Clan Spada, pizzeria sequestrata per mafia ricorribile la cessazione dell’attività (Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 19 ottobre 2020, n. 28922).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CERVADORO Mirella – Presidente –

Dott. AGOSTINACCHIO Luigi – Consigliere –

Dott. DI PISA Fabio – Rel. Consigliere –

Dott. COSCIONI Giuseppe – Consigliere –

Dott. SARACO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

SPADA ARMANDO nato a ROMA il 19/05/1967;

avverso il decreto del 07/10/2019 del TRIBUNALE di ROMA;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Fabio DI PISA;

lette le conclusioni del PG.

RITENUTO IN FATTO

1. SPADA Armando, titolare della ditta individuale denominata “Pizzeria Lo Sfizio” attinta da decreto di sequestro nel procedimento di prevenzione n. 154/2018, ha proposto, a mezzo difensori di fiducia, ricorso per cassazione avverso il decreto di approvazione del programma di gestione ex art. 41 L. 161/2017 emesso dal Tribunale di Roma Sez. Misure di Prevenzione in data 7 Ottobre 2019 con il quale è stata disposta la cessazione dell’ attività e l’ estinzione della suddetta ditta individuale con cancellazione della partita IVA e del codice fiscale con onere dell’ amministratore giudiziario di affidare all’ IVG l’ incarico di vendere i beni mobili rinvenuti in occasione del sequestro.

Con un unico motivo, articolato in più censure, viene dedotta violazione dell’ art. 41 L. 161/2017 assumendosi che il provvedimento sarebbe illegittimo ed abnorme in quanto tale da anticipare gli effetti della confisca, senza adottare alcuna motivazione.

La difesa rileva che il tribunale non aveva tenuto conto della sentenza di assoluzione con formula piena del preposto, circostanza allegata dalla Procura all’ udienza del 07/10/2019, sicchè essendo venuto meno il presupposto giustificativo del sequestro il provvedimento appariva illegittimo ed ingiustamente lesivo dei diritti del ricorrente.

2. La Procura Generale, in persona del Sostituto Procuratore Generale Mariella De Masellis, ha depositato una articolata requisitoria scritta in data 9 Marzo 2019 con la quale, richiamata la normativa vigente la giurisprudenza di legittimità in tema di impugnabilità dei provvedimenti gestionali in tema di amministrazione giudiziaria nonché i principi fissati dalle SS.UU., secondo cui il provvedimento con cui il tribunale competente per le misure di prevenzione neghi l’applicazione del controllo giudiziario richiesto ex art. 34-bis, comma 6, del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, è impugnabile con ricorso alla corte di appello anche per il merito. (Vedi: SS.UU. n. 17/1992, Rv. 191786). (Sez. U, n. 46898 del 26/09/2019 – dep. 19/11/2019, RICCHIUTO CINZIA (QUALE LEGALE RAPPRESENTANTE IGECO COSTRUZIONI S.P.A.), Rv. 27715601), ha concluso nel senso della riqualificazione del ricorso in appello con conseguente trasmissione degli atti alla corte di appello di Roma.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La prima questione da esaminare, come condivisibilmente evidenziato dalla Procura Generale, è quella relativa alla ricorribilità per cassazione del provvedimento in esame.

2. Come sopra rilevato oggetto di impugnazione è il provvedimento di approvazione del programma di gestione ex art. 41 L. 161/2017 emesso dal Tribunale di Roma Sez. Misure di Prevenzione con cui è stata disposta la cessazione dell’ attività e l’ estinzione della suddetta ditta individuale con cancellazione della partita IVA e del codice fiscale con onere dell’ amministratore giudiziario di affidare all’ IVG l’ incarico di vendere i beni mobili rinvenuti in occasione del sequestro.

Parte ricorrente ne ha evidenziato il profilo dell’ abnormità in ragione della circostanza che lo stesso sarebbe tale da anticipare, di fatto, gli effetti della confisca, senza adottare alcuna motivazione.

2.1. Premesso che è affetto da abnormità il provvedimento che, per la singolarità e stranezza del contenuto risulti avulso dall’intero ordinamento processuale ovvero quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite e pur considerato che l’abnormità dell’atto processuale può riguardare tanto il profilo strutturale, allorché l’atto per la sua singolarità, si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale, quanto il profilo funzionale, quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo deve escludersi che, nella specie, possa parlarsi di provvedimento “abnorme”.

Ed, infatti, il provvedimento in questione risulta adottato nel rispetto di un potere conferito all’ organo giudicante nonché nell’ osservanza del previsto contraddittorio e non risulta adottato al di fuori dei casi consentiti né al di là di ogni ragionevole limite.

3. Ciò detto occorre muovere, ad avviso di questo collegio, dai principi affermati nella citata sentenza (Sez. U, n. 46898 del 26/09/2019 – dep. 19/11/2019, Ricchiuto Cinzia n.q. Rv. 27715601) ove la Corte ha operato una ricostruzione del sistema delle impugnazioni delle misure di prevenzione patrimoniali.

Le Sezioni Unite, chiamate a pronunciarsi sulla impugnabilità con ricorso per cassazione del provvedimento di diniego della misura del controllo giudiziario, richiesto ex art. 34 -bis. comma 6 del d.lgs. n. 159/2011, hanno superato l’orientamento di legittimità che considera la misura dell’amministrazione giudiziaria non presidiata da mezzi di impugnazione, valorizzando il criterio ostativo della tassatività dei mezzi di impugnazione ed il mancato richiamo dell’amministrazione giudiziaria nella unica norma del codice antimafia dedicata alle impugnazioni, l’ art. 27 del decreto legislativo citato ritenendo applicabile, anche in tale ipotesi, il principio del doppio grado di impugnazione.

Si argomenta, a tal proposito, che la stessa giurisprudenza, con il ricorso all’interpretazione analogica, aveva posto rimedio ad una discrasia del testo di legge relativa alla impugnabilità della confisca dal momento che la confisca, adottata in via ordinaria, risultava appellabile e ricorribile per Cassazione ai sensi dell’art. 27 del Codice Antimafia, mentre per quella adottata all’esito del controllo di cui art. 34 del Codice Antimafia non era previsto alcun mezzo di impugnazione.

La Corte di legittimità, infatti, con un’interpretazione dell’art. 34 cit. costituzionalmente conforme aveva riconosciuto l’ appellabilità e la ricorribilità per Cassazione anche per tale ultima misura, prima dell’ intervento del legislatore che, recependo l’orientamento giurisprudenziale, ha dapprima integrato il comma 7 dell’articolo 34 e successivamente, con la legge n. 161/2017, interamente riscritto l’art. 34 inserendo al comma sei la previsione dell’ impugnazione con il doppio grado di giudizio, riferita sia alla confisca conseguente all’amministrazione giudiziaria che a quella intervenuta a seguito del controllo giudiziario adottabile nello stesso contesto.

Le S.U., nella citata pronunzia, hanno, quindi, ritenuto che le decisioni del Tribunale sulle richieste in tema di controllo giudiziario, al pari di quelle sulla ammissione all’amministrazione giudiziaria, appartenenti ad un unico sotto-sistema, debbano andare soggette al mezzo di impugnazione “generale” previsto dal D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 10, come già testimoniato, per le altre misure patrimoniali, dal richiamo contenuto nell’art. 27, e nell’art. 34, comma 6, ultima parte e come del resto reso necessario dal dovere di sopperire a ingiustificate aporie normative, pur in presenza di effetti incisivi del tutto assimilabili su beni e interessi omogenei tutelati dall’ordinamento..

4. Orbene, muovendo dai detti principi, deve ritenersi applicabile, ad avviso di questo Collegio, anche con riferimento al decreto del tribunale che in sede di gestione abbia disposto la cessazione dell’ attività e la vendita dei beni strumentali, il principio del doppio grado di giurisdizione di cui agli artt. 10 e 27 del Codice Antimafia, come correttamente evidenziato dalla Procura Generale nella citata requisitoria.

5. La refluenza della decisione adottata sul caso di specie è, quindi, la necessaria nuova qualificazione, come appello, del mezzo di impugnazione proposto nella forma del ricorso per Cassazione da SPADA Armando, con conseguente trasmissione degli atti alla Corte di appello di Roma.

P.Q.M.

Qualificato il ricorso come appello, trasmette gli atti alla Corte di appello di Roma.

Così deciso in Roma, il 9 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.