Cassazione, deve stare in carcere l’imputato che, intervenuto a difesa della madre coinvolta in un diverbio sulla circolazione stradale, ha sferrato un pugno alla controparte (Corte di Cassazione, Sezione V Penale, Sentenza 7 settembre 2020, n. 25238).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE GREGORIO Eduardo – Presidente –

Dott. SESSA Renata – Consigliere –

Dott. TUDINO Alessandrina – Consigliere –

Dott. MOROSINI Elisabetta Maria – Rel. Consigliere –

Dott. BRANCACCIO Matilde – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

LA BARBERA SALVATORE nato a PALERMO il 11/09/2000;

avverso l’ordinanza del 22/11/2019 del TRIBUNALE di PALERMO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

sentita la relazione svolta dal consigliere Dott. Elisabetta Morosini;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Ferdinando Lignola, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Palermo, adito ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., ha confermato la misura della custodia cautelare in carcere applicata nei confronti di La Barbera Salvatore per il reato di lesioni personali gravissime.

Secondo la ricostruzione dei giudici di merito l’indagato si è intromesso in un diverbio insorto, per ragioni legate alla circolazione stradale, tra la propria madre e Maruhn Roman Peter; durante la lite ha colpito quest’ultimo con due pugni facendolo cadere in terra e cagionandogli: “un’emorragia epidurale, una frattura del cranio, una frattura della parete anteriore del condotto uditivo destro, mettendo in pericolo la vita della persona offesa”.

Il Tribunale del Riesame ha riconosciuto la sussistenza delle esigenze cautelari del pericolo di inquinamento probatorio e di recidiva, escludendo invece il pericolo di fuga.

2. Avverso il provvedimento ricorre l’indagato, tramite il difensore, articolando un unico motivo con il quale denuncia vizio di motivazione in ordine agli artt. 582, 582, 585 cod. pen., 274 lett. b) e c) cod. proc. pen.

Sostiene il ricorrente che la motivazione del provvedimento sarebbe lacunosa laddove riconosce il pericolo di inquinamento probatorio per il fatto che l’indagato ha reso una versione di comodo e la madre di questi, testimone oculare del fatto, deve ancora essere sentita, mentre poi, ai fini della ricostruzione dell’accaduto, ritiene dirimenti le immagini riprese da Fimiani Debora, moglie della persona offesa.

Non corrisponderebbe al vero l’affermazione del Tribunale secondo cui abitazione dell’indagato e abitazione della madre coincidono.

Né sarebbero indicati elementi dai quali evincere che l’indagato possa influire sulla deposizione dei testimoni e in particolare di Cammarata Gianfranco, che gestisce un esercizio commerciale situato a breve distanza dalla abitazione della nonna dell’indagato, mentre quest’ultimo vive a Ficarazzi.

Infine non vi sarebbe adeguata motivazione sul pericolo di recidiva, considerato che l’indagato è gravato da un solo precedente penale per un tentato furto, sicché difetterebbero elementi concreti cui ancorare il giudizio di pericolosità sociale.

3. Nessuna delle parti ha avanzato richiesta di discussione orale, dunque il processo segue il cd. “rito scritto” ai sensi dell’art. 83, comma 12-ter, d.l. n. 18 del 2020, convertito con legge n. 27 del 2020.

4. Il Procuratore generale ha trasmesso, tramite posta elettronica certificata, la propria requisitoria scritta con la quale ha articolatamente concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Le doglianze esulano dal novero dei motivi consentiti ex art. 606 cod. proc. pen.

Invero l’insussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 cod. proc. pen. è rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge od in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato (tra le altre Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, Contarini, Rv. 261400; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, Di Iasi, Rv. 269884).

Mentre non è consentito proporre censure che, come nella specie, si sostanzino in una diversa valutazione dei fatti e delle circostanze apprezzate già dal giudice di merito. Le affermazioni del ricorrente hanno carattere meramente assertivo e devolvono alla Corte di cassazione una serie di circostanze di fatto, insuscettibili di esame nel giudizio di legittimità.

2.1 n Tribunale del Riesame spiega, con molta chiarezza, che il pericolo di inquinamento probatorio deve essere ravvisato nella concreta possibilità che ha l’imputato di influire sia su persone che ancora devono essere sentite (la propria madre) sia su persone che già hanno offerto il loro racconto nella prima fase delle indagini (il testimone oculare Cammarata).

È noto, e il Tribunale del Riesame lo ricorda, che la valutazione sul pericolo di inquinamento probatorio deve essere effettuata con riferimento sia alle prove da acquisire, sia alle fonti di prova già acquisite, a nulla rilevando lo stato avanzato delle indagini o la loro conclusione, in quanto l’esigenza di salvaguardare la genuinità della prova non si esaurisce all’atto della chiusura delle indagini preliminari (Sez. 5, n. 6793 del 07/01/2015, M., Rv. 262687).

In sostanza i giudici di merito ritengono di dover salvaguardare la genuinità delle fonti di prova costituite dai testimoni oculari, sicché non rileva, sotto questo specifico aspetto, che esista agli atti una videoripresa dell’accaduto o che l’indagato abbia reso dichiarazioni asseritamente ammissive (in realtà dalla lettura del provvedimento impugnato si apprende che La Barbera ha fornito una versione di comodo, puntando sulla legittima difesa).

2.2 Quanto al pericolo di recidiva, il ricorrente non si confronta con il principale elemento valutato a suo carico, desunto dalle modalità del fatto: l’estrema gravità dell’azione violenta sintomo di una incapacità di controllo sui propri impulsi aggressivi e di totale disprezzo per il valore della vita umana.

Si tratta di apprezzamento, incensurabile in questa sede, che si pone in sintonia con il costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui: «Il nuovo testo dell’art. 274, comma 1, lett. b) e c) cod. proc. pen., risultante dalle modifiche apportate dalla legge n. 47 del 2015, se non consente di desumere il pericolo di fuga e di recidiva esclusivamente dalla gravità del titolo di reato per il quale si procede, non osta alla considerazione, ai fini cautelari, della concreta condotta perpetrata e delle circostanze che la connotano, in quanto la modalità della condotta e le circostanze di fatto in presenza delle quali essa si è svolta restano concreti elementi di valutazione imprescindibili per effettuare una prognosi di probabile ricaduta del soggetto nella commissione di ulteriori reati» (tra le ultime Sez. 5, n. 49038 del 14/06/2017, Silvestrin, Rv. 271522).

Peraltro tale elemento, non attaccato dal ricorso, è idoneo ex se a sostenere la misura cautelare, rendendo generiche tutte le doglianze (cfr. Sez. 3, n. 35973 del 03/03/2015, Quinag, Rv. 264811).

3. Dalla inammissibilità del ricorso discende la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento della somma, ritenuta equa, di euro 3.000,00 a favore della Cassa delle ammende. La cancelleria curerà gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 ter disp. att. cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 a favore della Cassa delle ammende.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 ter disp. att. c.p.p.

Così deciso in Roma, il 13 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.