Il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare alla luce delle più recenti pronunce della giurisprudenza.

L’articolo 570 del codice penale, rubricato Violazione degli obblighi di assistenza familiare, apre il Capo IV Dei delitti contro l’assistenza familiare collocato nel Libro II, Titolo XI Dei delitti contro la famiglia. 

La norma sanziona tre condotte: 

a) l’abbandono del domicilio domestico ovvero altro comportamento contrario all’ordine e alla morale delle famiglie che abbia avuto per risultato la violazione degli obblighi di assistenza relativi alla responsabilità genitoriale (cfr. Cass. n. 26037/2004);

b) la malversazione o dilapidazione dei beni del figlio minore o del coniuge; 

c) la mancata somministrazione dei mezzi di sussistenza. 

Le menzionate condotte, pur essendo tra loro autonome, sono caratterizzate da un comune denominatore rappresentato dall’esigenza di tutelate l’interesse del soggetto ad essere assistito sia da un punto di vista economico che morale.

La norma in esame rappresenta una novità rispetto al codice penale previgente, nonostante abbia avuto precedenti nelle legislazioni straniere.

Da un punto di vista tecnico la sua formulazione è connaturata da una spiccata indeterminatezza legata soprattutto alla nozione di ordine e morale della famiglia appartenente ad un contesto storico-culturale assai lontano da quello odierno; inoltre è da sottolineare che l’inciso assistenza, si traduce in quell’aiuto non riscontrabile in ambito civilistico così come riportato nel Capo Quarto, Dei diritti e dei doveri che nascono dal matrimonio, Libro II del Codice Civile, come per esempio i Diritti e doveri reciproci dei coniugi (art. 143), ovvero il Dovere verso i figli (art. 147).

Comparando il I e del II comma si evince, inoltre come il legislatore abbia voluto scindere due aspetti del delitto de quo: nel I comma infatti è presa in considerazione la violazione dei valori prevalentemente morali, attraverso gli incisi “… abbandonando il domicilio domestico o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie…”, mentre nel comma successivo è evidente la violazione dei valori economici e ciò risulta dalla condotta di malversazione, dilapidazione, nonché la mancanza dei mezzi di sussistenza.

Analizzando il I comma dell’articolo, si evince come il legislatore abbia voluto ritenere penalmente rilevanti le condotte che violano il dovere di assistenza e che si traducono in abbandono del domicilio domestico e quelle contrarie all’ordine ed alla morale; l’utilizzo di tale terminologia, assai generica, tuttavia non ha fatto mancare problemi interpretativi, spingendo gli studiosi a colmare queste lacune, riconducendo l’abbandono a quell’allontanamento definitivo e non temporaneo.

Il II comma invece si riferisce all’aspetto meramente economico. Al numero 1, infatti, il legislatore utilizza l’inciso malversare con il quale si intende la mala gestione del patrimonio del figlio minore o pupillo o del coniuge che si traduce in appropriazione ovvero alienazione di beni mobili o immobili a proprio vantaggio, mentre con il termine dilapida si intende lo sperpero finalizzato alla dissipazione anche parziale di quanto amministrato.

E’ lecito sottolineare che affinché si configuri la malversazione ovvero la dilapidazione è necessaria la reteirazione della condotta del soggetto agente non essendo quindi sufficiente un solo atto ad integrare l’illecito penale.

Soggetti attivi di tale figura delittuosa possono essere il coniuge, il genitore, i figli maggiorenni ed i nonni (ciò si desume dal fatto che il danno è arrecato ad un ascendente e/o discendente).

Per quanto riguarda invece l’inciso mezzi di sussistenza la locuzione non coincide assolutamente con quella civilistica di mantenimento contemplata nel codice civile, la quale invece si riferisce al tenore di vita avuto in costanza di matrimonio.

A tal proposito è importante ricordare che il reato diViolazione degli obblighi di natura economica introdotto dall’art. 3 della legge 8 febbraio 2006 numero 54 (rubricata Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso), sembrerebbe assorbire quanto contemplato nella fattispecie Violazione degli obblighi di assistenza familiare,comma II, numero 2 laddove le vittime siano i figli.

Per quanto concerne i mezzi di sussistenza la Corte di Cassazione si è espressa con molteplici pronunce; infatti i Supremi Giudici hanno statuito che la locuzione utilizzata dal legislatore non si riferisce esclusivamente a quanto occorre per la sopravvivenza, ma si riferisce anche ad appagare quel plus non necessario della vita quotidiana (cfr. ex multis, Cass. Pen. n. 2736/2008; Cass. Pen n. 49755/2012 e da ultimo Cass. Pen. n. 17691/2014).

Il delitto in esame, secondo un consolidato orientamento di Piazza Cavour, si inquadra in quelli permanenti, in quanto la consumazione dello stesso perdura sino a quando cessa la condotta posta in essere dal oggetto agente.

Il regime sanzionatorio prevede, per la fattispecie contemplata nel I comma – quindi l’abbandono del domicilio domestico ovvero altro comportamento contrario all’ordine e alla morale delle famiglie che abbia avuto per risultato la violazione degli obblighi di assistenza relativi alla responsabilità genitoriale – la pena della reclusione fino ad 1 anno ovvero la multa da 103 a 1.032 euro, mentre per le due fattispecie contemplate nel II comma al numero 1 e 2 le dette pene si applicano congiuntamente.

Una particolare attenzione deve essere rivolta, infine, alla procedibilità: il III comma dell’articolo statuisce che “il delitto è punibile a querela della persona offesa salvo nei casi previsti nel numero 1 e, quando il reato è commesso nei confronti dei minori, dal numero 2 del precedente comma”.

L’articolo si chiude prevedendo che le disposizioni sancite “non si applicano se il fatto è preveduto come più grave reato da un’altra disposizione di legge”.