Deportato nei campi di sterminio tedeschi: manca la prova. Rigetto assegno vitalizio.

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA TOSCANA

IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Sul ricorso iscritto al n. 59777/PG del registro di Segreteria, proposto dai signori F.B., M.P.e M.T.P., tutti rappresentati e difesi dall’avvocato Luigi Brienza presso il quale sono elettivamente domiciliati in Roma, via Cola di Rienzo n. 28, avverso le determinazioni della Commissione per le Provvidenze agli ex Deportati nei campi di sterminio KZ tutte aventi data 19 novembre 2013: a) n. 060501 nei confronti della sig.ra F.B.; b) 060502 nei confronti della sig.ra M.T.P.; c) 060503 nei confronti del sig. M.P. per la declaratoria della spettanza al sig. E.P.(defunto il 6 luglio 2010), e per lui agli eredi oggi ricorrenti, del diritto alla percezione dell’assegno vitalizio di cui all’art. 1 della l. n. 791/80, con decorrenza dalla originaria domanda che diede luogo alla prima determinazione negativa (cioè dall’1 novembre 1984, primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda).

Nella pubblica udienza del 2 luglio 2015, non comparsa la parte ricorrente, è comparsa la dott.ssa Adele Scafa per l’Amministrazione.

Visto l’atto introduttivo del giudizio;

Visti gli atti e documenti di causa.

FATTO e DIRITTO

Il sig. Edoardo Pucci, deducono i ricorrenti, all’età di 15 anni a seguito di rastrellamento subito dalla FF.AA. tedesche in data 13 giugno 1944, fu invitato ad aderire alla R.S.I. e, a seguito di suo rifiuto, le SS lo deportarono in Germania in data 8 agosto 1944.

Giunto in Germania secondo le parti ricorrenti egli fu destinato al campo di concentramento di Dachau sotto la vigilanza delle SS. venendo anche destinato, per alcuni periodi, ai campi di Ismaning e Poing ed in tale periodo venne obbligato a lavori altamente stressanti con orari massacranti di lavoro ed in pessime condizioni igieniche ed ambientali, il tutto, secondo la prospettazione attorea, per un anno e sotto il controllo delle SS.

Il sig. E.P.venne liberato dalle truppe alleate, dopo la fine del conflitto, rimpatriato nell’ottobre del 1945 ed in seguito chiese dapprima l’indennizzo previsto dal DPR 2043/63, respinto con deliberazione del 23 giugno 1967, mentre con domanda del 23 giugno 1984 presentò ulteriore istanza volta al trattamento dell’assegno vitalizio di cui all’art. 1 l. 18 novembre 1980 n. 791, anch’essa respinta con deliberazione n. 1368 del 3 aprile 1987.

Gli odierni ricorrenti, quindi, a titolo di eredi (sig.ra F.B. nella qualità di vedova ed i sigg.ri M.T.P. e M.P.nella qualità di orfani) proponevano tutti in data 10 aprile 2013 autonome istanze ai sensi dell’art. 1 della legge 29 gennaio 1994 n. 9 (siccome modificato dall’art. 7 bis della l. n. 31/2008), che prevede la reversibilità dell’assegno vitalizio ai familiari superstiti, verificandosi gli altri requisiti prescritti dalla legge, e con spettanza anche ai familiari di quanti sono stati deportati nelle circostanze di cui all’art. 1 della l. n. 791/80, e non fruivano del beneficio poiché non avevano prodotto domanda per ottenere il previsto assegno vitalizio.

Le determinazioni epigrafate dell’Amministrazione furono tutte di rigetto in quanto non risultava provato che il sig. E.P.fosse stato deportato in un campo di sterminio nazista KZ.

Le parti ricorrenti impugnavano le determinazioni per erronea considerazione dei presupposti in fatto ed in diritto, non avendo l’Amministrazione adeguatamente considerato che vi era agli atti un atto notorio dal quale risultava che il sig. E.P.era stato catturato prigioniero dai tedeschi e deportato nel campo di Dachau, e peraltro sussisteva una decisione dell’organo di appello dell’O.I.M. del 21 dicembre 2006 (organizzazione internazionale per le Migrazioni costituito dalla legge tedesca per determinare un indennizzo per chi aveva lavorato in condizioni di schiavitù o lavoro forzato).

Secondo le parti ricorrenti i due detti documenti, unitamente al riconoscimento postumo effettuato dalla Prefettura di Massa Carrara, costituivano sufficiente base probatoria, anche ai sensi della decisione della Corte dei conti SS.RR 6/98/QM, per fondare la spettanza dell’indennizzo.

In data 9 marzo 2015 il Ministero dell’Economia e delle Finanze Dipartimento dell’Amministrazione Generale del Personale e dei Servizi del Tesoro Direzione dei Servizi del Tesoro controdeduceva in ordine alle pretese attoree e chiedeva il rigetto del ricorso.

Nell’odierna udienza di discussione, non comparsa la parte ricorrente, l’Amministrazione insisteva per il rigetto del ricorso per assenza dei requisiti; quindi la causa veniva introitata per la decisione.

Il ricorso è infondato e va rigettato con tutte le conseguenze di legge.

Occorre in via iniziale rimarcare che quanto allegato nell’atto notorio era stato smentito dal Comitato Internazionale della Croce Rossa di Ginevra che, con nota del 27 luglio 1987, affermava che da ricerche effettuate presso il SIR di Arolsen nulla risultava negli archivi nei riguardi del sig. Edoardo Pucci.

In ordine all’onere probatorio in tema di giudizi pensionistici, ed in specie in questo tipo di giudizio è noto che a seguito della soppressione dell’intervento in genere del pubblico ministero nell’ambito del processo pensionistico (in cui residuano alcuni attribuzioni, quale la presenza nel procedimento presso le Sezioni Riunite per la soluzione di questioni di massima, cfr. SS.RR. 6 ottobre 1997 n. 37/QM e il ricorso in via principale nell’interesse della legge, cfr. art. 6, comma 6, l. n. 19/94), il giudizio pensionistico (pubblico) ha assunto la configurazione di giudizio governato dall’eguale potere dispositivo assegnato alla parti nel corso del processo (cfr. Corte conti, SS.RR. 13 settembre 1995 n. 20/QM), che comporta l’onere per i soggetti, ex art. 2697 c.c., di allegare i fatti (e le prove dei fatti) rilevanti nella causa, cfr. Corte conti, sez. III Centr. 21 settembre 1999 n. 225, ed all’Amministrazione l’onere di proporre le eccezioni non rilevabili d’ufficio.

Tanto premesso, occorre applicare questi fondamentali principi in tema di fase istruttoria alla presente tipologia di giudizio che, pur non richiedendo una certezza assoluta necessita di una base indiziaria idonea perlomeno a fondare un supplemento istruttorio.

Appare nella specie non sussistente il requisito dei metodi particolarmente afflittivi praticato dal regime: cfr. SS.RR. 6/98/QM in data 16 febbraio 1998.

In specie con riferimento alla vigilanza adottata nel campo di concentramento non appare provato se fossero, cioè, utilizzati i corpi della polizia civile e delle forze armate (Wermacht) oppure la Gestapo o le SS.

Non può pertanto affermarsi che il campo di concentramento in cui era costretto il sig. Pucci fosse sotto il profilo organizzatorio sia sotto l’aspetto sanzionatorio gestito da SS, Gestapo e SS straniere con assimilazione ai campi KZ, ai sensi della normativa di specie volta alla concessione dell’assegno vitalizio.

La strumentazione probatoria a disposizione di questa autorità giudicante non appare pertanto idonea, perché non avvalorata da altra documentazione (documentazione bibliografica e fotografica) perlomeno per un supplemento istruttorio: cfr. questa Sezione 16 agosto 2006 n. 482, Sezione giurisdizionale Regione Puglia n. 9 del 9 gennaio 2015 e Sez. I Centr. n. 449/2013.

Pertanto non appare idoneamente provato il diritto del sig. E.P.alla spettanza del benefici previsti dall’art. 1 della l. 18 novembre 1980 n. 7911, e quindi agli eredi di avvalersi del menzionato beneficio vitalizio per cui l’odierno ricorso va rigettato.

Sono compensate le spese processuali.

P.Q.M.

La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Toscana, definitivamente pronunciando sul ricorso proposto dai signori F.B., M.P.e M.T.P. avverso Ministero dell’Economia e delle Finanze Dipartimento dell’Amministrazione Generale del Personale e dei Servizi del Tesoro Direzione dei Servizi del Tesoro – determinazioni della Commissione per le Provvidenze agli ex Deportati nei campi di sterminio KZ-, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, rigetta il ricorso nei sensi di cui in motivazione.

Sono compensate integralmente le spese di lite.

Così deciso in Firenze nella Camera di Consiglio del 2 luglio 2015 successiva all’udienza del 2 luglio 2015. .

La presente sentenza è stata pronunciata all’udienza odierna ai sensi dell’art. 429 c.p.c. (come modificato dall’art. 53, comma 2, del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008 n. 133) dando lettura del dispositivo e dell’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto, con deposito contestuale in segreteria.

Il Giudice Unico

f.to cons. Angelo BAX

Depositata in Segreteria il 10 luglio 2015
Il Direttore di Segreteria

f.to Paola Altini