Corretta la sentenza della Corte dei Conti che ha condannato in solido due soggetti per aver indebitamente percepito contributi regionali (Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, Sentenza 11 aprile 2023, n. 9659).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Antonio – Presidente di Sezione –

Dott. LEONE Maria Margherita – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

O R D I N A N Z A

sul ricorso iscritto al NRG 16087 del 2022 promosso da:

(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), del proprio e nella qualità di legali rappresentanti dell'(OMISSIS);

– ricorrenti –

contro

PROCURATORE GENERALE, RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA CORTE DEI CONTI, con domicilio presso l’ufficio in Roma, via (OMISSIS), n. 25;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Corte dei conti, Sezione terza giurisdizionale centrale, n. 27/2022, depositata il 19 gennaio 2022.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4 aprile 2023 dal Consigliere dott. Alberto Giusti.

FATTI DI CAUSA

1. – Con sentenza 68 del 2020, la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Calabria, accogliendo la domanda della Procura regionale, ha condannato in solido i signori (OMISSIS) (OMISSIS) e (OMISSIS) (OMISSIS) legali rappresentanti dell’Associazione (OMISSIS) gestori di due case-famiglia svolgenti attività di assistenza in favore di disabili – per aver indebitamente percepito contributi regionali pari a euro 588.428, omettendo di rendicontare alla Regione gli importi, o parte di essi, versati dai degenti o dalle loro famiglie all’Associazione e, per converso, per aver rendicontato somme relative a pazienti già deceduti, non ricoverati o non rintracciabili.

A tale esito decisorio la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti è pervenuta dopo aver accertato l’ottenimento da parte dell’Associa- zione e dei gestori delle strutture, mediato dall’attività di falsificazione dei dati contabili, di contributi regionali, a titolo di retta giornaliera, pari alla differenza tra quanto corrisposto direttamente dagli utenti e l’importo di euro 50 stabilito dalla delibera della Giunta regionale n. 712 del 2006.

La condanna dei convenuti a rifondere alla Regione Calabria le somme indebitamente percepite si fonda sulle seguenti risultanze:

– l’Associazione (OMISSIS) i suoi rappresentanti legali hanno gestito due case-famiglia per disabili (OMISSIS), strutture, entrambe, autorizzate al funzionamento ed accreditate;

– la disciplina regionale relativa all’accreditamento delle strutture socio-assistenziali per disabili è contenuta nella delibera della Giunta regionale n. 712 del 17 ottobre 2006, ove è stabilita una quota retta giornaliera, pari a 50 euro. In particolare, la delibera prevede che la quota a carico dell’utente, stabilita dal Comune di residenza e riportata nella determina che ne autorizza il ricovero, viene così calcolata: 1) l’indennità di accompagnamento, se goduta, deve essere interamente versata alla struttura; 2) gli emolumenti a qualsiasi titolo percepiti, per dodici mensilità, fino a 250 euro mensili, sono esenti da qualsiasi versamento alla struttura; da 250 euro e oltre, il contributo-retta è pari all’80% della somma percepita;

– alla citata delibera regionale hanno fatto seguito le singole convenzioni tra la Regione e l’Associazione (OMISSIS) nelle quali, con riferimento alla remunerazione, è stato stabilito che la quota regionale è quantificata in euro 50, defalcata dalla quota a carico dell’utente;

– i rendiconti presentati dall’Associazione (OMISSIS) alla Regione Calabria per il pagamento della retta non corrispondono alla realtà, poiché in alcuni casi non riportano le somme (o parte di esse) versate direttamente dai degenti o dalle loro famiglie e, in altri, contengono degenti nel frattempo deceduti o mai ricoverati o non rintracciabili.

3. – Con sentenza resa pubblica mediante deposito in segreteria il 19 gennaio 2022, la Corte dei conti, Sezione terza giurisdizionale centrale, ha rigettato il gravame interposto dalla signora (OMISSIS) e dal signor (OMISSIS) confermando integralmente la sentenza di primo grado.

Per quanto in questa sede ancora rileva, il giudice contabile di appello ha osservato che è irrilevante il titolo in base al quale la gestione delle risorse finanziarie pubbliche avviene, giacché la rendicontazione costituisce principio fondamentale del sistema di contabilità pubblica.

Ai fini della configurazione dell’obbligo di rendicontazione, a venire in gioco è il concorrere, da parte del percettore del pubblico contributo, all’esecuzione del programma facente capo alla pubblica amministrazione.

Nella specie, ha sottolineato la Corte dei conti, i contributi degli utenti non hanno natura di mere elargizioni con carattere di liberalità, ma incidono nell’ambito di una programmazione destinata all’assistenza.

3. – Per la cassazione della sentenza della Sezione terza giurisdizionale centrale della Corte dei conti, la signora (OMISSIS) e il signor (OMISSIS), in proprio e nella qualità di legali rappresentanti dell’Associazione (OMISSIS) hanno proposto ricorso, con atto notificato il 1° luglio 2022, sulla base di un unico, complesso motivo, articolato in due profili.

4. – Ha resistito, con controricorso, il Procuratore Generale, rappresentante il pubblico ministero presso la Corte dei conti.

5. – Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il motivo di ricorso, viene denunciato, in relazione agli 111, ottavo comma, Cost., 207 del codice di giustizia contabile e 362 cod. proc. civ., il vizio di eccesso di potere giurisdizionale nella forma del difetto assoluto di giurisdizione, per avere la sentenza impugnata, nel coniare una norma ex novo, operato uno sconfinamento nella sfera riservata al legislatore.

I ricorrenti lamentano che la Corte dei conti abbia ritenuto sussistente un obbligo di rendicontazione nei confronti della Regione Calabria, facendone derivare il radicamento della giurisdizione del giudice contabile.

Il giudice speciale, si obietta, avrebbe finito con il creare una nuova norma, non rinvenibile nella legge della Regione Calabria n. 23 del 2003, così ingerendosi nella sfera di competenza spettante al legislatore.

Sotto un ulteriore profilo, i ricorrenti deducono che tale obbligo sarebbe, al più, riferibile al Comune interessato, e non già ai gestori privati.

A determinare la quota di retta giornaliera a carico dell’Amministrazione regionale e quella a carico del degente, sarebbe il Comune di residenza di quest’ultimo, in ciò chiamato ad attenersi ai criteri fissati dalla delibera della Giunta regionale n. 712 del 2006, a sua volta emanata sulla base della legge regionale n. 23 del 2003. Spettando all’ente comunale il compito di ripartire gli oneri di spesa tra Regione e degente, non sussisterebbe alcun obbligo di rendicontazione in capo all’Associazione (OMISSIS).

Di tale obbligo le strutture assistenziali non risulterebbero onerate né alla luce della legge regionale n. 23 del 2003 né ai sensi della delibera della Giunta regionale n. 712 del 2006.

Ad avviso dei ricorrenti, la normativa regionale primaria, nel riservare alla Regione le sole funzioni di programmazione, indirizzo e coordinamento, attribuirebbe proprio ai Comuni le funzioni amministrative relative all’erogazione dei servizi, alle prestazioni economiche, ai titoli per l’acquisto dei servizi sociali e alle attività assistenziali, la vigilanza sui servizi sociali e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale, nonché, in particolar modo, le attività relative alla rendicontazione, con cadenza semestrale, dei flussi di spesa.

I ricorrenti si dolgono che la Corte dei conti abbia omesso di considerare, da un lato, che le somme provenienti direttamente dai degenti non possono ritenersi denaro pubblico e, dall’altro, che, non godendo l’Associazione (OMISSIS) di alcuna discrezionalità nell’esigere i pagamenti dalla Regione o dai degenti, è, semmai, il Comune ad essere soggetto ad un obbligo di rendicontazione delle somme percepite dalla struttura.

2. – Il motivo è infondato.

3. – Occorre premettere che, in tema di danno erariale, ai fini della sussistenza di un rapporto di servizio tra la pubblica amministrazione erogatrice di un contributo e il soggetto privato percettore, con conseguente radicamento della giurisdizione contabile, è sufficiente che la risorsa sia stata illegittimamente percepita dal beneficiario.

In generale, un rapporto di servizio tra la pubblica amministrazione erogatrice di un contributo e il soggetto privato si configura in tutti i casi in cui quest’ultimo, ponendo in essere i presupposti per la illegittima percezione di un finanziamento pubblico o disponendo della somma erogata in modo diverso da quello preventivato, abbia frustrato lo scopo perseguito dall’amministrazione, distogliendo le risorse conseguite dalle finalità cui erano preordinate (Cass., Sez. Un., 24 gennaio 2022, n. 1994; Cass., Sez. Un., 16 marzo 2023, n. 7740).

Più da vicino, l’espletamento di funzioni di assistenza alla persona da parte di strutture accreditate realizza, su base concessoria, un rapporto di servizio: un rapporto che prescinde dall’organico inserimento del soggetto nella pubblica amministrazione, ma che ha l’essenziale caratteristica dello svolgimento di un servizio pubblico (Cass., Sez. Un., 15 aprile 2020, n. 7838).

4. – La fattispecie in esame non si sottrae al paradigma appena richiamato.

Nell’ambito della realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali nella Regione Calabria, la legge regionale n. 23 del 2003 coinvolge nella gestione e nell’offerta dei servizi non solo soggetti pubblici, ma anche, in qualità di soggetti attivi nella progettazione e nella realizzazione concertata degli interventi, organismi non lucrativi di utilità sociale, organismi della cooperazione, organizzazioni di volontariato, associazioni ed enti di promozione sociale, fondazioni e altri soggetti privati.

Sul piano del finanziamento, il sistema integrato si realizza avvalendosi delle risorse provenienti, tra l’altro, da appositi fondi regionali, con salvezza del principio di compartecipazione, tradotto in criteri generali per la determinazione del concorso da parte degli utenti al costo delle prestazioni o del servizio.

In questo quadro, implementato anche dalla disciplina attuativa contenuta in delibere della Giunta regionale della Calabria e dalle convenzioni stipulate tra la Regione e l’Associazione (OMISSIS) si colloca la previsione dell’erogazione in favore degli enti privati che gestiscono case-famiglia, a titolo di retta giornaliera per disabili che vi sono ospiti, di un contributo regionale pari alla differenza tra quanto pagato da questi ultimi (o dalle loro famiglie) e l’importo di euro 50.

L’erogazione di detto contributo regionale è strumento per la realizzazione del servizio pubblico in materia sociale e assistenziale, rivolto ad assicurare alle persone e alle famiglie un sistema integrato di interventi finalizzati a garantire la qualità della vita, pari opportunità, non discriminazione e diritti di cittadinanza.

Al tempo stesso, il fine pubblico sotteso all’erogazione di tale contributo implica un coinvolgimento dei privati gestori di case-famiglia nello specifico senso di essere, costoro, uno strumento di concretizzazione di un servizio pubblico, attraverso la predisposizione di un’attività di accoglienza e di ospitalità destinata a rimuovere e superare situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona incontra nel corso della sua vita.

L’associazione o l’ente che gestisce una struttura residenziale per disabili si pone dunque, esso stesso, come funzionale alla realizzazione del fine pubblico avuto di mira dal legislatore, essendo chiamato a concorrere alla realizzazione di un organico sistema integrato di sicurezza sociale volto a garantire il pieno e libero sviluppo della persona e delle comunità.

5. – Correttamente la sentenza impugnata ha ritenuto sussistente la giurisdizione della Corte dei conti.

È irrilevante, infatti, il titolo in base al quale la gestione del pubblico denaro è svolta; rileva unicamente la circostanza che il privato destinatario del contributo, anche sotto forma di remunerazione, è chiamato alla realizzazione di un programma divisato dal legislatore e messo a punto dalla pubblica amministrazione per l’erogazione di un pubblico servizio di assistenza ai disabili.

6. – L’appartenenza al plesso della giurisdizione contabile della potestas iudicandi si impone per una duplice considerazione.

Innanzitutto, per il riscontro della presenza del nesso funzionale tra denaro pubblico e responsabile del danno: di un rapporto, cioè, nascente dall’assegnazione, su base concessoria o convenzionale, di risorse erariali per il perseguimento di finalità pubbliche o di interesse generale nella realizzazione di un pubblico servizio di assistenza alla persona.

In secondo luogo, perché il percettore del finanziamento o della remunerazione risponde per danno erariale innanzi alla Corte dei conti in caso di erogazioni ricevute sulla base di dichiarazioni non veritiere, realizzate attraverso la falsa rendicontazione in ordine alle somme pagate dai degenti (o dai loro familiari) a titolo di compartecipazione al servizio.

La condotta illecita posta in essere per assicurarsi indebitamente il contributo pubblico o la remunerazione di un servizio già pagato dall’utenza si risolve in uno sperpero del denaro pubblico, sottratto a più specifica destinazione e corretto impiego (Cass., Sez. Un., 22 novembre 2019, n. 30526).

7. – Non colgono nel segno le censure articolate dai ricorrenti.

7.1. – Va disattesa la doglianza secondo cui non sarebbe configurabile un obbligo di rendicontazione (quale presupposto del radica- mento del potere di cognizione del giudice contabile): obbligo – si sostiene – che, in quanto non previsto dalla legge regionale, sarebbe frutto di creazione di una norma inesistente, con conseguente invasione della sfera del legislatore.

Invero, a fronte di somme erogate dall’amministrazione, alle strutture autorizzate o accreditate, a titolo di integrazione della retta giornaliera corrisposta, come compartecipazione al costo del servizio pubblico di assistenza, dall’utente, è proprio sulla corrispondenza al vero dei dati rappresentati, con la fedele rendicontazione delle somme versate dai degenti o dai loro familiari, che il sistema di contabilità pubblica fa leva per la corretta destinazione del denaro pubblico alla sua specifica finalità.

Nessuna creazione di norma inesistente è, pertanto, riscontrabile nella sentenza impugnata.

Lungi dall’avere esercitato un’attività di produzione normativa che non gli compete, il giudice contabile si è attenuto al compito interpretativo che gli è proprio, applicando i principi generali del sistema, ricavabili dalla ratio e dalla finalità dell’erogazione di risorse pubbliche, ed individuando nell’omessa o infedele rendicontazione la modalità attraverso la quale l’Associazione (OMISSIS), per il suo tramite, i gestori delle case-famiglia hanno conseguito un finanziamento o una remunerazione non spettanti, con conseguente responsabilità amministrativo-contabile per illecita distrazione dell’erogazione dalla sua specifica finalità.

Poiché un ordinamento giuridico è un sistema composto da una pluralità di norme, che l’interprete a sua volta ricava da una pluralità di testi, l’interpretazione di una singola disposizione non può essere separata, o addirittura irrelata, dalle altre.

L’interpretazione sistematica di una disposizione di legge, rivolta a coglierne il significato più aderente al sistema normativo nel suo complesso alla luce della disciplina di settore e dei principi generali, costituisce funzione giurisdizionale e, esprimendo un tratto dell’interpretazione logica, non trasmoda mai in produzione normativa.

Soltanto il fraintendimento della disposi- zione, quale abnorme percezione dell’enunciato linguistico, frutto di una “lettura” della disposizione normativa che prescinde dagli strumenti interpretativi rivolti a farne emergere il significato, si traduce nella creazione di una norma giuridica altrimenti inesistente.

7.2. – Priva di rilievo si appalesa, altresì, la deduzione secondo cui nell’assetto normativo non sarebbe prevista l’instaurazione di rapporti diretti tra la Regione e i terzi beneficiari di fondi regionali, di talché la Regione rimarrebbe normalmente estranea alla concreta gestione dei servizi assistenziali spettanti ai Comuni.

Il ricorso indugia nella analitica descrizione delle funzioni amministrative concernenti gli interventi sociali svolti a livello locale, con i Comuni ai quali competono l’erogazione dei servizi delle prestazioni economiche e delle attività assistenziali, l’autorizzazione all’accreditamento e la vigilanza, mentre alla Regione resterebbero riservate esclusivamente funzioni di programmazione, di indirizzo e coordinamento, con la definizione dei criteri per la determinazione delle tariffe corri- sposte dai Comuni ai soggetti accreditati.

Si tratta di un aspetto non pertinente ai fini della decisione, non essendo indicativo di un superamento, da parte della Corte dei conti, dei limiti esterni della propria giurisdizione.

Nella logica sottesa all’art. 103, secondo comma, Cost., riferito alla materia della contabilità pubblica, rileva il nesso con il profilo esecutivo della gestione contabile, devoluto alla Corte dei conti anche sul piano della responsabilità.

Tale nesso ben si presta ad essere ravvisato indipendentemente dal fatto che la Giunta regionale della Calabria abbia trasferito ai Comuni le risorse del Fondo sociale finalizzate a soddisfare le obbligazioni derivanti da atti autorizzativi della Regione nei confronti delle strutture convenzionate, autorizzate o accreditate, e senza che rilevi la previsione che impone ai Comuni di provvedere, con cadenza semestrale, alla rendicontazione dei flussi di spesa.

Un conto, infatti, è l’assetto delle competenze amministrative, in materia, della Regione e dei Comuni; altro è l’obbligo, dei privati che gestiscono case-famiglia per disabili, di dar conto delle entrate a titolo di compartecipazione degli utenti, come condizione per il conseguimento dei fondi pubblici destinati all’assistenza e all’integrazione sociale.

In altri termini, il riparto delle funzioni amministrative sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza concerne il profilo statico e dinamico dei poteri pubblici nel sistema integrato di interventi e servizi sociali.

Esso guarda alle rispettive competenze di ciascun ente territoriale in una dimensione protesa a valorizzare il disegno programmatico, il coordinamento e l’intesa, in un ambito nel quale vengono in rilievo la solidarietà sociale e i diritti delle persone.

Ad esso è coessenziale l’attenzione verso il corretto impiego della spesa pubblica: di qui la previsione di strumenti, modalità e procedure per accertare il conseguimento degli obiettivi e il connesso utilizzo delle risorse; di qui, ancora, la previsione della rendicontazione con cadenza semestrale, da parte dei Comuni, dei flussi di spesa, a valle dell’erogazione di cofinanziamenti a valere sul fondo per le politiche sociali per garantire la realizzazione dei sistemi integrati locali di interventi e servizi.

Su un piano ulteriore si pone, invece, l’obbligo di rendicontazione a carico del privato, associazione o ente di promozione sociale, gestore di una struttura di comunità di tipo familiare destinata all’accoglienza di disabili, il quale, inserito nella rete del servizio sociale, riceva un contributo dalla pubblica amministrazione per la remunerazione del servizio.

Il piano che viene in rilievo è, infatti, quello del rapporto di servizio, nel quale l’obbligo di rendicontazione – principio fondamentale della contabilità pubblica – è funzionale a che il conseguimento e l’utilizzazione dei fondi pubblici avvenga secondo le regole e per i fini perseguiti dall’amministrazione erogatrice dei finanziamenti.

8. – Il ricorso è rigettato.

Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, essendo il Procuratore Generale rappresentante il pubblico ministero presso la Corte dei conti parte soltanto in senso formale.

9. – Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, ricorrono i presupposti processuali per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 228 del 2012, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 115 del 2002 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inse- rito dall’art. 1, comma 17 della legge n. 228 del 2012, dichiara la sus- sistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previ- sto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 4 aprile 2023.

Depositato in Cancelleria il giorno 11 aprile 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.