Carabinieri: resistenza, lesioni a pubblico ufficiale. Il Tribunale nutre dubbi sulla versione fornita dai due Carabinieri (Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 16 giugno 2017, n. 30293).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIANDANESE Franco – Presidente –

Dott. ALMA Marco Maria – Consigliere –

Dott. SGADARI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TUTINELLI Vincenzo – Consigliere –

Dott. IASILLO Adriano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sul ricorso proposto dall’Avvocato Renzo (OMISSIS), quale difensore di (OMISSIS) Roberto (n. il xx/xx/xxxx),

avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano, III Sezione penale, in data 30/04/2015.

Sentita la relazione della causa fatta, in pubblica udienza, dal Consigliere Dott. Adriano Iasillo.

Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, Dott. Luigi Cuomo, il quale ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

OSSERVA:

Con sentenza del 12/03/2009, il Tribunale di Sondrio dichiarò (OMISSIS) Roberto responsabile dei reati di resistenza a Pubblico ufficiale (capo A – nel quale viene assorbito anche il reato di cui al capo B – e capo C della rubrica) e lesioni personali aggravate (capo D della rubrica) e – unificati i reati sotto il vincolo della continuazione ed esclusa la contestata recidiva – lo condannò alla pena di mesi 10 di reclusione e al risarcimento dei danni alle costituite Parti Civili.

Avverso tale pronunzia l’imputato propose gravame, ma la Corte d’appello di Milano, con sentenza del 14/11/2014, confermò l’impugnata sentenza.

Ricorse per cassazione il difensore dell’imputato.

La Sesta Sezione di questa Corte Suprema con sentenza del 09/05/2014 annullò la predetta sentenza del 14/11/2014 e rinviò per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Milano.

Con sentenza del 30/04/2015 la III Sezione della Corte di appello di Milano, in sede di rinvio, in riforma della sentenza del Tribunale di Sondrio del 12/03/2009 assolse (OMISSIS) Roberto dai fatti sub A e B perché è insufficiente e contraddittoria la prova che il fatto sussista; rideterminò la pena in relazione ai reati sub C e D – fermo il vincolo della continuazione – in mesi 7 di reclusione. Confermò nel resto l’impugnata sentenza.

Ricorre per Cassazione il difensore dell’imputato deducendo vizi motivazionali in relazione alla mancata applicazione della scriminante di cui all’art. 4 D. Lgt. 288/1944.

Il difensore dell’imputato conclude, pertanto, per l’annullamento dell’impugnata sentenza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è fondato.

1.1. Infatti, (OMISSIS) Roberto è stato accusato di aver commesso:

resistenza ai pubblici ufficiali perché per paura di farsi controllare dai Carabinieri (era ubriaco) alla loro vista si dava alla fuga con la sua autovettura, ponendo in essere manovre pericolose (capo A della rubrica);

resistenza ai pubblici ufficiali perché quando i Carabinieri riuscivano a bloccare l’auto del (OMISSIS), questi con manovre pericolose riusciva a fuggire investendo anche i due Carabinieri che erano scesi dalla loro auto (capo B della rubrica);

resistenza ai pubblici ufficiali perché sceso dalla sua autovettura il ricorrente usava violenza contro i Carabinieri per fuggire (capo C della rubrica);

perché nelle circostanze di cui ai capi B e C della rubrica l’imputato provocava lesioni ai predetti Carabinieri (capo D della rubrica).

Orbene la sentenza impugnata in sede di rinvio ha assolto il (OMISSIS) dai reati di cui ai capi A e B perché è insufficiente e contraddittoria la prova che il fatto sussista.

In particolare a pagina 9 dell’impugnata sentenza si legge che “questi dati oggettivi rendono maggiormente credibile quanto affermato dall’imputato e da Roberto (OMISSIS) (teste; nds.) rispetto a quanto affermato da Giuseppe (OMISSIS) e Massimiliano (OMISSIS) (Carabinieri; nds.).

Quindi la Corte di appello ha assolto l’imputato dalle resistenze ai pubblici ufficiali di cui ai capi A e B, perché non ritiene provata la condotta di guida atta a porre in pericolo l’incolumità pubblica e in particolare non ritiene provato che l’imputato abbia cercato di speronare e far sbandare l’auto dei Carabinieri che lo inseguivano (si vedano le pagine 9 e 10 dell’impugnata sentenza).

Così come non ritiene provato l’avvenuto investimento dei due Carabinieri ad opera dell’imputato. Anzi afferma che le lesioni dei due Carabinieri – di cui ai certificati medici – “appaiono più compatibili con la condotta di resistenza posta in essere da Roberto (OMISSIS) una volta giunto presso la propria abitazione” (si veda pagina 10 impugnata sentenza).

Infine, si deve rilevare che la Corte di merito afferma che le dichiarazioni del teste (OMISSIS) e dell’imputato sono “… confortate dalla valutazione dello stato dei luoghi (sì veda l’attenta valutazione a pagina 9 dell’impugnata sentenza) e della esistenza di un foro di un proiettile obiettivamente presente nel cofano dell’autovettura” dell’imputato (si veda pagina 10 dell’impugnata sentenza).

A proposito di tale foro di proiettile, la Corte territoriale – a pagina 9 della sua sentenza – espone tutte le ragioni per le quali ritiene che lo stesso sia stato provocato da uno dei 4 colpi di pistola esplosi dai Carabinieri (i quali ammettono di avere esploso i quattro colpi di pistola, ma di aver sparato in aria).

Allora è evidente che – come ben sottolineato dal ricorrente – la Corte di appello avrebbe dovuto tener conto dell’incidenza di quanto sopra anche in relazione alla condanna per i capi C e D della rubrica.

Infatti, la diminuita credibilità delle parti civili ha rilievo sulla ricostruzione di quanto avvenuto all’interno dell’abitazione dell’imputato e sulla valutazione delle dichiarazioni degli altri testi (la madre e lo zio del (OMISSIS)).

Inoltre, l’assoluzione dell’imputato dalle due resistenze di cui ai capi A e B potrebbe aver rilievo sull’eventuale applicazione dell’invocata scriminante di cui all’art. 4 del D. Lgt. 288/1944 (si veda art. 393 bis del c.p.); applicazione che la Corte di merito ha, invece, escluso con motivazione insufficiente e non tenendo conto dell’assoluzione e di quanto essa stessa sottolinea a pagina 11 della sua sentenza e cioè che “Giuseppe (OMISSIS) (uno dei Carabinieri; nds) alla domanda del P.M.: in che modo avesse opposto resistenza al momento dell’arresto, ha precisato che l’imputato non voleva andare in Caserma, che continuava a ripetere che non aveva fatto niente, quindi attivamente si opponeva all’arresto in quanto strattonava, era molto energico”.

A tal proposito questa Corte ha affermato che è configurabile la scriminante di cui all’art. 4 del D. Lgs. Igt. n. 288 del 1944 nel caso di resistenza opposta ad un pubblico ufficiale nell’esecuzione della misura dell’accompagnamento coattivo di cui all’art. 349 cod. proc. pen. in difetto dei presupposti previsti dal quarto comma di detto articolo, costituiti dal rifiuto del soggetto di farsi identificare ovvero dalla sussistenza di sufficienti elementi per ritenere la falsità delle generalità o dei documenti di identificazione da lui forniti. (Sez. 6, Sentenza n. 36162 del 10/06/2008 Ud. – dep. 19/09/2008 – Rv. 241750; Sez. 6, Sentenza n. 4392 del 06/11/2013 Ud. – dep. 30/01/2014 – Rv. 258243).

Infine, non vi è dubbio che tutto quanto sopra evidenziato può avere un’incidenza anche sulla liquidazione dei danni determinata in primo grado e che la Corte di appello ha confermato nonostante l’assoluzione dei due reati e gli oggettivi dubbi sulla causale delle lesioni (i Carabinieri sostengono che le lesioni le hanno subite a seguito dell’investimento di cui al capo B della rubrica, fatto per il quale l’imputato è stata assolto).

2. Dunque sulla base di quanto rilevato si dovrebbe annullare la sentenza con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Milano per nuovo giudizio; si deve, però, evidenziare che i reati si sono prescritti in data 13/11/2015.

In proposito questa Corte ha affermato che il rilevamento in sede di legittimità della sopravvenuta prescrizione del reato unitamente ad un vizio di motivazione della sentenza di condanna impugnata in ordine alla responsabilità dell’imputato comporta l’annullamento senza rinvio della sentenza stessa e, ove questa contenga anche la condanna al risarcimento del danno in favore della parte civile, l’annullamento delle statuizioni civili con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello (Sez. 4, Sentenza n. 29627 del 21/04/2016 Ud. – dep. 13/07/2016 – Rv. 267844).

3. Pertanto agli effetti penali si deve annullare senza rinvio la sentenza impugnata.

4. Invece, agli effetti civili la sentenza deve essere annullata con rinvio, per nuovo esame, al giudice civile competente per valore in grado di appello.

5. Motivazione semplificata.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio agli effetti penali per essere i reati estinti per prescrizione e con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello relativamente agli effetti civili.

Così deciso in Roma, il 26/05/2017.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2017.

SENTENZA – copia non ufficiale -.