Cucchi, colpo di scena. Terza perizia: grave malnutrizione e droga influenti nel decesso …

Il colpo di scena nel caso Cucchi non è sicuramente quanto ha dichiarato Il PM Musarò nella scorsa udienza, relativamente ad una “perizia segreta” dei Carabinieri.

Il processo inizia a rivelare connotati fantascientifici in cui Carabinieri, tra i quali Vertici, medici legali e docenti universitari, sarebbero stati d’accordo nel dirottare altrove le responsabilità a capo dei tre Carabinieri accusati di omicidio preterintenzionale.

Acquisizioni di documenti e indagini parallele che, come detto dall’avvocato Naso, difensore del Maresciallo Capo Roberto Mandolini, altro non fanno che gettare tonnellate di fango sull’Arma dei Carabinieri.

Ma veniamo al dunque. Le perizie sono oramai considerate ‘pilotate’ e il primo processo ancora in piedi viene definito ‘sbagliato’ facendo, secondo la Cucchi, ben sperare i Carabinieri.

Abbiamo spiegato nell’articolo precedente il perché il processo ai medici è ancora in piedi, smentendo con l’evidenza dei fatti, quanto dichiarato da Ilaria Cucchi, ovvero che il processo è in corso perché al comune di Roma interesserebbero i soldi del risarcimento. No. Il processo è in corso perché il Comune di Roma non poteva ritirare la costituzione di parte civile.

È proprio negli ambiti di questo processo che, sempre venerdì, è venuto fuori qualcosa di eclatante. Il vero colpo di scena che colpo di scena non è. È stata depositata la perizia, la terza, l’ennesima che scrive la verità: la morte di Stefano Cucchi non è conseguenza di percosse. Percosse che, non escludiamo (non abbiamo la presunzione di avere la verità in tasca, raccontiamo solo quella scritta negli atti) e che se ci sono state, è sacrosanto che siano punite.

E torniamo sullo stesso punto: percosse e non omicidio. Quanto a presunti depistaggi, se accertati anche quelli, saranno i giudici a decidere. Ma non è di depistaggi che si muore, così come non si muore per una vertebra fratturata. E la terza perizia lo ha messo nero su bianco.

A pagina 22 della stessa si legge: “l’attenta analisi dei dati necroscopici permette di escludere la sussistenza di lesività traumatiche intrinsecamente idonee a causare la morte. Tale giudizio, conforme a quello formulato dai periti di primo grado e dal CCTT del PM, si fonda sulla valutazione delle caratteristiche morfologiche delle lesività della cute, dei tessuti molli e della frattura ossea recente localizzata all’osso sacrale”. Ma non è tutto.

Secondo i periti “le uniche lesioni ascrivibili a traumi potenzialmente dotati di energia cinetica elevata, non risultano essere associati a lesioni degli organi nobili, né a lesioni di diramazioni vascolari principali, né a lesioni di strutture nervose, risultando, pertanto, prive di idoneità letifera (non sono mortali ndr)”.

La droga ha contribuito a determinare la morte

Ancora, nella perizia si legge che dagli esami tossicologici effettuati sui liquidi biologici e sui peli pubici, risulta l’assunzione pregressa di sostanze stupefacenti.

“Il rilievo nelle urine di oppiacei, cocaina e cannabinoidi in deboli tracce testimonia infatti, l’assunzione antecedente di alcuni giorni (verosimilmente antecedente al ricovero) delle suddette sostanze influente nel determinismo del decesso.

Questi reperti risultano del tutto conformi all’ipotesi della morte elettrica cardiaca e, nel contempo, escludono altre cause di morte”.

Grave malnutrizione

Il questo posto ai periti è stato quello di individuare condizioni cliniche preesistenti e/o omissioni mediche che abbiano causato la morte del Cucchi.

I periti rilevano che il Cucchi era in una condizione preesistente al ricovero, non delle migliori. A questo va aggiunta la dipendenza da sostanze stupefacenti, abuso di alcol, tabagismo e interazione con i farmaci.
Cucchi secondo i periti, già prima del ricovero era in una situazione di grave malnutrizione, condizione “che lo rendeva predisposto a sviluppare eventi aritmici fatali”.

“Oltre alla malnutrizione – si legge nella perizia – Stefano Cucchi era portatore di numerose condizioni preesistenti al ricovero favorenti lo status proaritmico e note per essere fattori di rischio di eventi aritmici fatali, come la poliassunzione di farmaci, le alterazioni strutturali e microscopiche del cuore legate all’uso dell’alcol, del fumo di sigaretta, di cocaina ed altre sostanze, ma anche stress legato all’arresto, detenzione e dolore per le lesioni traumatiche”.

Tra tutte queste condizioni i periti non hanno dubbi: l’aritmia fatale, che ha portato Stefano Cucchi alla morte è dovuta al suo grave stato di malnutrizione, già in atto prima del ricovero. “Il protrarsi del digiuno durante il ricovero al Pertini, con conseguenti bradicardia e ipoglicemia gravi, ha determinato il peggioramento delle condizioni generali Dino al decesso.

I periti non sono in grado di valutare con certezza una ipotesi di “salvezza con diversa cura”.

Quindi, non per lesioni, non per dolore, non per altro. Stefano Cucchi, secondo la lettura della perizia era già fortemente debilitato e malnutrito.

Che fosse sottopeso lo disse anche l’istruttore della palestra in udienza, tanto da non ammetterlo alla sua disciplina.

Altro che tapis roulant, altro che corsa ogni giorno. Il povero Stefano Cucchi era già molto debilitato sia dal punto di vista nutrizionale che per la sua storia di tossicodipendenza. Dire che stava bene, stando alla perizia, non risponde al vero. Oppure nessuno se ne era accorto.

Perizia

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