Compra un’auto usata, ma il chilometraggio è ‘taroccato’: rivenditore condannato (Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 17 marzo 2020, n. 10339).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GALLO Domenico – Presidente –

Dott. PELLEGRINO Andrea – Consigliere –

Dott. SGADARI Giuseppe – Consigliere –

Dott. IMPERIALI Luciano – Rel. Consigliere –

Dott. MESSINI D’AGOSTINI Piero – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Pietro CAVALLINI nato a (OMISSIS), il xx/xx/xxxx;

avverso la sentenza della Corte di appello di Milano del 3/07/208;

omissis;

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La Corte di Appello di Milano con sentenza del 3/7/2018 ha confermato il giudizio di penale responsabilità espresso dal Tribunale di Pavia nei confronti di Cavallini Pietro in ordine a due delitti di truffa, con le conseguenti condanne alla pena ritenuta di giustizia ed al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili.

2. Avverso la sentenza della Corte territoriale ha proposto ricorso per Cassazione il Cavallini, sollevando due motivi di impugnazione.

2.1. Con il primo motivo ha dedotto il vizio di motivazione e la violazione di legge in ordine alla valutazione delle prove, per essersi riconosciuto il delitto di truffa ai danni della persona offesa Cinquegrani sulla base delle dichiarazioni di questo in ordine a quanto gli avrebbe riferito – in ordine ai chilometri percorsi dall’autovettura venduta – un suo meccanico di fiducia, persona nemmeno indicata come testimone, dichiarazione che si deduce essere inutilizzabile per la violazione dell’art. 195 comma 1 cod. proc. pen.

2.2. Con il secondo motivo di ricorso il Cavallini ha dedotto la violazione di legge per essersi ritenuto il ricorrente colpevole di truffa ai danni dello Scaglia pur nel difetto dell’elemento oggettivo del reato, non essendo stato posto in essere alcun inganno nei confronti dello stesso Scaglia, in quanto la realtà processuale avrebbe, invece, evidenziato un ripensamento del predetto in ordine all’acquisto, come avrebbero confermato le testimonianze dei figli, con successivo intento del Cavallini di vendere la vettura a terzi per consegnare il ricavato allo Scaglia.

3. Il ricorso è inammissibile, in quanto si discosta dai parametri dell’impugnazione di legittimità stabiliti dall’art. 606 cod. proc. pen.

3.1. Il primo motivo di ricorso, in particolare, è aspecifico, oltre che manifestamente infondato, in quanto non si confronta adeguatamente con la motivazione della sentenza impugnata, che desume l’inganno perpetrato ai danni del Cinquegrani in ordine al chilometraggio della vettura a questo venduta dal Cavallini non già da quanto la persona offesa avrebbe appreso da un meccanico di fiducia, bensì dalle dichiarazioni del teste Signorelli, che ha riferito di aver ceduto al Cavallini l’autovettura che aveva percorso 282.000 km, evidentemente prima che la stessa venisse venduta dal ricorrente al Cinquegrani nella convinzione di questo che si trattasse di veicolo che aveva percorso solo 130.000 km.

La mancanza di specificità del motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett. c) cod. proc. pen, all’inammissibilità (Sez. 4, 03/07/2007, n. 34270, Rv. 236945; Sez. 3, 06/07/2007, n. 35492, Rv. 237596).

Peraltro, per mera completezza di esposizione, giova anche rilevare che non risulta nemmeno dedotto che il ricorrente abbia chiesto l’esame del teste di riferimento indicato dalla persona offesa nella sua deposizione testimoniale, sicché non risultano limiti all’utilizzabilità della deposizione della persona offesa, anche nella parte relativa alle circostanze apprese de relato.

3.2. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile perché, a fronte di una congrua ricostruzione dei fatti ad opera delle sentenze di merito, che hanno evidenziato come lo Scaglia abbia corrisposto al Cavallini una somma per l’acquisto di vettura che, tra l’altro, la certificazione del P.R.A. ha, poi, rivelato essere stata già precedentemente venduta dall”autosalone del ricorrente ad altri, prospetta, invece, una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione che esula dai poteri della Corte di cassazione, trattandosi, invece, di valutazione riservata, in via esclusiva, al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. Un., 30/4-2/7/1997, n. 6402, Dessimone, riv. 207944; Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003 – 06/02/2004, Elia, Rv. 229369).

Sicché non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà, e sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965).

4. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nella determinazione delle cause di inammissibilità emergenti dal ricorso, al versamento della somma, che si ritiene equa, di euro duemila a favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro duemila a favore della cassa delle ammende.

Sentenza a motivazione semplificata.

Così deciso nella camera di consiglio del 4 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 marzo 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.