Danni da vaccini – nessun termine di prescrizione per i danni da vaccini per morbillo, parotite rosolia, prima della sentenza della Consulta del 2012 quando non c’era consapevolezza del diritto (Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 6 novembre 2023, n. 30752).

L A  C O R T E  S U P R E M A  D I  C A S S A Z I O N E

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUCIA ESPOSITO        – Presidente –

Dott. DANIELA CALAFIORE – Rel. Consigliere –

Dott. FRANCESCO BUFFA    – Consigliere –

Dott. ALESSANDRO GNANI – Consigliere –

Dott. ANGELO CERULO       – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso 88-2016 proposto da:

MINISTERO DELLA SALUTE, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;

– ricorrente –

contro

(omissis) (omissis), nella loro qualità di genitori esercenti la responsabilità genitoriale sulla figlia minore (omissis) (omissis) elettivamente domiciliati in (omissis) presso lo studio dell’avvocato (omissis) (omissis), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (omissis) (omissis);

controricorrenti

avverso la sentenza n. 432/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 09/10/2015 R.G.N. 444/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/10/2023 dal Consigliere Dott. DANIELA CALAFIORE.

Rilevato che:

con sentenza n. 432 del 2015, la Corte d’appello di Milano ha rigettato l’impugnazione proposta dal Ministero della Salute nei confronti degli odierni controricorrenti, genitori e legali rappresentanti della figlia minore, avverso la sentenza di primo grado che aveva condannato il medesimo Ministero, in relazione alla somministrazione alla bambina del vaccino trivalente (anti morbillo, parotite e rosolia) alla corresponsione dell’indennizzo previsto dalla legge per le patologie della I categoria della tabella A allegata al d.P.R n. 834 del 1981, a decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda, nonché ad erogare l’ulteriore indennizzo previsto dalla legge n. 229 del 2005 (consistente in un assegno vitalizio di importo pari a sei volte l’importo percepito dal danneggiato ai sensi della legge 210 del 1992 ed all’importo aggiuntivo una tantum, corrispondente al 30 % per ogni anno, dell’indennizzo dovuto ai sensi della legge n. 210 del 1992, per il periodo compreso tra il manifestarsi dell’evento dannoso e l’ottenimento del beneficio);

la Corte territoriale ha rigettato il motivo d’impugnazione basato sul decorso del termine triennale previsto dall’art. 3, comma 1, l. 210 del 1992 (essendo la domanda stata presentata in data 22 giugno 2010, a fronte della conoscenza del danno e del nesso di causalità intercorrente tra vaccinazione e danno collocabile temporalmente alla data del 5 luglio 2002, quando i genitori ebbero conoscenza della diagnosi di encefalopatia post vaccinica) ed ha confermato la sentenza del Tribunale la quale aveva dato atto che in data 15 giugno 2012 il Ministero aveva riconosciuto il nesso causale tra il vaccino inoculato e la patologia indicata in ricorso e che la natura assistenziale del diritto in questione ne determinava l’imprescrittibilità e la operatività della decadenza limitatamente al triennio antecedente alla presentazione della domanda;

conseguentemente, aveva riconosciuto il diritto a decorrere dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda e cioè dal 1.7.2010;

avverso tale sentenza, ricorre per cassazione il Ministero della Salute sulla base di un motivo al quale resistono con controricorso, illustrato da successiva memoria, i genitori della minore nella loro qualità;

il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte ai sensi dell’art. 23 bis d.l. n 137 del 2020 conv. in l. n. 176 del 2020;

all’esito della pubblica udienza del 14 dicembre 2021, questa Corte di cassazione, con ordinanza interlocutoria n. 1308 del 2022, ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, l. n. 210 del 1992 per violazione degli artt. 2,3, 32 e 38 Cost., nella parte in cui non prevede(va) limiti all’effetto decadenziale delle prestazioni de quibus e per l’effetto sospendeva il giudizio di legittimità;

con sentenza n. 35 del 2023, la Corte costituzionale ha, per quanto qui di interesse, dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, della legge 25 febbraio 1992, n. 210 (Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati), nella parte in cui, al secondo periodo, dopo le parole «conoscenza del danno», non prevede «e della sua indennizzabilità»;

in vista dell’odierna adunanza camerale, fissata ai sensi dell’art. 380 bis 1. c.p.c., i controricorrenti hanno depositato memoria;

il Collegio ha riservato il deposito della motivazione della decisione nel termine di giorni sessanta.

Considerato che:

con l’unico motivo di ricorso, il Ministero della Salute lamenta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 3, comma 1, della legge 210 del 1992 in quanto la sentenza impugnata non aveva tenuto conto del fatto che la domanda di indennizzo era stata presentata tardivamente rispetto al termine perentorio di tre anni previsto dalla citata disposizione, decorrente dal momento in cui gli interessati acquisiscono conoscenza del danno e del nesso di causalità intercorrente tra la vaccinazione ed il danno;

in particolare, deduce il ricorrente, la somministrazione del vaccino era avvenuta il 19 marzo 2002 ed a distanza di 11 giorni, la bambina aveva mostrato disturbi della deambulazione con disequilibrio e perdita delle forze dell’arto inferiore e superiore sinistro, accompagnata da sonnolenza, irritabilità, ridotto interesse per il contesto e regressione del linguaggio. Da tali sintomi, a seguito di ricovero e ripetuti esami, era derivata la diagnosi di encefalopatia post vaccina, come attestato dalla scheda di dimissioni del 5 luglio 2002 versata in atti;

nel giugno del 2003, la Commissione per l’accertamento degli stati di invalidità civile aveva accertato la totale invalidità con la medesima diagnosi; da ciò il determinarsi della definitiva decadenza, in piena coerenza con quanto affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 342 del 2006 e dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 7240 del 2014);

il motivo va rigettato;

con l’ordinanza interlocutoria n. 1308 del 2022, questa Corte di legittimità ha già disatteso l’eccezione di inammissibilità del motivo ricorso, rilevato dai controricorrenti e dalla Procura generale, sulla base della considerazione che l’interpretazione dell’art. 3, comma 1, l. n. 210 del 1992 propugnata dal ricorrente, qualora condivisa, varrebbe a privare di base normativa il ragionamento adottato dalla sentenza impugnata, senza con ciò interferire in alcun modo con l’accertamento in fatto dei presupposti storici della concreta fattispecie;

il ricorso ha dunque superato il vaglio di ammissibilità e va deciso nel merito;

in punto di fatto e stato già ritenuto incontrovertibile, perché pacifico tra le parti ed appurato dalla sentenza impugnata, che la piena consapevolezza del danno subito dalla minore e della sua derivazione causale dal vaccino fosse presente sin dal 5 luglio 2002, mentre la domanda amministrativa fu presentata il 22 giugno 2010, quando i tre anni previsti dall’art. 3, comma 1, l. n. 210 del 1992 erano certamente decorsi;

alla luce dell’intervento della Corte costituzionale sopra ricordata, che, con sentenza additiva, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, della legge n. 210 del 1992, nella parte in cui, al secondo periodo, dopo le parole «conoscenza del danno», non prevede «e della sua indennizzabilità», non vi e dubbio che nessun termine decadenziale poteva iniziare a decorrere prima della sentenza della Corte Costituzionale n. 107 del 2012;

la Corte Costituzionale, sottolineate le esigenze di solidarietà sociale e di tutela della salute del singolo, poste a fondamento della disciplina introdotta dalla legge n. 210 del 1992, ha ritenuto che la conoscenza del danno, che segna il dies a quo del triennio per la presentazione della domanda amministrativa, suppone che “[…] il danneggiato abbia acquisito consapevolezza non soltanto dell’esteriorizzazione della menomazione permanente dell’integrità psico-fisica e della sua riferibilità causale alla vaccinazione, ma anche della sua rilevanza giuridica, e quindi dell’azionabilità del diritto all’indennizzo […]”;

pertanto, “[…] l’art. 3, comma 1, della legge n. 210 del 1992, ove dispone che il termine di tre anni per la presentazione della domanda, pur a fronte di una prestazione indennitaria “nuova”, ovvero di una “nuova” categoria di beneficiari, aggiunta dalla sentenza di illegittimità costituzionale, decorra comunque dal pregresso momento di conoscenza del danno, pone una limitazione temporale che collide con la garanzia costituzionale del diritto alla prestazione, ne vanifica l’esercizio e, in definitiva, impedisce il completamento del “patto di solidarietà” sotteso alla pronuncia additiva.

L’impossibilita di presentare la domanda volta all’indennizzo dei danni da vaccinazione contro il morbillo, la parotite e la rosolia in un periodo precedente alla pubblicazione della sentenza n. 107 del 2012, cos, come resa evidente dalla previsione del termine decadenziale di cui al censurato art. 3, comma 1, della legge n. 210 del 1992, si pone in contrasto con i richiamati artt. 2 e 32 Cost. [.] E anzi, alla compressione del diritto a ottenere l’indennizzo nella fase antecedente alla sentenza n. 107 del 2012 si unisce l’illogica pretesa che gli interessati rispettassero un termine per la proposizione di una domanda relativa a un indennizzo per il quale, al momento in cui ebbero conoscenza del danno, non avevano alcun titolo.

L’effettività del diritto alla provvidenza dei soggetti danneggiati da vaccinazioni impone, pertanto, di far decorrere il termine perentorio di tre anni per la presentazione della domanda, fissato dall’art. 3, comma 1, della legge n. 210 del 1992, dal momento in  cui  l’avente  diritto  risulti  aver  avuto  conoscenza dell’indennizzabilità del danno.

Prima di tale momento, infatti, non é possibile che il diritto venga fatto valere, ai sensi del principio desumibile dall’art. 2935 cod. civ. [.]”; dall’applicazione della nuova formulazione dell’art. 3, comma 1, della legge n. 210 del 1992 alla presente fattispecie, discende con chiarezza che nessuna decadenza può essersi realizzata, giacche la domanda di riconoscimento del diritto ha preceduto il momento in cui, per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 107 del 2012, la lesione subita e divenuta oggettivamente indennizzabile;

il motivo di ricorso risulta quindi infondato e va rigettato;

la complessiva novità della questione posta dal motivo di ricorso, risolta attraverso l’intervento della Corte Costituzionale, determina le condizioni per la totale compensazione tra le parti del presente giudizio di legittimità;

risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, sicché non trova applicazione il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;

dichiara interamente compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Dispone che in caso di diffusione siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti menzionati nella decisione, a norma del D.lgs. 196 del 2003, Art. 52.

Così, deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12 ottobre 2023.

Il Presidente Lucia Esposito

Depositato in Cancelleria il 6 novembre 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.

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A soccombere é il Ministero della Sanità quindi gli si evitano di pagare le spese processuali ai controricorrenti (cittadini); domanda: é discriminazione?