Fermato per un controllo del tasso alcolemico, all’invito rivolto dai militari di sottoporsi al test reagisce con espressioni offensive e minacciose verso i militi colpendo con una gomitata al volto un militare, che cadeva a terra, riportando lesioni giudicate guaribili in giorni 7.

(Corte di Cassazione penale, sez. VI, sentenza 12 dicembre 2016, n. 52582)

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAOLONI Giacomo – Presidente –
Dott. GIANESINI Maurizio – Consigliere –
Dott. TRONCI Andrea – Consigliere –
Dott. COSTANZO Angelo – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

B.G., nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 28/01/2015 della Corte di appello di Milano;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Anna Criscuolo;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Canevelli Paolo, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

Ritenuto in fatto e considerato in diritto

1. La Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza emessa all’esito di giudizio abbreviato l’8 marzo 2012 dal G.u.p. del Tribunale di Sondrio nei confronti di B.G., ritenuto colpevole dei reati di resistenza a pubblico ufficiale, lesioni, oltraggio a pubblico ufficiale e della contravvenzione di cui all’art. 186 C.d.S., comma 7.

La Corte di appello ha ritenuto provata la responsabilità dell’imputato, che, fermato per un controllo del tasso alcolemico, dopo vari tentativi risultati vani per apparente incapacità di espletare il test, al rinnovato invito rivoltogli dai militari aveva reagito sia verbalmente, con espressioni offensive e minacciose, sia fisicamente per allontanare da sè gli operanti, colpendo con una gomitata al volto un militare, che cadeva a terra, riportando lesioni giudicate guaribili in giorni 7.

I giudici hanno ritenuto che il reiterato tentativo dell’imputato di falsare l’esito del test ed il progressivo accrescersi dell’agitazione, sfociata nell’aggressione fisica dei militari, integravano i reati contestati e giustificavano il trattamento sanzionatorio inflitto in primo grado, anche alla luce della recidiva specifica contestata.

2. Avverso la sentenza propone ricorso il difensore del B., per i seguenti motivi:

– violazione di legge in relazione all’art. 186 C.d.S., comma 7: deduce che l’imputato tenne un comportamento collaborativo e si sottopose all’accertamento, ma dopo tre tentativi risultati vani, rifiutò di soffiare nuovamente nell’apparecchio in dotazione ai militari, come riferito nell’immediatezza dal teste Z., le cui dichiarazioni non sono state considerate dai giudici di merito, che hanno seguito la tesi dei militari ovvero che il B. simulasse la soffiata, ma in assenza di riscontro; la ricostruzione dei fatti è contraddittoria, laddove la stessa Corte di appello afferma che non vi erano condizioni obiettive riscontrate, che potessero incidere sulla capacità di espirazione dell’imputato, cosicchè la richiesta dei militari, quando il precursore non dava alcun esito positivo, diventava arbitraria e generava la reazione aggressiva dell’imputato: pertanto, la Corte di appello avrebbe dovuto assolvere l’imputato o riconoscere l’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 2 e le attenuanti generiche;

– violazione di legge in ordine all’applicazione della recidiva e al diniego delle attenuanti generiche: nel confermare la recidiva la Corte di appello non ha tenuto conto che i precedenti dell’imputato sono risalenti nel tempo e che potevano riconoscersi le attenuanti generiche in considerazione delle scuse rivolte dall’imputato nell’udienza di convalida e nel dibattimento nei confronti del militare, inavvertitamente attinto al volto da una gomitata.

3. Il ricorso è inammissibile, in quanto ripropone censure già esaminate puntualmente e motivatamente disattese dai giudici di appello, con le cui argomentazioni il ricorrente non si confronta.

Nella sentenza impugnata si esclude la natura arbitraria della rinnovata richiesta rivolta dai militari all’imputato di espletare l’accertamento in assenza di oggettive condizioni fisiche ostative, che gli impedissero di espirare nell’apparecchiatura.

Peraltro, i giudici hanno spiegato che la richiesta era giustificata dallo stato di alterazione dell’imputato e del passeggero e che lo stesso B. aveva ammesso in sede di convalida dell’arresto di essere stato non lucido a causa dell’assunzione di alcol; risulta inoltre, dalla relazione di servizio che gli operanti avevano notato l’autovettura procedere serpeggiando e che gli occupanti recavano segni evidenti di una recente e pregressa colluttazione con terzi.

I giudici hanno anche dato atto che il passeggero Z. aveva riferito della regolarità del controllo sino alla ripetuta richiesta della prova alcolemica, mentre nulla aveva potuto riferire sullo scontro fisico verificatosi, essendo rimasto seduto in macchina, affermando, peraltro, che la lesione rilevata era stata riportata in precedenza e che entrambi avevano assunto alcolici quella sera, cosicchè la versione del testimone è stata ritenuta in linea con la ricostruzione riportata nel verbale quanto allo stato di alterazione del B., al reiterato tentativo di falsificare l’esito del test ed al progressivo incremento del suo stato di agitazione sino a sfociare in una colluttazione fisica.

Ritenuto che del tutto legittimamente gli operanti tentarono di ottenere il riscontro tecnico di quanto oggettivamente rilevabile, richiedendo più volte all’imputato, che non presentava difficoltà respiratorie, di sottoporsi al test soffiando nell’apparecchiatura, che dava esiti non validi, risulta correttamente valutata la violenta condotta reattiva dell’imputato, diretta ad opporsi e ad ostacolare l’accertamento in corso, integrante il reato di resistenza, ed altrettanto correttamente esclusa l’invocata attenuante della provocazione.

4. Del tutto infondate, oltre che generiche, sono le censure in ordine alla recidiva ed al diniego delle attenuanti generiche, avendo i giudici ampiamente argomentato sul punto e sulla congruità della pena inflitta.

I giudici hanno infatti, confermato la sussistenza della recidiva qualificata, già ritenuta dal primo giudice, in ragione dei plurimi precedenti specifici per oltraggio, minaccia, ingiuria e una resistenza del 2005 oltre a numerose condanne per guida in stato di ebbrezza, ritenuti indicativi di radicata pericolosità dell’imputato e di incapacità di autocontrollo; hanno altresì, giustificato il diniego delle attenuanti generiche, sia alla luce dei precedenti penali specifici, sia della gravità delle espressioni offensive e dispregiative profferite nei confronti dei militari e della reazione violenta del tutto ingiustificata: elementi di segno negativo ritenuti prevalenti sull’unico elemento positivo segnalato dalla difesa.

La valutazione è in linea con l’orientamento di questa Corte, secondo il quale il riconoscimento delle attenuanti generiche è un giudizio di fatto lasciato alla discrezionalità del giudice, che deve motivare quanto basta a chiarire la sua valutazione sull’adeguamento della pena alla gravità effettiva del reato e alla personalità del reo (Sez. 6, n. 41365 del 28/10/2010, Rv. 248737; Sez. 1, n. 46954 del 04/11/2004, Rv. 230591).

In particolare, nel motivare il diniego delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Rv. 259899).

All’inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell’art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, che si stima equo determinare in Euro 1.500,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di millecinquecento Euro alla cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 30 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 12 dicembre 2016.