Cartella Equitalia: è nulla la notifica se l’avviso di ricevimento non risulta sottoscritto dall’agente postale (Corte di Cassazione, Sezione V Civile, Sentenza 19 agosto 2020, n. 17373).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

QUINTA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – Rel. Consigliere –

Dott. SCOTTI Giuseppe Umberto Luigi C. – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al n. 03493/2013 R.G. proposto da:

Equitalia Sud s.p.a. (C.F. 11210661002), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Ivana Carso, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Antonella Fiorini, in Roma via Costabella 26.

– ricorrente –

contro

Castellaneta Salvatore (C.F. C(OMISSIS)), in persona del direttore pro tempore, rappresentato e difeso da se stesso, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Paolo Panariti, in Roma via Celimontana 38.

– controricorrente –

e contro

Agenzia delle Entrate (C.F. 80224030587), in persona del direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocatura generale dello Stato, elettivamente domiciliata presso i suoi uffici in Roma via dei Portoghesi 12.

– resistente –

avverso la sentenza n. 50/08/2012 della Commissione Tributaria Regionale della Puglia, depositata il giorno 15 giugno 2012.

Sentita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 27 febbraio 2020 dal Consigliere Dott. Giuseppe Fichera.

FATTI DI CAUSA

Salvatore Castellaneta impugnò l’avviso di intimazione e la presupposta cartella di pagamento, notificato da Equitalia E.TR. s.p.a., per IRPEF, IRAP ed IVA, anno d’imposta 2001.

L’impugnazione venne respinta in primo grado; proposto appello da Salvatore Castellaneta, la Commissione Tributaria Regionale della Puglia, con sentenza resa il giorno 15 giugno 2012, lo accolse.

Avverso la detta sentenza, Equitalia Sud s.p.a., già Equitalia E.TR. s.p.a., ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque mezzi, cui ha risposto con controricorso Salvatore Castellaneta, mentre l’Agenzia delle Entrate ha depositato atto di costituzione in giudizio.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso Equitalia Sud s.p.a. eccepisce la violazione degli artt. 24 e 57 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, poiché la commissione tributaria regionale erroneamente non ha dichiarato l’inammissibilità del motivo di appello avanzato dal Castellaneta, in ordine ai vizi dell’avviso di ricevimento della notifica della cartella impugnata.

2. Con il secondo motivo lamenta la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., atteso che il giudice di appello, invece di dichiarare l’inammissibilità dei motivi di gravame, ha pronunciato sulle doglianze dell’appellante proposte tardivamente.

2.1. I due motivi, bisognosi di esame congiunto, sono entrambi infondati.

È noto che nel processo tributario, caratterizzato dall’introduzione della domanda nella forma dell’impugnazione dell’atto fiscale, l’indagine sul rapporto sostanziale è limitata ai motivi di contestazione dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa dell’Amministrazione, che il contribuente deve specificamente dedurre nel ricorso introduttivo di primo grado (Cass. 13/04/2017, n. 9637; Cass.02/07/2014, n. 15051; Cass. 15/10/2013, n. 23326).

Ne consegue che il giudice deve attenersi all’esame dei vizi di invalidità dedotti in ricorso, il cui ambito può essere modificato solo con la presentazione di motivi aggiunti, ammissibile, ex art. 24 del d.lgs. n. 546 del 1992, esclusivamente in caso di «deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti o per ordine della commissione».

Ed è altrettanto pacifico che, nel giudizio tributario, il divieto di proporre nuove eccezioni in sede di gravame, previsto all’art. 57, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, concerne tutte le eccezioni in senso stretto, consistenti nei vizi d’invalidità dell’atto tributario o nei fatti modificativi, estintivi o impeditivi della pretesa fiscale (Cass.29/12/2017, n. 31224).

2.2. Nella peculiare vicenda all’esame della Corte, tuttavia, dalla lettura degli atti processuali risulta che il concessionario della riscossione depositò la propria memoria di costituzione in giudizio, con i relativi documenti, compresa la relata di notifica della cartella impugnata, addirittura successivamente all’udienza di discussione ex art. 34 del d.lgs. n. 546 del 1992, quando la causa era stata già posta in decisione dal collegio in camera di consiglio.

Dunque, è all’evidenza come il contribuente non venne posto in condizione di formulare motivi aggiunti avverso gli atti impugnati, per l’assorbente considerazione che il concessionario della riscossione depositò gli atti rilevanti, ben oltre i termini fissati per la sua costituzione in giudizio e financo per la produzione – entro venti giorni prima dell’udienza di discussione – di nuovi documenti ex art. 32, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992.

Ne discende che il primo atto difensivo con il quale il contribuente venne posto in condizione di proporre motivi aggiunti avverso l’atto impositivo impugnato, concernenti i vizi della notifica della cartella impugnata, deve individuarsi esattamente nel ricorso in appello innanzi alla commissione tributaria regionale, restando esclusa la lamentata inammissibilità dei motivi articolati nel detto atto.

3. Con il terzo motivo deduce violazione degli artt. 19 e 21 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, atteso che il giudice di merito non ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso introduttivo, poiché formulato oltre il termine di decadenza fissato dalla legge per l’impugnazione degli atti impositivi.

3.1. Il motivo è manifestamente infondato, atteso che una volta accertato il vizio – sia esso di inesistenza o di nullità – della notifica della cartella impugnata, è all’evidenza come non possa decorrere alcun termine decadenziale, avendo il contribuente il diritto di impugnare, ai sensi dell’art. 19, comma 3, del cennato d.lgs. n. 546 del 1992, l’atto non notificato unitamente al successivo atto effettivamente notificato.

4. Con il quarto motivo si duole del vizio di motivazione, ex art. 360, comma primo, n. 5), c.p.c., in cui è incorso il giudice d’appello, avendo omesso di motivare in ordine alle ragioni che inducevano a ritenere viziato l’avviso di ricevimento relativo alla notifica della cartella impugnata.

5. Con il quinto mezzo lamenta la violazione dell’art. 26 del d.p.r. 1973, n. 602, avendo la commissione tributaria regionale ritenuto inesistente la notifica della cartella impugnata, sol perché nell’avviso di ricevimento non era stato identificata la persona che si era ricevuto l’atto e il medesimo atto risultava altresì privo della sottoscrizione dell’agente postale.

5.1. I due motivi, connessi per il comune oggetto, sono entrambi infondati.

In tema di notificazione per mezzo del servizio postale, questa Corte ha già affermato che l’avviso di ricevimento, prescritto dall’art. 149 c.p.c., è il solo documento idoneo a provare sia la consegna, sia la data di questa, sia l’identità della persona a mani della quale la consegna è stata eseguita.

Consegue che la mancanza di sottoscrizione dell’agente postale sull’avviso di ricevimento del piego raccomandato rende inesistente e non soltanto nulla la notificazione, rappresentando la sottoscrizione l’unico elemento valido a riferire la paternità dell’atto all’agente postale (Cass. 08/11/2013, n. 25138; Cass. 21/05/1992, n. 6146).

In direzione contraria non vale richiamare l’orientamento delle Sezioni Unite di questa Corte, a tenore del quale l’inesistenza della notificazione del ricorso per cassazione è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità.

Tali elementi consistono:

a) nell’attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato;

b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento, restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa (Cass. S.U. 20/07/2016, n. 14916).

Nella vicenda in discussione, infatti, avendo il giudice di merito accertato che l’avviso di ricevimento non risultava sottoscritto dall’agente postale, non resta consentito attribuire la paternità dell’atto ad un “soggetto qualificato” e, quindi, a ricondurre il vizio della cartella nell’alveo della mera nullità. In ogni caso, pure a ritenere che la notifica in esame fosse nulla e non invece inesistente, come sostenuto dal giudice di merito, va evidenziato che siffatta invalidità non potrebbe giammai ritenersi sanata per raggiungimento dello scopo, ex art. 156 c.p.c., essendo incontroverso che la cartella non venne impugnata dal contribuente nei termini di rito e, quindi, non potendosi comunque affermare che il plico pervenne effettivamente nella sfera di conoscenza del destinatario.

6. Le spese del giudizio seguono la soccombenza tra la ricorrente e il controricorrente, mentre nulla va statuito per l’Agenzia delle Entrate, la quale non ha depositato controricorso.

Sussistono i presupposti per l’applicazione nei confronti della ricorrente dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, considerato che la notifica del ricorso si è perfezionata solo in data 31 gennaio 2013 (Cass. 10 luglio 2015, n. 14515).

P.Q.M.

Respinge il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese sostenute dal controricorrente, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese generali al 15% ed agli accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il giorno 27 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 agosto 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.