Errore nella dichiarazione IVA: la rettifica non salva il contribuente dalle sanzioni (Corte di Cassazione, Sezione V Civile, Sentenza 31 agosto 2022, n. 25554).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRISCARI Giancarlo – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Rel. Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26330/2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliato in Roma Via Dei Portoghesi 12 presso l’Avvocatura Generale Dello Stato che la rappresenta e difende,

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) (OMISSIS) S.R.L. IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Roma, viale (OMISSIS) (OMISSIS) n. 11 presso lo studio dell’avv. Livia (OMISSIS), che la rappresenta e difende,

– controricorrente –

nonché

EQUITALIA NORD S.P.A., in persona del legale rappresentante p.t.,

– intimata –

Avverso la sentenza n. 1517/50/2014 della COMM. TRIB. REG. LOMBARDIA, depositata il 24/3/2014, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’8/3/2022 dal consigliere Dott. Gori Pierpaolo.

Rilevato che:

1. Con sentenza n. 1517/50/2014 depositata in data 24/3/2014 la Commissione tributaria regionale della Lombardia, rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 215/18/12 della Commissione tributaria provinciale di Milano, la quale a sua volta aveva accolto il ricorso proposto dalla società (OMISSIS) (OMISSIS) S.r.l., in amministrazione straordinaria, avverso la cartella di pagamento IVA 2006 emessa a seguito di controllo automatizzato ex artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972.

2. Successivamente alla notifica della cartella era emersa l’insussistenza del credito IVA esposto, derivante dalla dichiarazione dell’anno precedente rispetto a quello oggetto di ripresa e il credito non era stato posto in compensazione bensì era stata rettificata l’originaria dichiarazione attraverso la proposizione di una dichiarazione successiva.

La contribuente assumeva di aver agito nel rispetto dell’art. 2 comma 8 del d.P.R. n. 322 del 1998 e dei termini dell’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, giustificando l’emendamento successivo della dichiarazione con le difficoltà incontrate nella fase iniziale della procedura di amministrazione finanziaria aperta con decreto del 12.4.2007 nel reperire la documentazione fiscale necessaria per collegare il periodo fiscale di apertura della procedura concorsuale con quello precedente.

3. Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia, deducendo un unico motivo.

Resiste la contribuente con controricorso, che illustra con memoria, mentre l’agente della riscossione è rimasto intimato.

Considerato che:

4. Con l’unico motivo di ricorso – ex art. 360 primo comma n. 3 cod. proc. civ. – viene dedotta la violazione dell’art. 2 comma 8 del d.P.R. n.322 del 1998, per non aver la CTR tenuto conto del fatto che la dichiarazione integrativa è stata presentata il 3.1.2011, successivamente alla notifica della cartella di pagamento avvenuta il 15.11.2010 e ciò è sufficiente a rendere la dichiarazione inopponibile in sede di contenzioso.

5. Il motivo è infondato.

La sentenza impugnata è conforme a diritto, nella parte in cui riconosce la facoltà per il contribuente di emendare il contenuto dell’originaria dichiarazione fiscale presentata con riferimento al periodo d’imposta 2006, al fine di rettificare l’errore materiale ivi commesso entro la cornice temporale dì legge.

A conforto di tale conclusione depone l’interpretazione giurisprudenziale andata consolidandosi dopo il deposito del ricorso, successiva- mente all’intervento di Cass. Sezioni Unite, n. 13378 del 30 giugno 2016 la quale ha riconosciuto la facoltà per il contribuente di rettificare anche oltre i termini decadenziali di cui all’art. 2 d.P.R, 22 luglio 1998, n. 322 la dichiarazione fiscale originariamente inficiata da errori materiali.

La decisione da ultimo menzionata ha tra l’altro stabilito che in caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, la dichiarazione integrativa può essere presentata non oltre i termini di cui all’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 se diretta ad evitare un danno per la P.A. (art. 2, comma 8, del d.P.R. n. 322 del 1998), mentre, se intesa, ai sensi del successivo comma 8 bis, ad emendare errori od omissioni in danno del contribuente, incontra il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante, fermo restando che il contribuente può chiedere il rimborso entro quarantotto mesi dal versamento ed, in ogni caso, opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria (Cass. Sez. U, Sentenza n. 13378 del 30/06/2016, Rv. 640206 – 01).

6. La Corte ha così statuito il diritto per il contribuente di opporsi in giudizio alla maggiore pretesa erariale avanzata dall’Amministrazione, anche correggendo eventuali errori commessi in sede dichiarativa, e tale correzione è stata ammessa a prescindere dall’osservanza dei ter- mini prescritti dall’ordinamento ai fini della presentazione di una dichiarazione integrativa e anche nel caso in cui quest’ultimo atto non sia stato redatto anteriormente alla proposizione della domanda giudiziale.

In tal senso depongono in primo luogo la natura giuridica della dichiarazione fiscale, ravvisabile in linea generale in una mera dichiarazione di scienza e non in una manifestazione di volontà, salvo casi particolari o parti specifiche di essa e quindi sempre emendabile, con la conseguenza che il contribuente può fare valere eventuali vizi commessi nella redazione della stessa, che attengano al merito della pretesa tributaria, anche in sede contenziosa.

7. In secondo luogo, in materia di IVA e di imposte dirette sono applicabili i medesimi princìpi, compreso quello secondo il quale la dichiarazione del contribuente, affetta da errore, sia esso di fatto che di diritto, commesso dal dichiarante nella sua redazione, è in linea di principio emendabile.

Essa costituisce un momento dell’«iter» procedimentale volto all’accertamento dell’obbligazione tributaria (Cass. ordinanza n. 20618 del 29 settembre 2020) atteso che la dichiarazione dei redditi non ha natura di atto negoziale e dispositivo, ma dichiarativo perché reca una mera esternazione di scienza e di giudizio, modificabile in ragione dell’acquisizione di nuovi elemento di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti.

8. Sotto un ulteriore profilo, i princìpi della capacità contributiva e di buona amministrazione di cui agi artt. 53 e 97 Cost. precludono che sia completamente impedito al contribuente di dimostrare l’inesistenza di fatti giustificativi, purché agisca entro un ragionevole lasso di tempo.

Ne consegue che l’emendabilità della dichiarazione non può ritenersi sottoposta al limite temporale di cui all’art. 37, commi quinto e sesto, del d.P.R. n. 633 del 1972, il quale riguarda la rimozione di omissioni o l’eliminazione di errori suscettibili di comportare un pregiudizio per l’erario, ma non la rettifica di dichiarazioni oggettivamente errate e quindi idonee a pregiudicare il dichiarante, anche in ragione del fatto che la negazione del diritto al rimborso determinerebbe un indebito incameramento del credito da parte dell’erario (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 3904 del 26/02/2004, Rv. 570592 – 01; conforme, Cass. Sez. 5 – , Ordinanza n. 20119 del 30/07/2018, Rv. 650052 – 01).

9. Da ciò discende il riconoscimento dell’emendabilità in giudizio anche oltre i termini decadenziali di cui all’art. 2 del d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322 della dichiarazione originariamente affetta da errori materiali commessi dal contribuente, secondo un orientamento che è andato più di recente consolidandosi nella Sezione Quinta civile della Corte (Cass. ordinanze nn. 15527 del 21 luglio 2020, 13821 del 6 luglio 2020 e 6239 del 5 marzo 2020) e che merita condivisione per le ragioni sopra illustrate.

10. Da ultimo, va dato atto dell’intervento del legislatore, successivamente alla pronuncia delle Sezioni Unite, il quale ha introdotto l’art. 5 del d.l. 22 ottobre 2016 n. 193, con cui è stato modificato l’art. 2, comma 8 del d.P.R. n. 322 del 1998, prevedendo un termine di decadenza comune per la presentazione delle dichiarazioni integrative.

Il nuovo comma 8 dell’art. 2 del d.p.r. n. 322 del 1998 stabilisce inoltre quanto segue: «Salva l’applicazione delle sanzioni e ferma restando l’applicazione dell’art. 13 del Decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e successive modificazioni, le dichiarazioni dei redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dei sostituti d’imposta possono essere integrate per correggere errori od omissioni, compresi quelli che abbiano determinato l’indicazione di un maggiore o di un minore reddito o, comunque, di un maggiore o di un minore debito d’imposta ovvero di un maggiore o di un minore credito, mediante successiva dichiarazione da presentare, secondo le disposizioni di cui all’art. 3, utilizzando modelli conformi a quelli approvati per il periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione, non oltre i termini stabiliti dall’art. 43 del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni».

11. Il nuovo comma 8 dell’art. 2 del d.p.r. n. 322 del 1998 unifica i previgenti commi 8 e 8-bis 9 dello stesso art. 2 e, di conseguenza, i termini per la presentazione della dichiarazione integrativa, stabiliti non oltre i termini previsti dall’art. 43 del d.p.r. n. 600 del 1973, ossia entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stato presentato il modello dichiarativo da correggere.

Si tratta di un’ulteriore conferma della facoltà per il contribuente di emendare anche dopo la proposizione della domanda giudiziale la pro- pria dichiarazione fiscale, laddove inficiata da errori di fatto di diritto, salva l’applicazione delle sanzioni.

Infatti, come sopra visto, l’art. 2 comma 8 fa espressamente salva tale applicazione e siffatta previsione non è stata modificata neppure dalla novella summenzionata, e tale clausola di salvezza era già prevista nel testo originario del decreto n. 322 del 1998 ed è sempre stata confermata nelle modifiche e sostituzioni del comma operate dalle novelle successive, a partire dall’art.2 comma 3 lett. c) del d.P.R. n.435 del 2001, in vigore dal 1.1.2002, tenuto anche conto che non è nemmeno allegato nel caso di specie un caso di ravvedimento di cui all’art.13 d .Igs. n.472 del 1997.

12. Dev’essere così affermato nel caso di specie il seguente principio di diritto:

«In tema di dichiarazione integrativa a seguito di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, l’emendabilità della dichiarazione, come regolata dal comma 8 dell’art. 2 del d.p.r. 22 luglio 1998 n. 322 nel testo ratione temporis vigente, non esclude l’applicazione delle sanzioni, ferma restando l’operatività del ravvedimento di cui all’art. 13 del d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472

13. Orbene, nel caso in decisione la contribuente all’atto della presentazione della dichiarazione fiscale per l’annualità d’imposta 2006 ha indicato un credito di imposta superiore a quello effettivamente spettante e sussistono i presupposti per l’emendabilità della dichiarazione ex art. 2 comma 8 del d.p.r. 22 luglio 1998 n, 322.

Infatti, successivamente alla notifica della cartella è emersa l’insussistenza del credito IVA esposto di Euro 141.247,00, derivante dalla dichiarazione dell’anno prece- dente rispetto a quello oggetto di ripresa. Pertanto, come si legge nella stessa sentenza impugnata, l’importo del rigo VL26 è stato tempestivamente emendato da Euro 141.247,00 a zero e l’importo dei righi VL39 e RX2 da Euro 152.757,00 a zero.

14. Nel dettaglio, tale errore risulta emendato attraverso la presenta- zione della successiva dichiarazione integrativa, diretta proprio a far emergere il credito effettivamente maturato nell’ambito del periodo d’imposta 2006.

Al proposito va tenuto anche conto del fatto che l’Agenzia non ha contestato la correttezza del ricalcolo operato dalla Società in sede di dichiarazione integrativa, limitandosi a contestare la tardività della dichiarazione, profilo superato alla luce dell’evoluzione giurisprudenziale della Corte di cui si è dato conto.

15. Infine, conformemente al principio di diritto che precede, trovano applicazione le sanzioni, in virtù dell’espressa previsione di legge di cui all’art. 2 comma 8 cit., salvata dalla novella di cui si è dato conto e dunque applicabile “ratione temporis” anche nella fattispecie, mentre non è nemmeno allegata l’esistenza nel caso di specie del ravvedimento di cui all’art. 13 d.lgs. n. 472 del 1997.

16. Il ricorso dev’essere così accolto limitatamente alle sanzioni.

Per l’effetto, la decisione va cassata con rinvio alla CTR del Lazio, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo e per la liquidazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, nei limiti di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo e per la liquidazione delle spese di lite.

Così deciso in Roma, l’8 marzo 2022.

Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.