Cosa significa per la Cassazione tempestività della contestazione disciplinare?

(Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 3 gennaio 2017, n. 50)

La tempestività della contestazione disciplinare nel rapporto di lavoro deve essere valutata non con riferimento all’astratta conoscibilità dell’infrazione, bensì nel momento in cui il datore di lavoro acquisisce in concreto la piena conoscenza del fatto, non essendo sufficienti a tal fine meri sospetti.

…, omissis …

Svolgimento del processo

Con sentenza depositata il 27.11.13 la Corte d’appello di Ancona rigettava il gravame di I.M. contro la sentenza del Tribunale della stessa sede che ne aveva respinto l’impugnativa dei licenziamento disciplinare senza preavviso intimatogli il 29.11.11 da Trenitalia S.p.A. per essersi illegittimamente servito di 238 biglietti già utilizzati per rivenderli o per illecite operazioni di rimborso, Incamerando gli importi relativi.

Per la cassazione della sentenza ricorre I.M. affidandosi a cinque motivi.

Trenitalia S.p.A. resiste con controricorso.

Le parti depositano memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1. II primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2119 c.c. e 7 legge n. 300/70 e 61 CCNL attività ferroviarie, per avere la sentenza impugnata ritenuto tempestiva la contestazione disciplinare all’origine del successivo licenziamento sebbene adottata oltre 60 giorni (a fronte di una disposizione contrattuale che prevede, di norma, un termine di 30 giorni) dopo che la prima commissione di inchiesta, incaricata dalla società di fare luce su irregolari duplicazioni di biglietti ferroviari e su illegittimi rimborsi, aveva terminato i propri lavori asserendo che ormai i dati raccolti erano sufficienti a dare luogo alla contestazione disciplinare.

Analoga censura viene fatta valere, sempre in relazione alla tardività della contestazione, con il secondo e il terzo motivo, sotto forma di denuncia, rispettivamente, di violazione e falsa applicazione dell’art. 7 legge n. 300/70 e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, relativo all’esatta individuazione del momento in cui la società è venuta (o poteva venire) a conoscenza dei fatti poi oggetto di contestazione disciplinare, risalenti ad oltre 11 mesi prima.

Il quarto motivo prospetta violazione e falsa applicazione dell’art. 7 legge n. 300/70 e dei principi che presiedono al procedimento disciplinare, per avere la gravata pronuncia ritenuto irrilevante che la società non abbia soddisfatto, in sede disciplinare, la richiesta del lavoratore di accedere al documenti (i biglietti ferroviari) oggetto di contestazione, erroneamente supponendo sufficiente il loro esame in sede giudiziaria e rilevando che in proposito il ricorrente non aveva formulato richieste di approfondimento istruttorio.

Il quinto motivo deduce omesso esame circa un fatto controverso che è stato oggetto di discussione fra le parti, consistito nella concorrente responsabilità colposa di Trenitalia S.p.A. nel cagionare gli accadimenti per cui è processo, colpa consistita nell’aver omesso di diramare (nonostante le molteplici frodi subite) un comunicato a tutte le biglietterie affinché vigilassero con ancora più attenzione in caso di richieste di rimborso o sostituzione di biglietti.

La mancata considerazione di tale concorso colposo ha – conclude il motivo – negativamente influito sul giudizio di proporzionalità della sanzione irrogata rispetto all’addebito mosso.

2. I primi tre motivi – da esaminarsi congiuntamente perché connessi – sono infondati.

La tempestività d’una contestazione disciplinare va valutata muovendo non dall’epoca dell’astratta conoscibilità dell’infrazione, bensì dal momento in cui il datore di lavoro ne abbia acquisito in concreto piena conoscenza, a tal fine non bastando meri sospetti (cfr., ex allis, Cass. n. 26304/14; Cass. n. 12577/02; Cass. n. 12621/2000).

La gravata pronuncia ha giudicato rituale la contestazione in ragione del tempo destinato alle necessarie verifiche prodromiche all’avvio del procedimento disciplinare.

I giudici di merito hanno considerato che i quasi dodici mesi trascorsi dalle condotte addebitate alla reazione disciplinare del datore di lavoro sono stati impiegati da accertamenti complessi (visto il numero elevato di biglietti illecitamente rimborsati o rivenduti), che hanno richiesto ben due commissioni d’indagine (pervenute a conclusioni non coincidenti quanto ai potenziali responsabili delle infrazioni). In particolare, la contestazione è stata mossa al ricorrente venti giorni dopo la pronuncia della seconda commissione, vale a dire in un termine congruo e rispettoso anche dell’art. 61 cit. CCNL invocato dall’odierno ricorrente.

É – quello dei tempi realmente necessari alle verifiche aziendali – un apprezzamento in punto di fatto, in quanto tale riservato ai giudice dei merito, come da costante giurisprudenza di questa S.C. cui va data continuità (cfr., ex aliis, Cass. n. 281/16).

3. Il quarto motivo è inammissibile.

É pur vero che, sebbene l’art. 7 legge n. 300/70 non preveda un obbligo per il datore di lavoro di mettere spontaneamente a disposizione del lavoratore la documentazione posta a base d’una contestazione disciplinare, nondimeno debba offrirgliela in visione in base ai principi di correttezza e buona fede nell’esecuzione dei contratto, ove l’incolpato ne faccia richiesta e l’esame dei documenti sia necessario per un’adeguata difesa (cfr. Cass. n. 6337/13).

Tuttavia tale richiesta deve pur constare.

Si sostiene che la sua presentazione sarebbe pacifica fra le parti, ma non si trascrivono gli atti difensivi da cui emergerebbe la precisa allegazione di tale circostanza fattuale e la sua mancata contestazione da parte della società, così rivelandosi il ricorso non autosufficiente sul punto.

Né il ricorso indica, secondo quanto previsto dall’art. 366 co. 10 n. 6 c.p.c., eventuale documento da cui risulterebbe la tempestiva richiesta di visione degli atti del procedimento disciplinare.

5. Il quinto motivo è infondato.

La sentenza impugnata ha correttamente ravvisato la proporzionalità in concreto della sanzione rispetto all’addebito in virti dell’elemento psicologico (dolo, nell’ambito d’una complessa attività truffaldina), dell’importo complessivo dei biglietti, del danno arrecato in uno snodo sensibile (l’incasso dei corrispettivi) dell’attività aziendale, della falsificazione o illecita manipolazione (da parte del ricorrente) di ben 238 biglietti nell’arco di appena quattro mesi.

Si tratta d’un apprezzamento in punto di fatto, riservato al giudice di merito e perciò insindacabile nella presente sede (cfr., ex aliis, Cass. n. 7948/11).

Quanto all’asserito concorso causale della società per colpa consistente nella mancata diramazione di efficaci direttive atte a prevenire frodi, si tratta di obiezione non solo irrilevante a fronte della ritenuta responsabilità dei ricorrente per dolo e non per mera colpa (il che avrebbe reso dei tutto ininfluente un eventualmente previo richiamo aziendale alla particolare attenzione da impiegare per prevenire ie frodi), ma altresì in punto di diritto infondata, perché il carattere fiduciario dei rapporto di lavoro è di per sé incompatibile con un obbligo di costante e pregnante controllo dei dipendenti da parte del datore di lavoro.

Le spese dei giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 4.100,00 di cui euro 100,00 per esborsi ed euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre al 15% di spese generali e agli accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater d.P.R. n. 115/2002, come modificato dall’art. 1 co. 17 legge 24.12.2012 n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del co. 1 bis dello stesso articolo 13.