Covid-19: la sospensione dei termini procedurali durante la “fase 1”, si applica anche all’interrogatorio di garanzia (Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 19 ottobre 2020, n. 28936).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMMINO Matilde – Presidente –

Dott. PELLEGRINO Andrea – Consigliere –

Dott. SGADARI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PAZIENZA Vittorio – Rel. Consigliere –

Dott. MESSINI D’AGOSTINI Piero – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:

FRATTARI Marco, nato ad Ascoli Piceno il 22/07/1990;

avverso l’ordinanza emessa in data 16/06/2020 dal Tribunale di Ancona;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Vittorio Pazienza;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Luigi Cuomo, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 16/06/2020, il Tribunale di Ancona ha rigettato l’appello proposto ex art. 310 cod. proc. pen. da FRATTARI Marco avverso l’ordinanza emessa il 15/05/2020 dal G.i.p. del predetto Tribunale, con la quale era stata rigettata una richiesta di declaratoria di perdita di efficacia della misura degli arresti domiciliari, per omesso espletamento dell’interrogatorio di garanzia nel termine di dieci giorni (il G.i.p. aveva ritenuto detto termine sospeso ai sensi dell’art. 83 d.l. n. 18 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla I. n. 27 del 2020).

2. Ricorre per cassazione il FRATTARI, a mezzo del proprio difensore, deducendo:

2.1. Violazione degli artt. 302 e 294 cod. proc. pen. Si censura l’interpretazione delle disposizioni emergenziali accolta dai giudici del merito cautelare, anche perché le stesse fanno riferimento alla possibilità per il solo “imputato” in stato di custodia cautelare, e non anche per l’indagato, di richiedere la trattazione del procedimento anche durante il periodo di sospensione.

Si deduce inoltre che l’interpretazione accolta si pone in contrasto con plurime decisioni della Consulta, oltre che con gli artt. 24 e 13 Cost., dovendo invece l’interrogatorio di garanzia essere assimilato – per evitare tali criticità, come sostenuto anche in un parere del C.S.M. – ai procedimenti di convalida dell’arresto e del fermo, esclusi dalla sospensione.

2.2. Omessa pronuncia sulla questione di legittimità costituzionale sollevata con i motivi di appello. Si lamenta la totale assenza di motivazione sul punto.

2.3. Questione di legittimità costituzionale dell’art. 83 comma 3 d.l. n. 18 del 2020, come interpretato dal G.i.p. e poi dal Tribunale, per contrasto con gli artt. 3 (essendo irragionevole la differenza di disciplina rispetto ai procedimenti di convalida), 10 (per violazione del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, e della CEDU, nella parte in cui richiedono la più tempestiva presa di contatto con il giudice della persona arrestata o detenuta, a prescindere dalla fase procedimentale in cui è avvenuta la provazione della libertà), 13 (costituendo l’interrogatorio di garanzia un diritto fondamentale della persona sottoposta alla custodia), 24 (per la privazione del più efficace strumento di difesa a disposizione della persona in vinculis) e 111 (per la disparità tra accusa e difesa conseguente al differimento dell’interrogatorio) della Costituzione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è nel suo complesso infondato e deve essere rigettato.

2. Il Tribunale di Ancona, rigettando l’appello presentato nell’interesse del FRACCARI avverso il provvedimento del G.i.p. del Tribunale di Ascoli Piceno emesso in data 15/05/2020, ha condiviso il percorso argomentativo con cui quest’ultimo aveva disatteso la richiesta di declaratoria di perdita di efficacia della misura cautelare degli arresti domiciliari, eseguita in data 17/04/2020: richiesta fondata sulla prospettata violazione degli artt. 294 e 302 cod. proc. pen., in conseguenza del mancato espletamento dell’interrogatorio di garanzia entro il termine di dieci giorni dall’inizio di esecuzione della misura. In linea con il G.i.p., il Tribunale – pur dando atto di una situazione di incertezza interpretativa – ha ritenuto che il decorso del predetto termine fosse stato sospeso per effetto delle disposizioni emergenziali dettate – in conseguenza del diffondersi della pandemia da COVID-19 – dall’art. 83 d.l. 7 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla I. 24 aprile 2020 n. 27.

Il Collegio anconetano ha anche escluso qualsiasi compromissione dei diritti difensivi derivante da tale interpretazione, valorizzando da un lato la possibilità, riconosciuta dalle medesime disposizioni emergenziali al soggetto sottoposto a misura cautelare ed al suo difensore, di chiedere l’immediato espletamento dell’atto processuale.

D’altro lato, il Tribunale ha sottolineato che il G.i.p., con apposito provvedimento emesso in data 17/04/2020 e comunicato al FRATTARI ed al suo difensore, aveva espresso la propria adesione alla tesi della sospensione del termine, “di fatto sollecitando la possibile volontà delle parti di instare per l’effettuazione dell’incombente, sollecitazione che non ha avuto risposta, tanto che cessato il periodo di sospensione, l’interrogatorio è stato svolto” (cfr. pag 3 dell’ordinanza impugnata).

3. La decisione del Tribunale deve essere condivisa, per le ragioni qui di seguito esposte.

3.1. Per ciò che riguarda il primo motivo è anzitutto opportuno ricordare che l’emergenza sanitaria correlata alla diffusione del COVID-19 ha determinato, nei primi mesi del 2020, la progressiva introduzione – per fronteggiare l’aggravamento della pandemia – di alcune disposizioni aventi ad oggetto l’attività giudiziaria, volte da un lato a determinare una consistente temporanea riduzione dell’ambito operativo dell’attività stessa e, dall’altro, a modificare alcuni importanti snodi processuali dell’attività non sospesa.

Vengono qui in rilievo, in particolare, le norme che, per il primo periodo emergenziale, hanno disposto – oltre al rinvio delle udienze – la sospensione ex lege del decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto, nei procedimenti civili e penali.

Tale sospensione, già prevista dal dl. 8 marzo 2020, n. 11 per il periodo compreso tra il 9 e il 22 marzo 2020, è stata ribadita dall’art. 83, comma 2, d.l. 17 marzo 2020, n. 18 (convertito, con modificazioni, dalla I. 24 aprile 2020, n. 27) in termini parzialmente diversi e – aspetto di centrale rilievo per le odierne valutazioni – con intenti all’evidenza onnicomprensivi (fatte salve le eccezioni di cui si dirà nel paragrafo seguente).

Infatti, dopo aver esteso la durata della sospensione ex lege del decorso dei termini al periodo compreso dal 9 marzo al 15 aprile (periodo ulteriormente ampliato fino all’il maggio dall’art. 36 dl. 8 aprile 2020, n. 23), il citato comma 2 dell’art. 83 chiarisce che “si intendono pertanto sospesi, per la stessa durata, i termini stabiliti per la fase delle indagini preliminari, per l’adozione di provvedimenti giudiziari e per il deposito della loro motivazione, per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio e dei procedimenti esecutivi, per le impugnazioni e, in genere, tutti i termini procedurali”.

È proprio la sospensione ex lege disposta fino all’il maggio 2020, per effetto delle disposizioni qui appena richiamate, ad assumere rilevanza nella odierna fattispecie, in cui – come già accennato – i giudici del merito cautelare hanno escluso che la misura degli arresti domiciliari, eseguita in data 17/04/2020, avesse perso efficacia per il mancato espletamento dell’interrogatorio di garanzia nei dieci giorni successivi (non assumono quindi rilievo, per la valutazione dell’odierno ricorso, le ulteriori ipotesi di sospensione dei termini previste per il periodo emergenziale, decorrente dal 12 maggio al 30 giugno 2020, in relazione al quale la possibilità di disporre il rinvio delle udienze e la sospensione dei termini processuali è stata demandata ai Capi degli uffici, nell’ambito delle misure organizzative adottabili ai sensi dei commi 6 e 7 dell’art. 83).

3.2. E’ altresì noto che la normativa emanata per fronteggiare l’emergenza epidemiologica ha comunque individuato alcune tipologie di procedimenti per i quali – in considerazione delle connotazioni di urgenza della trattazione, insite nel rispettivo oggetto – le disposizioni in tema di rinvio delle udienze e di sospensione del decorso dei termini sono destinate a non operare.

All’interno di tale categoria, peraltro, il legislatore ha tracciato nel settore penale una distinzione definita in dottrina tra procedimenti “ad urgenza assoluta” (da trattare quindi in ogni caso) e procedimenti “ad urgenza relativa” (da trattare cioè solo ad istanza di parte): una distinzione introdotta già con il d.l. n. 11 del 2020 (dove peraltro si faceva riferimento alle udienze, e non ai procedimenti: cfr. art. 2, comma 2, lett. g), e ribadita nel comma 3 dell’art. 83, comma 3, lett. b) d.l. n. 18 del 2020.

In particolare, rientrano nella prima categoria – ai sensi della prima parte della predetta disposizione, come modificata dalla legge di conversione – i procedimenti di convalida dell’arresto, del fermo e dell’ordine di allontanamento dalla casa familiare, i procedimenti per cui nel periodo di sospensione o nei sei mesi successivi scadono i termini di cui all’art. 304, comma 6, cod. proc. pen, i procedimenti di estradizione per l’estero e quelli per la consegna di un imputato o condannato all’estero in applicazione delle disposizioni in tema di mandato di arresto europeo, nonché i procedimenti in cui sono applicate misure di sicurezza detentive (ovvero pende la relativa richiesta).

Nella seconda parte dell’art. 83, comma 3, lett. b), invece, sono elencati i procedimenti in cui le disposizioni in tema di rinvio delle udienze e di sospensione dei termini non operano “quando i detenuti, gli imputati, i proposti o i loro difensori espressamente richiedono che si proceda”.

Si tratta dei procedimenti a carico di Li persone detenute, quelli in cui sono applicate misure cautelari o di sicurezza, i procedimenti per l’applicazione di misure di prevenzione (e quelli in cui tali misure sono state disposte), nonché i procedimenti che presentano carattere di urgenza per la necessità di acquisire prove indifferibili ai sensi dell’art. 392 cod. proc. pen.

3.3. Come già in precedenza accennato, il difensore del FRATTARI ha richiesto al G.i.p., e poi al Tribunale in sede di appello ex art. 310 cod. proc. pen., la declaratoria di perdita di efficacia della misura degli arresti domiciliari per il mancato espletamento dell’interrogatorio di garanzia nel termine di dieci giorni: a fondamento della propria richiesta, la difesa ha dedotto la piena assimilabilità di tale incombente – quale presidio posto a garanzia della persona in vinculis – ai procedimenti di convalida dell’arresto o del fermo, e quindi l’irrilevanza della mancata inclusione nell’elenco dei procedimenti (anche qui) definiti “ad urgenza assoluta”.

3.3.1. Nonostante sia stata accolta da una decisione di merito (che peraltro si è limitata ad affermare apoditticamente la sussistenza di tale identità di ratio: cfr. G.i.p. Trib. La Spezia, ord. 06/04/2020), la tesi non può essere condivisa.

Come già evidenziato da plurime voci dottrinali, la riconducibilità del procedimento incidentale ex art. 294 cod. proc. pen. tra quelli “ad urgenza assoluta” appare preclusa, anzitutto, dal carattere tassativo delle eccezioni individuate dal legislatore alla regola generale della sospensione dei termini, dettata per l’emergenza.

A tali conclusioni deve pervenirsi non solo sulla base di fondamentali canoni interpretativi (cfr. art. 14 disp. prel. cod. civ.), ma anche alla luce della stessa evoluzione della normativa dettata per il contenimento dell’emergenza epidemiologica.

In sede di conversione del d.l. n. 18, l’originario elenco dei procedimenti ad urgenza assoluta è stato infatti integrato con l’inserimento (cfr. supra, § 3.2) dei procedimenti di convalida dell’ordine di allontanamento dalla casa familiare e di quelli in tema di m.a.e. e di estradizione: è del tutto evidente che il “silenzio” sulle scansioni procedimentali di cui all’art. 294 cod. proc. pen., mantenuto in sede di conversione del decreto-legge, non può che essere interpretato come una chiara indicazione della volontà del legislatore di non includere, tra i procedimenti “ad urgenza assoluta”, quelli in cui si rende necessario procedere all’interrogatorio di garanzia (cfr. sul punto anche pag. 3 dell’ordinanza impugnata).

3.3.2. Deve poi osservarsi che anche il presupposto della tesi difensiva – costituito come detto dalla piena assimilazione dell’interrogatorio di garanzia alla convalida dell’arresto, e dalla conseguente necessità di una disciplina uniforme dei due procedimenti, agli specifici fini emergenziali che qui interessano – non appare persuasivo.

Pur presentando indubbiamente anch’esso connotazioni di urgenza, correlate al pieno ed effettivo espletamento del diritto di difesa, è altrettanto certo che l’interrogatorio di garanzia si differenzia nettamente dal procedimento di convalida perché – come osservato anche dal Tribunale di Ancona (cfr. pag. 3 del provvedimento impugnato) – presuppone un provvedimento coercitivo del giudice che, nell’altro caso, non è ancora intervenuto: la funzione del procedimento di convalida è anzi proprio quella di verificare, con l’indefettibile immediatezza delineata dall’art. 13 Cost., la legittimità delle limitazioni della libertà personale poste in essere prima dell’intervento dell’autorità giudiziaria.

In altri termini, come si è efficacemente sottolineato in dottrina, “ciò che rende impellente e indifferibile la convalida non è l’esigenza di interrogare al più presto l’arrestato o il fermato bensì quella sottoporre a controllo l’azione degli organi inquirenti e, in particolare, della polizia giudiziaria, riconducendo la fonte dell’eventuale protrarsi della restrizione della libertà a un provvedimento del giudice”.

Del resto, la differenza strutturale e funzionale tra i due procedimenti risulta plasticamente evidenziata dagli insegnamenti di questa Suprema Corte in tema di interrogatorio di garanzia, secondo i quali non è necessario procedere all’incombente non solo nell’ipotesi di misura disposta dopo la sentenza di condanna (Sez. U, n. 18190 del 22/01/2009, La Mari, Rv. 243028) o eseguita nel corso del dibattimento (Sez. 6, n. 49995 del 15/09/2017, D’Amato, Rv. 271582), ma anche quando il titolo cautelare sia stato emesso dal Tribunale in accoglimento dell’appello del P.M. ex art. 310 cod. proc. pen., «atteso che la possibilità di esercizio del diritto di difesa è già assicurata dall’instaurazione del contraddittorio in sede di impugnazione cautelare» (Sez. U, n. 17274 del 26/03/2020, Salvati, Rv. 279281).

3.4. Anche sulla scorta di quanto fin qui esposto, deve infine pervenirsi a conclusioni di manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale prospettata con il terzo motivo (questione peraltro già affrontata e disattesa, sia pure in estrema sintesi dal Tribunale di Ancona a pag. 2 del provvedimento impugnato: del tutto infondata è quindi la censura di omessa pronuncia sul punto, formulata con il secondo motivo di ricorso).

3.4.1. Le già richiamate connotazioni dell’interrogatorio di garanzia, e soprattutto i profili di urgenza correlati alla indiscussa necessità di assicurare all’indagato la possibilità di “confrontarsi” in tempi rapidi con il giudice che – senza alcun previo contraddittorio – ha emesso la misura, e quindi di rendere dichiarazioni e/o allegare elementi utili ad una favorevole revisione del quadro cautelare, avrebbero certamente giustificato le più marcate riserve, anche quanto alla compatibilità con gli articoli della Costituzione evocati dalla difesa del FRATTARI, di una normativa emergenziale che avesse senz’altro escluso l’incombente ex art. 294 cod. proc. pen. dal novero degli atti adottabili nel periodo di sospensione generalizzata dell’attività giudiziaria.

Una corretta interpretazione del quadro normativo, peraltro, offre indicazioni del tutto diverse: il procedimento penale in cui è necessario procedere all’interrogatorio di garanzia rientra indiscutibilmente tra quelli “ad urgenza relativa”, essendo stata applicata una misura cautelare in corso di esecuzione (cfr. art. 83, comma 3, lett. b, n. 2, d.l. n. 18).

Conseguentemente, la decisione di sottoporsi all’interrogatorio, anche nel periodo di sospensione generalizzata dell’attività giudiziaria (e dei relativi termini), è stata demandata dal legislatore alla valutazione della persona sottoposta a misura e del suo difensore: ed è una valutazione non soggetta a delibazione alcuna da parte dell’autorità procedente, senz’altro tenuta all’espletamento dell’atto nei termini di legge, che riprendono a decorrere per effetto della richiesta.

In buona sostanza, l’assetto normativo ricavabile dalla normativa emergenziale – rimettendo la decisione di espletare l’interrogatorio, nonostante la generalizzata sospensione, alla insindacabile decisione della parte interessata – realizza un contemperamento del tutto ragionevole, che come tale si sottrae in radice ai dubbi di legittimità costituzionale prospettati, tra due esigenze concorrenti e potenzialmente in conflitto: da un lato, la necessità di assicurare comunque il pieno ed effettivo esercizio dei diritti di difesa della persona sottoposta a misura cautelare anche nei tempi rapidi di cui all’art. 294 cod. proc. pen., se ritenuto necessario dal soggetto sottoposto a misura; dall’altro, quella di contenere il più possibile la mobilità delle persone, per le note ragioni di tutela della salute pubblica che sono alla base di tutti gli interventi legislativi in precedenza richiamati.

3.4.2. E’ poi appena il caso di evidenziare l’assoluta inconsistenza del rilievo difensivo, contenuto nel primo motivo di ricorso, imperniato sul fatto che l’art. 83 individua, tra i soggetti legittimati a chiedere che si proceda, “gli imputati”, e non anche le persone sottoposte ad indagini.

La questione deve essere evidentemente risolta alla luce del principio dettato dal comma 2 dell’art. 61 cod. proc. pen., secondo cui alla persona sottoposta alle indagini, salvo che sia diversamente stabilito, si estendono tutte le disposizioni relative all’imputato (non solo quelle relative ai diritti e alle garanzie di cui al comma 1): un principio la cui portata generale risulta efficacemente delineata dalla giurisprudenza formatasi in ordine al reato di cui all’art. 374-bis cod. pen. (cfr. Sez. 6, n. 42767 del 09/10/2014, Buonaluce, Rv. 260100, secondo cui «il reato di false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria di cui all’art. 374-bis cod. pen. può essere integrato anche quando l’attività di documentazione di determinati fatti o circostanze non rispondenti al vero, rilevante nell’ambito del procedimento penale e non proveniente da pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, si riferisca a “condizioni” o “qualità personali” dell’indagato, atteso che questi, in assenza di una diversa e specifica disposizione normativa di segno contrario, è equiparato all’imputato ex art. 61, comma secondo, cod. proc. pen.»).

Appare del resto superfluo soffermarsi sul carattere palesemente irrazionale – perché del tutto eccentrico rispetto alle intenzioni legislative di contenimento dell’emergenza epidemiologica – dei risultati cui condurrebbe la contraria interpretazione, stando alla quale il riferimento ai soli “imputati” farebbe rientrare tra i procedimenti ad “urgenza relativa”, di cui all’art. 83 comma 2, lett. b) n. 2, solo quelli in cui l’azione penale sia stata già esercitata: ovvero proprio i procedimenti per i quali non è necessario procedere all’interrogatorio di garanzia, alla luce dei principi giurisprudenziali in precedenza richiamati (cfr. supra, § 3.3.2).

3.4.3. E’ opportuno infine richiamare, per completezza, quanto già puntualmente sottolineato dal Tribunale di Ancona (oltre che nell’ordinanza del G.i.p. appellata ex art. 310 cod. proc. pen.) in ordine all’assoluta insussistenza, nel caso di specie, di pregiudizi di sorta per i diritti del FRATTARI.

Infatti, dopo l’esecuzione della misura degli arresti domiciliari, avvenuta in data 17/04/2020, il G.i.p. ha emesso in data 21/04/2020 un provvedimento, notificato al ricorrente e al suo difensore, con cui – premettendo che il termine ex art. 294 cod. proc. pen. era da ritenere sospeso fino all’11/05/2020, ai sensi dell’art. 83 d.l. n. 18, e che nessuna richiesta di espletamento dell’interrogatorio era fino a quel momento pervenuta – ha riservato di procedere all’incombente entro i dieci giorni successivi alla cessazione della sospensione ex lege (ciò che in effetti avvenuto: cfr. l’ordinanza in data 15/05/2020, in cui il G.i.p. – nel rigettare la richiesta di declaratoria di perdita di efficacia della misura, ha dato atto di aver effettuato l’interrogatorio nella stessa giornata).

In definitiva, il G.i.p. ha ritenuto di esplicitare la propria interpretazione della normativa emergenziale all’odierno ricorrente e al difensore, richiamando espressamente il potere di iniziativa della parte quale indispensabile presupposto per far cessare la sospensione dei termini.

Tale sollecitazione – peraltro non prevista dalla legge né in alcun modo dovuta – non risulta esser stata raccolta dal FRATTARI né dal suo difensore (che nulla ha dedotto al riguardo nei motivi di ricorso): ciò che contribuisce ulteriormente ad escludere in radice – ferme le assorbenti ragioni giuridiche in precedenza esposte – qualsiasi apprezzabile pregiudizio per la posizione del FRATTARI, compiutamente edotto dal G.i.p. procedente in ordine alla normativa applicabile e al suo diritto di chiedere che si procedesse all’interrogatorio nonostante la sospensione ex lege dei relativi termini.

4. Le considerazioni fin qui svolte impongono il rigetto del ricorso, e la condanna del FRATTARI al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 4 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.