dell’art. 3 del Codice di Comportamento dei dipendenti del Ministero della Difesa, non sanzionabile con il procedimento per la consegna di rigore;

c) la violazione del principio di corrispondenza tra i fatti contestati e quelli sanzionati, in quanto – a fronte di un addebito che si incentrava su un rapporto di amicizia tra l’Ufficiale ed un “esponente di spicco di un sodalizio criminale del luogo, introducendolo negli ambienti istituzionali” – la motivazione del provvedimento finale muterebbe il fatto contestato, essendo formulata nel senso che il ricorrente “intratteneva nella pregressa sede di servizio rapporti di amicizia con persona pregiudicata, dal quale accettava regalie varie”;

d) la illegittima applicazione degli artt. 712 (in relazione all’art. 3 del Cod. Comportamento dipendenti del Ministero della Difesa), 725, 732 e 1355 d.P.R. n. 90/2010, in quanto inconferenti al caso di specie.

Nella prospettazione attorea tali vizi inficerebbero per illegittimità derivata anche il provvedimento di reiezione del ricorso gerarchico, ritenuto, peraltro, illegittimo in quanto non adeguatamente motivato.

Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa instando per il rigetto dell’istanza cautelare e del ricorso nel merito, in quanto infondato.

Con ordinanza n. 469 del 30.7.2021 il Collegio ha rigettato l’istanza cautelare proposta dal ricorrente.

Il Consiglio di Stato, Sezione Seconda, ha accolto l’appello interposto dalla parte avverso la suddetta ordinanza cautelare “ai soli fini della sollecita fissazione delludienza di merito”, avendo ritenuto che “oggetto del presente giudizio cautelare è il presupposto della sanzione impugnata, ovvero la conoscenza o conoscibilità della contiguità ad associazione criminosa della persona con la quale lappellante aveva assidua frequentazione” (ordinanza n. 5743 del 20.10.2021).

All’udienza pubblica del 19 gennaio 2022 la causa è stata riservata in decisione.

DIRITTO

1. Con il ricorso all’esame, il -OMISSIS- si duole anzitutto della circostanza che l’azione disciplinare sia stata condizionata dal falso presupposto che egli sia rimasto in qualche modo coinvolto nell’indagine penale “-OMISSIS-”, svolta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di -OMISSIS-; deduce, in particolare, che negli atti di avvio del procedimento disciplinare è erroneamente e pretestuosamente indicato quale amico e confidente del principale indagato della predetta indagine, fino al punto di averlo introdotto negli ambienti istituzionali, accettando dallo stesso varie regalie.

1.1. Sotto altro profilo, la difesa attorea evidenzia che dalla disamina degli atti d’indagine utilizzati nel procedimento disciplinare e prodotti in giudizio, ed in particolare dalla informativa inoltrata dal Comando Provinciale di -OMISSIS- alla locale Procura della Repubblica (prodotta sub All. n. 11 del ricorso) si evincono «soltanto alcuni episodi che confermano le “modeste regalie” ricevute dal ricorrente»; non vi sarebbe, invece, alcun riscontro probatorio in ordine né alla consapevolezza da parte del ricorrente del ruolo di esponente criminale dell’indagato, né tantomeno dell’essere stato “anello di congiunzione” tra l’indagato medesimo e gli ambienti istituzionali, né infine di presunti comportamenti, interventi o provvedimenti finalizzati ad agevolare in qualche modo il disegno criminoso del pregiudicato de quo, tant’è che il ricorrente non risulta colpito e interessato da alcun atto dell’indagine penale.

1.2. Di qui – ad avviso del -OMISSIS- – l’erroneità dell’intero procedimento disciplinare, stante l’insussistenza di condotte disciplinarmente rilevanti o comunque ascrivibili al novero di quelle che sono punibili con la “consegna di rigore”, applicabile soltanto per le infrazioni specificamente indicate nell’art. 751 del d.P.R. n. 90/2010, a mente del rinvio operato dall’art. 1362 T.U. n. 66/2010.

1.3. Secondo la prospettazione della parte, l’Autorità Militare non avrebbe potuto avviare nei suoi confronti il procedimento speciale normativamente previsto per la “consegna di rigore”, stante l’assenza di qualsiasi responsabilità in tal senso ed essendo venute alla luce soltanto alcune regalie, peraltro di modico valore, che avrebbero potuto portare al massimo ad una contestazione per violazione dell’art. 3 del Codice di Comportamento dei dipendenti del Ministero della Difesa, non sanzionabile con la consegna di rigore.

1.4. L’ufficiale rimarca, poi, che «la medesima Autorità è stata costretta strada facendo a passare da unimputazione secondo cui il ricorrente “…intratteneva nella pregressa sede di servizio rapporti di amicizia con esponente di spicco di un sodalizio criminale del luogo, introducendolo negli ambienti istituzionali…” ad una motivazione della sanzione della consegna secondo cui “…intratteneva nella pregressa sede di servizio rapporti di amicizia con persona pregiudicata, dal quale accettava regalie varie…”».

1.5. Un simile modus procedendi integrerebbe la violazione del principio di “immutabilità della contestazione” e quindi del combinato disposto di cui agli artt. 1370 (contestazione addebiti e diritto di difesa), 1372 (annullamento dufficio del procedimento disciplinare) e 1373 (rinnovazione del procedimento disciplinare a seguito di annullamento in autotutela o contenziosa) del C.O.M.

2. Le censure come sopra compendiate – che, in quanto strettamente connesse, devono essere trattate unitariamente – non sono meritevoli di accoglimento.

2.1. Si deve premettere, in primo luogo, che, per costante giurisprudenza (cfr. da ultimo Cons. Stato, Sez. IV, 21 gennaio 2020, n. 484; Sez. IV, 15 gennaio 2020, n. 381):

a“la valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati in relazione allapplicazione di una sanzione disciplinare, costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal giudice della legittimità, salvo che in ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, levidente sproporzionalità e il travisamento. In particolare, le norme relative al procedimento disciplinare sono necessariamente comprensive di diverse ipotesi e, pertanto, spetta allAmministrazione, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra linfrazione e il fatto, il quale assume rilevanza disciplinare in base ad un apprezzamento di larga discrezionalità” (Cons. Stato, Sez. VI, 20 aprile 2017, n. 1858; Id., Sez. III, 5 giugno 2015, n. 2791; Sez. VI, 16 aprile 2015, n. 1968; Sez. III, 20 marzo 2015, n. 1537);

b) il sindacato del Giudice – onde non debordare in una non consentita invasione della sfera del c.d. merito, riservata all’Amministrazione – deve esplicarsi nella verifica della eventuale presenza di tali figure sintomatiche di eccesso di potere attraverso un esame dell’iter seguito dall’amministrazione, escludendosi ogni sostituzione e/o sovrapposizione di criteri valutativi diversi;

c) in sede disciplinare, l’Amministrazione può legittimamente tener conto delle risultanze emerse nelle varie fasi di un procedimento penale – e quindi anche nel corso di indagini preliminari condotte dall’Autorità Giudiziaria – sì da evitare ulteriori accertamenti istruttori alla luce del principio di economicità del procedimento, ma a condizione che di tali risultanze sia autonomamente valutata la rilevanza in chiave disciplinare (Consiglio di Stato, Sez. IV, 10 agosto 2007, n. 4392).

2.2. Ciò premesso in termini generali, il Collegio, in relazione alla fattispecie in esame, rileva che l’Amministrazione, nel corso del procedimento disciplinare che ha condotto all’applicazione dell’impugnata sanzione, ha provveduto a valutare congruamente i fatti e la condotta disciplinarmente rilevante, addebitata al militare e compendiata nel provvedimento di irrogazione della sanzione de qua.

2.3. L’esercizio del potere disciplinare è stato preceduto da un’approfondita istruttoria – tesa alla precisa individuazione dei fatti disciplinarmente rilevanti – ed è sorretto da congrua, logica e coerente motivazione.

3. Ed invero, l’Amministrazione – pur avendo inizialmente formulato nell’atto di contestazione degli addebiti l’ipotesi che l’incolpato, consapevole che il -OMISSIS- fosse un “esponente di spicco di un sodalizio criminale del luogo”, lo avesse introdotto negli ambienti istituzionali – a seguito delle acquisizioni procedimentali e delle difese prodotte dal militare, nel provvedimento di irrogazione della sanzione disciplinare ha tenuto in debito conto che “…al momento dei rapporti con lindagato, lUfficiale non era a conoscenza che si trattasse di un esponente di spicco di un sodalizio criminale del luogo”, evidenziando inoltre come lindagato fosse già introdotto in ambienti istituzionali”.

3.1. Osserva il Collegio che, come risulta dallo stesso provvedimento punitivo, la condotta per cui il -OMISSIS- è stato sanzionato si connota invece per i seguenti tratti qualificanti (cfr. pag. 5 e 6 – All. n. 8 al ricorso):

“- la conoscenza, da parte dellincolpato, del fatto che -OMISSIS-fosse stato condannato per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti;

– il rapporto di amicizia, molto confidenziale, tra il predetto -OMISSIS- e il -OMISSIS-;

– laccettazione, da parte dellUfficiale, di regali;

– la volontà del -OMISSIS- di sfruttare il rapporto con il -OMISSIS- a fini personali”.

3.2. Gli elementi fattuali considerati ai fini della decisione adottata dall’Amministrazione trovano conferma negli atti di causa, ed in particolare negli atti di indagine acquisiti al fascicolo del procedimento disciplinare, da cui emerge che:

– il -OMISSIS- è un pregiudicato, in quanto condannato nel 2004 alla pena di anni uno, mesi sei e giorni venti di reclusione per il reato di detenzione illegale di stupefacenti in concorso con altri, cosa della quale il -OMISSIS- era a conoscenza, avendone preso visione nel sistema informativo in uso all’Arma fin dal 2016;

– tra il -OMISSIS- ed il -OMISSIS- si era instaurato un rapporto confidenziale ed amichevole, come acclarato dall’attività di intercettazione telefonica delle loro conversazioni, cristallizzata nei verbali della polizia giudiziaria;

– lo stesso -OMISSIS- aveva chiesto l’intervento del -OMISSIS- per questioni attinenti al suo incarico di Comandante della Compagnia dei Carabinieri di -OMISSIS-, ottenendo da quest’ultimo rassicurazioni sull’annullamento in autotutela di una contravvenzione stradale contestagli dal N.O.R.M. di -OMISSIS- e consigli su come impugnare un provvedimento della Questura di -OMISSIS-, adottato su proposta della Stazione dei Carabinieri di -OMISSIS-, di sospensione della licenza di porto d’armi intestata alla convivente; inoltre, aveva fatto leva sul rapporto di amicizia instaurato con l’ufficiale per avviare nuovi progetti imprenditoriali, tanto da proporgli di diventare suo socio in un’impresa per la coltivazione di “marijuana light” (offerta poi declinata dal -OMISSIS-);

– il -OMISSIS- aveva chiesto e ottenuto in dono dal -OMISSIS- due biglietti (per sé e per suo figlio) per la partita di calcio Juventus – Inter presso lo Juventus Stadium; aveva inoltre accettato in omaggio dallo stesso -OMISSIS- due biglietti (per sé e per la sua compagna) per il concerto a Milano di Beyoncé e Jay Z, oltre ad un biglietto per il volo aereo -OMISSIS–Milano Linate:

3.3. A fronte di tali incontrovertibili acquisizioni istruttorie, la motivazione di rigetto del ricorso gerarchico è immune dai vizi denunciati, avendo la P.A. congruamente e coerentemente posto in risalto che il ricorrente avrebbe dovuto:

«– tenere un comportamento diligente nella scelta delle frequentazioni, a nulla rilevando le giustificazioni che fosse stato indotto in un errore di valutazione e che, peraltro, fosse di dominio pubblico il pregiudizio penale gravante sul soggetto;

– ben sapendo dei pregiudizi penali a carico della persona controindicata, peraltro accertati anche personalmente attraverso linterrogazione alla banca dati SDI in uso alle forze di polizia, già nel mese di settembre dellanno 2016, ovvero allinizio della conoscenza del soggetto, non conformarsi alle condotte altrui, impostando la propria nel rispetto delle norme disciplinari che impongono prudenza e accortezza nella scelta delle relazioni e delle amicizie, in ragione del status ricoperto;

– a fortiori evitare di ricevere, da persona controindicata, regalie, ancorché occasionali, al di là del valore economico che, peraltro, in ogni caso, non rientrava nella soglia del modico valore stabilito dal codice di comportamento dei dipendenti del Ministero Difesa».

3.4. Dunque, il provvedimento gravato ha posto in risalto, con argomentazioni non irrazionali, né illogiche o contraddittorie, da una parte, che il ricorrente non avrebbe dovuto frequentare un soggetto pregiudicato, costituendo siffatto comportamento, in radice, un’intollerabile superficialità nella scelta delle proprie frequentazioni, la cui oggettiva gravità è resa ancor più evidente dallo status di militare ed ufficiale dei Carabinieri da egli ricoperto; dall’altra, chedopo aver appreso dei trascorsi penali dell’individuo, non avrebbe dovuto coltivare siffatta relazione, non potendo – in contrario – assumere rilievo scusante gli altrui comportamenti e il pregresso inserimento del -OMISSIS- negli ambienti istituzionali.

3.5. In merito alle regalie ricevute dal -OMISSIS- – in disparte la questione se si tratti effettivamente di “regali o altre utilità duso […] di modico valore effettuati occasionalmente nellambito delle normali relazioni di cortesia e nellambito delle consuetudini internazionali” (come richiesto dall’art. 3 del Codice di comportamento del personale del Ministero della Difesa) – nel provvedimento giustiziale è ragionevolmente posto in risalto che – in ogni caso e a prescindere dal loro valore – egli avrebbe dovute rifiutare siffatte regalie, visto che provenivano da un pregiudicato e che vi era la concreta possibilità che quest’ultimo cercasse di sfruttare per propri fini personali l’amicizia e la posizione dell’ufficiale (evenienza, come sopra evidenziato, effettivamente verificatasi, attraverso esplicite richieste da parte del -OMISSIS- di intercessione o di consulenza per questioni rientranti nella sfera delle attribuzioni del -OMISSIS-).

3.6. Alla stregua di quanto sopra esposto, i provvedimenti gravati non appaiono inficiati da travisamento dei fatti, né si pongono in contrasto con i parametri della ragionevolezza e della logicità, che, in subiecta materia, connotano il giudizio di legittimità (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 20 aprile 2017, n. 1858; Id., Sez. III, 5 giugno 2015, n. 2791; Sez. VI, 16 aprile 2015, n. 1968; Sez. III, 20 marzo 2015, n. 1537).

4. Con ulteriore profilo di censura, il -OMISSIS- deduce la illegittima applicazione degli artt. 712 (in relazione all’art. 3 del Cod. Comportamento dipendenti del Ministero della Difesa), 725, 732 e 1355 d.P.R. n. 90/2010, in quanto – a suo dire – inconferenti al caso di specie.

4.1. La censura è, in primo luogo, inammissibile, non avendo formato oggetto del ricorso gerarchico a suo tempo proposto dal ricorrente.

4.2. Per consolidato orientamento giurisprudenziale, con il ricorso giurisdizionale volto all’impugnazione di una decisione gerarchica non possono dedursi censure diverse da quelle originariamente versate in sede contenziosa amministrativa (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 5 settembre 2008, n. 4231), salvo che i motivi nuovi siano proposti nel termine di decadenza, decorrente dalla data di conoscenza del provvedimento impugnato in via gerarchica (cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 29 aprile 2008, n. 1920; T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. I, 17 marzo 2021, n. 904, id., Catania, III, 21 marzo 2012, n. 731; T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 21 ottobre 2010, n. 1131; T.A.R. Puglia, Bari, 29 maggio 2009, n. 1321; T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 3 giugno 2009, n. 386); diversamente, si produrrebbe l’inaccettabile conseguenza di trasformare il rimedio giustiziale in uno strumento per aggirare il termine decadenziale d’impugnazione in sede giurisdizionale (cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 10 maggio 2006, n. 2596; id., sez. VI, 22 giugno 2006, n. 3818; T.A.R. Sardegna, Cagliari, sez. I, 10 aprile 2009, n. 472; id., sez. IV, 2 marzo 2004, n. 962).

4.3. Al di là di tale assorbente considerazione, la tesi difensiva di parte attrice non è comunque positivamente apprezzabile.

4.4. Come sopra già evidenziato, infatti, la valutazione circa la gravità dei fatti addebitati ed il conseguente loro inquadramento nella fattispecie sanzionatoria concretamente applicata, in relazione all’applicazione della sanzione disciplinare, costituiscono espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile dal Giudice Amministrativo, salvo che in ipotesi di manifesta illogicità, irragionevolezza o macroscopica sproporzione tra fatti contestati e sanzione inflitta, che, nel caso di specie, non sembrano ravvisabili.

4.5. Orbene, nella specie, la decisione di adottare la sanzione disciplinare di tre giorni di “consegna” non appare irragionevole, alla stregua delle circostanze di fatto emerse, né risulta deficitaria sotto il profilo motivazionale, posto che è proprio il compendio dei fatti storicamente avvenuti, come emergenti dalle risultanze dell’istruttoria e valutati in sede disciplinare, a costituire, in relazione allo status posseduto dal ricorrente, ai doveri attinenti al giuramento prestato e agli obblighi di correttezza ed esemplarità sullo stesso incombenti, la ragione fondativa della sanzione adottata.

4.6. Inoltre, osserva il Collegio che al ricorrente è stata irrogata la sanzione della “consegna” semplice, che rientra nel genus delle sanzioni disciplinari di corpo per le quali la legge non prevede la tipizzazione delle infrazioni ad esse correlabili (con l’unica eccezione di talune tassative fattispecie punibili con la “consegna di rigore”, elencate nell’art. 751 del T.U.O.M.).

4.7. Il principio di legalità formale – consacrato dall’art. 25 Cost. con riferimento al processo penale e ripreso nella disciplina delle sanzioni amministrative – articolato nei principi del nullum crimen sine lege e nulla poena sine lege, trova espressione nella disciplina delle sanzioni dei militari limitatamente al caso in cui sia applicata la sanzione della “consegna di rigore” (cfr. TAR Lazio, Sez. I bis, 4 dicembre 2014, n. 12252; T.R.G.A. Trento, 3 aprile 2008, n. 84), e non già in relazione alla sanzione della “consegna” semplice.

5. Infine, quanto alla eccepita violazione del principio di corrispondenza tra i fatti contestati e quelli sanzionati, la doglianza si appalesa anch’essa inammissibile, in quanto non originariamente dedotta nel ricorso gerarchico, oltreché infondata, giacché la sanzione applicata si fonda sulle stesse circostanze di fatto oggetto della contestazione di addebiti.

5.1. Come condivisibilmente affermato dalla giurisprudenza, è consentito alla P.A. “dare ai fatti già contestati una diversa qualificazione, anche qualora tale nuova qualificazione possa portare allapplicazione di una sanzione più grave rispetto a quella inizialmente ipotizzata dallorgano che ha attivato il procedimento, ovviamente garantendo sempre allincolpato la possibilità di utilizzare in sede procedimentale adeguati strumenti di difesa” (cfr. T.A.R. Lazio, Sez. I Bis, 15 aprile 2015 n. 5532).

5.2. Né rileva, in senso contrario, la circostanza che la Commissione di disciplina si fosse espressa, con giudizio espresso all’unanimità, per la irrogazione della sanzione disciplinare del “rimprovero”, giacché detto giudizio, alla stregua del chiaro disposto dell’art. 1399, comma 6, del D. Lgs. n. 66/2010, non è vincolante per l’organo decisore; inoltre il Comandante della Legione Carabinieri Puglia, nel discostarsi da tale giudizio, ha compiutamente individuato le ragioni sottese alla sua diversa valutazione, le quali sono state esaustivamente argomentate nel verbale della seduta disciplinare.

6. In definitiva, l’Amministrazione militare, oltre ad utilizzare le risultanze istruttorie acquisite nel corso delle attività investigative condotte dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di -OMISSIS- quali elementi fattuali idonei a supportare il giudizio disciplinare, valutandone la rilevanza in tale prospettiva, ha congruamente analizzato la complessiva condotta tenuta dal ricorrente nella vicenda in esame; non sono configurabili il denunciato travisamento dei fatti, né l’erronea motivazione e il vizio istruttorio nell’operato amministrativo, come pure risulta assente il lamentato difetto di proporzionalità della sanzione inflitta, in quanto essa è rapportata alla rilevanza della condotta posta in essere dal militare, oltreché idonea a tutelare e a garantire il buon andamento e l’imparzialità dell’Amministrazione.

7. Per tutto quanto innanzi esposto, il ricorso deve essere respinto, in quanto infondato; le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Lecce, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente alla refusione delle spese di lite sostenute dall’Amministrazione resistente, che liquida nella complessiva somma di € 2.000,00 (duemila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente o altri soggetti comunque citati.

Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 19 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria, il giorno 22 febbraio 2022.

TAR Puglia – Lecce, Sentenza 22 febbraio 2022, n. 304 -.