Cittadino ivorniano chiede la protezione internazionale umanitaria. Negata (Corte di Cassazione, Sezione I Civile, Sentenza 5 febbraio 2020, n. 2707).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

PRIMA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Rel. Consigliere –

Dott. SCOTTI Giuseppe Umberto Luigi C. – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22994/2018

proposto da:

Sylla (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Bassano del Grappa (VI), via (OMISSIS) del (OMISSIS) n. xx, presso lo studio dell’avv. A.M. Muraro, che lo rappresenta e difende, giusta procura alle liti, in calce al ricorso

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno (OMISSIS) elettivamente domiciliato in Roma Via Dei Portoghesi 12 Avvocatura Generale Dello Stato che lo rappresenta e difende

– controricorrente –

avverso

il decreto del TRIBUNALE di VENEZIA, depositato il 19/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 01/10/2019 dal Consigliere Dott. SOLAINI LUCA

Rilevato che:

Il Tribunale di Venezia ha respinto il ricorso proposto da Sylla (OMISSIS) cittadino ivoriano, avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.

Il ricorrente ha riferito che sia il padre che lo zio, amici del politico Blé Goudé, erano stati inseriti nella campagna elettorale dell’ex presidente Gbagbo per il quale, avendo un’attività di vendita di abbigliamento, confezionavano capi di vestiario pubblicitari; che entrambi erano stati uccisi nel 2016 e che egli era fuggito temendo un’analoga persecuzione.

Contro il decreto del medesimo Tribunale è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo. Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

Considerato che:

Il ricorrente censura la decisione del Tribunale, con un unico motivo distinto in due censure, una relativa al mancato accoglimento della protezione sussidiaria e l’altra relativa al mancato accoglimento della protezione umanitaria.

In particolare, lamenta la mancata considerazione della situazione generale del paese di provenienza, di violenza indiscriminata e generalizzata esistente in Costa D’Avorio dove sussiste un quadro critico circa il rispetto dei diritti umani nel Paese, alla luce dei rapporti informativi citati, evidenziando che le Autorità civili non sempre sono riuscite a mantenere un controllo efficace sulle forze di sicurezza, che si sono rese responsabili di abusi.

Inoltre, il ricorrente contesta la valutazione del tribunale, per il mancato riconoscimento di situazioni di vulnerabilità da proteggere alla luce degli obblighi costituzionale e internazionali gravanti sullo Stato italiano.

In riferimento al profilo, della protezione sussidiaria, lo stesso è inammissibile perché non coglie la ratio decidendi della decisione impugnata, incentrata sul giudizio di non credibilità del ricorrente che non risulta tuttavia impugnata; inoltre il Tribunale ha accertato, con giudizio di fatto insindacabile in questa sede, che nella zona di provenienza della ricorrente, non vi è conflitto al livello di guerra civile, né violenza indiscriminata, tale da costituire grave pericolo di vita qualora il ricorrente dovesse tornare nel proprio paese.

Il secondo motivo, in riferimento alla protezione umanitaria, è inammissibile, in quanto, la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese d’origine, per verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti fondamentali (Cass. n. 4455/18), è stata effettuata dal Tribunale che ha accertato, con giudizio di fatto, l’insussistenza di situazioni di vulnerabilità meritevoli di tale protezione.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente a pagare all’amministrazione statale le spese di lite del presente giudizio, che liquida nell’importo di C 2.100,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso articolo 13.

Così deciso il Roma, nella camera di consiglio dell’ 1.10.19.

Depositato in Cancelleria il giorno 5 febbraio 2020.

SENTENZA – COPIA NON UFFICIALE -.