Con la scusa di dover andare in bagno, chiede alla zia di poter entrare in casa impossessandosi del bancomat e pin. E’ furto in abitazione (Corte di Cassazione, Sezione V Penale, Sentenza 13 gennaio 2021, n. 1167).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PALLA Stefano – Presidente

Dott. BELMONTE Maria Teresa – Rel. Consigliere

Dott. ROMANO Michele – Consigliere

Dott. CAPUTO Angelo – Consigliere

Dott. FRANCOLINI Giovanni – Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(omissis) Enrico nato a (omissis) il 23/06/1990;

avverso la sentenza del 29/11/2018 della CORTE APPELLO di TORINO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa Maria Teresa BELMONTE;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa Antonietta PICARDI che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

udito il difensore.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Torino ha confermato la decisione del Tribunale di Biella che aveva riconosciuto Enrico (omissis) colpevole di furto in domicilio, essendosi impossessato di una tessera bancomat e del relativo pin sottratti dalla camera da letto di una anziana zia, presso la cui abitazione accedeva chiedendo di usufruire della camera da bagno.

2. Propone ricorso per cassazione l’imputato con il patrocinio del difensore che svolge un solo motivo con il quale deduce erronea applicazione dell’art. 624 bis perché erroneamente i giudici di merito hanno escluso che il ricorrente avesse avuto il consenso all’accesso in casa della persona offesa che anzi lo aveva invitato a pranzo, invito rifiutato dal giovane che, però, aveva chiesto di usufruire del bagno di casa.

3. Con requisitoria scritta pervenuta il 02/11/2020 il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione ha concluso per il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso non è fondato.

1. Preliminarmente deve darsi atto che il difensore del ricorrente ha fatto pervenire istanza di rinvio per legittimo impedimento, come da certificazione allegata.

L’istanza, tuttavia, non può essere presa in considerazione dal Collegio, dal momento che la trattazione della causa è avvenuta ai sensi dell’art. 23, comma 8, dl. 28 ottobre 2020, n. 137, senza udienza pubblica.

D’altro canto, laddove volesse darsi alla predetta istanza il significato di una richiesta di trattazione orale, essa risulterebbe tardiva, in quanto inoltrata oltre il termine ultimo, stabilito dal predetto decreto, del 7 novembre 2020.

2. Venendo al merito del ricorso, sostiene il ricorrente che l’introduzione nel luogo di privata dimora sarebbe avvenuto con il consenso della persona offesa, giacché quest’ultima lo aveva invitato a pranzo.

Tuttavia, dalla ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito si trae la prova di un preordinato disegno del ricorrente proteso ad un ingresso nell’abitazione della persona offesa finalizzato alla sottrazione di beni ivi presenti, cosicché l’introduzione diventa condizione necessaria per il compimento del reato, non già l’occasionale rinvenimento degli altrui beni, occorso successivamente all’ingresso nell’altrui domicilio, nel qual caso, invece, possono sussistere gli estremi costitutivi della fattispecie di furto aggravato dall’abuso di ospitalità, ex art. 624 e 61, comma primo, n. 11 cod. pen. (Sez. 5, n. 21293 del 01/04/2014, Licordari, Rv. 260226).

Questa Corte ha già precisato – con argomenti che questo Collegio fa propri, – che integra il reato di furto in abitazione (art. 624 bis c.p.), la condotta di colui che si impossessi – previamente sottraendoli al legittimo detentore – di beni mobili mediante l’introduzione nell’abitazione del soggetto passivo a seguito di consenso di quest’ultimo carpito con l’inganno (Sez. 5 n. 13582 del 2/3/2010).

Capisaldi di detta pronuncia sono:

a) la fattispecie incriminatrice dettata dall’art. 624 bis c.p. richiama indubbiamente la sottostante condotta di violazione di domicilio, sanzionata dall’art. 614 c.p., norma che riguarda anche comportamenti di introduzione nell’altrui dimora realizzati “con inganno” ovvero “contro la volontà espressa o tacita di chi diritto di escluderlo”;

b) l’introduzione nell’abitazione altrui avviene con l’intenzione, preesistente alla mente dell’agente, di rubare, sicché l’introduzione si palesa condizione necessaria per il compimento del reato.

Conformemente si sono pronunciate anche Sez. 5, n. 41149 del 10/06/2014, Rv. 261030; e Sez. 5 n. 16995 del 21/11/201 (dep. 2020 ) Rv. 279110).

In sintesi, secondo la richiamata linea interpretativa, ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 624 bis cod. pen. occorre un nesso teleologico tra l’ingresso nell’abitazione della p.o. e l’impossessamento da parte del colpevole della res sottratta, non potendo, al contrario, darsi rilievo a un collegamento puramente occasionale; l’introduzione nell’abitazione privata deve essere valutata quale mezzo strumentale alla commissione del reato.

2.1. Tali connotazioni della condotta sono ben rinvenibili nella vicenda in scrutinio, in cui l’imputato si presentò a casa dell’anziana zia, ottenendo il consenso ad accedere all’interno dell’abitazione, per utilizzare il bagno, poi uscendone di lì a qualche minuto, dicendo di avere un appuntamento.

L’introduzione dell’imputato nell’abitazione avvenne, dunque, non con l’intenzione di fare una visita di cortesia, ma, avendo astutamente carpito il consenso della anziana zia, fu chiaramente preordinata alla commissione del furto.

Donde la corretta contestazione del furto in abitazione, dovendo ribadirsi che integra I reato di furto in abitazione la condotta di colui che si impossessi di beni mobili mediante l’introduzione nell’abitazione del soggetto passivo a seguito di consenso di quest’ultimo carpito con l’inganno.

3. Al rigetto del ricorso consegue, ex lege, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 13/11/2020.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2021.