Dammi la fede, ed è con il tono imperativo e determinativo che fa scattare il reato di rapina aggravata (Corte di Cassazione, Sezione II Penale, Sentenza 12 aprile 2021, n. 13641).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IMPERIALI Luciano – Presidente –

Dott. MESSINI D’AGOSTINO Piero – Consigliere –

Dott. DE SANTIS Anna Maria – Consigliere –

Dott. ARIOLLI Giovanni – Rel. Consigliere –

Dott. COSCIONI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) REDA nato a (OMISSIS) il 01/04/20xx;

avverso l’ordinanza del 17/11/2020 del TRIB. LIBERTA’ di TORINO;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. GIOVANNI ARIOLLI;

lette le conclusioni del PG, Dott. STEFANO TOCCI, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

ricorso trattato con contraddittorio scritto ex art. 23, comma 8, D.L. n. 137/2020.

RITENUTO IN FATTO

1. (OMISSIS) Reda ricorre per cassazione per l’annullamento dell’ordinanza con cui il Tribunale di Torino ha accolto l’appello cautelare del pubblico ministero limitatamente alla riqualificazione del reato di cui al capo A) della rubrica provvisoria, da furto con strappo aggravato dalla minore difesa a rapina aggravata.

Al riguardo, deduce la violazione degli artt. 624-bis e 628 cod. pen. ed il vizio di motivazione. In particolare, il Tribunale aveva travisato la prova alla luce del tenore letterale delle dichiarazioni della p.o. la quale aveva escluso di essere stata minacciata; né nelle s.i.t. rilasciate emergevano specifiche circostanze di tempo e di luogo tali da indurre la p.o. a provare detto timore.

2. Il P.G. presso questa Corte, con requisitoria scritta del 24/2/2021, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è inammissibile.

La sottrazione della fede nunziale, a differenza di quella della catenina e del braccialetto direttamente sottratte dall’indagato, è dovuta alla condotta della p.o. la quale la sfilò dal dito perché intimorita a seguito dell’espressa intimazione rivoltale a mò di comando dal ricorrente, il quale utilizzò a tale specifico fine un verbo di carattere imperativo e determinativo, per come è stato ricavato dal contenuto delle dichiarazioni rese dalla p.o. in sede di s.i.t. (“perché me lo ha chiesto e mi ha fatto molto paura, difatti ero molto scosso e spaventato”) e di denuncia (“questi con fare minaccioso mi intimava di dargli la fede nunziale”).

Tenuto conto che la consegna della fede nunziale, per quanto precisato dai provvedimenti di merito, conseguiva alla delittuosa sottrazione di altri due oggetti di valore (la catenina e il braccialetto) ed avveniva a seguito del repentino manifestarsi dell’imputato (mentre la p.o. citofonava nella sua abitazione, sita in una via privata), correttamente si è ricondotto il contesto in cui si colloca l’ultima azione di impossessamento alla persistenza di una condizione di inferiorità psicologica dell’offeso alla quale l’imputato ha dato direttamente causa e di cui ha approfittato per ottenere l’ultimo valore preso di mira.

Il Tribunale del riesame risulta, quindi, avere fatto corretta applicazione del principio di diritto affermato da questa Corte secondo cui la minaccia costitutiva del reato di rapina, oltre che essere palese, esplicita e determinata, può essere manifestata in modi e forme differenti, ovvero in maniera implicita, larvata, indiretta ed indeterminata, essendo solo necessario che sia idonea ad incutere timore ed a coartare la volontà del soggetto passivo, in relazione alle circostanze concrete, alla personalità dell’agente, alle condizioni soggettive della vittima e alle condizioni ambientali in cui questa opera (cfr. Sez. 2, n. 44347 del 25/11/2010, Rv. 249183, fattispecie di illecita perquisizione strumentalmente diretta all’impossessamento di valori; Sez. 2, n. 41475 dell’8/6/2018, non mass.).

4. Consegue, ex lege, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di €. 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso, il 16/3/2021.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2021.

SENTENZA – copia non ufficiale -.