Giornalista registra udienza segretamente. Diffusione della registrazione. Diffamazione.

Registrò, camuffando le voci dei giudici, dell’imputato e dei testimoni, un’udienza di un processo contro un diciottenne accusato di furto aggravato di un pc portabile, di cui difendeva l’innocenza e denunciava un errore giudiziario: il ragazzo si trovava a lavoro e c’era stato un errore di persona.

Fu condannata con altri giornalisti a 20 ore di servizi di pubblica utilità per oltraggio alla Corte, perché la registrazione e la diffusione all’interno di un reportage non era stata autorizzata.

Tutti i ricorsi anche alla Consulta, invocando la libertà di stampa, furono vani.

C’è stata una violazione della sua libertà d’espressione, in quanto le voci, le immagini erano deformate e rese irriconoscibili e l’ammenda inflitta è sproporzionata dato che stava documentando un fatto di pubblico interesse e svolgendo le sue mansioni di cronista.

È irrilevante che la pena fosse mite e come avesse ottenuto la registrazione, visto che il suo era un fine legittimo e tutelato dall’art. 10 Cedu.

In caso contrario si avrebbe un effetto deterrente e lesivo della libertà di stampa (sui limiti alla rivelazione di notizie coperte da segreto istruttorio cfr. Bedat c. Svizzera [GC] nel quotidiano del 29/3/16).