Danno da demansionamento: risarcimento tassato se indicato genericamente (Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, Sentenza 27 marzo 2023, n. 8615).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. DE ROSA Maria Luisa – Consigliere –

Dott. LENOCI Valentino – Consigliere –

Dott. CRIVELLI Alberto – Rel. Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 12888/2016 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, sezione staccata di Salerno n. 10430, depositata il 23 novembre 2015.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21 febbraio 2023 dal Consigliere Dott. Alberto Crivelli.

RILEVATO CHE

1. La contribuente chiedeva il rimborso delle trattenute IRPEF e addizionali relative, operate sul risarcimento del danno ottenuto dal datore di lavoro (Comune di (OMISSIS)), nell’ambito di un contenzioso instaurato per asserito demansionamento, e risolto con conciliazione stragiudiziale.

La CTP adita avverso il silenzio-rifiuto respingeva il ricorso, mentre la CTR riformava la decisione accogliendo l’istanza della contribuente.

2. L’Agenzia delle entrate propone così ricorso in cassazione affidato ad un unico motivo.

3. La contribuente è rimasta intimata nonostante la regolare notifica perfezionatasi il 25 maggio 2016.

CONSIDERATO CHE

1. Con l’unico motivo l’Agenzia delle entrate, rilevato che la transazione intervenuta fra la contribuente e il proprio datore di lavoro interveniva nell’ambito di un giudizio di demansionamento e che la stessa prevedeva la corresponsione di una somma a titolo di “risarcimento del danno morale, professionale e biologico” senza operare alcuna distinzione, e ulteriormente osservando che alcun elemento era stato fornito, riteneva l’erroneità della decisione d’appello che avrebbe dovuto ritenere interamente tassabile l’importo anche in base alla giurisprudenza di questa Corte.

2. Il motivo è fondato, in quanto non risulta che la transazione abbia distinto le voci risarcitorie, né risulta in alcun modo che sia stato verificato un danno “morale” o “biologico”, comunque non patrimoniale a seguito del demansionamento, oggetto della controversia cui la transizione ha posto fine.

Invero, la mera e generica affermazione contenuta nel verbale appare del tutto insufficiente a configurare i presupposti di un risarcimento esente da tassazione.

Va infatti ricordato che le somme che vengano riconosciute al fine di risarcire il danno inerente al mancato percepimento di un reddito da lavoro – presente o futuro – ivi compresa dunque l’inabilità temporanea, (lucrum cessans) sono soggette alla tassazione del reddito che il risarcimento è preposto a sostituire od integrare, in base al principio espresso dall’art. 6, comma 2, TUIR (in tal senso Cass. 21/02/2019, n. 5108), mentre rimane esente (oltre al danno conseguente a morte od invalidità permanente) solo quel risarcimento che è corrisposto per danni non patrimoniali, oppure per quei danni che non possono essere comunque assimilati ad un reddito, bensì al patrimonio (c.d. danno emergente, in proposito Cass. 05/05/2022, n. 14329).

Così, proprio per il caso del demansionamento, occorre appunto distinguere fra danni derivanti da perdita di reddito, sicuramente tassabile, e quello derivante dall’impoverimento della capacità professionale, con connessa perdita di chances, biologico, medicalmente accertabile, esistenziale, cioè il pregiudizio di natura non meramente emotiva ed interiore, che ne alteri le abitudini e gli assetti relazionali, morale, da sofferenza interiore, ed infine all’immagine professionale ed alla dignità personale, non tassabili.

Tutte tali ulteriori voci sono esenti da tassazione (per quanto riguarda quello da perdita di chances del lavoratore, cfr. anche la stessa circolare dell’Agenzia n.185/E/2022).

In conformità al seguente principio di diritto <<In applicazione della regola tratta dall’art. 6, comma 2, TUIR, per cui le somme che vengano riconosciute al fine di risarcire il danno inerente al mancato percepimento di un reddito da lavoro – presente o futuro – ivi compresa dunque l’inabilità temporanea, (lucrum cessans) sono soggette alla tassazione del reddito che il risarcimento è preposto a sostituire od integrare, mentre rimangono esenti quelle somme corrisposte (oltre che per il danno conseguente a morte od invalidità permanente) a titolo di risarcimento di danni non patrimoniali, o che attengono al patrimonio (c.d. danno emergente, in proposito Cass. 05/05/2022, n. 14329), in tema di demansionamento, occorre distinguere fra danni derivanti da perdita di reddito, sicuramente tassabile, e danni derivanti dall’impoverimento della capacità professionale, con connessa perdita di chances, biologico, medicalmente accertabile, esistenziale, cioè il pregiudizio di natura non meramente emotiva ed interiore, che ne alteri le abitudini e gli assetti relazionali, morale, da sofferenza interiore, ed infine all’immagine professionale ed alla dignità personale, non tassabili>> va, ulteriormente, statuito che: <<sotto il profilo della distribuzione del relativo onere probatorio, spetta al contribuente la dimostrazione della sussistenza dei presupposti fattuali e normativi per il configurarsi, nel caso concreto, di tali ultime tipologie di danni esenti>>.

Nella specie, aldilà della generica dizione dell’atto transattivo, che come osservato ed emerge dalla stessa sentenza d’appello, non distingue le tipologie di danno, la sussistenza dei suddetti presupposti rimane affidata dalla sentenza impugnata alla mera dichiarazione delle parti ed è ben lungi dall’aver esaminato eventuali prove il cui onere incombe sulla contribuente per quanto detto (in tal senso Cass. 08/05/2015, n. 9353).

3. Il ricorso dev’essere, dunque, accolto e la sentenza impugnata dev’essere cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado, che provvederà altresì alla liquidazione delle spese.

P. Q. M.

La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata; rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, sezione staccata di Salerno, in diversa composizione, che provvederà altresì alla liquidazione delle spese.

Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2023.

Depositata in Cancelleria il 27 marzo 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.