Guerra Russia-Ucraina, negata l’estradizione di un ex agente del KGP. Il trattamento carcerario russo, merita più approfondimenti (Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, Sentenza 24 marzo 2022, n. 10656).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Presidente –

Dott. VILLONI Orlando – Consigliere –

Dott. AMOROSO Riccardo – Consigliere –

Dott. SILVESTRI Pietro – Consigliere –

Dott. GIORGI Maria Silvia – Rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) Anna, nata in Russia il 14/09/19xx;

avverso la sentenza del 16/12/2021 della Corte d’appello di Milano.

Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere, Dott.ssa Maria Silvia Giorgi;

letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Dott. Pietro Molino, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Milano ha dichiarato sussistenti le condizioni per l’accoglimento della domanda di estradizione formulata dalla Confederazione Russa nei confronti di Anna (OMISSIS), raggiunta da mandato di cattura emesso l’11 febbraio 2021 dal Tribunale di Meshchanskiy in ordine al reato di “produzione, vendita, stoccaggio o vendita di prodotti, esecuzione di lavori o prestazioni di servizi che non soddisfano i requisiti di sicurezza” commesso in Russia dall’8 al 23 aprile 2018.

In esecuzione di tale mandato la estradanda veniva tratta in arresto il 4 giugno 2021; il giorno seguente l’arresto veniva convalidato e, ritenuta la sussistenza del pericolo di fuga, veniva disposta dalla Corte territoriale la custodia cautelare in carcere, poi sostituita con gli arresti domiciliari il 22 giugno 2021, da ultimo (31 gennaio 2022) ulteriormente affievolita nell’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria.

L’estradanda negava il consenso all’estradizione e non rinunciava al principio di specialità.

Il Ministero della Giustizia chiedeva il mantenimento della custodia e trasmetteva alla A.G. la domanda di estradizione presentata dal Governo della Confederazione Russa.

All’udienza celebrata il 2 novembre 2021 la Corte di appello inoltrava tramite il Ministero una richiesta di informazioni allo Stato richiedente circa le condizioni carcerarie in Russia, alla quale seguiva la trasmissione di una relazione del Procuratore Federale russo.

La (OMISSIS) ribadiva il diniego alla estradizione.

La Corte ha rappresentato la sussistenza dei requisiti previsti per l’estradizione, indicando il titolo cautelare emesso dall’Autorità richiedente, la “doppia incriminazione” e l’assenza di cause ostative rispetto al titolo di reato, trattandosi di reato comune.

L’estradanda è infatti imputata nell’ambito di una indagine per omicidio colposo plurimo in concorso con altri soggetti, in relazione a decessi avvenuti in una clinica privata, a seguito di interventi in cui risultavano utilizzati farmaci nocivi per la salute, acquistati dal comparto amministrativo in cui la (OMISSIS) lavorava come funzionario.

In particolare la (OMISSIS) deve rispondere del reato di violazione della normativa sulla produzione, vendita, stoccaggio o vendita di prodotti, esecuzione di lavori o prestazioni di servizi che non soddisfano i requisiti di sicurezza di cui all’art. 238 del codice penale federale russo.

La Corte territoriale ha ritenuto altresì insussistente il pericolo di atti persecutori e discriminatori e soddisfacenti le condizioni di detenzione presso il Paese richiedente, così come garantite dalla nota proveniente dal Procuratore Federale russo trasmessa dal Ministero degli Affari esteri il 10 gennaio 2021, valutando come generiche le deduzioni difensive, ivi comprese quelle sulle condizioni di salute dell’estradanda che, secondo quanto prospettato, non consentirebbero di essere adeguatamente trattate.

Neppure la memoria depositata dalla difesa inficiava tali conclusioni, dal momento che le cure indicate sono una mera prospettiva, non essendo neppure iniziate, peraltro da svolgersi presso un istituto privato.

Anche con riguardo alla indicazione difensiva circa eventuali persecuzioni o ritorsioni cui la estradanda potrebbe essere esposta )d quale ex appartenente al KGB, si tratta di enunciazioni non supportate da elementi concreti.

2. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la (OMISSIS), denunciando, a mezzo di difensore, con plurimi ed articolati motivi, la violazione di legge e il vizio di motivazione con riguardo:

2.1. all’erroneo accertamento della sussistenza delle condizioni per l’estradizione. La Corte territoriale è incorsa in un travisamento del fatto, rappresentando di avere verificato la sussistenza delle condizioni per l’accoglimento dell’estradizione con riferimento ad un ipotetico fatto illecito diverso da quello contestato dalla A.G. russa. L’autorità richiedente non rappresenta affatto la connessione tra il decesso di pazienti della clinica e l’utilizzo di farmaci adulterati; non risulta che la (OMISSIS) abbia ricoperto funzioni amministrative nell’istituto sanitario, né che sia stata deputata all’acquisto di farmaci nocivi; la stessa infatti è socia fondatrice della (OMISSIS) s.r.l. -operante presso la clinica, unitamente ad altra società-, senza però rivestire altri ruoli operativi, direttivi o decisionali;

2.2. all’omesso accertamento, nonostante le allegazioni difensive sullo specifico punto, della sottoposizione dell’estradanda ad un procedimento penale condotto in violazione dei diritti fondamentali di difesa e del diritto ad un equo processo. Pur avendo la (OMISSIS) nominato tre difensori in momenti successivi, la stessa è stata rinviata a giudizio senza che la stessa e i suoi difensori ricevessero informazioni, né fossero verificate la residenza e la effettiva dimora. E’ stata poi iscritta nel registro dei ricercati in costante assenza dei difensori. L’estradanda non ha avuto la possibilità di scegliere un difensore in una fase delicata quale l’udienza fissata per l’applicazione della custodia cautelare, stante la partecipazione di un difensore di ufficio, pur in presenza di una regolare nomina di fiducia, con violazione dei principi fissati dalla CEDU;

2.3. al rischio di sottoposizione ad atti persecutori e/o discriminatori in ragione di motivazioni politiche, trattandosi di contestazione di un reato comune promossa, tuttavia, per finalità sostanzialmente politiche, dal momento che l’estradanda -già membro dei servizi di sicurezza russi- ha condotto in tempi recenti un’indagine privata che avrebbe disvelato gravi attività di contraffazione e illecita distribuzione in territorio russo di un farmaco anestetico, supportata da alte autorità russe, tanto che la (OMISSIS) ha richiesto nel marzo 2021 protezione internazionale allo Stato italiano;

2.4. alle condizioni carcerarie dello Stato richiedente, svalutate dalla Corte territoriale che non ha valorizzato la documentazione depositata dalla difesa. L’autorità russa, richiesta di informazioni, ha rappresentato l’insussistenza di carenze nel proprio sistema carcerario e il rispetto dei diritti dei detenuti, in contrasto con numerosi rapporti di associazioni non governative. Anche dalle statistiche penali annuali del Consiglio di Europa per l’anno 2020 emerge che la Russia è il Paese europeo con il maggior numero di detenuti in termini assoluti. Numerose sono altresì le procedure attivate a livello europeo nei confronti della Russia per le pessime condizioni degli istituti carcerari e per denunce di torture, trattamenti inumani e violazioni dei diritti fondamentali, sfociate anche in condanne per violazione dell’art. 3 CEDU. Con particolare riferimento ai due istituti penitenziari indicati dalla Autorità russa ove la ricorrente dovrebbe essere ristretta (SIZO-1 e colonia correttiva IK-1 in caso di condanna) la difesa ha depositato copiosa documentazione comprovante le pessime condizioni, ignorata dalla sintetica pronuncia della Corte territoriale;

2.5. al mancato rilievo della deduzione secondo cui la (OMISSIS), se reclusa con i detenuti ordinari, potrebbe essere sottoposta a trattamenti inumani o degradanti, in ragione della sua trascorsa appartenenza al KGB, che avrebbe dovuto comportare l’individuazione di un carcere -o almeno di un blocco all’interno dello stesso- separato rispetto ai detenuti ordinari, che non risulta presente nei due istituti individuati dall’Autorità russa;

2.6. al trattamento sanzionatorio cui potrebbe essere sottoposta l’estradanda quanto alla prevista pena dei lavori forzati fino a cinque anni prevista dall’art. 238, comma 3 del codice penale russo in alternativa alla reclusione fino a dieci anni. Ciò contrasta con l’art. 4, comma 2, CEDU e con l’art. 5, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, oltre ad evocare un trattamento disumano idoneo a determinare una palese violazione dei diritti fondamentali della persona, che la Corte di appello avrebbe dovuto accertare;

2.7. alla mancata presa in considerazione delle precarie condizioni di salute dell’estradanda, affetta da sclerosi multipla.

La Corte ha avanzato alle Autorità russe una generica richiesta circa il “rispetto della salute”, senza riferimento all’assistenza sanitaria che sarebbe effettivamente assicurata alla estradanda in relazione alla specifica patologia da cui risulta affetta; sotto diverso profilo la Corte territoriale non ha adeguatamente valutato la compatibilità delle condizioni di salute dell’estradanda con la stessa procedura di estradizione, con particolare riferimento alle conseguenze del trasferimento e alla potenziale interruzione di interventi terapeutici non procrastinabili, tanto più alla luce della certificazione medica del 15 dicembre 2021 da cui si evince che le cure non sono state solo consigliate, come si legge nella pronuncia impugnata, bensì prescritte e rappresentate come necessarie.

3. In data 22 febbraio 2022 la difesa dell’estradanda ha depositato memoria (con allegati) con cui ribadisce i motivi proposti, con particolare riferimento al rischio di trattamenti degradanti cui sarebbe sottoposta la ricorrente e alle condizioni di salute che non riceverebbero adeguata attenzione nel sistema russo.

4. Il ricorso è stato trattato, ai sensi dell’art. 23, commi 8 e 9, dl. 28 ottobre 2020, n. 137, senza l’intervento delle parti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito descritti.

2. Il primo motivo di ricorso è infondato: la Corte di appello non ha operato alcuna confusione in ordine al reato ascritto alla estradanda, affermando che la stessa è imputata “nell’ambito” di una indagine per omicidio colposo, laddove la contestazione specifica mossa alla ricorrente è quella di acquisto di farmaci nocivi in violazione della normativa dello Stato richiedente relativa alla sicurezza dei prodotti, previsto e punito dall’art. 238 del codice penale federale russo.

Sotto diverso profilo, quanto alla funzione amministrativa asseritamente rivestita dalla ricorrente, si tratta di una questione di merito, incensurabile in sede di legittimità.

3. Quanto al secondo e terzo motivo -che per la stretta connessione vengono esaminati unitariamente- sono proposti argomenti relativi al movente politico che sorreggerebbe il procedimento penale aperto, nello Stato richiedente, contro la (OMISSIS).

Premesso che la persecuzione politica mascherata sotto forma di esercizio dell’azione penale per un delitto comune costituisce per il nostro ordinamento -ai sensi degli artt. 3 e 13 della Costituzione e 5 e 14 della CEDU- una causa di rigetto obbligatorio di una domanda di estradizione, nei rapporti che si svolgono su base convenzionale, la parte richiesta ha facoltà di rifiutare l’estradizione solo qualora abbia seri motivi per ritenere che si sia in presenza di una estradizione “mascherata”.

Sicché, ove dal contenuto della domanda non emergano elementi idonei a ritener fondato tale pericolo, sussiste per l’estradando un onere di allegazione di elementi e circostanze idonei a fondare il timore che l’estradizione di per sé configuri la violazione di uno dei diritti fondamentali della persona.

Alla luce di tali considerazioni, a fronte del giudizio espresso dalla Corte di appello -secondo cui nella fattispecie nessuna prova sussiste al riguardo- i motivi di ricorso si limitano, a ben vedere, a riproporre gli argomenti offerti a sostegno del “movente politico” che però rimangono a livello di mera affermazione, senza in particolare indicare in quale momento la Corte territoriale avrebbe omesso di valutare, o valutato in maniera manifestamente illogica, elementi probatori o comunque seriamente indiziari della plausibilità della tesi persecutoria. Donde l’infondatezza delle doglianze.

4. Sono invece fondati il quarto, quinto e sesto motivo di ricorso.

La denuncia di mancanza di motivazione in ordine alla esclusione del pericolo di trattamento carcerario in violazione dei diritti fondamentali appare fondata, non essendosi la Corte di appello adeguatamente confrontata con le allegazioni difensive che, sul punto specifico, erano sorrette da una documentazione necessitante di verifica.

L’impegno motivazionale non è in tal caso limitabile, per escluderne la rilevanza, al solo generico richiamo alla relazione ministeriale.

L’estradanda ha infatti adempiuto all’onere di allegare elementi oggettivi, precisi, attendibili e aggiornati in merito alle condizioni di detenzione vigenti nello Stato richiedente, idonei a fondare il timore che la sua estradizione preluda a un trattamento incompatibile con i diritti fondamentali della persona (Sez. 6, n. 11492 del 14/02/2019, Lia, Rv. 275166) non superati dal generico richiamo contenuto nella sentenza impugnata alle “rassicuranti informazioni” pervenute dalla Autorità giudiziaria russa.

Tali valutazioni si rivelano ancora più pregnanti con riferimento ai recenti drammatici sviluppi degli eventi bellici in Ucraina.

Sotto diverso profilo si osserva che in tema di estradizione per l’estero, ai fini dell’accertamento della condizione ostativa prevista dall’art. 698, comma 1, cod. proc. pen., la Corte di appello è tenuta a verificare se la pena prevista dalla legislazione dello Stato richiedente, al di là della sua denominazione formale, consista effettivamente in un trattamento che violi i diritti fondamentali della persona (Sez. 6, n. 8616 del 30/01/2020, Smyshlyaev, Rv. 278459).

In tal senso la verifica effettuata dalla Corte di appello in ordine alla tipologia di pena prevista per il reato oggetto della estradizione processuale risulta carente.

La nota inviata allo Stato richiedente dal Ministero della giustizia italiano aveva ad oggetto soltanto le informazioni integrative relative al trattamento carcerario riservato all’estradanda.

Andava invece accertato da parte della Corte di appello se la pena prevista dal codice penale russo in alternativa a quella detentiva – al di là della traduzione in lingua italiana della sua denominazione, (“lavori forzati”) che sembra evocare un trattamento disumano e degradante- consista effettivamente in un trattamento che violi i diritti fondamentali della persona, come tale ostativo alla estradizione in base agli artt. 698, comma 1, cod. proc. pen. e 705, comma 2, lett. c) cod. proc. pen.

5. Sono infine fondate anche le residue doglianze concernenti la compatibilità della richiesta di estradizione con le condizioni di salute della ricorrente, alla luce della documentazione clinica allegata dalla difesa, cui la Corte territoriale ha risposto con motivazione non adeguata, semplicemente richiamando il carattere sperimentale delle cure e la loro ipoteticità, a fronte di seria certificazione emessa da un medico specialista operante presso l’Ospedale San Raffaele di Milano, che fornisce altresì una precisa calendarizzazione delle terapie da eseguirsi non appena perverranno gli esiti degli esami già prescritti.

La giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di chiarire, in tema di estradizione per l’estero, che la Corte di appello deve valutare, anche attraverso la richiesta di informazioni complementari, le circostanze allegate dall’interessato in merito al rischio di sottoposizione ad un trattamento inumano o degradante, acquisendo informazioni “individualizzate” sul regime di detenzione che sarà riservato all’estradando, valutando, oltre alle condizioni generali di detenzione esistenti nelle carceri dello Stato richiedente, anche le condizioni di salute e di età dell’estradando in relazione alle specifiche condizioni di detenzione ed eventualmente richiedendo garanzie in ordine alla possibilità che l’interessato possa continuare ad essere curato nelle strutture penitenziarie dello Stato richiedente (Sez. 6, n. 8078 del 09/02/2021, Olgesashvili, Rv. 280709).

6. Alla luce delle considerazioni che precedono, la sentenza impugnata va pertanto annullata con rinvio a diversa sezione della Corte di appello di Milano per nuovo giudizio con riguardo ai punti relativi al trattamento carcerario e alle condizioni di salute.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Milano.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att. cod. proc. pen.

Così deciso il 01/03/2022.

Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.