REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –
Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –
Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –
Dott. DE MARINIS Nicola – Rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 23590-2020 proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS) elettivamente domiciliato in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS) rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
A.S.L. (OMISSIS) in persona del Direttore Generale pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS) rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1416/2020 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 27/05/2020 R.G.N. 1824/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/01/2023 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ROBERTO MOCCI che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS) (OMISSIS);
FATTI DI CAUSA
– Con sentenza del 27 maggio 2020, la Corte d’Appello di Napoli confermava la decisione resa dal Tribunale di Napoli ed accoglieva parzialmente la domanda proposta da (OMISSIS) (OMISSIS) nei confronti dell’Azienda Sanitaria Locale (OMISSIS) riconoscendo il risarcimento del danno per la mancata riammissione in servizio all’atto della cessazione della sospensione obbligatoria dal servizio conseguente all’applicazione a carico del (OMISSIS) della misura cautelare degli arresti domiciliari cessata il 13.3.2009 solo per il periodo successivo all’offerta formale della prestazione lavorativa formulata dal (OMISSIS) (OMISSIS) il 30.12.2012 precedente all’accoglimento da parte della ASL datrice della richiesta di rientrare in servizio intervenuta solo in data 15.3.2013;
– La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto, stante la mancata previsione da parte dell’art. 92, d.P.R. n. 3/1957 delle modalità di esercizio del diritto del lavoratore alla riammissione in servizio, se automaticamente per impulso del datore di lavoro ovvero invece su richiesta del lavoratore che potrebbe non avere interesse alla ripresa dell’attività lavorativa e l’inconfigurabilità di un obbligo del datore di lavoro, una volta cessata la causa di sospensione, di richiamare o riammettere in servizio il lavoratore, che il lavoratore deve offrire la sua prestazione lavorativa o ritornando o chiedendo di ritornare potendo solo in tal caso scattare la mora credendi del datore di lavoro con tutte le conseguenze di legge;
– Per la cassazione di tale decisione ricorre il (OMISSIS) affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, la ASL (OMISSIS);
– che la causa, trattata innanzi alla sesta sezione all’udienza del 6.7.2022, in vista della quale entrambe le parti avevano presentato memoria, in difetto dei presupposti per la decisione in quella sede, veniva rimessa alla sezione IV, con assegnazione per la decisione all’odierna udienza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
– Con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli 19, CCNL 3.11.2005, 29, comma 2 e 35, comma 3, CCNL 5.12.2006, 97, comma 1, Cost. e 3, I. n.97/2001, art. 1418 c.c., lamenta che la Corte territoriale avrebbe frainteso la quaestio iuris sottesa alla controversia: tale questione risiedeva non nell’esistenza o meno dell’obbligo del soggetto datore di richiamare o riammettere in servizio il lavoratore, bensì nell’illegittimità del comportamento dell’Asl, che avrebbe prolungato la sospensione dal servizio senza, peraltro, aver mai disposto a carico del (OMISSIS) la sospensione facoltativa o aver avviato il relativo procedimento disciplinare;
– Con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli 97 Cost. 97 T.U. n. 3/1957, 1207, 1208, 1218, 1219, 1175, 1176 e.e., il ricorrente lamenta la non conformità a diritto della statuizione resa dalla Corte territoriale ed intesa a negare al la restitutio in integrum della posizione economica da ritenersi viceversa operante, anche in difetto di offerta della prestazione lavorativa, ove la Corte stessa avesse correttamente interpretato il comportamento dell’ASL datrice come illegittimo prolungamento della sospensione obbligatoria dal servizio non seguito dall’assunzione degli ulteriori provvedimenti della sospensione facoltativa o dall’avvio del procedimento disciplinare;
– Con il terzo motivo, rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione degli artt. 33, 35, 36, 44, 48 CCNL di comparto relativo al quadriennio economico 2002-2005 nonché primo biennio economico 2006-2007 del CCNL 17.10.2008 relativo al quadriennio normativo 2006-2009 nonché secondo biennio economico 2008/2009 del CCNL 6.5.2010, il ricorrente lamenta la non conformità a diritto della statuizione con cui la Corte territoriale ha sancito l’infondatezza della censura relativa alla quantificazione delle somme dovute per il periodo in relazione al quale aveva riconosciuto il diritto del ricorrente alla restitutio in integrum, assumendo l’erroneità del convincimento espresso dalla Corte medesima per il quale la pretesa del ricorrente doveva ritenersi limitata al riconoscimento del 50% della retribuzione originariamente decurtata per affermare il diritto del ricorrente a percepire il trattamento retributivo attualizzato in base agli intervenuti rinnovi contrattuali;
– Gli esposti motivi, i quali, in quanto strettamente connessi possono essere trattati congiuntamente, meritano accoglimento nei sensi qui di seguito chiariti alla luce dell’orientamento accolto da questa Corte (cfr. Cass. n. 5813/2022) secondo cui, a tenore dell’art. 4, I. n. 97/2001, la sospensione cautelare perde efficacia se per il fatto delittuoso imputato al dipendente è successivamente pronunciata sentenza di proscioglimento o di assoluzione, anche non definitiva, derivandone a carico dell’amministrazione l’obbligo di assumere le determinazioni consequenziali, ovvero di disporre la riammissione in servizio del dipendente, con atto ricognitivo del venir meno della causa di sospensione, presupponendo la funzionalità del rapporto, a tutela di una fondamentale esigenza di certezza oltre che in applicazione dei principi di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione, il previo formale invito a riprendere servizio, diretto dall’amministrazione datrice al dipendente.
– Ciò comporta altresì l’integrale restitutio in integrum in ordine alle retribuzioni dovute, come già statuito da Cass. n. 4411/21, integrale restitutio in integrum che risulta dovuta quando il procedimento disciplinare non venga neppure attivato (come accaduto nel caso di specie).
– Pertanto, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione, che provvederà in conformità, disponendo altresì in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’11.1.2023.
Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2023.