Durante una festa di compleanno, un invitato schernisce l’imputato offendendo il cugino disabile; rotta una bottiglia ferisce l’ospite (Corte di Cassazione, Sezione V Penale, Sentenza 14 marzo 2023, n. 10975).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SABEONE Gerardo – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Eduardo – Consigliere –

Dott. SCARLINI Enrico Vittorio Stanislao – Rel. Consigliere –

Dott. GUARDIANO Alfredo – Consigliere –

Dott. PISTORELLI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS), nato il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza del 15/10/2021 della CORTE APPELLO di PALERMO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere dott. ENRICO VITTORIO STANISLAO SCARLINI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, dott.ssa MASTROBERARDINO PAOLA, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

udito il difensore avvocato Diego (OMISSIS) si riporta ai motivi di ricorso e insiste per l’accoglimento dello  stesso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 15 ottobre 2021, la Corte di appello di Palermo confermava la sentenza del Tribunale di Trapani che aveva ritenuto (OMISSIS) (OMISSIS) (OMISSIS) colpevole del delitto di cui agli artt. 582 e 585 c.p. consumati in danno di (OMISSIS) (OMISSIS) e di (OMISSIS) (OMISSIS) (colpendoli, entrambi – (OMISSIS) volendo attingere (OMISSIS) e quindi ex art. 82 c.p. – con una bottiglia di vetro infranta), riconosciuta la circostanza attenuante della provocazione giudicata equivalente alle aggravanti contestate, irrogando la pena indicata in dispositivo.

1.1. In risposta ai dedotti motivi di appello, la Corte distrettuale osservava quanto segue.

Nel corso di una festa di compleanno alla quale avevano preso parte tutti i protagonisti dell’odierno processo (insieme ad altri cittadini rumeni, in un casolare di campagna) era scoppiata una lite all’esito della quale l’imputato aveva colpito, con una bottiglia di vetro infranta, prima (OMISSIS) (OMISSIS) e, poi, anche (OMISSIS) (OMISSIS) quando questa si era intromessa per difendere il congiunto.

La ricostruzione dell’accaduto, offerta dalle convergenti dichiarazioni delle due persone offese, aveva trovato un adeguato riscontro nelle emergenze dei certificati medici in cui si erano attestate le imponenti lesioni riportate, nel dettaglio, nel capo d’imputazione (a (OMISSIS) al capo, a (OMISSIS) alla mano destra).

A fronte di tale complessivo quadro ben poca rilevanza avevano le lievi lesioni che l’imputato si era fatto refertare il giorno successivo al fatto.

Le discrasie evidenziate nel racconto delle persone offese si erano appuntate su particolari, dell’intera vicenda, del tutto secondari, come la presenza in loco della moglie dell’imputato (che non aveva rivestito un ruolo significativo nell’occorso).

La lite era scoppiata perché (OMISSIS) (OMISSIS) aveva schernito l’imputato, offendendone il cugino disabile.

A questa offesa, che aveva determinato il riconoscimento dell’attenuante della provocazione, l’imputato aveva risposto aggredendo (OMISSIS) e colpendo (OMISSIS) che si era intromessa.

Così ricostruito l’accaduto, non era possibile riconoscere l’invocata causa di giustificazione della legittima difesa, avendo l’imputato reagito accettando una sfida, quando il pericolo non era più attuale e nonostante gli fosse consentito un commodus discessus.

Circostanze queste – la mancata attualità del pericolo e la non inevitabilità della reazione – che impedivano anche di riconoscergli l’ipotesi di cui all’art. 55 c.p., l’eccesso colposo della medesima causa di giustificazione.

2. Propone ricorso l’imputato, a mezzo del proprio difensore, articolando le proprie censure in tre motivi.

2.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in riferimento al mancato riconoscimento della causa di giustificazione della legittima difesa.

La Corte d’appello aveva equivocato parlando di assoluta inevitabilità della reazione al pericolo, posto che, invece, tale condizione attiene solo alla diversa scriminante dello stato di necessità.

La valutazione richiesta in ordine alla sussistenza della legittima difesa era quella, diversa, della “inevitabilità relativa” della reazione, una condizione che certo ricorreva nel caso concreto, dato che l’imputato si era trovato a fronteggiare un’aggressione, inaspettata, ad opera della persona offesa, quando poi era in condizioni di minorata difesa (perché in compagnia dei propri familiari la cui presenza gli impediva anche di allontanarsi dal luogo), in condizione fisica deteriore rispetto all'(OMISSIS) (che era di complessione più robusta), ed aveva anche dovuto prendere le difese del cugino, portatore di grave disabilità, costretto a muoversi su una sedia a rotelle.

Una complessiva situazione che doveva esser riconosciuta quantomeno ai sensi dell’art. 55 c.p..

Né potevano essere tacciate di genericità e di inattendibilità le dichiarazioni della moglie e del cugino dell’imputato, che avevano diversamente (rispetto alle persone offese) ricostruito la dinamica dell’accaduto (riferendo che l’imputato era stato aggredito, anche da altri familiari di (OMISSIS) e (OMISSIS) (OMISSIS), presenti alla festa), solo deducendolo dalle lievi lesioni patite dall’imputato.

2.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione di legge ed il difetto di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di lesioni a danno di (OMISSIS) (OMISSIS).

Il Tribunale aveva ritenuto che il ricorrente dovesse rispondere del ferimento della donna ai sensi dell’art. 82 c.p. (piuttosto che ex art. 83 c.p. come indicato in imputazione), e la Corte di merito, però, aveva omesso di motivare sulla censura mossa circa la sussistenza del dolo, in tale ipotesi concreta.

Il dolo doveva essere escluso visto che l’imputato intendeva colpire l’altra persona, la colpa non era stata oggetto di alcun accertamento.

2.3. Con il terzo motivo denuncia il vizio di motivazione in relazione alla mancata sostituzione della pena detentiva.

La Corte si era limitata a, genericamente, asserire che non sussistevano le condizioni oggettive e soggettive per l’accoglimento di tale istanza, così rendendo una motivazione del tutto apparente.

3. Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, nella persona del sostituto, dott.ssa Paola Mastroberardino, ha inviato conclusioni scritte con le quali chiede venga dichiarata l’inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso presentato nell’interesse dell’imputato è inammissibile.

1. Il primo motivo, sulla ricorrenza della causa di giustificazione della legittima difesa, è manifestamente infondato.

1.1. Si é, infatti, precisato che la fattispecie scriminante della legittima difesa, anche dopo le modifiche introdotte dalla L. 26 aprile 2019, n. 36, prevede quale requisito, sul piano oggettivo, il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, non altrimenti neutralizzabile se non con la condotta difensiva effettivamente attuata (Sez. 1, n. 21794 del 20/02/2020, Barbieri, Rv. 279340; Sez. 1, n. 23977 del 12/04/2022, Diana, Rv. 283185)

Del resto, dell’art. 52, il comma 1 dispone che: “non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta”, incidendo, le modifiche apportate ai commi successivi solo sull’ulteriore requisito della proporzionalità della reazione (la norma così infatti continua: “sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa“) quando l’offensore abbia violato il domicilio o gli altri luoghi indicati nel comma 3.

1.2 Ciò premesso in diritto, appare evidente come, nel caso di specie, non possa invocarsi la scriminante della legittima difesa.

Il prevenuto infatti – secondo il racconto concorde delle persone offese, ritenuti, invece, inattendibili i testi indotti dalla difesa posto che avevano riferito di un’aggressione patita dal loro congiunto di cui non costituivano un congruo riscontro le scarne emergenze del certificato medico prodotto – aveva colpito i predetti quando l’offesa al cugino, ed ogni altro possibile pericolo, era ormai cessato, non era più attuale, e, in aggiunta, quando l’imputato avrebbe ben potuto allontanarsi (con i propri familiari) dalla festa di compleanno in corso, senza disonore alcuno.

Era, allora, evidente che l’imputato non aveva agito per difendere se stesso o il cugino ma solo per vendicare il torto dal congiunto patito, munendosi della bottiglia di vetro infranta e con quella aggredendone l’offensore (e, per errore, la donna che si era intromessa).

Così contravvenendo ai limiti della scriminante – anche in ordine alla inevitabilità della condotta – posto che si è anche affermato che non è invocabile la causa di giustificazione della legittima difesa da chi reagisca ad una situazione di pericolo alla cui determinazione egli stesso abbia concorso e nonostante disponga della possibilità di allontanarsi dal luogo senza pregiudizio e senza disonore (Sez. 1, n. 18926 del 10/04/2013, Paoletti, Rv. 256016).

Peraltro, la condotta consumata dall’imputato – l’aggressione delle persone offese, con una bottiglia di vetro infranta, a cui erano seguite le gravi lesioni indicate in imputazione – era anche del tutto sproporzionata all’offesa che si era concretata in una mera spinta inferta al cugino disabile, senza alcuna particolare conseguenza fisica.

In conclusione, non ricorre, nella vicenda odierna, alcuno dei requisiti della scriminante: l’attualità del pericolo, la necessità e la proporzionalità della reazione.

2. Né può invocarsi l’eccesso colposo dei limiti di tale scriminante posto che, anche di recente, si è ricordato come l’assenza dei presupposti della scriminante della legittima difesa, in specie della necessità di contrastare o rimuovere il pericolo attuale di un’aggressione mediante una reazione proporzionata ed adeguata, impedisce di ravvisare l’eccesso colposo, che si caratterizza per l’erronea valutazione di detto pericolo e dell’adeguatezza dei mezzi usati (Sez. 5, n. 19065 del 12/12/2019, dep. 2020, di Domenico, Rv. 279344).

Nel caso di specie, certo non poteva affermarsi che l’imputato fosse potuto cadere in errore circa l’inattualità del pericolo, essendo evidente che questo era del tutto cessato, o circa l’inevitabilità della reazione, ben potendo l’imputato allontanarsi dal luogo del fatto, senza disonore alcuno ed anzi allontanando anche i propri familiari da una situazione non più gradita.

3. Il secondo motivo di ricorso, argomentato sull’elemento soggettivo del delitto di lesioni personali cagionate a (OMISSIS) (OMISSIS), è inammissibile perché manifestamente infondato.

Si è infatti affermato che l’aberratio ictus bioffensiva (disciplinata dall’art. 82 c.p., comma 2) – che si realizza allorché l’autore abbia arrecato offesa alla persona diversa e anche a quella cui originariamente era diretta la sua azione – attribuisce la responsabilità per la parte di fatto non voluta a titolo di dolo mediante una traslazione normativa del dolo dal fatto per il quale vi è stata rappresentazione e volontà al fatto ulteriore non voluto né rappresentato, giacché il soggetto si è posto consapevolmente in una situazione di illiceità potenzialmente aperta a sviluppi diversi e ulteriori rispetto a quelli presi di mira (Sez. 1, n. 38303 del 23/09/2005, Corleo, Rv. 232404).

Ed allora, poiché non vi è dubbio sul fatto che l’imputato abbia voluto colpire, consumando così il delitto doloso di lesioni volontarie, (OMISSIS) (OMISSIS), l’avere anche attinto, seppure per errore, (OMISSIS) (OMISSIS), impone di considerare anche le lesioni alle medesima cagionate inferte con dolo (e non certo per mera colpa, per lo sconsiderato utilizzo della bottiglia).

4. Il terzo motivo, sulla mancata sostituzione della pena detentiva, è inammissibile per la sua assoluta genericità, avendo fatto solo apodittico riferimento ai criteri di cui all’art. 133 c.p., non spendendo, pertanto, argomento alcuno circa la meritevolezza di tale trattamento.

5. All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, versando il medesimo in colpa, della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2023.

Depositato in Cancelleria il 14 marzo 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.