REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ACIERNO Maria – Presidente –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – Rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 34291-2019 proposto da:
REGIONE ABRUZZO 80(OMISSIS)61, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente –
contro
SATAM SRL, in persona del suo Amministratore e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL (OMISSIS) 38, presso lo studio dell’avvocato Vincenzo (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato Arcangelo (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 644/2019 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 10/04/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 13/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott.ssa Laura SCALIA.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
1. La Regione Abruzzo ricorre con unico motivo per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata con cui la Corte di appello dell’Aquila, ha confermato la sentenza di primo grado, pronunciata in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ottenuto da Satam S.r.l. per il pagamento del credito, quantificato dal commissario ad acta nominato dal Tar, relativo al consuntivo dei costi economici standardizzati del servizio di trasporto per le annualità 1987-2002.
La posta era relativa alle somme dovute in pagamento a titolo di conguaglio del contributo di esercizio per il medesimo periodo a Satam per l’attività svolta per il servizio di trasporto urbano ed extraurbano, ex legge n. 151 del 1981 e legge regionale n. 62 del 1983, per compensare l’impresa della non remuneratività del servizio reso, in ragione degli obblighi tariffari imposti per legge e della particolare onerosità di alcune linee di trasporto.
2. Con unico articolato motivo la ricorrente fa valere la violazione degli artt. 112, 183 e 188 c.p.c. nonché dell’art. 1224, comma 2, c.c., per avere ritenuto la Corte di merito, nel confermare la decisione di primo grado, che l’intervenuta introduzione nel giudizio di opposizione al titolo monitorio della domanda di maggior danno ex art. 1224, secondo comma c.c., integrando una mera emendatio libelli, potesse essere introdotta anche in sede di precisazione delle conclusioni là dove, come nella specie, il creditore avesse rivendicato detta posta rapportandola a parametri fissi e non alle particolari condizioni in cui egli si era venuto a trovare durante la mora, solo in quest’ultimo caso egli introducendo un fatto costitutivo nuovo rispetto a quello azionato.
Il creditore di un’obbligazione di valuta che voglia ottenere il ristoro del pregiudizio da svalutazione monetaria ha l’onere di domandare il risarcimento del maggior danno e non può limitarsi a richiedere la condanna al pagamento del capitale e degli interessi al tasso legale, ma non il maggior danno.
Satam aveva richiesto inizialmente la somma di euro 164.798,03 con gli interessi al tasso legale dalla domanda al soddisfo e non poteva in sede di conclusioni integrare la propria istanza chiedendo il pagamento della somma di curo 124.408,34, come determinata dal ctu, oltre gli interessi legali ex art. 1224 c.c., il maggior danno da svalutazione monetaria ex art. 1224, secondo comma c.c. a far data, rispettivamente, dal 1 gennaio del secondo anno successivo a ciascuna annualità di contributo sino all’effettivo soddisfo.
3. Il motivo è infondato per i principi di seguito indicati.
3.1. Nel giudizio di opposizione ad ingiunzione, mentre integra una consentita “emendatio libelli” la richiesta degli interessi (legali o convenzionali) dovuti per l’inadempimento dell’obbligazione o il maggior danno di cui all’art. 1224, secondo comma, cod. civ. invocato secondo parametri fissi, integra invece una domanda autonoma, riconvenzionale, la richiesta di tale maggior danno rapportata alle particolari condizioni in cui si è trovato il creditore durante la mora, introducendosi in tal caso non già un mero ampliamento quantitativo del “petitum“, ma un fatto costitutivo del credito per danni reclamato, radicalmente differente rispetto a quello azionato, nonché sottoponendosi al giudice un nuovo tema di indagine avente ad oggetto la verifica delle condizioni soggettive del creditore durante la mora (Cass. 08/07/2010, n. 16155).
3.2. Nel procedimento per decreto ingiuntivo, sebbene nella fase monitoria la cognizione del giudice di merito sia limitata al solo credito, con esclusione di ogni voce di maggior danno ex art. 1224 cod. civ., la domanda inerente tale ultima categoria di danno, proposta con il ricorso ex art. 633 cod. proc. civ., deve essere considerata validamente rientrante nel “thema decidendum” della fase a cognizione piena, pur difettando una formale riproposizione della medesima nella costituzione in sede di giudizio di opposizione (Cass. 07/08/2013 n. 18767).
3.3. La ricorrente contesta l’applicazione del principio nel rilievo che il creditore avrebbe dovuto dedurre e provare il maggior danno e che tanto non aveva fatto ma, così facendo, non si avvede la deducente che il principio di cui i giudici di appello fanno applicazione vuole proprio esonerare da prova il creditore là dove egli invochi a definizione del maggior danno l’applicazione di parametri fissi sicché il maggior danno può ritenersi esistente in via presuntiva in tutti i casi in cui, durante la mora, il saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato con scadenza non superiore a dodici mesi sia stato superiore al saggio degli interessi legali.
3.4. Ricorrendo tale ipotesi, il risarcimento del maggior danno spetta a qualunque creditore, quale che ne sia la qualità soggettiva o l’attività svolta, fermo restando che se il creditore domanda, a titolo di risarcimento del maggior danno, una somma superiore a quella risultante dal suddetto saggio di rendimento dei titoli di Stato, avrà l’onere di provare l’esistenza e l’ammontare di tale pregiudizio, anche per via presuntiva.
4. La ricorrente non ha fatto valere che il maggior danno riconosciuto alla società sia stato quello proprio della rivestita qualità soggettiva e non si è confrontato con la regola applicata invece dalla Corte di merito, insistendo sulla necessità per il creditore che invochi il maggior danno di dare prova ed allegazione del maggior danno risentito, che avrebbe evitato con un pagamento tempestivo, non cogliendo la differenza, negli esiti, tra “danno da parametro fisso” e “danno da condizione soggettiva” del creditore, quest’ultimo esito di autonoma allegazione e prova che non può essere ricompreso, per ciò stesso, in quanto portatore di nuovo accertamento, nell’originario oggetto della domanda e quindi introdotto in sede di conclusioni, al di fuori delle scansioni proprie del codice di rito.
5. Il ricorso è infondato e la Regione ricorrente va condannata a rifondere a Satam S.r.l. le spese di lite secondo soccombenza, liquidate come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della 1. n. 228 del 2012, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a nonna del comma 1- bis, dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere a Satam S.r.l. le spese di lite che liquida in curo 5.100,00 di cui euro 100,00 per esborsi oltre spese forfettarie al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della 1. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1- bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, alla camera di consiglio della sesta sezione civile, in data 13 maggio 2021.
Depositata in Cancelleria il 26 luglio 2021.