REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta da:
Dott. GIULIO SARNO -Presidente-
Dott. ALESSIO SCARCELLA -Consigliere-
Dott. ALBERTO GALANTI -Relatore-
Dott. DONATELLA GALTERIO -Consigliere-
Dott. ENRICO MENGONI -Consigliere-
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da
(omissis) (omissis), nato a (omissis) il xx/xx/19xx;
avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo del 06/03/2023
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Alberto Galanti;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Francesca Costantini, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Udita, per la parte civile, l’Avv. (omissis) (omissis) del Foro di Roma, in sostituzione dell’Avv. (omissis) (omissis) (omissis) del Foro di Marsala, che ha depositato conclusioni scritte, cui si riporta, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
Udito, per il ricorrente, l’Avv. (omissis) (omissis) del foro di Palermo, che si è riportato al ricorso chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 06/03/2023, la Corte di appello di Palermo confermava la sentenza del Tribunale di Marsala del 20/04/2021, che aveva condannato (omissis) (omissis) alla pena di mesi sei, giorni 15 di reclusione ed euro 8.000,00 di multa, in ordine al reato di cui all’articolo 40, comma 1, lettera g), d.Igs. n. 504/1994 e 515 cod. pen., per avere sottratto del carburante al pagamento delle accise (e comunque miscelato abusivamente lo stesso), assolvendo lo stesso in ordine al reato di cui all’articolo 40, comma 1, lettera b), d.Igs. n. 504/1994, perché il fatto non sussiste.
2. Avverso tale sentenza ricorre il (omissis), tramite il proprio difensore di fiducia Avv. (omissis) (omissis), deducendo:
2.1. Con il primo motivo, violazione di legge in relazione agli articoli 180 e 185 c.p.p. per omessa notifica ad uno dei co-difensori (proprio all’Avv. (omissis)) del decreto di citazione per il giudizio di appello; evidenzia come, nel caso di specie, trattandosi di procedimento soggetto a «contraddittorio cartolare», non può trovare applicazione quella giurisprudenza che grava sul co-difensore l’onere di eccepire a pena di decadenza la nullità, applicabile solo ai procedimenti trattati «in presenza»;
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione di legge, vizio di motivazione e travisamento della prova, costituita dalla consulenza tecnica della difesa e liquidata come meramente «teorica», secondo cui la benzina e il gasolio sarebbero stati mischiati solo accidentalmente;
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione di legge, vizio di motivazione e travisamento della prova, costituita, ancora una volta, dalla consulenza tecnica della difesa, da cui emerge che sono state registrate deficienze, e non eccedenze, di carburante, circostanza che consente di escludere la sussistenza del contestato reato di sottrazione al pagamento delle accise;
2.4. con il quarto motivo eccepisce vizio di motivazione in riferimento alla valutazione in termini decisivi della circostanza, meramente indiziaria, del basso indice di infiammabilità del gasolio in occasione di tre distinti campionamenti.
2.5. In data 16/11/2023, l’Avv. (omissis) (omissis) del Foro di Marsala, depositava memoria conclusionale per la parte civile (omissis) (omissis), con cui chiedeva dichiararsi inammissibile o rigettare il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. Il primo motivo è infondato.
Il Collegio osserva come, dalla visione degli atti a disposizione della Corte, emerge che effettivamente il decreto di citazione del (omissis) per il giudizio di appello, datato 05/09/2022, risulta essere stato notificato alla difesa dell’imputato in data 6 settembre 2022 per tre volte, ma sempre e solo all’Avv. (omissis) (omissis) (alle ore 15:22:14, 15:22:16, 15:23:49), mentre non risulta notificazione all’Avv. (omissis) (omissis).
Il 25/02/2023, l’Avv. (omissis) (omissis) faceva pervenire le sue conclusioni scritte. Il 06/03/2023, nel verbale di udienza in camera di consiglio della Corte di appello di Palermo, tenutasi ai sensi dell’articolo 23 d.l. n. 149 del 09/11/2020, si dava atto che il (omissis) era difeso dagli Avv. (omissis) (omissis) (sotto il cui nome, così come sotto quello del difensore di parte civile, si trova la scritta «C.S.», ossia, verosimilmente, «conclusioni scritte») e (omissis) (omissis). Il dispositivo, emesso in data 6 marzo 2023, veniva in pari data notificato a entrambi i difensori di fiducia.
3. Ciò premesso, occorre valutare se l’omissione in cui è incorsa la Corte di appello determini conseguenze sul piano processuale.
Sul punto, Sez. U, n. 22242 del 27/01/2011, Scibè, Rv. 249651 – 01, ha stabilito il principio secondo cui «il termine ultimo di deducibilità della nullità a regime intermedio, derivante dall’omessa notificazione dell’avviso di fissazione dell’udienza camerale di appello ad uno dei due difensori dell’imputato, è quello della deliberazione della sentenza nello stesso grado, anche in caso di assenza in udienza sia dell’imputato che dell’altro difensore, ritualmente avvisati».
Pacificamente quindi, secondo il principio espresso da questa Corte nella sua massima composizione, il motivo di ricorso sarebbe inammissibile per la tardività della sua deduzione.
In occasione dell’emergenza pandemica, dapprima l’articolo 23 d.l. n. 149 del 09/11/2020 e, successivamente, l’art. 23-bis del dl. n. 137 del 28/10/2020, convertito con modificazioni in I. n. 176 del 18/12/2020 (che riproduce il contenuto dell’art. 23 del d.l. citato, abrogato proprio dalla legge 176/2020), hanno introdotto, per i procedimenti in grado di appello, il principio del contraddittorio «cartolare» («per la decisione sugli appelli proposti contro le sentenze di primo grado la corte di appello procede in camera di consiglio senza l’intervento del pubblico ministero e dei difensori, salvo che una delle parti private o il pubblico ministero faccia richiesta di discussione orale o che l’imputato manifesti la volontà di comparire»). La norma è stata poi prorogata dal d.n. n. 228 del 30/12/2021 a far data dal 31 dicembre 2022.
Il decreto legislativo n. 150/2022 (c.d. «riforma Cartabia»), in vigore da tale data, ha poi modificato o introdotto gli articoli 598-bis, 599, 599-bis, 601 e 602, disciplinando la citazione a giudizio in appello secondo la forma cartolare, salva la richiesta di trattazione in presenza.
E, dunque, il principio secondo cui il contraddittorio in grado di appello si svolge tendenzialmente in modo «cartolare», inizialmente introdotto per fronteggiare l’emergenza dovuto al Covid-19, è quindi diventato, a regime, il modo «ordinario» di celebrare il giudizio di secondo grado.
Occorre quindi valutare se, ed in quale misura, il principio affermato dalla Sezioni Unite Scibè possa trovare applicazione in presenza di rito cartolare.
In proposito, Sez. 2, n. 34849 del 25/05/2023, Serino, ha recentemente affermato che non «può sostenersi che la trattazione scritta del processo di appello, ai sensi dell’art. 23-bis d.l. n. 137/2020, avrebbe precluso la possibilità di eccepire la nullità sia al difensore non avvisato che al co-difensore ritualmente avvisato.
Basti sul punto evidenziare che entrambi avrebbero potuto denunziare il vizio con atto scritto ai sensi dell’art. 121 cod. proc. pen. e che, nel caso di specie, la sentenza dà atto che il difensore ha depositato memoria in data 28/9/2022, nella quale non risulta abbia formulato detta eccezione».
La pronuncia riposa sulla constatazione secondo cui, in caso di comparizione di uno solo dei difensori fiduciari che nulla eccepisca in ordine all’omesso avviso all’altro difensore, tale comparizione del co-difensore silente avrebbe una efficacia sanante della omessa citazione del secondo difensore.
Tale «sanatoria» troverebbe fondamento non solo nella unitarietà della posizione giuridica del collegio difensivo, ma sul rilievo che non è consentito al difensore presente di omettere di esaminare il fascicolo processuale e di constatare la carenza dell’avviso, consapevole della responsabilità che il suo ministero gli assegna nella vigente formulazione delle disposizioni di cui agli artt. 182 e 184 cod. proc. pen. che hanno ribadito il dovere di lealtà processuale, pur se in un ristretto ambito, quello, cioè, volto a dissuadere dall’utilizzazione di mere astuzie processuali, nella sostanza non incidenti sulla concreta assistenza dell’imputato, perché dimostrative della carenza di interesse a fare rilevare l’irregolarità.
La pronuncia citata dal ricorrente (Sez. 6, n. 9657 del 03/02/2022, Pugliese, n.m.), ha invece precisato che il sistema delineato negli artt. 182, 183 e 184 cod. proc. pen. e l’onere che incombe al difensore, innanzi illustrati, «sono all’evidenza configurati sulla “presenza” del difensore al compimento dell’atto e, più in generale, sulle modalità di trattazione dell’udienza nel dibattimento di appello (per quel che qui rileva), udienza che presuppone la presenza fisica e necessitata di un difensore, anche di ufficio, quale sostituto del difensore di fiducia che non sia comparso».
La pronuncia ultima citata evidenzia, tuttavia, che il sistema a contraddittorio cartolare era giustificato, sotto il regime dell’articolo 23-bis d.l. 1371/2020, da ragioni di carattere «sanitario», dirette cioè a ridurre i «contatti» tra le persone, evitare «assembramenti» e ridurre il rischio di contagio per le note difficoltà connesse agli spostamenti sul territorio ed all’accesso alle cancellerie degli uffici giudiziari.
E, dunque, afferma un principio valido per quella esclusiva fase temporale: il periodo “Covid-19” era caratterizzato, infatti, dal rischio sanitario e dalla conseguente impossibilità per il difensore ritualmente avvisato di recarsi in cancelleria per prendere visione del fascicolo.
Al di fuori del periodo caratterizzato dall’emergenza pandemica – in cui era sostanzialmente preclusa al difensore qualsiasi attività di verifica presso la cancelleria – al principio non può essere attribuita valenza di carattere generale.
Nel processo a contraddittorio cartolare, come introdotto «a regime» (ut supra evidenziato), permane infatti l’onere del co-difensore verificare la completezza delle notificazioni alle parti in ossequio al principio di unitarietà del collegio difensivo. Il motivo va, pertanto, rigettato.
4. I restanti tre motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente. Essi sono inammissibili.
Ed infatti, i profili relativi all’infiammabilità del carburante, alla miscelazione tra gasolio e benzina e alla eccedenza/deficienza delle riserve, sono meramente fattuali e rivalutativi di un compendio probatorio univocamente e conformemente valutato dal Tribunale di Marsala e dalla Corte di appello di Palermo; la loro cognizione esula, quindi, dal perimetro dei vizi coltivabili in sede di legittimità.
Come più volte chiarito (v., da ultimo, Sez. 3, n. 8466 del 17/01/2023, Negrini, n.m.), infatti, a questa Corte «sono precluse la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507), così come non è sindacabile in sede di legittimità, salvo il controllo sulla congruità e logicità della motivazione, la valutazione del giudice di merito, cui spetta il giudizio sulla rilevanza e attendibilità delle fonti di prova, circa contrasti testimoniali o la scelta tra divergenti versioni e interpretazioni dei fatti (Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, D’Ippedico e a., Rv. 271623; Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011, Tosto, Rv. 250362)».
D’altro canto, in caso di c.d. «doppia conforme di merito», come nel caso in esame, il vizio di travisamento della prova (dedotto nel secondo e nei terzo motivo) «è ravvisabile ed efficace solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale probatorio, fermi restando il limite del “devolutum” in caso di cosiddetta “doppia conforme” e l’intangibilità della valutazione nel merito del risultato probatorio» (Su. 6, n. 5146 del 16/01/2014, Del audio, Rv. 258774 – 01).
Nel caso di specie, il lamentato vizio di travisamento della prova lamentato non sussiste, posto che il ricorrente non deduce che il giudice di merito ha fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale, ma si limita a «reinterpretare» gli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione, in tal modo risultando inammissibile (Sez. 3, n. 39729 del 18/6/2009, Belluccia, Rv 244623; Sez. 2, n. 23419 del 23/5/2007, Vignaroli, 235893).
Inoltre, tali elementi erano già stati valutati dal giudice di primo grado. A pag. 3, infatti, detta sentenza riferisce dell’audizione del c.t. della difesa (omissis) all’udienza del 17/11/2020; a pag. 7-8 riporta i contenuti della sua deposizione, e a pag. 9 ne contesta le conclusioni con motivazione non manifestamente illogica o contraddittoria.
In proposito, il Collegio evidenzia come, sempre nel caso di «doppia conforme», il vizio del travisamento della prova può essere dedotto con il ricorso per cassazione «solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti, con specifica deduzione, che il dato probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado» (Sez. 3, n. 45537 del 28/09/2022, Mietti, Rv. 283777 – 01), ovvero nel caso in cui entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018, Loculli, Rv. 272018 – 01), circostanze non sussistenti, in tutta evidenza, nel caso di specie. I motivi sono, pertanto, doppiamente inammissibili.
5. Il Collegio evidenzia, da ultimo, che non si pongono problemi di prescrizione del reato. Ed infatti, sui tre reati contestati cadrebbe la prescrizione massima, rispettivamente, in data 8-15/12/2023, 8-15/12/2023 e 16/10/2023. L’ultimo reato sarebbe, quindi, prescritto.
Tuttavia, dalla consultazione degli atti è emerso che si sono verificate tre sospensioni del corso della prescrizione: dal 9 luglio 2019 al 2 agosto 2019 (111 gg.) per astensione difensore, dal 9 marzo al 12 maggio 2020 per Covid (64 gg.) e dal 12 gennaio 2021 al 22 marzo 2021 (62 gg.), per complessivi 237 giorni. Pertanto, alla data odierna, nessuno dei reati contestati è coperto da prescrizione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Condanna inoltre l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile che liquida in complessive euro 3.686, oltre accessori di legge.
Così deciso il 16/11/2023.
Depositato in Cancelleria l’11 gennaio 2024.