Crisi d’impresa. Disciplina antiusura: no al (grezzo) criterio della sommatoria dei tassi (Corte di Cassazione, Sezione I Civile, Sentenza 5 maggio 2022, n. 14214).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. ZULIANI Andrea – Rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 22864/2015 proposto da:

Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio S.c in amministrazione straordinaria, elettivamente domiciliata in Roma, via degli (OMISSIS) n. 267, presso lo studio dell’avv. Daniela (OMISSIS), che la rappresenta e la difende unitamente all’avv. Fabrizio (OMISSIS), per procura in calce al ricorso;

– ricorrente -;

contro

curatela del fallimento Società Gestioni Immobiliari S.r.l., elettivamente domiciliata in Roma, via (OMISSIS) (OMISSIS) n. 8, presso lo studio dell’avv. Giancarlo (OMISSIS), che la rappresenta e la difende, per procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto del Tribunale di Roma depositato il 22/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/03/2022 dal Cons. Dott. Andrea Zuliani.

FATTI DI CAUSA

Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio S.c. propose domanda di ammissione al passivo del fallimento Società Gestioni Immobiliari S.r.l. – dichiarato dal Tribunale di Roma – per € 5.025.211,46, con prelazione ipotecaria, e per € 18.752.177,31, in chirografo, sulla base di due distinti contratti di finanziamento.

Il giudice delegato accolse parzialmente la domanda, ammettendo al passivo rispettivamente gli importi di € 3.379.008,99 (ipotecario) e di € 12.886.618,05 (chirografo), con esclusione di tutto quanto richiesto a titolo di interessi, che ritenne pattuiti in violazione della normativa antiusura.

Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio S.c. propose opposizione, contestando la correttezza del criterio della sommatoria tra interessi corrispettivi e interessi moratori per accertare il superamento delle soglie antiusura.

La curatela del fallimento si costituì davanti al collegio per chiedere il rigetto dell’opposizione, che venne in effetti respinta con il decreto qui impugnato.

Al ricorso della banca ha replicato con controricorso la curatela del fallimento.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia «violazione e falsa applicazione degli artt. 98 e 99 del r.d. 7 [recte: 16] marzo 1942 n. 267, dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 2909 c.c., con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.».

1.1. Il motivo è incentrato sul ritenuto «travisamento dell’oggetto della causa» da parte del Tribunale di Roma, il quale avrebbe inopinatamente deciso la controversia rilevando la mancanza di documentazione idonea a dimostrare l’evoluzione dei rapporti contrattuali e, quindi, l’esistenza dei crediti per interessi, all’esito di un contraddittorio incentrato in modo esclusivo sulla pretesa violazione della normativa antiusura, avendo il curatore contestato per la prima volta la mancanza di prova dei crediti ulteriori (oltre a quelli relativi agli importi capitali già ammessi al passivo) soltanto nella memoria di replica alla comparsa conclusionale avversaria.

2. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia «violazione e falsa applicazione degli artt. 98 e 99 del r.d. 7 [recte: 16] marzo 1942 n. 108 [recte: 267] e dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 1 del d.l. 29 dicembre 2000 n. 394, convertito in legge 28.2.2001, n. 24, con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.».

2.1. Con questo motivo parte ricorrente lamenta che il Tribunale di Roma l’abbia gravata dell’onere di provare il concreto svolgimento dei rapporti contrattuali, nonostante la legge richieda, ai fini della verifica dell’usura, il confronto tra interessi «promessi o convenuti» e soglie antiusura vigenti al momento della pattuizione, non invece tra interessi applicati durante il rapporto e soglie normative antiusura via via vigenti.

3. Con il terzo motivo, la ricorrente denuncia «violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 3 e 4 della legge 7 marzo 1996, n. 108, dell’art. 1 del d.l. 29 dicembre 2000 n. 394, convertito in legge 28.2.2001, n. 24, nonché del secondo comma dell’art. 1815 c.c., con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, c. p.c.».

3.1. Il motivo è incentrato sull’ipotesi – a dire il vero formulata in termini dubitativi dalla stessa parte ricorrente, che rimarca l’«incertezza» del testo della motivazione del decreto – che il Tribunale di Roma abbia aderito all’opinione che accredita il criterio della sommatoria di tasso degli interessi corrispettivi e tasso degli interessi di mora ai fini della verifica del rispetto delle soglie antiusura.

Il ricorso si diffonde, quindi, nella confutazione di tale opinione, con argomenti che trovano conforto anche nella recente giurisprudenza di questa Corte, la quale, nel mentre ha affermato l’applicazione della normativa antiusura anche ai tassi di mora, precisandone le conseguenze, ha escluso la rilevanza e la valutazione di un tasso di interesse unico, determinato cumulando tasso corrispettivo e tasso di mora.

4. Conviene prendere le mosse da quest’ultimo motivo di ricorso, che si rivela fondato, con assorbimento dei due precedenti.

4.1. Tra le numerose questioni che sono sorte e che sorgono nell’ambito delle controversie relative all’applicazione della normativa antiusura, alcuni sicuri punti fermi sono stati fissati dalla recente giurisprudenza di legittimità.

Così, per esempio, è ormai certo che quella normativa non si applica soltanto agli interessi corrispettivi e ai costi posti a carico della parte finanziata per il caso di regolare adempimento del contratto, ma anche agli interessi di mora e ai costi che il contratto pone a carico della parte finanziata nel caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento degli obblighi posti a suo carico.

Chiarissimo, in tal senso, uno dei principi di diritto dettati da Cass. S.U. 18.9.2020, n. 19597: «La disciplina antiusura si applica agli interessi moratori, intendendo essa sanzionare la pattuizione di interessi eccessivi convenuti al momento della stipula del contratto quale corrispettivo per la concessione del denaro, ma anche la promessa di qualsiasi somma usuraria sia dovuta in relazione al contratto concluso».

4.2. L’applicazione della normativa antiusura agli interessi e al costo complessivo della mora comporta la necessità di stabilire, da un lato, quale sia la soglia, superata la quale, quel tasso deve intendersi usurario; dall’altro lato, quali siano le conseguenze sulla validità e sugli effetti del contratto della riscontrata usurarietà dei soli interessi di mora, laddove la clausola relativa agli interessi corrispettivi (sia pure tenendo conto di ulteriori costi e commissioni posti a carico della parte finanziata per il caso di regolare adempimento) risulti invece rispettosa della normativa antiusura.

Anche su questi aspetti si è espressa la citata sentenza delle Sezioni unite, in sostanza individuando una soglia antiusura per gli interessi moratori diversa (e più alta) rispetto a quella fissata per gli interessi corrispettivi e stabilendo che l’usurarietà del tasso di interesse di mora non incide sulla validità della clausola relativa agli interessi corrispettivi, né quindi sull’obbligo di pagamento di questi ultimi.

4.3. Ciò che rileva in questa sede è che siffatti principi fissati dalla giurisprudenza di legittimità, nel mentre affermano la sensibilità del tasso di mora alla normativa antiusura, presuppongono una valutazione separata e distinta dei due tassi (corrispettivo e di mora) e sono, quindi, del tutto incompatibili con la tesi secondo cui l’eventuale usura in un contratto di finanziamento dovrebbe essere apprezzata come un fenomeno unitario, ovverosia ricostruendo un unico tasso di interesse – frutto di una sintesi tra tasso degli interessi corrispettivi e tasso di mora – da valutare, poi, confrontandolo con la soglia antiusura posta dalla normativa per quel determinato tipo di contratto di finanziamento.

Siffatta incompatibilità è coerente con la constatazione che interessi corrispettivi e interessi di mora sono destinati ad essere applicati «ricorrendo presupposti diversi ed antitetici» (Cass. 17.10.2019, n. 26286): gli uni in caso di (e fino al) regolare adempimento del contratto; gli altri in caso di (e in conseguenza dell’) inadempimento del contratto.

4.4. Il «principio di sommatoria» di tasso degli interessi corrispettivi e tasso degli interessi di mora per stabilire il tasso contrattuale da confrontare con la soglia antiusura non è altro che uno – e, si potrebbe dire, il più grezzo – dei criteri utilizzabili per sintetizzare un tasso unico, senza distinguere , tra costi correlati al regolare adempimento del contratto e costi correlati al suo inadempimento.

Pertanto tale criterio è incompatibile con i principi stabiliti dalla citata sentenza delle Sezioni unite, oltre a essere stato espressamente ripudiato in altre sentenze (Cass.7 17.10.2019, n. 26286, cit.; Cass. 4.11.2021, n. 31615).

Viceversa, non risulta che il criterio della sommatoria sia mai stato affermato nella giurisprudenza di legittimità.

Certamente non lo ho affermato Cass. 9.1.2013, n. 350 (quantunque venga spesso citata in tal senso), che si limitò a statuire la rilevanza anche del tasso di mora ai fini del controllo del rispetto della normativa antiusura, in un caso in cui – come frequentemente accade – il tasso di mora era contrattualmente fissato mediante uno spread aggiunto al tasso degli interessi corrispettivi.

Ed è evidente la differenza che corre tra prendere atto della modalità con cui le parti hanno fissato il tasso di mora (tasso corrispettivo + X%) ed elaborare ab extrinseco un diverso tasso dato dalla somma di tasso di mora e tasso degli interessi corrispettivi.

4.5. A onor del vero, nel decreto qui impugnato iI Tribunale di Roma non ha fatto esplicito riferimento al criterio di sommatoria dei tassi per motivare il rigetto dell’opposizione allo stato passivo di Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio S.c.

Esso ha innanzitutto osservato che, «sotto un profilo generale», ai fini della valutazione della legittimità degli interessi, «non può computarsi – come vorrebbe l’opponente – il solo tasso pattuito per il normale svolgimento del rapporto, ma si deve invece tener conto di ogni tipo di interesse applicato, nonché delle commissioni di massimo scoperto, delle spese (escluse quelle relative ad imposte e tasse) e di ogni altro onere, nonché dell’eventuale capitalizzazione di tali elementi».

Sennonché, a tale premessa (sicuramente condivisibile nella parte in cui sottolinea che il discorso sull’usura non può esaurirsi nella considerazione del solo tasso degli interessi corrispettivi, ma del tutto anodina sugli ulteriori sviluppi di quel discorso) non è seguita alcuna indicazione specifica sui termini in cui l’usurarietà dei contratti di finanziamento è stata ravvisata nel caso concreto oggetto di causa.

È dunque inevitabile interpretare quella premessa come una sintetica ripresa e conferma di quanto motivato in sede di verifica del passivo da parte del giudice delegato, il quale, a sua volta, fece proprie le osservazioni a verbale del curatore, basate su un esplicito richiamo al «principio di sommatoria» (il testo del verbale è riportato a pag. 3 del ricorso per cassazione).

4.6. Da quanto sopra esposto consegue la fondatezza del terzo motivo di ricorso, che è volto a contestare proprio l’utilizzo del criterio di sommatoria dei tassi quale erronea ratio decidendi a sostegno della decisione del Tribunale di Roma.

Senza che possa essere di ausilio la seconda parte della motivazione del decreto impugnato – oggetto di critica nei primi due motivi di ricorso – perché essa si limita a rilevare un’asserita carenza dei documenti necessari per «accertare i criteri utilizzati dalla banca per la determinazione del credito da interessi, e verificare il contenimento di questi ultimi al disotto della soglia dell’usurarietà sulla base dei criteri precedentemente esposti» (corsivo aggiunto).

È dunque evidente che, per quanto riguarda i criteri per la verifica dell’usurarietà, in questo luogo nulla si aggiunge alla prima parte della motivazione, alla quale anzi si fa esclusivo ed espresso rinvio.

4.7. Cassato il decreto, il processo va rimesso al Tribunale di Roma che, in diversa composizione, dovrà attenersi al seguente principio di diritto: «La disciplina antiusura si applica sia agli interessi corrispettivi (e ai costi posti a carico della parte finanziata per il caso di regolare adempimento del contratto), sia agli interessi moratori (e ai costi posti a carico della medesima parte per il caso, e come conseguenza, dell’inadempimento), esclusa, invece, l’applicazione del c.d. criterio della sommatoria tra tasso corrispettivo e tasso di mora».

4.8. Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P. Q. M.

La Corte in accoglimento del terzo motivo di ricorso, assorbiti i primi due, cassa il decreto impugnato e rinvia la causa al Tribunale di Roma, perché decida, in diversa composizione, anche sulle spese del presente giudizio di legittimità, attenendosi al principio di diritto enunciato in motivazione.

Così deciso in Roma, il 17.3.2022.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.