LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati
DANILO SESTINI Presidente
PASQUALINA ANNA PIERA CONDELLO Consigliere Rel.
ANTONELLA PELLECCHIA Consigliere
PAOLO PORRECA Consigliere
MARILENA GORGONI Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23972/2020 R.G. proposto da:
(omissis) (omissis) rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’avv. (omissis) (omissis) domiciliata per legge in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria della Corte Suprema di cassazione;
– ricorrente –
contro
(omissis) (omissis) quale titolare della impresa individuale (omissis) (omissis) (omissis) rappresentato e difeso, come da procura in calce al controricorso, dall’avv. (omissis) (omissis) elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. (omissis) (omissis) in (omissis);
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze n. 365/2020, pubblicata in data 11 febbraio 2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13 ottobre 2023 dal Consigliere dott.ssa Pasqualina A. P. Condello
Fatti di causa
1. (omissis) (omissis) proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo con cui la impresa individuale (omissis) di (omissis) (omissis) aveva richiesto il pagamento di euro 36.000,00 a fronte della esecuzione di lavori di ristrutturazione eseguiti presso l’immobile di proprietà dell’opponente e spiegava domanda riconvenzionale di condanna dell’opposta al pagamento, in suo favore, della somma di euro 30.000,00 a titolo di risarcimento dei danni.
Istruita la causa mediante l’espletamento di c.t.u., il Tribunale di Livorno condannava l’opponente al pagamento, in favore dell’opposta, della minor somma di euro 24.032,80 a titolo di corrispettivo per i lavori eseguiti e, in accoglimento della domanda riconvenzionale, condannava l’impresa individuale alla corresponsione della somma di euro 17.675,00, oltre interessi.
2. Avverso la suddetta sentenza (omissis) (omissis) proponeva gravame, deducendo che erroneamente il giudice di primo grado aveva ritenuto sussistente il danno derivante dalla mancata emissione delle certificazioni di conformità degli impianti elettrico ed idraulico, non tenendo conto che le certificazioni erano state prodotte agli atti di causa.
La Corte d’appello, in parziale riforma della sentenza impugnata, condannava il (omissis) al pagamento, in favore della (omissis)a titolo di risarcimento dei danni della minor somma di euro 5.175,00, oltre interessi, rideterminando il credito residuo del (omissis) in euro 12,999,80 e condannando la (omissis) al pagamento di tale ultima somma previa compensazione.
Osservava che la produzione, da parte dell’appellante, della documentazione relativa alle certificazioni degli impianti era tardiva, ma che l’appellata non aveva provato il danno subito in conseguenza del mancato rilascio di detta certificazione, per non essere condivisibili le conclusioni a cui era pervenuto il c.t.u., che, pur avendo accertato che gli impianti erano esenti da vizi e che la ditta non aveva consegnato le certificazioni, aveva quantificato il danno subito dalla committente in misura pari all’intero costo di tutti gli impianti. Ha, infine, confermato la sentenza di primo grado in punto di spese di lite.
3. (omissis) (omissis) ricorre per la cassazione della suddetta decisione, con due motivi.
(omissis) (omissis) resiste con controricorso.
4. La trattazione e stata fissata in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis.1. cod. proc civ.
Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero.
La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo si denunzia ««Violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. in relazione agli artt. 115, 167 e 183, comma 5, c.p.c.»».
Assume la ricorrente che la motivazione della sentenza impugnata conduce ad una conclusione incompatibile con gli elementi istruttori acquisiti, dal momento che il giudice d’appello, per un verso, ritiene tardiva la produzione documentale relativa alla certificazione degli impianti, e per altro vero, ritiene di non condividere le conclusioni a cui e pervenuto il c.t.u., che aveva quantificato in euro 12.500,00 il danno arrecatole proprio in ragione della mancata consegna delle certificazioni.
Sottolinea sul punto che, diversamente da quanto evidenziato nella sentenza gravata, il c.t.u. non aveva accertato che gli impianti erano stati realizzati a regola d’arte, ma piuttosto che gli stessi erano stati eseguiti nel rispetto della normativa applicabile, con la precisazione che ««con la mancanza delle dichiarazioni di conformità non veniva garantita la realizzazione degli impianti a regola d’arte ed in conformità alla normativa vigente»».
1.1. Il motivo é fondato nei termini che di seguito si precisano.
1.2. La Corte d’appello, pur avendo in premessa evidenziato che (omissis) (omissis) non aveva prodotto tempestivamente le dichiarazioni di conformità degli impianti, cosicché era decaduto dalla possibilità di avvalersi di detta documentazione, ha desunto il difetto di prova del danno lamentato dalla (omissis) dal fatto che gli impianti, come rilevato dal c.t.u., erano stati comunque realizzati in conformità alle regole dell’arte e che le dichiarazioni di conformità, che la impresa edile aveva l’obbligo di consegnare alla committente erano state comunque già ««preparate»».
Così argomentando il giudice di appello, pur riconoscendo la irritualità della produzione delle dichiarazioni di conformità, che avrebbero dovuto essere depositate con la memoria ex art. 183, sesto comma, cod. proc. civ., ha comunque posto a fondamento del rigetto della domanda di risarcimento danni avanzata dalla (omissis) proprio l’esistenza di dette dichiarazioni, sottolineando che esse risultavano già predisposte dalla impresa esecutrice dei lavori, in tal modo superando le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio che aveva segnalato che la ditta non aveva emesso le relative certificazioni di conformità, rendendo così necessario per la committente rivolgersi ad altra ditta al fine di ottenerle.
Risulta, dunque, evidente che la decisione poggia su elementi istruttori non ritualmente introdotti nel giudizio, in violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., che esige che il giudice di merito fondi il proprio convincimento sulle prove fornite dalle parti (Cass., sez. U, 30/09/2020, n. 20687).
Tanto impone di cassare, sul punto, la sentenza impugnata, con rinvio, per nuovo esame, al giudice d’appello, che dovrà tenere presente che il risarcimento del danno da liquidare dovrà essere parametrato all’effettivo pregiudizio risentito dall’odierna ricorrente in conseguenza del mancato rilascio delle certificazioni: detto danno, pertanto, qualora il (omissis) dovesse offrire di mettere a disposizione della (omissis) dette certificazioni, non potrà che essere finalizzato a coprire il pregiudizio subito dalla committente per il solo ritardo nel rilascio delle certificazioni (che, ai sensi dell’art. 7 del d.m. 22 gennaio 2008, n. 37, devono essere consegnate una volta terminati i lavori); in caso contrario, il danno dovrà essere rapportato al costo che la (omissis) dovrà sostenere per ottenere dette certificazioni da altra impresa, potendo il risarcimento essere liquidato in misura pari al costo dei lavori nel solo caso in cui dovesse emergere che gli impianti, per come realizzati, non possano ottenere le relative certificazioni.
2. Con il secondo motivo la ricorrente prospetta ««violazione dell’art. 360 n. 4 c.p.c. in relazione all’art. 112 c.p.c.»» e lamenta che il giudice di primo grado non si e pronunciato sulle spese e compensi inerenti il procedimento di istruzione preventiva e che il giudice d’appello ha pure trascurato di affrontare il motivo dell’appello incidentale, con cui aveva espressamente spiegato domanda di pagamento delle spese sostenute nella fase di accertamento tecnico preventivo ante causam.
Il secondo motivo è fondato.
L’odierna ricorrente, nel precisare le conclusioni in grado di appello, come emerge dalla sentenza impugnata, ha chiesto la riforma della sentenza di primo grado in punto di spese di lite, domandando anche il rimborso delle spese sostenute nella fase dell’accertamento tecnico preventivo, quantificate in complessivi euro 2.116,78.
La sentenza qui impugnata, sul punto, ha omesso qualsiasi statuizione, essendosi limitata a confermare la sentenza appellata con riguardo alla liquidazione delle spese relative al primo grado ed a disporre la compensazione di quelle relative al grado di appello, cosicché e incorsa nel vizio denunciato (Cass., sez. 1, 06/11/1999, n. 12366).
3. Conclusivamente, il ricorso va accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio a diversa sezione della Corte d’appello di Firenze, comunque in diversa composizione, per il riesame e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia a diversa sezione della Corte d’appello di Firenze, comunque in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 13 ottobre 2023.
IL PRESIDENTE
Danilo Sestini
Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2023.