Circolazione stradale: precedenza (Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, Sentenza 21 dicembre 2020, n. 36774).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Patrizia – Presidente – 

Dott. NARDIN Maura – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Aldo – Consigliere –

Dott. PAVICH Giuseppe – Rel. Consigliere –

Dott. FERRANTI Donatella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

ASPROMONTI LUCA nato a (omissis) il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza del 07/12/2018 della CORTE APPELLO di ROMA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Giuseppe PAVICH;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. Giulio ROMANO che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Roma, in data 7 dicembre 2018, ha riformato la sentenza con la quale il Tribunale di Civitavecchia, in data 6 febbraio 2014, aveva assolto Luca Aspromonti dal delitto di omicidio colposo con violazione delle norme sulla circolazione stradale, in danno di Lorenzo Pirri, contestato come commesso in Fiunnicino il 26 luglio 2007; nel giudizio d’appello l’Aspromonti é stato condannato alla pena ritenuta di giustizia, previa concessione delle attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante di cui all’art. 589, comma 2, cod.pen., con riconoscimento dei doppi benefici e con applicazione della sospensione della patente di guida.

Nel corso del giudizio d’appello, conseguente a impugnazione della Procura Generale territoriale, é stato designato quale perito l’ing. Rodolfo Fugger, il quale ha espletato consulenza cinematica.

La Corte di merito, in ciò riprendendo le risultanze del giudizio di primo grado, ha riassunto i fatti nei termini seguenti:

– l’Aspromonti, alla guida di una Volkswagen Golf, percorreva via Casal Sant’Angelo in direzione Bracciano; giunto all’altezza del civico 653, svoltava a sinistra per raggiungere uno spiazzo collocato di fianco alla carreggiata, rallentando la marcia e dando precedenza a un veicolo proveniente dall’opposta direzione, indi proseguendo lentamente e impegnando in parte l’opposta corsia; ma non si avvedeva che, dietro il veicolo cui aveva dato precedenza, sopraggiungeva il motociclo condotto dal Pirri, che, tenendo una velocità elevata (stimata tra i 60 e gli 87 kmh), trovava la propria corsia di marcia impegnata dalla vettura dell’Aspromonti; eseguiva perciò una brusca frenata, ma la moto si impennava sbalzando il centauro, il quale andava a impattare contro il passaruote anteriore destro e il cofano motore della Golf, rovinando poi a terra. Il Pirri, nell’occorso, riportava gravi lesioni che ne cagionavano il decesso.

Nel proprio percorso argomentativo, la Corte capitolina – valorizzando e facendo proprio il contributo del perito ing. Fugger – ha bensì riconosciuto, come già il giudice di primo grado, la responsabilità del Pirri per l’accaduto, ma non in modo esclusivo:

– secondo la ricostruzione peritale cui la Corte di merito ha aderito, l’Aspromonti eseguì una manovra irregolare senza avvedersi del sopraggiungere del motociclo, sebbene avesse avuto il tempo di accorgersi di ciò subito dopo il transito del veicolo al quale aveva dato precedenza, atteso che il tratto di strada da cui proveniva il motociclista era rettilineo e con visibilità ottimale, con la conseguenza che l’imputato, ove si fosse fermato anziché procedere lentamente e impegnare la corsia di marcia opposta, sarebbe stato nelle condizioni di scorgerlo e di lasciarlo transitare.

2. Avverso la prefata sentenza ricorre l’Aspromonti, per il tramite del suo difensore di fiducia.

Il ricorso é affidato a due motivi.

2.1. Il primo motivo é sostanzialmente teso a denunciare in modo promiscuo violazione di legge processuale e vizio di motivazione in relazione a una pluralità di aspetti:

– in primo luogo, in relazione all’inammissibilità dell’appello del P.G., affatto generico e meramente avversativo rispetto alla decisione di primo grado;

– in secondo luogo, in relazione alla rinnovazione solo parziale dell’istruzione dibattimentale di primo grado, esauritasi nella designazione del perito ing. Fugger e nella consulenza da questi espletata, basata essenzialmente sulle numerose prove orali raccolte nel giudizio di primo grado, le cui conclusioni sono state acriticamente fatte proprie dalla Corte distrettuale, in spregio ai principi più volte affermati dapprima dalla Corte di Strasburgo, poi dalla Corte di legittimità e infine consacrati nell’art. 603, comma 3-bis cod.proc.pen., introdotto con la legge n. 103/2017;

– in terzo luogo, in relazione al fatto che la Corte di merito, anziché sottoporre a vaglio critico le divergenti valutazioni dei periti e dei consulenti di parte, indicando poi le ragioni della sua preferenza per quelle del perito nominato in appello rispetto alle altre valutazioni degli esperti, ha aderito acriticamente alle conclusioni dell’ing. Fugger, riportate nel corpo della motivazione senza procedere, quanto meno, a una motivazione rafforzata.

2.2. Con il secondo motivo l’esponente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione delle attenuanti generiche in regime di prevalenza, anziché di equivalenza, all’aggravante contestata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso é fondato e assorbente, nella parte in cui censura il percorso argomentativo con il quale la Corte capitolina é pervenuta al ribaltamento della sentenza assolutoria di primo grado.

Invero, la lettura della sentenza impugnata rende evidente che la Corte di merito, piuttosto che confrontare le valutazioni del perito da essa nominato con quelle dei consulenti di parte (traendone poi il proprio convincimento), ha aderito integralmente alle valutazioni dell’ing. Fugger, sposandone acriticamente le conclusioni e limitandosi a richiamare la perizia «non contrastata da alcun positivo elemento contrario, ma solo dalle valutazioni espresse dal consulente di parti, che la difesa dell’imputato ha diffusamente ricordato» e a dare la propria adesione alla tesi, espressa dall’ing. Fugger, secondo cui la responsabilità dell’Aspromonti é consistita nel non essersi fermato per concedere la precedenza al ciclomotore che sopraggiungeva dalla corsia opposta, e che egli – conclude la Corte di merito – aveva sicuramente visto.

Tale approccio argomentativo, già sotto il profilo generale, é del tutto carente, poiché non chiarisce in che cosa sia consistito il vaglio di correttezza scientifica espletato dalla Corte capitolina, laddove, come anche recentemente ribadito dalla Corte di legittimità in tema di prova scientifica, la perizia rappresenta un indispensabile strumento euristico nei casi in cui l’accertamento dei termini di fatto della vicenda oggetto del giudizio imponga l’utilizzo di saperi extragiuridici e, in particolare, qualora si registrino difformi opinioni, espresse dai diversi consulenti tecnici di parte intervenuti nel processo, di talché al giudice é chiesto di effettuare una valutazione ponderata che involge la stessa validità dei diversi metodi scientifici in campo, della quale é chiamato a dar conto in motivazione, fornendo una razionale giustificazione dell’apprezzamento compiuto e delle ragioni per le quali ha opinato per la maggiore affidabilità di una determinata scuola di pensiero rispetto ad un’altra (Sez. 4, Sentenza n. 49884 del 16/10/2018, P., Rv. 274045).

Se a ciò si aggiunge che, nella specie, si é trattato di ribaltare una decisione assolutoria riformandola esclusivamente sulla scorta delle richiamate valutazioni peritali, emerge in modo ancor più palmare la carenza motivazionale della sentenza impugnata.

2. Invero, dalla stessa lettura della pronunzia in esame (e più ancora raffrontando la motivazione della sentenza d’appello con quella di primo grado) affiorano evidenti elementi di contrasto nelle valutazioni dei periti da un lato, dei consulenti di parte dall’altro: ad esempio a proposito della possibilità, da parte dell’Asprornonti, di accorgersi del sopraggiungere del motociclo dietro il veicolo cui aveva dato precedenza, tema che (fra l’altro) era stato solo incidentalmente affrontato dal C.T. del P.M., ing. Giannuzzi, nella sua deposizione avanti il Tribunale di Civitavecchia in composizione monocratica, e sul quale la sentenza di primo grado si é soffermata (pag. 11) per confutarne il convincimento (l’opinione dell’ing. Giannuzzi, non condivisa dal Tribunale, era che vi fosse reciproca visibilità tra i due veicoli; la sentenza di primo grado confuta tale assunto reputandolo erroneo e collidente con la comune esperienza e con le rimanenti risultanze processuali).

In particolare, non é stato adeguatamente spiegato quale fosse esattamente il tempo a disposizione dell’imputato per rendersi conto del sopraggiungere del motociclo dopo avere dato la precedenza ad altro veicolo proveniente dall’opposta direzione di marcia, atteso che la moto del Pirri seguiva quest’ultimo veicolo.

Non é stato cioè chiarito – se non in termini del tutto generici e assertivi – se e per quanto tempo, nell’eseguire la manovra di svolta a sinistra e di superamento della linea di mezzeria, l’Aspromonti abbia avuto il tempo di rilevare l’arrivo del motociclista dalla sua destra e, quindi, di arrestarsi prima di impegnare la corsia di pertinenza di quest’ultimo, oppure di attraversarla prima che egli sopraggiungesse.

Non é stato preso in esame e sviluppato il profilo relativo al tempo di reazione e di avvistamento a sua disposizione (nel quale doveva tenersi conto del fatto che il Pirri viaggiava dietro il veicolo cui l’Aspromonti aveva concesso la precedenza) e alla conseguente possibilità o meno di evitare in qualche modo l’impatto con il motociclo. Di ciò doveva darsi conto onde spiegare se l’imputato fosse o meno nelle condizioni di vedere il centauro sopraggiungere ad elevata velocità.

3. L’esame dei suddetti profili é stato omesso dalla Corte di merito, che ha apoditticamente argomentato che l’imputato ebbe a violare le regole di prudenza dettate dal Codice della Strada non avendo rispettato il diritto di precedenza della moto condotta dalla vittima, sebbene quest’ultima avesse a sua volta tenuto una condotta gravemente imprudente, ma senza misurarsi in alcun modo con le divergenze tra le valutazioni del perito nominato d’ufficio e gli elementi conoscitivi indicati dai consulenti di parte, onde chiarire quale fosse il comportamento alternativo diligente richiesto all’imputato e se tale comportamento fosse concretamente esigibile nel caso di specie.

4. Tanto premesso, e considerata la condotta imprudente della persona offesa (che procedeva a velocità comunque eccessivamente elevata), é opportuno rammentare che il temperamento al principio dell’affidamento, nello specifico campo della circolazione stradale, é costituito dalla prevedibilità del comportamento imprudente altrui. Tale prevedibilità dev’essere però valutata non già in astratto, ma in concreto.

Merita al riguardo di essere richiamata Sez. 4, n. 46741 del 08/10/2009, Minunno, Rv. 245663, riferita a un caso in cui é stata ritenuta in concreto imprevedibile per l’imputato – che, a bordo di una autovettura, percorreva una strada statale, e stava avviando manovra di svolta a sinistra per accedere ad un’area di servizio che si trovava sul lato opposto della carreggiata, profittando del fatto che alcuni veicoli, tra cui in particolare un autoarticolato, che procedevano nell’opposto senso di marcia, si erano fermati per favorire la manovra – la condotta della parte lesa, una ciclomotorista che aveva sorpassato scorrettamente sulla destra la colonna ferma di autoveicoli, omettendo inoltre di fermarsi o rallentare in prossimità dell’ingresso all’impianto di distribuzione di carburanti.

Il criterio della prevedibilità in concreto si sostanzia nell’assunto che la prevedibilità vale non solo a definire in astratto la conformazione del rischio cautelato dalla norma, ma va anche ragguagliata alle diverse classi di agenti modello ed a tutte le specifiche contingenze del caso concreto (Sez. U., n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri, non massimata sul punto).

Inoltre, considerato che le regole di cautela che nel caso di specie si assumono violate si presentano come regole “elastiche”, che indicano, cioè, un comportamento determinabile in base a circostanze contingenti, é comunque necessario che l’imputazione soggettiva dell’evento avvenga attraverso un apprezzamento della concreta prevedibilità ed evitabilità dell’esito antigiuridico da parte dall’agente modello (Sez. 4, n. 37606 del 06/07/2007, Rinaldi, Rv. 237050).

5. Tali richiami giurisprudenziali, riportati al caso che ne occupa, pongono il problema della concreta prevedibilità ed evitabilità nelle condizioni date, da parte del ricorrente, dello sviluppo antigiuridico della sua condotta, anche in considerazione del fatto che la valutazione in concreto della prevedibilità non può, nella specie, prescindere dal fatto, pacificamente acclarato, che la vittima procedeva a una velocità assai elevata, sicuramente tale da rendere meno prevedibile, per gli altri utenti della strada, l’avvicinamento del suo motociclo; ciò, com’é agevole comprendere, rendeva viepiù necessaria una completa caratterizzazione e ricostruzione del fatto, attraverso l’esame congiunto delle questioni sollevate dai consulenti di parte, nei termini dianzi indicati.

I suddetti elementi di contrasto tra i presupposti (e le ricostruzioni) fattuali e le conseguenti valutazioni degli esperti avrebbero imposto – specie nella prospettiva di una riforma della sentenza assolutoria di primo grado – quanto meno un attento raffronto fra le opposte tesi, onde motivare in modo adeguato la scelta di quella ritenuta più condivisibile.

E’ al riguardo pertinente un richiamo alla giurisprudenza apicale della Corte regolatrice, secondo la quale le dichiarazioni rese dal perito o dal consulente tecnico nel corso del dibattimento, in quanto veicolate nel processo a mezzo del linguaggio verbale, costituiscono prove dichiarative, sicché sussiste, per il giudice di appello che, sul diverso apprezzamento di esse, fondi, sempreché decisive, la riforma della sentenza di assoluzione, l’obbligo di procedere alla loro rinnovazione dibattimentale attraverso l’esame del perito o del consulente (Sez. U, Sentenza n. 14426 del 28/01/2019, Pavan, Rv. 275112); altrettanto chiarificatore, ed ancor più pertinente rispetto al caso di specie, é in tal senso il recentissimo indirizzo della giurisprudenza di legittimità in base al quale, in tema di rinnovazione dell’istruttoria, il giudice di appello che fondi sulle dichiarazioni rese dal perito o dal consulente tecnico, nel corso del dibattimento di primo grado, la riforma della sentenza di assoluzione, ha l’obbligo di procedere alla loro rinnovazione, anche nel caso in cui in secondo grado sia stata disposta nuova perizia, rendendo quest’ultima ancora più pregnante l’esigenza di procedere al confronto dialettico tra le tesi sostenute dai periti (Sez. 4, Sentenza n. 31865 del 10/04/2019, Provincia di Massa Carrara, Rv. 276795): esigenza che nella specie la Corte di merito non ha avvertito.

Ma, a tutto concedere, neppure si potrebbe parlare, nella specie, dell’assolvimento dell’obbligo motivazionale sotto la specie della c.d. motivazione rafforzata, sempre necessaria in caso di “doppia difforme”, nel senso che – come da tempo chiarito anche dalle Sezioni Unite della Corte e più volte riaffermato – il giudice di appello che riformi totalmente la decisione di primo grado ha l’obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato (Sez. U, Sentenza n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231679; cfr. anche Sez. 5, Sentenza n. 42033 del 17/10/2008, Pappalardo, Rv. 242330): giustificazione che, certo, non può consistere in una pedissequa riproposizione dei punti salienti delle valutazioni peritali, senza alcun raffronto critico tra queste ultime e le difformi valutazioni dei consulenti poste a base del primo giudizio assolutorio, come accaduto nel caso di che trattasi.

6. Per le ragioni dianzi esposte, la sentenza impugnata va annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte d’appello di Roma.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Roma.

Così deciso in Roma il 2 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 dicembre 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.