Estinzione anticipata del mutuo: il diritto del mutuatario alla restituzione dei costi (Corte di Cassazione, Sezione I Civile, Sentenza 28 maggio 2024, n. 14836).

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

PRIMA SEZIONE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

CARLO DE CHIARA               Presidente

MAURO DIMARZIO              Consigliere

MARCO MARULLI                 Consigliere

EDUARDO CAMPESE           Consigliere – Rel.

PAOLO CATALLOZZI            Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso n. 4403/2020 r.g. proposto da:

(omissis) (omissis), rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta a margine del ricorso, dall’Avvocato (omissis) (omissis), presso il cui studio elettivamente domicilia in (omissis) (NA), alla via (omissis) n. 60.

-ricorrente-

contro

UNICREDIT S.P.A., con sede in Milano, alla Piazza (omissis) n. 3, (omissis), in persona del procuratore Avv. (omissis) (omissis) (omissis), rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al controricorso, dall’Avvocato (omissis) (omissis), con cui elettivamente domicilia in Roma, alla via (omissis) (omissis) n. 7, presso lo studio dell’Avvocato (omissis) (omissis)

-controricorrente-

avverso la sentenza n.10316/2019 del TRIBUNALE DI NAPOLI, pubblicata il giorno 19/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 07/05/2024dal Consigliere dott. Eduardo Campese.

FATTI DI CAUSA

1. Con atto ritualmente notificato il 15 febbraio 2018, (omissis) (omissis) citò Unicredit s.p.a. innanzi al Giudice di Pace di Napoli onde ottenerne la condanna alla restituzione di € 1.778,94, quali commissioni bancarie e costi di intermediazione non maturati a seguito della estinzione anticipata del contratto di mutuo al consumo n. 7776935 da lui stipulato l’1 dicembre 2003 con Fineco Bank s.p.a. (ora Unicredit).

1.1. Costituitasi la convenuta, che contestò l’avversa pretesa, il Giudice di Pace, con sentenza del 27 marzo 2018, n. 12134, accolse la domanda dell’attore e condannò Unicredit s.p.a. al pagamento, in suo favore, della somma predetta, oltre interessi.

2. Pronunciando sul gravame promosso da quest’ultima contro tale decisione, l’adito Tribunale di Napoli l’accolse integralmente con sentenza del 19 novembre 2019, n. 10316, pronunciata nel contraddittorio con il (omissis), e compensò le spese di entrambi i gradi.

2.1. Per quanto qui ancora di interesse, quel tribunale:

i) preliminarmente, richiamò la disciplina introdotta dal legislatore «in epoca successiva alla stipulazione del contratto, avvenuta nel 2003», cioè l’art. 125- sexies del Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (d.lgs. n. 385 del 1993), modificato con d.lgs. n. 141 del 2010, ed il decreto del Ministero del Tesoro 8 luglio 1992, art. 3, comma 1 (emesso in conformità alla Direttiva europea 87/102/CEE), giungendo alla conclusione per cui «Il rimborso delle somme spettanti al cliente, così come disposto dalla legge, è rappresentativo di una corretta applicazione del principio di trasparenza e buona fede contrattuale tra le parti del contratto di credito sottoscritto»;

ii) aggiunse che, «A loro volta, le Disposizioni di Vigilanza del 29 luglio 2009 e s.m.i. (Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari. Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti), alla Sezione VII, parag. 5.2.1 – Contratti di credito (come aggiornato ai fini del recepimento della Direttiva sul credito ai consumatori), prevedono che “i contratti di credito indicano in modo chiaro e conciso il diritto del consumatore al rimborso anticipato previsto dall’art. 125-sexies, comma 1, del T.U. e la procedura per effettuarlo nonché, in presente delle condizioni ivi stabilite, il diritto del creditore a ottenere, ai sensi dell’art. 125-sexies, comma 2, T.U., un indennizzo a fronte del rimborso anticipato e le relative modalità di calcolo, chiarendo ulteriormente che,“ nei contratti di credito con cessione del quinto dello stipendio e della pensione e nelle fattispecie assimilate, le modalità di calcolo della riduzione del costo totale del credito a cui il consumatore ha diritto in caso di estinzione anticipata includono l’indicazione degli oneri che maturano nel corso del rapporto e che devono essere quindi restituiti per la parte non maturata dal finanziatore o da terzi, se questi li ha corrisposti anticipatamente al finanziatore”»;

iii ) rimarcò che « Su questa base normativa, da cui indubbiamente emerge lo stretto collegamento tra la trasparenza contrattuale ex ante ed il tema della ripetibilità dei costi anticipati in caso di scioglimento parimenti anticipato del contratto, è intervenuta la Comunicazione del Governatore della Banca d’Italia del 10 novembre 2009 (“Cessione del quinto dello stipendio e operazioni assimilate: cautele e indirizzi per gli operatori”), ove si è sottolineato che “relativamente all’estinzione anticipata, la Banca d’Italia ha stigmatizzato la prassi, seguita dagli intermediari, di indicare cumulativamente, nei contratti e nei fogli informativi, l’importo di generiche spese, non consentendo quindi una chiara individuazione degli oneri maturati e di quelli non maturati»;

iv) affermò, pertanto, che «la distinzione delle spese da restituire a seguito di estinzione anticipata, è sempre stata collocata nell’ambito della esigenza di trasparenza nei rapporti contrattuali tra intermediario finanziario e l’altra parte non professionista»;

v) osservò che «Dal contesto sopra riassunto, emerge in primo luogo che, se è vero che le fonti primarie dispongono unicamente che il consumatore ha diritto ad un rimborso, in caso di estinzione anticipata del rapporto di finanziamento, “pari all’importo degli interessi e dei costi dovuti per la vita residua del rapporto”, senza entrare nei dettagli del criterio di calcolo, tuttavia le fonti secondarie indicano con sufficiente chiarezza, in primo luogo, che il tema si collega alla direttiva generale della trasparenza contrattuale ed, in secondo luogo, che ai costi recurring si deve applicare il principio di competenza economica, posto che si tratta di costi che maturano in ragione del tempo e, di conseguenza, che essi sono da rilevare pro rata temporis»;

vi) evidenziò che, «i costi di cui la originaria parte istante chiede la restituzione in relazione alla estinzione anticipata del finanziamento sono da considerarsi “up front” e non “recurring ”. In effetti, dalla lettera del contratto emerge chiaramente (punto A- a1 e a2) che sia la commissione bancaria che la provvigione di intermediazione attengono esclusivamente al momento genetico del rapporto non essendo prevista alcuna attività successiva alla conclusione del contratto”, trattandosi, “in effetti di attività che non si riducono per il caso di estinzione anticipata del finanziamento e che prescindono del tutto dalla durata effettiva del rapporto»;

vii) riformò, dunque, la decisione di primo grado e rigettò la domanda del Campagna, precisando che «la distinzione tra spese “up front” e spese “recurring”, contrariamente a quanto argomentato dalla difesa dell’appellato, ha ancora un significato non essendo ragionevole far gravare sul soggetto mutuante gli effetti di una scelta liberamente effettuata dal mutuatario nell’estinguere anticipatamente il finanziamento».

3. Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso (omissis) (omissis), affidandosi a due motivi, illustrati anche da memoria ex art. 380- bis.1 cod. proc. civ..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso è rubricato: «Sulla violazione del nr. 5 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ. in cui è incorso il Tribunale di Napoli per omessa decisione su un fatto decisivo del giudizio in relazione all’art. 83 cod. proc. civ. in combinato disposto con l’art. 1 della legge nr. 54 del 21 gennaio 1994».

Assume il ricorrente che il tribunale partenopeo non si era minimamente pronunciato sulla sua eccezione di improcedibilità dell’avverso gravame «per difetto della necessaria procura ad litem in quanto la stessa risultava non allegata alla pec di notificazione dell’atto introduttivo del secondo grado di giudizio e, in occasione della costituzione ex art. 165, co. 5 cod. proc. civ., l’allora appellante depositava una procura su foglio separato non recante alcuna data di conferimento sì da non consentire –neppure per relationem –l’attribuzione di una data certa al necessario atto di attribuzione del potere di rappresentanza processuale».

1.1. Questa doglianza risulta inammissibile.

1.2. Invero, nella sentenza impugnata non c’è traccia di analoga questione posta in grado di appello dall’odierno ricorrente (circostanza specificamente contestata dalla controricorrente), sicché deve trovare applicazione il principio, ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte (cfr., ex aliis, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 25909 del 2021; Cass. nn. 5131 e 9434 del 2023; Cass. nn. 2607, 5038, 5478 e 6127 del 2024), secondo cui, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorso deve, a pena di inammissibilità, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto in virtù del principio di autosufficienza del ricorso.

I motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito né rilevabili d’ufficio (cfr. Cass. n. 32804 del 2019; Cass. n. 2038 del 2019; Cass. n. 20694 del 2018; Cass. n. 15430 del 2018; Cass. n. 23675 del 2013; 7981/07; Cass. 16632/2010).

In quest’ottica, il ricorrente ha l’onere – nella specie rimasto completamente inosservato – di riportare, a pena d’inammissibilità, dettagliatamente in ricorso gli esatti termini della questione posta in primo e secondo grado (cfr. Cass. n. 9765 del 2005; Cass. n. 12025 del 2000).

Nel giudizio di cassazione, infatti, è preclusa alle parti la prospettazione di nuovi questioni di diritto o nuovi temi di contestazione che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito (cfr. Cass. n. 19164 del 2007; Cass. n. 17041 del 2013; Cass. n. 25319 del 2017; Cass. n. 20712 del 2018; Cass.n. 5478 del 2024).

2. Il secondo motivo di ricorso è rubricato: «Sul nr. 3 del primo comma dell’art. 360, cod. proc. civ. in cui è incorso il Tribunale di Napoli per violazione e falsa applicazione di norme di diritto in riferimento all’art. 125 del d.lgs. n.385/1993, all’art. 3 del d.m. Tesoro 08/07/1992, in relazione alle direttive nn. 87/102/CEE e 90/88/CEE del Consiglio Europeo».

Assume il (omissis) che:

i) «L’error in iudicando in cui è incorso il Tribunale di Napoli risiede nel non avere correttamente individuato ed applicato la normativa di settore regolatrice della materia e, per logica conseguenza, deciso la vexata quaestio in materia difforme ai relativi precetti; il diritto dell’odierno ricorrente di ripetere i costi di erogazione del credito non maturati per l’intercorsa estinzione anticipata del contratto discende dal combinato disposto dell’art. 125 T.U.B., nella formulazione medio tempore vigente, e dell’art. 3 comma 1, del D.M. Tesoro 8 luglio 1992. Tale fonte secondaria, a differenza di quanto sostenuto dal Giudice di merito, si ritiene essere norma di completamento dell’art. 125 comma secondo del D.Lgs. 1 settembre 1993, nr. 385, nella formulazione testé menzionata, in considerazione del fatto che il Ministero del Tesoro …abbia adempiuto alla delega legislativa contenuta all’art. 21 comma 10 della legge nr. 142/1992, come emerge senza dubbio dal preambolo….”»;

ii ) « Il descritto quadro normativo costituisce il recepimento interno delle direttive 87/102/CEE …. e 90/88/CEE … di integrazione e parziale modifica della prima…»;

iii) «Qualsiasi operazione ermeneutica della disciplina del settore del credito al consumo dovrebbe, dunque, essere condotta con riferimento alle richiamate fonti sovranazionali…»;

iv) «…il diritto del consumatore ad un’equa riduzione del costo complessivo del credito mediante versamento al creditore del capitale residuo, degli interessi e degli altri oneri maturati fino a quel momento, non possa non avere applicazione sincrona con l’art. 1, comma 2, lettera d), della direttiva 87/102/CEE del Consiglio del 22 dicembre 1986 …che, nell’offrire la definizione del “costo totale del credito al consumatore”, individua in esso l’integralità dei costi sostenuti per l’erogazione del credito….»;

v ) «…distinguere tra costi cd. up-front del contratto di erogazione del credito al consumo e costi cd. recurring dello stesso, implichi la violazione delle richiamate disposizioni europee»;

vi) «La Corte di Giustizia Europea, con sentenza emessa dalla prima corte ….in data 11 settembre 2019 in materia di credito al consumo, ha statuito che “l’effettività del diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito risulterebbe sminuita qualora la riduzione del credito potesse limitarsi alla presa in considerazione dei soli costi presentati dal soggetto concedente il credito come dipendenti dalla durata del contratto …” affermando che “l’art. 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE del Consiglio, deve essere interpretato nel senso che il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito in caso di rimborso anticipato del credito include tutti i costi posti a carico del consumatore».

2.1. Questa doglianza si rivela fondata alla stregua di tutto quanto desumibile dall’ordinanza resa, in fattispecie assolutamente analoga a quella odierna, dalla recente Cass. 6 settembre 2023, n. 25977, la quale ha enunciato i seguenti principi di diritto:

i) «L’art. 125 del TUB, nella formulazione antecedente alle modifiche inserite con il D.Lgs. n. 141 del 2010, prevede che, in caso di estinzione anticipata del finanziamento, il consumatore ha diritto ad un’equa riduzione del costo complessivo del credito, secondo le modalità stabilite dal CICR. In caso di assenza della norma integrativa o di norma integrativa che rinvii all’autonomia contrattuale, il consumatore ha diritto al rimborso di tutti i costi del credito, compresi gli interessi e le altre spese che il consumatore deve pagare per il finanziamento»;

ii) «È nulla la clausola contrattuale che escluda il rimborso dei costi sostenuti, in caso di estinzione anticipata del contratto di finanziamento perché determina a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, ai sensi dell’art. 33 del D.Lgs. n. 206/2005».

2.2. Nella menzionata ordinanza, la cui motivazione è condivisa dal Collegio, si è osservato, innanzitutto, che «L’art. 8 della direttiva n. 87/102/CEE, che contiene norme di ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di credito al consumo, all’art. 8 prevede che “il consumatore deve avere la facoltà di adempiere in via anticipata gli obblighi che gli derivano dal contratto di credito.

In tal caso, in conformità alle disposizioni degli Stati membri, egli deve avere diritto a una equa riduzione del costo complessivo del credito”.

La direttiva 90/88/CEE ha modificato la direttiva 87/102/CEE in relazione al metodo di calcolo del tasso annuo effettivo globale, “al fine di promuovere l’instaurazione e il funzionamento del mercato interno e garantire ai consumatori un elevato grado di tutela”.

In particolare, l’art. 1 della direttiva 90/88/CEE ha introdotto il concetto di “costo totale del credito al consumatore”, nel quale sono ricompresi tutti i costi del credito, compresi gli interessi e le altre spese che il consumatore deve pagare per il finanziamento.

L’art. 18 della Legge n. 142 del 1992, ratione temporis applicabile, ha recepito le direttive del Consiglio 87/102/CEE e 90/88/CEE.

La norma definisce credito al consumo la concessione nell’esercizio di una attività commerciale o professionale di credito sotto forma di dilazione di pagamento o di prestito o di analoga facilitazione finanziaria (finanziamento) a favore di una persona fisica (consumatore) che agisce, in tale rispetto, per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta.

L’art. 125 del TUB, nel testo vigente al momento della stipula del contratto di finanziamento, prevede che se il consumatore esercita la facoltà di adempimento anticipato ha diritto ad un’equa riduzione del costo complessivo del credito, secondo le modalità stabilite dal CICR».

2.3. Nella fattispecie oggi sottoposta all’attenzione di questa Corte, il tribunale, dopo aver descritto il complessivo quadro normativo formatosi successivamente alla stipulazione del mutuo, ed aver precisato che «anche applicando– ratione temporis – il previgente disposto dell’art. 125 TUB […] si giunge alle medesime conclusioni», ha ritenuto che, dal richiamato contesto normativo, «emerge, in primo luogo, che, se è vero che le fonti primarie dispongono unicamente che il consumatore ha diritto ad un rimborso, in caso di estinzione anticipata del rapporto di finanziamento, “pari all’importo degli interessi e dei costi dovuti per la vita residua del rapporto”, senza entrare nei dettagli del criterio di calcolo, tuttavia le fonti secondarie indicano, con sufficiente chiarezza, in primo luogo, che il tema si collega alla direttiva generale della trasparenza contrattuale ed, in secondo luogo, che ai costi recurring si deve applicare il principio di competenza economica, posto che si tratta di costi che maturano in ragione del tempo e, di conseguenza, che essi sono da rilevare pro rata temporis».

Ha rimarcato, pertanto, che «i costi di cui la originaria parte istante chiede la restituzione in relazione alla estinzione anticipata del finanziamento sono da considerarsi “up front” e non “recurring”.

In effetti, dalla lettera del contratto emerge chiaramente (punto A – a1 e a2) che sia la commissione bancaria che la provvigione di intermediazione attengono esclusivamente al momento genetico del rapporto non essendo prevista alcuna attività successiva alla conclusione del contratto”, trattandosi, “in effetti di attività che non si riducono per il caso di estinzione anticipata del finanziamento e che prescindono del tutto dalla durata effettiva del rapporto».

Ha riformato, dunque, la decisione di primo grado e respinto la domanda del Campagna, assumendo che «la distinzione tra spese “up front” e spese “recurring”, contrariamente a quanto argomentato dalla difesa dell’appellato, ha ancora un significato non essendo ragionevole far gravare sul soggetto mutuante gli effetti di una scelta liberamente effettuata dal mutuatario nell’estinguere anticipatamente il finanziamento».

2.4. Una tale complessiva conclusione, tuttavia, non merita condivisione, alla stregua di quanto sancito dalla menzionata ordinanza resa da Cass. n. 25977 del 2023, «sia perché il diritto alla riduzione del costo totale del credito è previsto dalla normativa interna e dalle direttive europee, sia perché confligge con l’orientamento giurisprudenziale volto a fornire ampia tutela al consumatore nell’ambito del credito al consumo, non solo nella fase di formazione del rapporto e della sua attuazione ma anche nell’ipotesi di adempimento anticipato del contratto.

Tale finalità è evidente nella disposizione dell’art. 125 del TUB, attuativo delle direttive 87/102/CEE e 90/88/CE, che prevedono il diritto del consumatore ad “un’equa riduzione del costo complessivo del credito”, concetto che ricomprende “tutti i costi del credito, compresi gli interessi e le altre spese che il consumatore deve pagare per il credito”».

2.4.1. Come ancora evidenziato dalla suddetta ordinanza, «I successivi interventi normativi hanno disciplinato in modo organico la disciplina del credito al consumo, al fine di favorire l’armonizzazione all’interno dei Paesi dell’Unione, specificando le varie forme di credito al consumo, le ipotesi di esclusione e la natura dei costi sostenuti per il finanziamento a cui il consumatore ha diritto in caso di adempimento anticipato. In particolare, la direttiva 2008/48/CE, che ha abrogato la direttiva 87/102/CEE, adotta una tecnica di armonizzazione piena, finalizzata a garantire “a tutti i consumatori della Comunità di fruire di un livello elevato ed equivalente dei loro interessi e che crei un vero mercato interno” (considerando n. 9).

Fra le disposizioni armonizzate si rinviene l’art. 16, paragrafo 1, secondo cui: “[i]l consumatore ha il diritto di adempiere in qualsiasi momento, in tutto o in parte, agli obblighi che gli derivano dal contratto di credito. In tal caso, egli ha diritto ad una riduzione del costo totale del credito, che comprende gli interessi e i costi dovuti per la restante durata del contratto”. Il diritto alla riduzione viene, dunque, rapportato al paradigma del “costo totale del credito”.

Questo è definito all’art. 3, paragrafo 1, lettera g), con riguardo a “tutti i costi, compresi gli interessi, le commissioni, le imposte e tutte le altre spese che il consumatore deve pagare in relazione al contratto di credito e di cui il creditore è a conoscenza, escluse le spese notarili; sono inclusi anche i costi relativi a servizi accessori connessi con il contratto di credito, in particolare i premi assicurativi, se, in aggiunta, la conclusione di un contratto avente ad oggetto un servizio è obbligatoria per ottenere il credito oppure per ottenerlo alle condizioni contrattuali offerte”.

A fronte di tale disciplina, posta a tutela del consumatore, i successivi paragrafi dell’art. 16 prevedono, a favore di chi ha concesso il credito, il “diritto ad un indennizzo equo ed oggettivamente giustificato per eventuali costi direttamente collegati al rimborso anticipato del credito, sempre che il rimborso anticipato abbia luogo in un periodo per il quale il tasso debitore è fisso».

2.4.2. La medesima ordinanza, poi, dopo aver sottolineato pure, che «Quanto ai limiti – stabiliti sempre dal paragrafo 2 – per tale indennizzo, il paragrafo 4, lettera b), consente agli Stati membri di derogare alla disciplina uniforme, disponendo che il creditore possa “eccezionalmente pretendere un indennizzo maggiore se è in grado di dimostrare che la perdita subita a causa del rimborso anticipato supera l’importo determinato ai sensi del paragrafo 2», ha osservato che «Dall’esame della legislazione europea e del diritto interno si ricava che il diritto del consumatore al rimborso dei costi in caso di adempimento anticipato, nell’ambito del credito al consumo, non è estraneo alla disciplina antecedente all’art. 125-sexies del TUB», che, per quanto qui di specifico interesse, il tribunale partenopeo ha ritenuto idoneo a produrre i medesimi effetti già ottenibili in base al testo ante riforma dell’art. 125 del T.U.B..

2.4.3. La pronuncia di legittimità in esame ha proseguito evidenziando che «come affermato dalla Corte di Giustizia nella sentenza Lexitor dell’11.3.2019, nella causa C-383/18, le direttive relative al credito al consumo vanno interpretate non soltanto sulla base del loro tenore letterale, ma anche alla luce del suo contesto nonché degli obiettivi perseguiti dalla normativa di settore (v., in tal senso, sentenza del 10 luglio 2019, Bundesverband der Verbraucherzentralen und Verbraucherverbände, C- 649/17, EU:C:2019:576, punto 37). La Corte di Giustizia ha rilevato, in motivazione, che l’articolo 8 della direttiva 87/102, che è stata abrogata e sostituita dalla direttiva 2008/48, già stabiliva che il consumatore, “in conformità alle disposizioni degli Stati membri, (…) deve avere diritto a una equa riduzione del costo complessivo del credito”.

Di conseguenza, afferma la Corte di Lussemburgo, “l’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48 ha concretizzato il diritto del consumatore ad una riduzione del costo del credito in caso di rimborso anticipato, sostituendo alla nozione generica di “equa riduzione” quella, più precisa, di “riduzione del costo totale del credito” e aggiungendo che tale riduzione deve riguardare “gli interessi e i costi”.

Questo sistema di protezione è fondato sull’idea secondo cui il consumatore si trova in una situazione di inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda sia il potere di negoziazione che il livello di informazione (v., in tal senso, sentenza del 21 aprile 2016, Radlinger e Radlingerová, C – 377/14, EU:C:2016:283, punto 63).

Afferma la Corte di Giustizia nella sentenza Lexitor che l’effettività del diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito risulterebbe sminuita qualora la riduzione del credito potesse limitarsi alla presa in considerazione dei soli costi presentati dal soggetto concedente il credito come dipendenti dalla durata del contratto, dato che i costi e la loro ripartizione sono determinati unilateralmente dalla banca; inoltre, limitare la possibilità di riduzione del costo totale del credito ai soli costi espressamente correlati alla durata del contratto comporterebbe il rischio che il consumatore si veda imporre pagamenti non ricorrenti più elevati al momento della conclusione del contratto di credito».

2.4.4. Da quanto fin detto emerge, allora, che la soluzione offerta dal giudice di merito si pone in contrasto con l’art. 125 del TUB, ratione temporis applicabile e con la consolidata elaborazione giurisprudenziale in tema di diritti del consumatore, privandolo di una tutela piena, in caso di adempimento anticipato.

2.4.4.1. Né, in contrario, potrebbe assumere rilievo l’inesistenza di una norma secondaria, la deliberazione del CICR, avente carattere integrativo di una norma primaria. Invero, come ancora opportunamente chiarito da Cass. n. 25977 del 2023, «anche in assenza di una norma attuativa del CICR, il consumatore non può essere privato del suo diritto al rimborso dei costi sostenuti, come previsto dalla norma primaria e dalle direttive citate.

Se è vero, infatti, che le direttive hanno una efficacia diretta soltanto verticale e che le stesse non possono essere invocate nelle controversie fra privati, è pur vero, in senso opposto, che, in ogni caso, il Giudice di merito è tenuto ad interpretare la normativa interna di recepimento in modo conforme al diritto europeo.

Sul punto si richiama quella giurisprudenza europea che ha condivisibilmente osservato che “nell’applicare il diritto nazionale, e in particolare la legge nazionale espressamente adottata per l’attuazione della direttiva …, il giudice nazionale deve interpretare il proprio diritto nazionale alla luce della lettera e dello scopo della direttiva onde conseguire il risultato” (così ex multis CGUE 10.4.1984, causa 14/83, Von Colson e Kamann)».

2.4.4.2. Nemmeno rileverebbe, infine, l’intervento del CICR nel determinare le modalità di rimborso, demandandolo all’autonomia contrattuale (art. 1 Delibera CICR 9.2.2000 pubblicata in GU), posto che – come, del resto opinato anche dal tribunale partenopeo (sicché non è necessario dilungarsi oltre su questo specifico punto, nemmeno fatto oggetto di specifica censura, in via incidentale condizionata, dalla controricorrente) – una clausola contrattuale che escluda il rimborso dei costi sostenuti, in caso di estinzione anticipata del contratto di finanziamento, è nulla perché determina a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, ai sensi dell’art. 33 del d.lgs. n. 206/2005 (cfr. la già citata Cass. n. 25977 del 2023).

2.5. Sull’effettività della tutela del consumatore nell’ambito del credito al consumo, merita di essere segnalata, poi, la sentenza della Corte Costituzionale n. 263 del 2022, la quale, benché riferita alla dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 11-octies, comma 2, del d.l. 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, ha il pregio di ricostruire la normativa interna ed eurounitaria relativa al credito al consumo, ribadendo importanti principi in tema di norme integrative secondarie e di efficacia nell’ordinamento interno delle sentenze interpretative della Corte di Giustizia.

2.5.1. In particolare, in relazione alle norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia, regolatrici dei rimborsi al consumatore in caso di estinzione anticipata del finanziamento, la Corte Costituzionale ha ritenuto illegittimo la disposizione suddetta, nella parte in cui limita ad alcune tipologie di costi il diritto alla riduzione spettante al consumatore, per violazione degli art. 11 e 117, comma 1, della Costituzione.

2.5.2. La Corte Costituzionale ha espressamente affermato che il concetto di «riduzione del costo totale del credito», contenuto nella direttiva n. 2008/49 CE, ha sostituito il precedente richiamo alla «nozione generica di “equa riduzione”» presente nell’art. 8 della direttiva 87/102/CEE (sentenza Lexitor, punto 28).

La Consulta richiama il canone dell’interpretazione teleologica, ispirata all’esigenza di garantire «un’elevata protezione del consumatore» (sentenza Lexitor, punto 29), per rilevare che « limitare la possibilità di riduzione del costo totale del credito ai soli costi espressamente correlati alla durata del contratto comporterebbe il rischio che il consumatore si veda imporre pagamenti non ricorrenti più elevati al momento della conclusione del contratto di credito, poiché il soggetto concedente il credito potrebbe essere tentato di ridurre al minimo i costi dipendenti dalla durata del contratto» (sentenza Lexitor, punto 32).

2.5.3. In definitiva, l’interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia nella sentenza Lexitor all’art. 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE, partendo da un dato sicuramente testuale, ossia il riferimento alla riduzione del costo totale del credito, addiviene ad un’interpretazione orientata ad una elevata tutela del consumatore –che previene il rischio di abusi, a beneficio anche della concorrenza –, in presenza di contrappesi ritenuti adeguati a favore dei creditori.

2.5.4. Secondo il giudice delle leggi, «l’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48 ha concretizzato il diritto del consumatore ad una riduzione del costo del credito in caso di rimborso anticipato, sostituendo alla nozione generica di “equa riduzione” quella, più precisa, di “riduzione del costo totale del credito” e aggiungendo che tale riduzione deve riguardare “gli interessi e i costi”».

2.6. Afferma la Corte di Giustizia nella sentenza Lexitor che l’effettività del diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito risulterebbe sminuita qualora la riduzione del credito potesse limitarsi alla presa in considerazione dei soli costi presentati dal soggetto concedente il credito come dipendenti dalla durata del contratto, dato che i costi e la loro ripartizione sono determinati unilateralmente dalla banca; inoltre, limitare la possibilità di riduzione del costo totale del credito ai soli costi espressamente correlati alla durata del contratto comporterebbe il rischio che il consumatore si veda imporre pagamenti non ricorrenti più elevati al momento della conclusione del contratto di credito.

2.6.1. Detta interpretazione è certamente estensibile alla direttiva 87/102/CEE, che richiama il concetto più ampio di “equa riduzione del costo complessivo del credito”, ma soprattutto alla direttiva 90/88/CE, che introduce il concetto del costo totale del credito, comprendendovi “tutti i costi del credito, compresi gli interessi e le altre spese che il consumatore deve pagare per il finanziamento”.

2.7. Nella misura in cui il Tribunale di Napoli non si è uniformato ai suddetti principi di diritto, costantemente affermati dalla giurisprudenza interna ed eurounitaria, negando al (omissis), che aveva estinto anticipatamente il finanziamento, il diritto alla riduzione del costo complessivo del credito sul presupposto che quelle richieste in restituzione erano spese up front (a suo dire non rimborsabili) piuttosto che recurring (invece rimborsabili), la sentenza impugnata non può essere confermata.

3. In definitiva, quindi, l’odierno ricorso di (omissis) (omissis) deve essere accolto limitatamente al suo secondo motivo, dichiarandosene inammissibile il primo.

La sentenza impugnata, pertanto, deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa deve essere rinviata la Tribunale di Napoli, in persona di diverso magistrato, per il conseguente nuovo esame e per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.

PER QUESTI MOTIVI

La Corte accoglie il ricorso di (omissis) (omissis) limitatamente al suo secondo motivo, dichiarandone inammissibile il primo.

Cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia la causa al Tribunale di Napoli, in persona di diverso magistrato, per il conseguente nuovo esame e per la regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 7 maggio 2024

Il Presidente

Carlo De Chiara

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2024.

SENTENZA – copia non ufficiale -.