Guardia di Finanza: operazione “Odysséu”. 12 Ordinanze di custodia cautelare in carcere, di cui 5 a carico di Carabinieri …

In allegato alla presente, i file delle indagini svolte dai militari della Guardia di Finanza sotto la regia della Procura della Repubblica, presso il Tribunale di Piacenza …

Operazione Odysséus

Ordinanza custodia cautelare a firma Dott. Milani (GIP)

L’audio shock che svela torture e violenze …

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…, la risposta del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, non si è fatta attendere …

Oggi, a Piacenza, ci sono un nuovo comandante di compagnia e 8 Carabinieri con due stazioni mobili, per continuare a garantire le funzionalità della caserma. Pronti e desiderosi di difendervi, così come in tutta Italia, anche da chi non è degno di indossare questa divisa. Una storia gloriosa non basta a lenire il dolore di una ferita al cuore.

Come voi, feriti sono 100.000 #Carabinieri che ogni giorno adempiono il proprio dovere con onore e sacrificio.

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Tutta la dolorosa vicenda su quella che è stata definita la “caserma degli orrori” di Piacenza, mi ricorda il primo giorno in cui, dopo essere stato “parcheggiato” alla scuola Marescialli quale insegnante di tecniche investigative, feci il mio primo ingresso in aula.

“Mettiamo, per esempio”, esordii “che fermiate un tipo in possesso di pochi grammi di droga. Ebbene, costui vi dice che se evitate di denunciarlo e di sequestragli l’esiguo stupefacente, vi indica seduta stante un covo gestito da pericolosi trafficanti ove sono occultati chili di droga. Cosa fate?”.

Le risposte dei giovani allievi, del tutto ignavi di leggi e regolamenti, erano sempre tre.

Quelli animati da un’ingenua passione e da tanta voglia di combattere il crimine, rispondevano: “Evito di sequestrare quei pochi grammi e vado invece a sequestrare il chilo, arrestando i trafficanti”.

A costoro rispondevo che in tal maniera, se fosse emerso quanto accaduto, si sarebbero resi responsabili di omissione di atti d’ufficio, concorso in detenzione di droga, falsità ideologica e chi più ne ha, più ne metta. E l’arresto dei trafficanti, nonché l’ingente sequestro di stupefacenti, a nulla sarebbero valsi per attenuare le loro responsabilità dinanzi al magistrato.

Quelli più pacati e sonnacchiosi, rispondevano: “Procedo al sequestro di quei pochi grammi e ignoro la proposta di collaborazione”.

A costoro rivolgevo un mesto sorriso, sapendo un cuor mio che avrebbero trascorso una vita serena, senza rischi né emozioni.

Alcuni, i più cinici, infine rispondevano: “Faccio finta di accettare la proposta, vado a sequestrare il chilo e, subito dopo, denuncio anche il confidente sequestrandogli le poche dosi in suo possesso”.

Questa, seppur non del tutto errata come risposta, era quella che mi piaceva meno. Mi generava un senso di repulsione poiché ho sempre ritenuto che la parola data da uno sbirro, anche al peggior delinquente, deve essere onorata.

Perché racconto questo episodio e cosa ha a che vedere con quanto successo a Piacenza? Nulla…o forse tutto.

Dopo essermi sorbito oltre un’ora di conferenza stampa in pompa magna, in technicolor, con slide multimediali, condotta in maniera sofferta, tormentata e travagliata, pur se compiaciuta, dal procuratore di Piacenza, ho compreso che gli ignobili reati di cui sono accusati i carabinieri della stazione di Piacenza, contrariamente a quanto riportato dagli organi di stampa, non avevano come fine l’arricchimento personale derivante dallo spaccio di droga.

Sì, pare che agevolassero lo spaccio dei loro confidenti e prendessero a schiaffoni gli spacciatori arrestati. Ma, pur se esecrabile, l’unico scopo (che non giustifica minimamente falsità e percosse) era quello di eseguire quanti più arresti possibile nella giurisdizione.

Indubbiamente, a norma di legge, consentire che una persona detenga droga, equivale a concorrere con lui nel reato, ma ciò pare non ingrossasse i loro portafogli ma solo la statistica degli arresti. Questo è bene chiarirlo.

Malgrado la “potenza di fuoco” investigativa messa in campo, malgrado fotografie enucleate da qualsivoglia contesto, allo stato non c’è alcuna traccia di passaggio di denaro tra gli spacciatori-informatori e gli agenti coinvolti.

Con questo non voglio assolutamente giustificarli, ma è bene evidenziarlo. Così come è bene evidenziare che per combattere il mercato della droga servono informazioni e tali notizie non te le dà di certo il farmacista, il sindaco e neanche il parroco. Le vere informazioni si possono ottenere solo ed unicamente da chi è addentrato in quel mondo degradato e subumano.

E’ bene che si sappia, inoltre, che non esistono fondi per spese confidenziali a disposizione di una stazione carabinieri. Per cui, se vuoi una notizia in qualche modo la devi pagare e questo ti può portare a sprofondare nel baratro del “lato oscuro della forza”. Come diceva Nietzsche: “Se guardi a lungo nell’abisso, l’abisso guarderà te”.

Quella domanda, posta con nonchalance, il primo giorno di scuola, serviva a far capire agli allievi quanto complicato, rischioso e difficile sarebbe stato il percorso che intendevano avviare.

Alla fine della lezione, tutti mi chiedevano: “Ma, allora, qual è la risposta giusta? Come dovremmo regolarci in una situazione analoga?”.

“Mi dispiace, ma non c’è alcuna risposta esatta”, rispondevo. “Ognuno di voi la troverà sul cammino, davanti ai bivi che la vita operativa gli porrà davanti. L’importante è che sia una risposta che sgorghi dalla propria coscienza di uomo prima che di professionista. L’importante è prenderla con convinzione, al fine di tutelare non solo la comunità ma anche se stessi ed i propri uomini. L’importante è non farsi distruggere moralmente da quella risposta, perché chi lotta con i mostri deve guardarsi di non diventare, così facendo, anch’egli un mostro…”

F.to: Col. CC Salvino Paternò