Contratto preliminare di compravendita immobiliare: lecita la caparra confirmatoria versata con assegno privo di data (Corte di Cassazione, Sezione II Civile, Sentenza 31 marzo 2022, n. 10366).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Rel. Consigliere –

Dott. LA BATTAGLIA Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18238-2017 proposto da:

(OMISSIS) ANTONIETTA, rappresentata e difesa dall’Avvocato MAURIZIO (OMISSIS) per procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) MAURIZIO e (OMISSIS) LUANA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 904/2017 della CORTE D’APPELLO DI PALERMO, depositata il 16/5/2017;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. Giuseppe DONGIACOMO nell’adunanza in camera di consiglio del 3/3/2022.

FATTI DI CAUSA

1.1. Maurizio (OMISSIS) e Luana (OMISSIS), con atto di citazione notificato il 29/1/2008, hanno convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Marsala, Antonietta (OMISSIS) deducendo di aver stipulato con quest’ultima, in data 29/1/2008, un contratto preliminare con il quale la stessa aveva promesso di vendere loro un fabbricato in Castelvetrano per il prezzo di €. 260.000,00, di cui €. 80.000,00 immediatamente corrisposti a titolo di caparra confirmatoria e il pagamento della residua somma al momento della stipula del definitivo, da effettuarsi entro il mese di maggio del 2008.

1.2. La (OMISSIS), tuttavia, che nelle more aveva ricevuto un prestito dal (OMISSIS) di €. 60.000,00 per cancellare le ipoteche e i pignoramenti che gravavano sull’immobile, ha comunicato di voler risolvere il contratto preliminare.

1.3. Maurizio (OMISSIS), quindi, ha chiesto al tribunale di trasferire in favore di Luana (OMISSIS), che con l’atto introduttivo ha manifestato il relativo assenso, ovvero, in subordine, in suo favore, l’immobile promesso in vendita, condizionatamente al previo pagamento della somma di €. 120.000,00 e alla previa liberazione dell’immobile da ipoteche e vincoli pregiudizievoli.

1.4. Antonietta (OMISSIS), costituendosi in giudizio, ha contestato la domanda, chiedendone il rigetto.

La convenuta, in particolare, ha eccepito la nullità dell’assegno consegnato a titolo di caparra, in quanto privo di data e garantito dall’accordo di non riscuoterlo, nonché l’inadempimento del (OMISSIS), per aver pagato solo la somma di €. 60.000,00 in contanti e non l’intera somma concordata quale caparra.

1.5. Il tribunale, con sentenza del 6/2/2013, ha accolto la domanda proposta dagli attori ed ha, quindi, trasferito, in favore di Luana (OMISSIS), la proprietà dell’immobile in questione, subordinando tale trasferimento alla condizione sospensiva del pagamento alla convenuta della quota residua del prezzo, pari ad €. 200.000,00, entro il termine di sessanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza.

1.6. Antonietta (OMISSIS) ha proposto appello.

1.7. Gli appellati hanno resistito al gravame, chiedendone il rigetto.

2.1. La corte d’appello, con la sentenza in epigrafe, ha rigettato l’appello.

2.2. La corte, in particolare, ha ritenuto, innanzitutto, che l’inadempimento del contratto preliminare era imputabile alla promittente venditrice la quale, invitata per la stipula del contratto definitivo, non si era presentata.

2.3. Né, ha aggiunto la corte, può affermarsi che, come la stessa aveva dedotto, l’inadempimento era imputabile al (OMISSIS) per non aver corrisposto per intero la somma pattuita a titolo di caparra confirmatoria.

2.4. In realtà, il promissario acquirente, al momento della stipula del contratto preliminare, aveva consegnato, a titolo di caparra confirmatoria (e non, come sostenuto dall’appellante, a garanzia dell’adempimento), un assegno bancario per la somma convenuta di €. 80.000,00, accettato dalla (OMISSIS) che ne ha a tal fine rilasciato ampia quietanza, a nulla, per contro, rilevando né che l’assegno era stato consegnato “senza data”, poiché vi era “l’accordo che lasciava alla disponibilità della prenditrice di apporla liberamente, come poi effettivamente avvenne subito dopo, e quindi di negoziarlo”, né che la (OMISSIS) non portò mai il titolo all’incasso, denunziandone poi lo smarrimento, trattandosi di fatti imputabili solo alla stessa, che preferì non negoziarlo in quanto fortemente indebitata.

2.5. D’altra parte, ha aggiunto la corte, la natura reale della caparra non esclude che le parti, nell’ambito della loro autonomia contrattuale, possano differirne la dazione, in tutto od in parte, ad un momento successivo alla conclusione del contratto, purché anteriore alla scadenza dell’obbligazione pattuita, sicché, anche se la consegna della caparra era avvenuta “con l’assegno perfezionato successivamente”, la (OMISSIS) non avrebbe potuto legittimamente recedere dal contratto.

2.6. In ogni caso, ha proseguito la corte, pur a voler ammettere la nullità della caparra perché pagata con un assegno nullo in quanto privo di data, ciò non comporterebbe la nullità del contratto preliminare, trattandosi in realtà di nullità parziale, che non si estende all’intero contratto: tant’è che, a riprova della validità del preliminare, la (OMISSIS) aveva chiesto e ottenuto la somma, pari ad €. 60.000,00, necessaria per estinguere le ipoteche.

L’ulteriore pagamento da parte del (OMISSIS) della sola somma di €. 60.000,00 in contanti, in acconto prezzo, non legittima, pertanto, la risoluzione del contratto, avendo il (OMISSIS) adempiuto alla sua obbligazione con il rilascio dell’assegno.

2.7. In definitiva, la mancata negoziazione dell’assegno (“rilasciato senza data, ma riempibile in qualsiasi momento”) è stata una libera scelta della promissaria venditrice la quale, tra l’altro, non ha provato né la mancata copertura del titolo né di qualsiasi altro impedimento dipendente dal (OMISSIS).

2.8. La (OMISSIS), quindi, non può dedurre, a sostegno dell’inadempimento del promissario acquirente, al quale addebita il mancato pagamento integrale della caparra, di aver corrisposto, al posto dell’assegno, la sola somma di €. 60.000,00. Tale importo, in realtà, era stato accordato dal (OMISSIS), su esplicita richiesta dell'(OMISSIS), affinché la stessa provvedesse al pagamento dei numerosi debiti onde poter in seguito acquistare il bene promesso libero dalle ipoteche, tant’è che la stessa (OMISSIS) ha dichiarato di ricevere tale somma in acconto sul prezzo di vendita, rilasciandone ampia e liberatoria quietanza.

2.9. Né, ha proseguito la corte, può ritenersi che l’assegno senza data, in quanto privo di uno degli elementi essenziali per la validità del titolo, sia nullo poiché, in realtà, come emerso dalle dichiarazioni rilasciate dalla stessa appellante, le parti si erano accordate a non apporre la data contestualmente al rilascio del titolo convenendo che sarebbe stata aggiunta in un secondo momento dalla prenditrice, come effettivamente è avvenuto, e ciò esclude che possa ritenersi che l’assegno fosse nullo, sicché, in definitiva, il (OMISSIS) era adempiente al legittimo rilascio della caparra. Del resto, il rilascio di un assegno privo di data di emissione vale come promessa di pagamento con l’intesa che il prenditore possa utilizzare il documento come titolo di credito in epoca successiva apponendovi la data di emissione.

2.10. E neppure rileva il fatto che l’aggiunta della data, a seguito di accordo che lasciava alla disponibilità della prenditrice la sua apposizione, sia stata operata, in qualità di legale dell'(OMISSIS), dall’avv. (OMISSIS), il quale, sentito come testimone, ha dichiarato di aver personalmente riempito l’assegno già all’indomani della stipula del preliminare di compravendita in occasione di un incontro nel quale il (OMISSIS) si era impegnate alla consegna di ulteriori somme in acconto prezzo, effettivamente poi corrisposte e quietanzate.

La tempestiva regolarizzazione dell’assegno già accettato dalla promittente venditrice consentiva alla stessa di negoziarlo senza incorrere in violazioni di legge e preclude, quindi, ha concluso la corte, la possibilità di dichiararne l’illegittimità.

3.1. Antonietta (OMISSIS), con ricorso notificato il 20/7/2017, ha chiesto, per sei motivi, la cassazione della sentenza della corte d’appello.

3.2. Maurizio (OMISSIS) e Luana (OMISSIS) sono rimasti intimati.

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.1. Con il primo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1419 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello, senza un’adeguata motivazione, ha escluso che la nullità della clausola relativa alla caparra confirmatoria, pagata con un assegno nullo perché privo di data, poteva determinare la nullità del preliminare sul rilievo che si trattava di nullità parziale che non si estende all’intero contratto, senza, tuttavia, considerare che, in realtà, la consegna di un assegno pacificamente nullo per il pagamento della caparra confirmatoria comporta ineluttabilmente la nullità della relativa clausola e che, in mancanza di tale clausola, le parti non avrebbero concluso il preliminare per cui è causa.

La somma versata a titolo di caparra, infatti, come si evince dalla lettura del contratto, era destinata alla cancellazione dei pesi gravanti sull’immobile promesso in vendita per cui la promittente venditrice, senza la corresponsione della somma, non sarebbe mai addivenuta alla stipula del contratto preliminare del 29/1/2008.

4.2. Con il secondo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione dell’art. 1385 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che il promissario acquirente avesse adempiuto all’obbligo di versamento della caparra confirmatoria non essendo rilevante che l’assegno di €. 80.000,00 a tal fine consegnato dallo stesso fosse privo di data a fronte di un accordo in tal senso delle parti, senza, tuttavia, considerare il fatto che, in realtà, come emerge dalla documentazione acquisita in giudizio, nessun accordo esisteva sul punto tra le parti, tant’è che, fino al 20/5/2008, l’assegno si trovava ancora nella disponibilità dell’avv. (OMISSIS) ed era sicuramente ancora incompleto, ed, in ogni caso, che l'(OMISSIS) non aveva accettato la consegna del titolo quale prestazione della somma dovuta a titolo di caparra ma come mera promessa di pagamento e poteva, quindi, a fronte del grave inadempimento del (OMISSIS), che a mezzo della consegna di un assegno incompleto e quindi nullo non aveva certo adempiuto alla proprie obbligazioni, legittimamente recedere dal contatto preliminare a norma dell’art. 1385 c.c..

4.3. Con il terzo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione degli artt. 1385 e 1351 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che l’inadempimento del contratto preliminare fosse imputabile esclusivamente alla promittente venditrice senza, tuttavia, considerare che, in realtà, a fronte della mera dazione di un assegno incompleto e non incassato, era stato il promissario acquirente a non adempiere all’obbligo di versare la somma dovuta quale caparra confirmatoria.

L’adempimento dell’obbligazione, infatti, può ritenersi effettuato solo se e dal momento in cui la banca versa la somma indicata dall’assegno portato all’incasso dal prenditore.

Nel caso in esame, al contrario, la promittente venditrice non è mai stata in possesso del titolo provvedendo, in data 30/8/2008, a denunciarne lo smarrimento.

E’ stato, quindi, il promissario acquirente a non aver adempiuto all’obbligo dì concludere il preliminare per aver pagato solo €. 60.000,00 a titolo di caparra, a fronte della somma pattuita di €. 80.000,00, da pagarsi in contanti.

4.4. Con il quarto motivo, la ricorrente, lamentando la violazione degli artt. 1 e 2 del r.d. n. 1736 del 1933 e dell’art. 1418 c.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che l’assegno bancario consegnato dal promissario acquirente alla promittente venditrice il 29/1/2008 fosse, pur se privo di data, valido ed efficace in ragione dell’accordo, in realtà inesistente, per il suo riempimento per mano di un terzo, omettendo, tuttavia, di considerare che, in forza delle norme citate, il predetto assegno, essendo privo di data, era insanabilmente e radicalmente nullo, al pari dell’accordo, peraltro non allegato né dimostrato, tra il traente ed il prenditore per effetto del quale, dopo la consegna dell’assegno, quest’ultimo aveva la facoltà di apporre la data sul titolo.

4.5. Con il quinto motivo, la ricorrente, lamentando la violazione degli artt. 485 ss c.p., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha dichiarato la legittimità del riempimento successivo dell’assegno in forza di un accordo, in realtà inesistente, in tal senso, senza, tuttavia, considerare che, in realtà, l’avv. (OMISSIS) aveva illegittimamente provveduto al completamento dell’assegno con l’apposizione della data del 30/1/2008 senza autorizzazione di alcuno.

4.6. Con il sesto motivo, la ricorrente, lamentando l’omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha omesso di considerare che, come emerge da una missiva dell’avv. (OMISSIS) che la convenuta ha prodotto in giudizio, l’assegno consegnato dal promissario acquirente al momento della stipula del contratto preliminare fino al giorno 20/5/2008 non era stato ancora integralmente compilato.

5.1. I motivi, da esaminare congiuntamente, sono infondati.

5.2. Le censure articolate dalla ricorrente, in effetti, non colgono la questione di fondo che la causa pone, e cioè che il promissario acquirente, a fronte dell’inadempimento della promittente venditrice all’obbligo conseguente a suo carico dalla stipulazione del contratto preliminare di compravendita, e cioè la prestazione del consenso ai fini della stipula del contratto definitivo entro il termine convenuto, si era limitato a chiedere, come stabilito dall’art. 1385, comma 3°, c.c., l’esecuzione (in forma specifica) di tale obbligazione: non aveva, invece, introdotto le (uniche) domande che, ai sensi dell’art. 1385, comma 2°, c.c., avrebbe potuto proporre (solo) a fronte della prestazione di una valida ed efficace caparra confirmatoria, e cioè la domanda di recesso dal contratto preliminare e la domanda di condanna della promittente venditrice al pagamento del doppio della somma versata a titolo di caparra.

5.3. I giudici di merito, del resto, hanno accolto la domanda proposta dal promissario compratore ai sensi dell’art. 2932 c.c. subordinando, a fronte dell’accertato pagamento dell’acconto di €. 60.000,00, il trasferimento della proprietà dell’immobile che ne è stato l’oggetto al pagamento di tutto il residuo prezzo (complessivamente convenuto in €. 260.000,00), pari ad €. 200.000,00, senza procedere ad alcuna detrazione, rispetto al prezzo da pagare, ai sensi dell’art. 1385, comma 1°, c.c., della somma, pattuita a titolo di caparra confirmatoria, di €. 80.000,00.

5.4. Deve escludersi, del resto, che, a fronte della (mancata) riscossione di tale somma, la promittente venditrice potesse legittimamente rifiutarsi di stipulare il contratto definitivo.

Se, in effetti, è vero che la caparra confirmatoria costituisce un contratto che si perfeziona con la consegna che una parte fa all’altra di una somma di danaro o di una determinata quantità di cose fungibili per il caso d’inadempimento delle obbligazioni nascenti da un diverso negozio ad essa collegato (c.d. contratto principale) e che la prestazione della caparra confirmatoria, necessaria al perfezionamento del negozio, è riferita dall’art. 1385, comma 1°, c.c. al momento della conclusione del contratto principale, è anche vero, però, che le parti, nell’ambito della loro autonomia contrattuale, possono differirne la dazione, in tutto od in parte, ad un momento successivo, purché anteriore alla scadenza delle obbligazioni pattuite (Cass. n. 5424 del 2002; Cass. n. 10056 del 2013; Cass. n. 24563 del 2013; Cass. n. 4661 del 2018).

5.5. La caparra confirmatoria, in particolare, ben può essere costituita mediante la consegna di un assegno bancario, perfezionandosi l’effetto proprio di essa al momento della riscossione della somma recata dall’assegno e, dunque, salvo buon fine, essendo, però, onere del prenditore del titolo, dopo averne accettato la consegna, di porlo all’incasso, con la conseguenza che il comportamento dello stesso prenditore che (come accertato nel caso in esame) ometta d’incassare l’assegno e lo trattenga comunque presso di sé, in quanto contrario al dovere di correttezza, non esclude l’insorgenza a suo carico degli obblighi propri della caparra (Cass. n. 17127 del 2011): e non lo legittima, pertanto, in ragione del mancato incasso della somma pattuita quale caparra confirmatoria, né a recedere dal contratto principale (in mancanza, appunto, del necessario inadempimento imputabile della parte che ha dato la caparra: art. 1385, comma 2°, c.c.), né a sollevare, a fronte del (dedotto) inadempimento a tale obbligazione (che, pur se meramente accessoria rispetto alle obbligazioni principali del contratto preliminare, può essere, in quanto d’importanza rilevante nell’economia complessiva dello stesso, senz’altro dedotto a sostegno dell’eccezione di cui all’art. 1460 c.c.), l’eccezione di inadempimento della controparte (visto che il rifiuto di esecuzione della sua prestazione risulta, in ragione delle circostanze esposte, contrario a buona fede: art. 1460, comma 2°, c.c.).

5.6. Questa Corte, del resto, ha avuto modo di affermare che in base alla regola di correttezza posta dall’art. 1175 c.c., l’obbligazione del debitore si estingue a seguito della mancata tempestiva presentazione all’incasso del titolo di credito (assegno bancario, nella specie) da parte del creditore, che in tal modo, viene meno al suo dovere di cooperare in modo leale e fattivo all’adempimento del debitore, con la conseguenza che, se il creditore omette, violando la predetta regola di correttezza, di compiere gli adempimenti necessari affinché il titolo sia pagato, nei termini di legge, dalla banca trattaria (o da altro istituto bancario), tale comportamento omissivo deve essere equiparato, a tutti gli effetti di legge, all’avvenuta esecuzione della diversa prestazione, con conseguente estinzione dell’obbligazione ai sensi dell’art. 1197 c.c. (Cass. n. 12079 del 2007).

5.7. Ed ancora si è chiarito che “in caso di pagamento effettuato mediante assegni di conto corrente, l’effetto liberatorio si verifica con la riscossione della somma portata dal titolo, in quanto la consegna del titolo deve considerarsi effettuata, salva diversa volontà delle parti, pro solvendo; tuttavia, poiché l’assegno, in quanto titolo pagabile a vista, si perfeziona, quale mezzo di pagamento, quando passa dalla disponibilità del traente a quella del prenditore, ai fini della prova del pagamento, quale fatto estintivo dell’obbligazione, è sufficiente che il debitore dimostri l’avvenuta emissione e la consegna del titolo, incombendo invece al creditore la prova del mancato incasso, la quale, pur costituendo una prova negativa, non si risolve in una probatio diabolica, in quanto, avuto riguardo alla legge di circolazione del titolo, il possesso dello stesso da parte del creditore che lo ha ricevuto implica il mancato pagamento” (Cass. n. 17749 del 2009).

5.8. Ne consegue che, allorquando la caparra venga costituita mediante consegna di un assegno bancario, il comportamento del prenditore del titolo che, dopo averne accettato la consegna, ometta poi di porlo all’incasso, trattenendo comunque l’assegno e non restituendolo all’acquirente, è contrario a correttezza e buona fede e comporta a carico del prenditore l’insorgenza di tutti gli effetti che, nel contesto dell’operazione contrattuale compiuta dalle parti, conseguivano all’integrale versamento della caparra: a partire, appunto, da quello costituito dall’impossibilità per il prenditore di dedurre il mancato incasso dell’assegno quale inadempimento della controparte all’obbligo di versare l’intera somma pattuita quale caparra confirmatoria.

5.9. Né può affermarsi, ammesso che rilevi, che la clausola relativa alla caparra confirmatoria possa ritenersi, in ragione della sua esecuzione a mezzo di un assegno bancario privo di data, viziata da nullità:

– intanto, perché la questione relativa alla dedotta nullità di tale clausola quale causa di nullità dell’intero contratto, non risulta in alcun modo trattata dalla sentenza impugnata: ed è, invece, noto che, quando una questione di diritto (la nullità dell’intero contratto preliminare) che implica un accertamento di fatto (e cioè che, in mancanza di quella clausola, il contratto non sarebbe stato stipulato) non è stata in alcun modo trattata dalla sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere (rimasto, nella specie, inadempiuto) non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di specificità del motivo, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (cfr. Cass. n. 20694 del 2018; Cass. n. 15430 del 2018);

– in secondo luogo, perché l’assegno bancario privo di data di emissione, benché nullo ex art. 2, comma 1, del r.d. n. 1736 del 1933, vale come promessa di pagamento (Cass. n. 20449 del 2016) e può, dunque, assolvere, al pari di un effetto cambiario, cui sotto questo profilo è riconducibile, la funzione di anticipazione della prestazione dovuta e di rafforzamento del vincolo obbligatorio che è propria della caparra confirmatoria (cfr. Cass. n. 24563 del 2013);

– infine, la corte d’appello, a seguito di un apprezzamento in fatto che non è stato censurato per l’omesso esame di uno o più fatti decisivi dei quali risulti, con la corrispondente riproduzione in ricorso, l’emergenza dagli atti del giudizio, ha accertato, per un verso, che le parti si erano accordate nel senso di non apporre la data contestualmente al rilascio del titolo convenendo che sarebbe stata aggiunta in un secondo momento dalla prenditrice, e, per altro verso, che ciò era in seguito effettivamente accaduto poiché l’avv. (OMISSIS), evidentemente in forza di quell’accordo, aveva provveduto personalmente a completare l’assegno in questione già all’indomani della stipula del preliminare di compravendita.

7. Il ricorso è, dunque, infondato e dev’essere, quindi, respinto.

8. Nulla per le spese di lite in mancanza di attività difensiva della parte intimata.

9. La Corte dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte così provvede:

rigetta il ricorso;

dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 3 marzo 2022.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.