REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da:
Dott. EDUARDO DE GREGORIO -Presidente-
Dott. GIUSEPPE DE MARZO
Dott. RENATA SESSA
Dott. EGLE PILLA
Dott. PAOLA BORRELLI -Relatore-
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS) nato a (OMISSIS) il xx/xx/19xx;
avverso la sentenza del 04/05/2022 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di POTENZA;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa PAOLA BORRELLI;
lette le conclusioni del Procuratore generale, Dott. GIULIO ROMANO, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La pronunzia di patteggiamento impugnata è stata deliberata il 4 maggio 2022 dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Potenza, che ha applicato a (omissis) (omissis)- tratto a giudizio per i reati di cui agli artt. 216 legge fall. e 11 d.lgs 74 del 2000 – la pena su cui le parti si sono accordate.
Le vicende riguardano la società “(omissis) (omissis) (omissis) già affermatasi nel campo delle energie rinnovabili e poi dichiarata fallita dal Tribunale di Potenza il 15 luglio 2021.
Secondo la sentenza impugnata, (omissis) quale legale rappresentante della società predetta, in concorso con la (omissis) ed in concomitanza con l’accrescersi del debito fiscale, aveva indebitamente trasferito, senza corrispettivo o a prezzo vile, parte dei beni immobili della società ai figli minori ed altri beni aziendali ad una nuova società, la (omissis) (omissis) s.r.l., rappresentata dalla – (omissis) e destinata alla prosecuzione dell’attività della fallita. Con tali operazioni, il ricorrente aveva eluso le ragioni dei creditori, ivi compreso il Fisco.
Con la sentenza di patteggiamento impugnata è stata disposta la confisca dei seguenti beni:
(confisca in via diretta quali beni-profitto del reato di bancarotta fraudolenta distrattiva)
– beni immobili situati nel Comune di (omissis) che la sentenza erroneamente assume intestati alla moglie di (omissis) la coimputata non patteggiante (omissis) (omissis) un opificio, un fabbricato e diversi terreni), mentre, nella realtà e come si evince dal corpo della motivazione del provvedimento impugnato, si tratta di beni di cui la (omissis) ha solo l’usufrutto, mentre la nuda proprietà appartiene ai due figli minori della coppia;
– due fabbricati di proprietà della (omissis) (omissis) s.r.l. situati in (omissis) (confisca per il reato tributario):
– quote societarie intestate a (omissis) in alcune società; (omissis);
– il 50% delle somme depositate sui depositi a risparmio e sui conti intestati sia a (omissis) e alla moglie che ai due figli minori della coppia.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato (omissis) con il ministero del proprio difensore, ricorso che riguarda il punto della sentenza che concerne la confisca.
2.1. Il primo motivo di ricorso lamenta violazione di legge e mancanza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione.
In primo luogo, il ricorrente evidenzia l’errore commesso dal Giudice dell’udienza preliminare quando ha affermato che i beni immobili sequestrati appartenevano a (omissis) (omissis) che ne sarebbe stata nuda proprietaria, mentre nelle realtà tali beni sono di proprietà dei figli minori (nudi proprietari), mentre la (omissis) ne è solo usufruttuaria. Ciò posto, il Giudice dell’udienza preliminare avrebbe errato nel sottoporre a confisca beni appartenenti a persone estranee al reato, in violazione del disposto di cui all’art 240, comma 3, cod. pen.
2.2. Il secondo motivo di ricorso lamenta violazione di legge e mancanza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione quanto alla confisca sia dei beni di cui al precedente motivo, sia in ordine ai due fabbricati di proprietà della (omissis) (omissis) s.r.l.”
Il ricorrente rappresenta che la (omissis) non è un soggetto terzo, ma è coimputata e conclude, dopo aver riportato alcuni passaggi della sentenza impugnata, che i beni immobili di proprietà di soggetto terzo rispetto al coimputato patteggiante – come in questo caso – non possono essere confiscati.
2.3. Il terzo motivo di ricorso denunzia violazione di legge e mancanza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione quanto alla confisca per equivalente del 50 % delle somme giacenti su due depositi a risparmio intestati ai figli minori del ricorrente e su cui quest’ultimo e la moglie avevano la delega ad operare.
Il ricorrente contesta che si sia fatto leva sulla predetta delega per ritenere che i beni fossero nella disponibilità del ricorrente, ancorché, come sancito da una sentenza di questa Corte, ciò avrebbe imposto un obbligo specifico di motivazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1. Il primo motivo di ricorso – concernente i beni immobili situati nel Comune di (omissis) – è inammissibile perché il ricorrente non ha rappresentato quale fosse l’interesse all’annullamento del provvedimento impugnato, dal momento che si tratta di cespiti non già nella sua disponibilità ma, appunto, proprio come sostenuto nello stesso ricorso, di proprietà dei figli minori con usufrutto della moglie.
A questo proposito – sia detto per inciso – va altresì segnalato che il ricorrente ha proposto l’impugnativa in proprio e non già quale esercente la potestà genitoriale sui figli minorenni e che, anche ove il ricorrente avesse speso tale qualità, il ricorso avrebbe dovuto essere anche accompagnato dalla procura speciale ad impugnare conferita al difensore da (omissis) nella qualità di esercente la potestà genitoriale sui figli minori, quali terzi interessati.
Nell’escludere l’esistenza di un interesse al ricorso, il Collegio si ispira alla giurisprudenza di questa Corte – secondo la quale l’imputato non ha un interesse autoevidente alla proposizione del ricorso che riguardi beni di soggetti terzi, la cui fisiologica destinazione, in caso di accoglimento dell’impugnativa, non è il patrimonio dell’indagato o del proposto, ma, appunto, quello di soggetti diversi da quest’ultimo.
Il principio è stato persuasivamente affermato e ribadito da questa Corte proprio in tema di confisca, sostenendo che è inammissibile per difetto di interesse il ricorso proposto avverso la confisca di un bene da parte dell’imputato del reato in riferimento al quale la confisca viene disposta, che non ne sia titolare (Sez. 5, n. 18508 del 16/02/2017, Fulco e altri, Rv. 270209; in termini, Sez. 6, 11496 del 21/10/2013, dep. 2014, Castellaccio, Rv. 262612; Sez. 2, n. 4160 del 19/12/2019, dep. 2020, Bevilacqua, Rv. 278592).
Speculare a quella formatasi in relazione al giudizio di cognizione è l’esegesi che riguarda il procedimento di esecuzione, in relazione al quale si è affermato (Sez. 6, n. 29124 del 02/07/2012, Carlon e altri, Rv. 253180) che soltanto il terzo e non il condannato può rivendicare la legittima appartenenza del bene sottoposto a confisca.
La stessa logica ha guidato le decisioni di questa Corte in tema di interesse a proporre riesame da parte dell’indagato, ancorché testualmente legittimato ai sensi dell’art. 322, comma 1, cod. proc. pen.; a questo riguardo, si è sostenuto che l’indagato non titolare del bene oggetto di sequestro preventivo è legittimato a presentare richiesta di riesame del titolo cautelare solo in quanto vanti un interesse concreto ed attuale alla proposizione del gravame, che va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro (Sez. 3, n. 16352 del 11/01/2021, Di Luca, Rv. 281098; Sez. 5, n. 35015 del 09/10/2020, Astolfi, Rv. 280005; Sez. 5, n. 52060 del 30/10/2019, Angeli, Rv. 277753; Sez. 3, n. 3602 del 16/01/2019, Solinas, Rv. 276545; Sez. 3, n. 35072 del 12/04/2016, Held, Rv. 267672).
In questo filone, per l’affinità con la concreta regiudicanda, si segnala, in particolare, Sez. 3, n. 47313 del 17/05/2017, Ruan e altri Rv. 271231, laddove si è valorizzato che il ricorso era stato presentato dall’indagato in proprio e non anche quale legale rappresentante della società in accomandita semplice che avrebbe avuto diritto alla restituzione dei beni. Sez. 1, 6779 del 08/01/2019, Firriolo, Rv. 274992, poi, oltre a ribadire il principio di cui sopra, ha statuito che l’inammissibilità della richiesta di riesame era legata altresì al fatto che l’indagato, oltre che presentare richiesta di riesame solo in proprio (e non quale amministratore della s.r.l. intestataria dei beni) non aveva neanche conferito procura speciale al difensore nell’interesse della società terza.
Si richiama, infine, per dare conto della validità del principio anche in un ulteriore ambito, Sez. 5, n. 8922 del 26/10/2015, dep. 2016, Poli e altro, Rv. 266141 secondo cui, nel procedimento di prevenzione, è inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso per cassazione proposto avverso il provvedimento di confisca di beni formalmente intestati a terzi dal soggetto presunto interponente, che assuma l’insussistenza del rapporto fiduciario e, quindi, la titolarità effettiva ed esclusiva dei beni in capo al terzo intestatario, in quanto la legittimazione all’impugnazione spetta solo a quest’ultimo, quale unico soggetto avente, in ipotesi, diritto alla restituzione del bene (in termini, Sez. 6, n. 48274 del 01/12/2015, Vicario e altro, Rv. 265767).
2. Il secondo motivo di ricorso deve avere la stessa sorte, giacché investe il punto della decisione che riguarda beni di proprietà della “(omissis) s.r.l.”, amministrata dalla moglie dell’imputato, sequestrati, in via diretta, quali oggetto delle condotte distrattive.
3. Analoghe considerazioni valgono quanto al terzo motivo di ricorso, che riguarda la confisca del 50% delle somme giacenti su due depositi a risparmio intestati ai figli minori del ricorrente e su cui quest’ultimo e la moglie avevano la delega ad operare.
Si tratta, infatti, di somme che rientrano nel patrimonio dei due minori e che, in quanto tali, in caso di caducazione della confisca, sarebbero restituite non già al prevenuto – ancorché delegato ad operare sul rapporto bancario – ma ai due bambini.
Anche in questo caso va ribadita la riflessione secondo la quale (omissis) non ha proposto il ricorso quale esercente la potestà genitoriale nei confronti dei figli minori, né ha conferito, in tale qualità, procura speciale al difensore firmatario del ricorso.
4. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna della parte ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. (come modificato ex 23 giugno 2017, n. 103), al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, così equitativamente determinata in relazione ai motivi di ricorso che inducono a ritenere la parte in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. 13/6/2000 n.186).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/5/23.
Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2023.