I Giudici non credono che i 4 grammi di cocaina trovati addosso all’imputato, all’interno di una discoteca, erano per uso personale (Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, Sentenza 20 novembre 2020, n. 32606).

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETRUZZELLIS Anna – Presidente –

Dott. CAPOZZI Angelo – Rel. Consigliere –

Dott. BASSI Alessandra – Consigliere –

Dott. ROSATI Martino – Consigliere –

Dott. SILVESTRI Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS) Alvaro Antonio, nato in Cile il xx/xx/19xx;

avverso la sentenza del 06/05/2019 della Corte di appello di Torino;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal componente Dott. Angelo Capozzi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.ssa Francesca Romana Pirrelli, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Torino, a seguito di gravame interposto dall’imputato Alvaro Antonio (OMISSIS) (OMISSIS) avverso la sentenza emessa dal locale Tribunale in data 8/6/2016 ha confermato la decisione con la quale il predetto imputato è stato riconosciuto colpevole del reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90 in relazione alla detenzione di sei ovuli contenenti gr. 3,81 lordi di cocaina e condannato a pena di giustizia.

2. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l’imputato che, a mezzo del difensore, deduce con unico motivo manifesta illogicità della motivazione in relazione alla affermazione di responsabilità del ricorrente imputato con riguardo alla destinazione a terzi dello stupefacente detenuto non risultando gli elementi evidenziati dal giudice di merito (modalità di confezionamento, custodia all’interno di una piccola tasca della sua cintura, valore non minimale della sostanza) realmente indizianti di tale destinazione, tenuto anche conto della dimostrata attività lavorativa sua e della moglie.

3. Ritiene la Corte che il ricorso è inammissibile perché proposto per ragioni di fatto involgenti una rivalutazione delle emergenze processuali che non può trovare accesso in sede di legittimità.

4. Invero, la Corte di merito senza incorrere in vizi logici e giuridici ha desunto dai plurimi elementi considerati la destinazione a terzi dello stupefacente detenuto dall’imputato ricorrente: quantitativo portato con sé superiore al fabbisogno personale tenuto conto della serata da trascorrere nel locale pubblico senza essere accompagnato da alcuno e privo di portafoglio; occultamento della sostanza all’interno della cintura dei pantaloni; acquisto, a dire dello stesso imputato, in prossimità della abitazione dello stesso imputato – ubicata sopra al locale in cui si stava intrattenendo – e, infine, sproporzione tra valore dello stupefacente detenuto e limitate possibilità economiche dell’imputato, dedito a lavori saltuari, e della moglie.

5. Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma che sì stima equo determinare in euro tremila in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.

Così deciso il 06/10/2020.

Depositato in Cancelleria il 20 novembre 2020.

SENTENZA – copia non ufficiale -.