Edilizia popolare: quando il coniuge separato, può subentrare all’assegnatario defunto? (Corte di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza 5 gennaio 2023, n. 234)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele Gaetano Antonio – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. ROSSELLO Carmelo Carlo – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 1993/2019 R.G. proposto da:

Michela (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’Avv. Luca (OMISSIS);

–ricorrente–

contro

Comune di Genova, rappresentato e difeso dall’Avv. Maria Laura (OMISSIS);

–controricorrente–

avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova , n. 432/2018, depositata il 21 maggio 2018.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21 dicembre 2022 dal Consigliere Dott. Emilio Iannello.

FATTI DI CAUSA

1. Con determinazione dirigenziale notificata il 24 marzo 2016 il Comune di Genova ordinò a Michela (OMISSIS) il rilascio di alloggio di edilizia residenziale pubblica avendo verificato il mancato possesso dei requisiti per il suo subentro, in quanto coniuge separata dell’assegnatario, (OMISSIS) Salvatore, priva del requisito anagrafico, posto che aveva trasferito la residenza nell’alloggio un mese e mezzo dopo il decesso di quest’ultimo.

Vi si oppose l’ingiunta deducendo che in realtà, fin dal 2003, non aveva mai cessato di vivere insieme con il marito, che la convivenza era continuata anche a dicembre 2010, data in cui era stato assegnato al (OMISSIS) l’alloggio popolare, ed era proseguita fino al 9 marzo 2013, data di decesso dello stesso.

Il Tribunale rigettò l’opposizione condannando la ricorrente alle spese.

2. Con sentenza n. 432/2018, depositata il 21 maggio 2018, la Corte d’appello di Genova ha rigettato il gravame interposto dalla soccombente, confermando per intero la decisione di primo grado.

Ha ritenuto insussistenti i presupposti del subentro quali previsti dall’art. 12 legge reg. Liguria n. 10 del 2004, nel testo — applicabile ratione temporis — anteriore alle modifiche apportate dalla legge reg. Liguria n. 3 del 2014, osservando in particolare che:

a) l’(OMISSIS) non risultava far parte del nucleo familiare dell’assegnatario al momento dell’assegnazione;

b) non poteva aver rilievo che di fatto, dopo la separazione, essa avesse continuato a convivere con il marito e che ciò avesse fatto anche al momento dell’assegnazione in favore dello stesso e sino al suo decesso, in quanto, in base al comma 3 dell’art. 12 cit., alla data di tale evento la convivenza doveva risultare anagraficamente; presupposto, questo, pacificamente insussistente, avendo l'(OMISSIS) ottenuto la residenza anagrafica all’indirizzo dell’alloggio solo dopo la morte del (OMISSIS);

c) nemmeno poteva ritenersi che l’appellante avesse diritto al subentro in quanto compresa, quale coniuge, tra i soggetti che fanno parte di diritto del nucleo familiare dell’assegnatario e che, come tali, in base ai commi 1, 2 e 3 dell’art. 12 cit., hanno diritto a subentrare; ciò in quanto tale diritto resta comunque subordinato:

c1) alla presentazione di domanda di ampliamento per consentire all’ente preposto la necessaria verifica dei requisiti per la permanenza nel rapporto di assegnazione;

c2) alla dimostrazione anagrafica della convivenza con l’assegnatario; condizioni entrambe nella specie insussistenti.

3. Per la cassazione di tale sentenza Michela (OMISSIS) propone ricorso affidato a unico mezzo, cui resiste il Comune di Genova, depositando controricorso.

La trattazione è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ..

Non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 12 legge reg. Liguria n. 10 del 29 giugno 2004, nella versione, applicabile nella specie ratione temporis, antecedente alle modifiche apportate dalla legge reg. Liguria n. 3 dell’11 marzo 2014.

Questi gli argomenti esposti in ricorso:

— « ai sensi dell’art. 12 comma 1 lett. a) il coniuge dell’assegnatario (fra gli altri) entra far parte di diritto del nucleo familiare assegnatario»;

— «solo con la modifica dell’art. 12 avvenuta con la legge reg. 11 marzo 2014, n. 3, è stato previsto che il coniuge o il convivente di fatto dell’assegnatario ed i figli siano con lo stesso residenti.

Quindi nella dizione precedente (valevole nel caso de quo), il requisito della stessa residenza non era previsto»;

— «non era prevista alcuna domanda da presentare all’ente per richiedere l’ampliamento perché tale ampliamento era previsto di diritto; l’ente aveva solamente un potere di controllo e verifica circa la sussistenza dei requisiti previsti per la permanenza nel rapporto di assegnazione»;

— «è stato dimostrato in via istruttoria che la Sig.ra (OMISSIS) conviveva con l’assegnatario (OMISSIS) in epoca antecedente al suo decesso con conseguente ampliamento del nucleo familiare»;

— la previsione di cui al comma 3 dell’art. 12, secondo cui «i soggetti di cui al comma 1, in caso di decesso dell’assegnatario, subentrano nell’assegnazione purché la convivenza risulti dimostrata anagraficamente al verificarsi di tale evento» è contraddittoria con quella del primo comma che non prevedeva, per i soggetti ivi contemplati, il requisito della residenza.

2. Il motivo è manifestamente infondato.

La sentenza — posto il dato incontestato che l’istante non faceva parte del nucleo «originario» dell’assegnatario e ricondotto dunque il thema decidendum solo alla verifica della alternativa ipotesi di subentro consentito ai soggetti compresi nel nucleo successivamente «ampliato» dell’assegnatario — pone a fondamento del confermato rigetto dell’opposizione al provvedimento di rilascio, due distinte considerazioni: non era stata presentata domanda di ampliamento; mancava comunque il requisito della residenza anagraficamente documentata.

Il motivo attinge, formalmente, entrambe le rationes decidendi.

2.1. Con riferimento alla prima la critica si appalesa però inconferente e contraddittoria.

La necessaria condizione della presentazione di domanda di ampliamento è affermata in sentenza non sul rilievo che tale condizione sia espressamente prevista nella norma (donde l’inconferenza dell’argomento fondato su tale dato testuale) ma perché ricavata induttivamente dalla previsione contenuta nel comma 2, questa sì chiaramente espressa, secondo cui «l’ampliamento avviene previa verifica da parte dell’ente gestore della sussistenza dei requisiti previsti per la permanenza nel rapporto di assegnazione».

Diversamente da quanto sostenuto in ricorso si tratta, evidentemente, di verifica da compiersi preventivamente e, dunque , condizionante l’ampliamento del nucleo familiare.

È dunque la fattispecie legale a prevedere che, a fini del subentro, non è sufficiente la mera qualità di coniuge dell’assegnatario o l’esistenza degli altri legami di parentela previsti dal comma 1, essendo necessaria anche la «previa verifica», da parte dell’ente gestore, «della sussistenza dei requisiti previsti per la permanenza nel rapporto di assegnazione».

Essendo interesse della parte , che pretende di aver diritto al subentro, ottenere tale «previa verifica», appare del tutto evidente che altrimenti tale obiettivo non possa essere conseguito se non attraverso la presentazione di una istanza o domanda di ampliamento.

Tale rilievo conduce già di per sé al rigetto del ricorso, restando assorbito l’esame degli altri argomenti di critica, dal momento che, quand’anche potessero ritenersi fondati, non varrebbero comunque a privare la sentenza del primo, testé visto, fondamento giustificativo.

2.2. Può comunque incidentalmente rilevarsi l’infondatezza o inammissibilità di detti ulteriori argomenti.

Nessuna intrinseca contraddizione può vedersi, nel testo normativo evocato, tra la previsione di cui al primo comma, che nell’elencare i soggetti che «entrano a far parte di diritto del nucleo familiare assegnatario» vi comprende anche il coniuge, senza per esso indicare anche il requisito della residenza, e quella di cui al terzo comma che condiziona il diritto di detti soggetti al subentro nell’assegnazione alla morte dell’assegnatario espressamente al fatto che «la convivenza risulti dimostrata anagraficamente al verificarsi di tale evento».

La contraddizione è esclusa perché il comma 1 non dice affatto che la residenza del coniuge (nello stesso alloggio) non è richiesta, ma semplicemente tace sul punto, lasciando evidentemente al terzo comma di disciplinare tale aspetto.

Il fatto che poi, con la modifica apportata nel 2014, l’originario terzo comma sia stato interamente sostituito ed il testo del primo comma sia stato modificato, con l’inserimento in esso del requisito della residenza (riferito però solo al coniuge, al convivente di fatto dell’assegnatario ed ai figli) non dimostra affatto che si sia inteso correggere una contraddizione intrinseca nel precedente testo (contraddizione, come detto, in realtà insussistente), ma piuttosto che, attraverso una diversa tecnica redazionale, si sia inteso, da un lato, mantenere il requisito della residenza, dall’altro, limitarlo per l’appunto solo ad una più ristretta cerchia di familiari aventi diritto all’ampliamento.

2.3. Del tutto inconferente, infine, rispetto alle esposte rationes decidendi, si appalesa l’insistita allegazione della circostanza fattuale, in sé del tutto irrilevante a fronte dei diversi requisiti suindicati, della acquisita dimostrazione della conviveva con l’assegnatario (OMISSIS) in epoca antecedente al suo decesso.

3. Il ricorso deve essere pertanto rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente alla rifusione, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo.

4. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1- quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13.

A tale attestazione non può ostare l’attuale condizione della ricorrente, risultante dagli atti, di parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, occorrendo al riguardo rammentare che, secondo principio affermato dalle Sezioni Unite e che deve qui essere ribadito, «il giudice dell’impugnazione, ogni volta che pronunci l’integrale rigetto o l’inammissibilità o la improcedibilità dell’impugnazione, deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per versamento di un ulteriore importo del contributo unificato anche nel caso in cui quest’ultimo non sia stato inizialmente versato per una causa suscettibile di venir meno (come nel caso di ammissione della parte al patrocinio a spese dello Stato); mentre può esimersi dalla suddetta attestazione quando la debenza del contributo unificato iniziale sia esclusa dalla legge in modo assoluto e definitivo» (Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315).

5. Spetterà dunque all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 3.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, addì 21 dicembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2023.

SENTENZA – copia non ufficiale -.