Fermo amministrativo: nessun termine perentorio per l’esecuzione (Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 17 luglio 2020, n. 15349).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Rel. Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29124-2014 proposto da:

RISCOSSIONE SICILIA S.P.A. (già SERIT SICILIA S.P.A.), Agente della Riscossione per la Provincia di Palermo, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. P. DA PALESTRINA 19, presso lo studio dell’avvocato STEFANIA DI STEFANI, rappresentata e difesa dall’avvocato ACCURSIO GALLO;

– ricorrente –

nonchè contro

PANTINA SALVATORE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 415/2014 del TRIBUNALE di TERMINI IMERESE, depositata il 28/04/2014, R.G.N. 50595/2011.

RILEVATO CHE

1. Il Tribunale di Termini Imerese ha confermato la sentenza del Giudice di Pace di Polizzi Generosa che, su ricorso di Salvatore Pantina notificato nel settembre 2010, ha annullato con effetto dalla data di pubblicazione della sentenza il preavviso di fermo amministrativo notificatogli nel luglio 2007, ritenendo che dagli articoli 2 (rectius 3), comma 41, del DL 203 del 2005 e 3 e 5 del DM 503 del 1998, dall’obbligo di condursi secondo buona fede e dall’articolo 24 Cost. si possa ricavare il principio per cui, dopo avere disposto il fermo, l’autorità ha l’obbligo di dar corso al pignoramento nei termini di legge;

2. il P.G. ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

3. con l’unico motivo di ricorso, ulteriormente illustrato con memoria, Riscossione Sicilia s.p.a. censura la sentenza del Tribunale di Termini Imerese per violazione degli articoli 2 (rectius 3), comma 41, del di. n. 203 del 2005, 35 del d.m. n. 503 del 1998, 12 disp. prel., cui non ha resistito Salvatore Pantina;

CONSIDERATO CHE

4. il ricorso è da accogliere;

5. l’articolo 86 del d.P.R. n. 602 del 1973 dispone, nella versione vigente ratione temporis:

«I. Decorso inutilmente il termine di cui all’articolo 50, comma 1, il concessionario può disporre il fermo dei beni mobili del debitore o dei coobbligati iscritti in pubblici registri, dandone notizia alla direzione regionale delle entrate ed alla regione di residenza.

2. Il fermo si esegue mediante iscrizione del provvedimento che lo dispone nei registri mobiliari a cura del concessionario, che ne dà altresì comunicazione al soggetto nei confronti del quale si procede.

3. Chiunque circola con veicoli, autoscafi o aeromobili sottoposti al fermo è soggetto alla sanzione prevista dall’art. 214, comma 8, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.

4. Con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con i Ministri dell’interno e dei lavori pubblici, sono stabiliti le modalità, i termini e le procedure per l’attuazione di quanto previsto nel presente articolo»;

6. l’articolo 3 del d.l. n.203 del 2005 ha disposto, poi, che « l’articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 si interpreta nel senso che, fino all’emanazione del decreto previsto dal comma 4 dello stesso articolo, il fermo può essere eseguito dal concessionario sui veicoli a motore nel rispetto delle disposizioni, relative alle modalità di iscrizione e di cancellazione ed agli effetti dello stesso, contenute nel decreto del Ministro delle finanze 7 settembre 1998, n. 503»;

7. tale ultimo decreto non prevede, in generale, termini entro i quali procedere all’esecuzione;

8. non esistono, dunque, disposizioni di legge o di decreto ministeriale che impongano di procedere all’esecuzione forzata entro termini perentori dal fermo;

9. il fermo, d’altro canto, è comunemente ritenuto una misura afflittiva, volta proprio a indurre il debitore all’adempimento sottraendogli la disponibilità del bene (v., fra le altre, Cass. n. 15354 del 2015);

10. né possono rilevare, in contrario, il principio di buona fede e l’articolo 24 Cost. richiamati in sentenza;

11. da un canto, «l’impugnazione del preavviso di fermo amministrativo, sia se volta a contestare il diritto a procedere all’iscrizione del fermo, sia che riguardi la regolarità formale dell’atto, è un’azione di accertamento negativo a cui si applicano le regole del processo di cognizione ordinario, e come tale non assoggettata al termine decadenziale di cui all’art. 617 c.p.c.» (v., fra le altre, Cass. n. 18041 del 2019), così che il contribuente che si ritenga leso nei suoi diritti può sempre agire per sentir dichiarare illegittimo il fermo e toglierlo di mezzo, senza essere tenuto a sopportarne, sine die, gli effetti;

12. dall’altro, il fermo ammnistrativo ha proprio la funzione di «spingere il cittadino all’adempimento», ferma la possibilità di esperire i rimedi di legge per farne valere l’illegittimità;

13. in conclusione la sentenza va cassata e, per non essere necessari ulteriori accertamenti in fatto, decidendo nel merito, l’opposizione avverso il fermo amministrativo va rigettata;

14. le spese del giudizio di merito e di legittimità si liquidano come in dispositivo e seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’opposizione a fermo amministrativo;

condanna la parte intimata al pagamento delle spese liquidate, per compensi professionali, in euro 600,00 per il giudizio di primo grado, euro 800,00 per il giudizio di secondo grado, euro 1.500,00 per il giudizio di legittimità, oltre euro 200,00 per esborsi e quindici per cento spese generali e altri accessori di legge.

Così deciso in Roma nella Adunanza camerale del 5 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 17 luglio 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.