Figlio utilizza l’auto della madre per il trasporto di piazza: sanzionati entrambi con la confisca del mezzo (Corte di Cassazione, Sezione II Civile, Sentenza 4 maggio 2022, n. 14124).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15364/2018 R.G. proposto da:

(OMISSIS) CARLA, rappresentata e difesa dall’avvocato PAOLO LUIGI (OMISSIS), con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato VALTER ARNALDO (OMISSIS) in ROMA, VIA (OMISSIS) (OMISSIS), 61;

– ricorrente –

contro

U.T.G. PREFETTURA DI MILANO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 11165/2017 del TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO, depositata il 13/11/2017.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/11/2021 dal Consigliere, Dott. ANTONELLO COSENTINO

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

La sig.ra Carla (OMISSIS) ha proposto ricorso, avverso l’U.T.G. Prefettura di Milano, per la cassazione della sentenza con cui il Tribunale di Milano, confermando la sentenza del Giudice di Pace della stessa città, ha rigettato il suo ricorso avverso il provvedimento della Prefettura – U.T.G. di Milano che aveva disposto la confisca della sua auto, in quanto utilizzata dal di lei figlio Michele (OMISSIS) per l’abusivo esercizio del servizio di trasporto di piazza mediante l’applicazione Uber; altresì condannandola in solido con il medesimo Michele (OMISSIS) al pagamento euro 2.136,20 a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria per la violazione dell’articolo 86 cod. strada.

Il tribunale ha ritenuto che la sig.ra Baroli non avesse assolto all’onere, su di lei gravante, di essere rimasta estranea alla violazione amministrativa commessa dal figlio, secondo il disposto dell’articolo 213, comma sesto, cod. strada (nel testo applicabile alla fattispecie ratione temporis: «La sanzione stabilita nel comma 1 non si applica se il veicolo appartiene a persone estranee alla violazione amministrativa e l’uso può essere consentito mediante autorizzazione amministrativa»).

Con ordinanza del 18 aprile 2019 questa Corte, rilevato che il ricorso era stato notificato all’Avvocatura Distrettuale dello Stato, ha disposto il rinnovo della notificazione presso l’Avvocatura Generale dello Stato, tempestivamente eseguito dalla ricorrente.

La Prefettura non ha svolto attività difensiva.

La causa è stata chiamata all’adunanza camerale del 23 novembre 2021, per la quale non sono state depositate memorie.

Con l’unico motivo di ricorso, riferito all’art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., la ricorrente lamenta la violazione/erronea applicazione degli artt. 196 e 213 del codice della strada e l’omesso esame delle istanze istruttorie proposte in primo grado e in sede di appello, nonché di circostanze dedotte fin dal primo grado.

La ricorrente rimarca che l’art. 213 cod. strada, nel considerare l’estraneità della persona al reato quale circostanza escludente della confisca del proprio veicolo, è interpretato dalla corte di cassazione nel senso di mancanza di un elemento psicologico di partecipazione al reato, assenza di vantaggi o utilità dallo stesso, mancanza di comportamenti negligenti che abbiano favorito l’uso indebito della cosa (Cass., SS.UU., n. 14484/2012).

Sostiene, dunque, che la confisca del proprio veicolo sia illegittima, affermando di essere stata del tutto estranea all’illecito contestato al figlio e lamentando che la prova della mancanza di colpa pretesa dal tribunale si risolverebbe in una probatio diabolica.

Si duole, inoltre, della mancata considerazione da parte del giudice di merito della malattia cronica che la affligge, e che, da un lato, le consente di spostarsi solo con l’automobile e, dall’altro, le rende impossibile, in tarda notte, controllare le azioni del figlio, di cui non sospettava l’attività.

Lamenta, altresì, la mancata ammissione di prova per testi, da lei richiesta nel giudizio di merito.

Il ricorso va rigettato.

Il tribunale, addossando alla ricorrente l’onere di provare la sua estraneità, si è uniformata alla giurisprudenza di questa Corte, la quale ha già avuto modo di chiarire, con la sentenza n. 17398 del 2008 (resa in tema di circolazione di un ciclomotore non rispondente alle prescritte caratteristiche tecniche, la cui ratio decidendi è riferibile anche alla fattispecie oggetto del presente giudizio) che per il principio di solidarietà di cui all’articolo 6, primo comma, della legge 24 novembre 1981 n. 689 ed all’articolo 196, primo comma, cod. strada, il proprietario risponde anche della sanzione accessoria della confisca del mezzo, prevista dal comma quattordicesimo dell’ articolo 97 cod. strada, «se non prova che la circolazione del ciclomotore sia avvenuta contro il suo volere e che il non aver impedito il fatto non risalga ad una sua dolosa o colposa omissione nel custodirlo (Nella specie è stata respinta la tesi del proprietario secondo cui, in virtù dell’articolo 213, comma sesto, cod. strada, non poteva disporsi la confisca del suo ciclomotore, perché, al momento della contestazione, questo circolava in violazione dell’articolo 97, comma sesto, cod. strada con alla guida altra persona)».

Precisato, dunque, che nella impugnata sentenza l’onere della prova è stato ripartito correttamente, si osserva che il Tribunale ha ritenuto che la sig.ra (OMISSIS) non avesse soddisfatto l’onere probatorio su di lei gravante sulla base di un motivato apprezzamento di merito («non vi è da parte dell’appellante, né in termini di allegazione, né di supporto probatorio, l’indicazione e la relativa dimostrazione che la proprietaria del veicolo si sia in qualche modo attivata al fine di controllare preventivamente l’uso del veicolo da parte dell’effettivo trasgressore, uso che sarebbe avvenuto in orario notturno e, dunque, certamente non per le finalità a cui il medesimo è normalmente adibito»).

Il suddetto apprezzamento di merito non può essere censurato in questa sede, in ragione del disposto degli ultimi due commi dell’articolo 348-ter comma 5 c.p.c.; il Tribunale, infatti, ha confermato la sentenza di primo grado e, d’altra parte, la ricorrente non ha assolto al suo onere di indicare le diverse ragioni di fatto poste a base delle decisioni di primo e secondo grado.

Va qui ricordato, infatti, che la giurisprudenza di questa Corte ha già avuto modo di precisare che «nell’ipotesi di “doppia conforme”, prevista dall’art. 348-ter, comma 5, c.p.c. (applicabile, ai sensi dell’art. 54, comma 2, del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012), il ricorrente in cassazione – per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. (nel testo riformulato dall’art. 54, comma 3, del d.l. n. 83 cit. ed applicabile alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012) – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse» (Cass. sez. I, sent. 26774/2016).

Il ricorso è rigettato.

Non vi è luogo a regolazione delle spese del presente giudizio, non avendo l’Amministrazione resistente svolto attività difensiva in questa sede.

Si dà atto che sussistono le condizioni per dichiarare che il ricorrente è tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. 115/2002.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 23 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 maggio 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.