Il nesso di causalità nella responsabilità civile. Respinto il ricorso di un ragazzo in una causa riguardante il risarcimento per danni da lesioni (Corte di Cassazione, Sezione III Civile, Sentenza 29 aprile 2022, n. 13516).

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 

SEZIONE TERZA CIVILE 

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere

Dott. GRAZIOSI Chiara – Rel. Consigliere

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34542/2019 proposto da:

(OMISSIS) Giampietro, (OMISSIS) Stefano, elettivamente domiciliati in Roma Via (OMISSIS) (OMISSIS) n. 45 presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) Ennio, rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS) Fabio;

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS) Mirko, elettivamente domiciliato in Roma Viale (OMISSIS) (OMISSIS), 71 presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) Andrea, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) Ubaldo;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1142/2019 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il 05/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/03/2022 dal Consigliere, Dott.ssa CHIARA GRAZIOSI.

Rilevato che:

Con citazione notificata il 27 febbraio 2004 Antonio (OMISSIS), in proprio e quale legale rappresentante del figlio minorenne Mirko (OMISSIS), conveniva dinanzi al Tribunale di Macerata Giampietro (OMISSIS), in proprio e quale legale rappresentante del figlio minorenne Stefano (OMISSIS), per la condanna al risarcimento dei danni da lesioni e conseguenze odontoiatriche che Stefano (OMISSIS) avrebbe provocato a Mirko (OMISSIS), lanciandogli sulla bocca uno skateboard, per un importo di euro 45.743,98 o la diversa somma di giustizia, oltre interessi e rivalutazione dal 12 marzo 2003.

Il convenuto, costituitosi, resisteva.

Disposta CTU e assunta prova testimoniale, il Tribunale, con sentenza del 3 aprile 2012, condannava il convenuto a risarcire il danno nella misura di euro 40.000, oltre interessi dalla pubblicazione della sentenza fino al saldo.

I due (OMISSIS) proponevano appello, cui resistevano con due distinte comparse di costituzione Antonio e Mirko (OMISSIS).

La Corte d’appello di Ancona, con sentenza del 15 luglio 2019, dato atto della maggiore età raggiunta da Mirko (OMISSIS), dichiarava inammissibile l’appello proposto nei confronti di Antonio (OMISSIS) e rigettava quello proposto nei confronti di Mirko (OMISSIS).

I due (OMISSIS) hanno proposto ricorso articolato in tre motivi; Mirko (OMISSIS) si è difeso con controricorso.

Memoria è stata poi depositata sia dai ricorrenti sia dal controricorrente.

Considerato che:

Si dà atto che i ricorrenti premettono, prima di illustrare i motivi, l’affermazione dell’ammissibilità del ricorso perché non vi sarebbe una c.d. doppia conforme.

1. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. per non avere tenuto conto delle risultanze istruttorie, e in ispecie avere fondato la decisione soltanto su una testimonianza non motivata avendo “disatteso il restante materiale probatorio”.

È legittimo privilegiare alcuni mezzi di prova rispetto agli altri purché si fornisca un’adeguata giustificazione del criterio scelto (Cass. 6832/2008), qui però mancante.

Non si comprenderebbe, infatti, per quale ragione viene privilegiata la testimonianza di Riccardo (OMISSIS) – dichiarante di avere visto il (OMISSIS) difendersi parando la bocca con le mani – su quella dei testimoni Mattia (OMISSIS) e Mario (OMISSIS), i quali, pur presenti al fatto, avrebbero dichiarato di non avere visto il (OMISSIS) lanciare lo skateboard contro il (OMISSIS); e soprattutto sarebbero incomprensibili i criteri utilizzati dal giudice d’appello “per disattendere gli esiti tecnico-scientifici della CTU”.

2. Il secondo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c., omesso esame di fatto discusso e decisivo sulla omessa e/o lacunosa motivazione del giudice d’appello in ordine al disattendimento delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio.

Osserva la corte territoriale: “condividendo la valutazione del primo giudice, non vi è incongruenza legata al fatto che il minore non risulta avere subito lesioni alle labbra, tenuto conto che come riferisce il teste (OMISSIS) Riccardo, Mirko si difese dallo skateboard parandosi la bocca con le mani”.

Ad avviso del ricorrente non si comprenderebbe come tale circostanza riportata dal teste (OMISSIS) “sia da sola in grado di non demolire l’esito” della CTU, la quale, “sulla base di solidi criteri tecnico-scientifici”, avrebbe ritenuto non probabile che lo skateboard sia stato la fonte delle lesioni.

Entrambi i giudici di merito, se non avessero condiviso l’esito della CTU, avrebbero potuto comunque disporne la rinnovazione, ma anche qui non si comprenderebbe perché non l’abbiano fatto.

Si riporta poi un passo della relazione del consulente tecnico d’ufficio che così conclude la sua valutazione sull’effetto dell’urto: “pur non essendo specificamente possibile fornire una diagnosi specifica del mezzo lesivo, risulta poco probabile, sebbene non impossibile, che dette lesioni furono provocate da uno skateboard di dimensioni-massa standard e con superfici maggiori patte, così come descritto dal sig. (OMISSIS) Mirko durante la visita medico-legale, la cui azione, soprattutto se lanciato o scagliato con le due mani da una distanza ravvicinata, avrebbe prodotto, del tutto ragionevolmente, lesioni dentarie di maggior estensione e, soprattutto, lesioni almeno alle labbra“.

Da ciò il ricorrente deduce che il giudice d’appello, dinanzi alla CTU così escludente il nesso causale, “si limita ad un laconico dissenso”, non motivando sul “punto centrale” dell’assenza di ecchimosi e/o ferite sul (OMISSIS)”.

Entrambi i giudici di merito non avrebbero opposto alla “conclusione di natura scientifica” del CTU massime scientifiche e dati oggettivi contrari a tale conclusione.

Che il (OMISSIS) poi si fosse protetto le labbra con una mano sarebbe stato considerato dal consulente, che avrebbe dato conto di aver ascoltato la versione dei fatti attorea: quindi “tale circostanza era già stata superata dal CTU” analizzando i dati nel loro complesso, mentre i due giudici di merito non avrebbero indicato “i criteri” per cui non hanno condiviso “le risultanze medico-legali”.

E invece sarebbe necessaria una congrua motivazione per disattendere una consulenza tecnica d’ufficio (si invocano Cass. 5148/2011, 18410/2013 e 13922/2016).

3. Il terzo motivo denuncia, in riferimento all’articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dei principi in tema di accertamento del nesso di causalità nella responsabilità civile ex articolo 2043 c.c.

La Corte d’appello non avrebbe indicato i criteri adottati per ritenere responsabile il (OMISSIS): avrebbe “omesso di motivare l’iter logico-giuridico seguito per disattendere la conclusione della CTU che avrebbe negato il nesso causale tra il lancio dello skateboard e le lesioni dentarie del (OMISSIS) “in quanto, all’esito di una puntuale disamina tecnico-scientifica, appariva alquanto improbabile che lo skateboard non avesse provocato anche lesioni esteriori sulle labbra” della persona colpita.

La corte si sarebbe invece limitata a “dare predominanza alla sola testimonianza oculare” di Riccardo (OMISSIS), mentre avrebbe dovuto tenere in conto che il danneggiato ha l’onere di provare “gli elementi costitutivi non solo del fatto, ma anche del danno ingiusto, del nesso di causalità e della imputabilità oggettiva”: tutto ciò che la corte non avrebbe esaminato, fermandosi “alla semplice constatazione” nel senso che “il fatto si è verificato poiché è stato visto”.

S.U. 576/2008 e S.U. 581/2008 insegnano che nella responsabilità civile il nesso causale si accerta seguendo la regola del “più probabile che non”; e sono comunque necessarie “serie causali non del tutto inverosimili, ma che si presentino come effetto non del tutto imprevedibile” (c.d. causalità adeguata: si cita Cass.23915/2013).

Entrambi i giudici di merito nel caso in esame non avrebbero compiuto tali accertamenti, neppure riguardo “la sopravvenienza di ulteriori fatti idonei a causare”, cioè l’ipotesi proposta dalla difesa del (OMISSIS) che l’avulsione dentaria sia derivata da un attacco di epilessia – essendone il (OMISSIS) affetto -, attacco “che avrebbe causato una caduta accidentale” del (OMISSIS): ipotesi che, secondo il criterio della causalità adeguata, sarebbe appunto maggiormente plausibile di quella, adottata nell’impugnata sentenza, del lancio in faccia dello skateboard.

4.1 I tre motivi, vista l’evidente comunanza dell’oggetto, inducono al vaglio congiunto, che genera una ragione più liquida in relazione alle eccezioni di rito avanzate dal controricorrente (il ricorso notificato via PEC mancherebbe della firma digitale dei difensori, e mancherebbe pure la “firma dei legali nell’atto cartaceo scansionato, risultando firmata solo la procura alle liti, anch’essa scansionata”; inoltre, controbattendo così la premessa del ricorso, sussisterebbe violazione dell’articolo 348 ter c.p.c.).

Il riferimento, soprattutto nell’ambito del terzo motivo, a questioni di diritto – e precipuamente, oltre all’obbligo motivazionale del giudicante, alle regole attinenti all’individuazione del nesso causale – costituisce in realtà, con assoluta evidenza, lo schermo per coprire una sostanza di censure che sarebbero non idonee a un gravame, in quanto soltanto dirette, in questa sede inammissibilmente, ad ottenere una revisione del merito.

4.2 La sentenza impugnata, invero, si è trovata dinanzi il secondo motivo d’appello – riguardante proprio la “mancata valutazione da parte del giudice dell’esito negativo della c.t.u.” – in cui l’appellante riproduceva le (già sopra riportate) affermazioni del consulente nel senso che “risulta poco probabile, se non impossibile, che dette lesioni siano state provocate da uno skateboard di dimensioni-massa standard e con superfici maggiori piatte, così come descritto da (OMISSIS) Mirko durante la visita medico-legale, la cui azione, soprattutto se lanciato o scagliato con le due mani da una distanza ravvicinata, avrebbe prodotto, del tutto ragionevolmente, lesioni dentarie di maggiore estensione e soprattutto lesioni almeno alle labbra”; e il consulente tecnico d’ufficio quindi – adducevano gli appellanti – “ritiene compatibili le lesioni piuttosto con una caduta accidentale”.

Il suddetto motivo d’appello viene disatteso dalla corte territoriale come segue:

“Ad avviso della Corte, condividendo la valutazione del primo giudice, non vi è incongruenza legata al fatto che il minore non risulta avere subito lesioni alle labbra, tenuto conto che come riferisce il teste (OMISSIS) Riccardo, Mirko si difese dallo skateboard parandosi la bocca con le mani. Ciò evidentemente ha impedito lacerazioni delle labbra senza peraltro impedire la, parziale, avulsione degli incisivi per effetto dell’urto.

Anche a prescindere dalle dichiarazioni testimoniali del fratello Fabio (OMISSIS), sono determinanti le dichiarazioni del teste oculare Riccardo (OMISSIS) il quale conferma le modalità dell’incidente descritte dalla persona offesa. Mirko venne colpito dallo skateboard scaraventato da (OMISSIS) Stefano e fu visto sanguinante dalla bocca.

Non vi è ragione di dubitare della credibilità del teste.

La rottura degli incisivi nel frangente è attestata dalla diagnosi all’esito della visita ospedaliera, circa un’ora dopo il fatto, come da relativa documentazione, confermata dal medico redattore dr. (OMISSIS) Alberto del Pronto Soccorso dell’Ospedale di Macerata.

È dunque da escludere che Mirko al momento sia caduto a terra a seguito di crisi convulsiva”.

4.3 Quindi, è del tutto evidente che il giudice d’appello ha esternato e strutturato una completa versione dei fatti con la sua limpida motivazione, contrastando pertanto specificamente le osservazioni del CTU che, d’altronde, nel passo invocato sia dinanzi al giudice di merito sia adesso nei motivi di ricorso, non possono certo essere qualificate scientifiche, in quanto si fondano esclusivamente – lo dichiara il consulente stesso – su “come descritto” da Mirko (OMISSIS), id est senza che il consulente neppure abbia direttamente esaminato lo skateboard presente nella vicenda per misurarne il peso e valutare le sue specifiche forme.

Il consulente, si nota infatti per inciso, non si adopera ad indicare quale sarebbe, come misurato peso, la “massa standard” da lui menzionata, né lo spessore dimensionale che non può non interporsi tra le “superfici maggiori patte”; né, ancora, esterna che cosa intende, in termine sempre di misura specificamente adottata, per “distanza ravvicinata”, e tantomeno quali lesioni, sia dentarie sia alle labbra, a suo avviso sarebbero state quelle davvero eziologicamente conseguenti a questo – rimasto appunto indefinito – lancio “con le due mani da una distanza ravvicinata”.

L’accertamento fattuale della Corte d’appello, logicamente, per ricostruire quel che era avvenuto, dinanzi a questa prospettazione in realtà tutta ipotetica del consulente tecnico d’ufficio (il quale, non a caso, ha ammesso che non era per lui “specificamente possibile fornire una diagnosi specifica del mezzo lesivo”: non aveva nemmeno potuto esaminarlo, come già sopra rilevato …), non ha fatto venir meno il compendio probatorio, non solo testimoniale, ma includente pure l’attestazione del medico del Pronto soccorso.

Si tratta, con assoluta evidenza, di esercizio della cognizione di merito, al cui (motivato) esito tutte le censure del ricorso, in ultima analisi, si contrappongono facendo perno, come già era stato fatto nel gravame, sulla osservazione, si ripete ipotetica, del consulente d’ufficio medico legale; e dunque, detti motivi costituiscono un – inammissibile – tentativo di regresso al merito.

5. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna – in solido per il comune interesse – dei ricorrenti a rifondere a controparte le spese processuali, liquidate come da dispositivo.

Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna solidalmente i ricorrenti a rifondere a controparte le spese processuali, liquidate in un totale di €. 2500, oltre a €. 200 per gli esborsi, al 15% per spese generali e agli accessori di legge.

Ai sensi dell’articolo 13, comma 1-quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso in Roma il 23 marzo 2022.

Depositato in Cancelleria il 29 aprile 2022.

SENTENZA – copia non ufficiale -.